Jean-Auguste-Dominique Ingres

Nome Jean-Auguste-Dominique Ingres – pronuncia: /Engr/ Per gli amici Jean Ingres – il pittore Delacroix era suo amico, ma lui lo definiva “l’apostolo del brutto”; aveva vari amici musicisti famosi, come Paganini e Litzt. I critici non furono suoi amici, i politici (come Napoleone) abbastanza Sui socials@i.ingresss
Nato a Montauban, vicino a Tolosa (Francia)
Data di nascita/morte 29 agosto 1780 – morto a 87 anni a Parigi. Questa città solo nel 1824 gli concesse la fama da divo che si meritava e, in seguito all’insuccesso del 1840 raggiungerà di nuovo Roma come direttore dell’Accademia d’Arte. Potrà ritornare a Parigi un anno dopo trionfalmente grazie a Luigi Filippo di Francia. Dopo la morte dell’amatissima morte e un secondo matrimonio, morirà di polmonite.
Segno Zodiacale Vergine
Stato Sociale Primogenito di una famiglia di sette bambini, dei quali due muoiono piccoli. Il papà era un bravo decoratore, la nonna materna una sarta, la mamma analfabeta e suo nonno materno un barbiere. Impara il disegno con il padre e in una scuola cattolica, poi chiusa in epoca rivoluzionaria. In seguito, la famiglia si trasferisce a Tolosa dove lui frequenta la Scuola d’Arte dove s’innamora di Raffaello (lo dipingerà spesso con la Fornarina, tipo fanart). Studia in parallelo anche musica, eccellendo. In francese esiste l’espressione “violon d’Ingres” = un’attivitò che si fa bene e solo per passione. Mon violon d’Ingres est l’aperitivo! A scuola vince numerosi premi. Uno lo porta a Parigi dove, ovviamente, può studiare con il maestro neoclassico J.L. David, del quale assorbe molto; l’altro lo porta in Italia dove rimane per diciotto anni in esilio volontario perché la critica francese è cattivissima con lui. Non sta molto bene economicamente perché i ricchi italiani mica sempre lo pagano (tipo i Murat che stavano galleggiando nella melma), allora si mette a ritrarre i turisti, non con poca nausea (ti capisco Gianni! Ahahah).
Stato civile Gli anni di precariato italiano furono allietati solo dal matrimonio con Madeleine Chapelle, una giovane fanciulla con cui Ingres si era fidanzato per corrispondenza, senza averla mai vista prima delle nozze, celebrate nel settembre 1813. Grazie al supporto della moglie poté risollevare le proprie sorti, dipingendo tele destinate a divenire celebri, come la Grande Odalisca. Dopo un periodo cupo dopo il lutto prematuro, arrivarono le seconde nozze con Delphine Ramel nel 1840 di ventisette anni più giovane, motivo che lo spinse di nuovo a dedicarsi all’arte e a dipingere moltitudini di donne degli harem fino a ottant’anni.

Periodo Artistico Romanticismo. Sebbene ne sia considerato uno dei principali interpreti, si vedeva meglio calato nel Neoclassico e a lui il romanticismo mica tanto piaceva. In realtà, non fu nemmeno un classicista. La sua fu un’arte davvero particolare, a cavallo tra due correnti. Ingres aveva l’impulso romantico di chi vuole penetrare il segreto del Bello naturale.
Stile Attentissimo al disegno: per lui è la parte espressiva dell’opera, che traduce con linee nette . In effetti per quanto ciò che dipinge sia statuario, è privo di ampollosità perché toglie il superfluo. L’eleganza e la semplicità la eredita da Raffaello, di cui era un fan sfegatato, ma evita i panneggi prediligendo il total nude. A livello cromatico sceglie una palette prevalentemente fredda, senza terre o rossi, anche se non percepiamo che calore nelle sue figure, con una texture di incarnati quasi fotografica.
Temi Da Neoclassico, sicuramente, non può che attingere dall’Antichità ma non disdegna temi anche molto romantici, come il sogno. Per questo da vita a un’arte tutta sua. Sembra che sia riuscito a rendere emotive le statue di Fidia. Soprattutto, i nudi femminili, che sarebbero porno censurabili se non le avesse chiamati Odalische, non esprimono un amore per l’esotico, piuttosto per la femminilità, sinuosi nei colori che fanno sembrare la pelle illuminata dall’interno e che le fanno sembrare morbide, senza struttura ossea, e nelle forme a esse. Ingres rende monumentale e divino tutto ciò che dipinge, eleva le sue figure dall’umanità dando loro una dimensione non irreale, ma surreale. Infatti, fu apprezzato anche dai Contemporanei. Le sue donne non sono mai in mostra, anzi, sempre spiate in un momento di relax . Cosa fai quando nessuno ti guarda?

Talento, avaro, crudele, collerico, sofferente, straordinario miscuglio di qualità in contrasto, messe tutte quante al servizio della natura, e la cui stranezza non costituisce di certo una fra le cause minori del suo fascino: fiammingo nella stesura, individualista e naturalista nel disegno, volto all’antico per congenialità, idealista per ragionamento – Charles Baudelaire

*Canzone Assegnata “Mediterranea” di Irama (2020)

Elenco delle Opere nel Video

(*in ordine cronologico e non di comparsa nel video)

Gli Inviati di Agamennone

École nationale supérieure des Beaux-Arts di Parigi – 1801 – 110 x 155 cm

Fu prodotto espressamente per il Premio di Roma. Ingres a capire che conosce l’Iliade, per esempio dipingendo Patroclo e Achille insieme. Fa emergere l’imprintig con il maestro David e l’impostazione neoclassica monumentale.

Napoleone I sul trono imperiale

Musée de l’Armée di Parigi – 1806 – 259 x 162 cm

Concepito come propaganda politica. La critica disse che faceva davvero schifo, anche se nei libri di Storia odierni viene spesso usata. In effetti, Napoleone non era così bello e qui sembra più Giove. In un unica opera Ingres riesce ad inserire tutta la Storia di Francia, solo nei dettagli. Ingres è bravo nel rendere qualsiasi soggetto, qualsiasi ritratto, divino.

L’Orangerie di Villa Borghese a Roma

Museo Ingres di Montauban – 1807 – 17 x 17,5 cm

Fa parte dell’esperienza italiana di Ingres. Il paesaggio non fu uno dei suoi stili privilegiati, infatti è “solo” una bella cartolina, che però esprime il suo amore per l’Italia che a differenza della Francia lo accolse. La solita battuta dei bidet!

La bagnante di Valpinçon

Museo del Louvre di Parigi – 1808 – 146 x 97,5 cm

Uno dei primi approcci con i nudi di schiena e apprezzato per la delicatezza cromatica. Vapinçon fu uno dei proprietari; la Bagnante è una donna che sta per farsi il bagno. L’opera è dissacrante, ma nel modo senza tempo in cui lo possono fare solo dei nudi perfetti, non volgari, perché non esistono ma sono bellissimi. Inoltre, è sensuale perché non si mostra. Viene ripresa dal dadaista Man Ray con la famosa fotografia “a violino”.

Edipo e la Sfinge

Museo del Louvre di Parigi – 1808 – 189 x 144 cm

In questa opera giovanile, Ingres dipinge il momento è quello in cui Edipo risolve l’enigma e ha salva la vita. Molto in stile classico, viene inserita a man bassa la contrapposizione buio=forza bruta e luce=intelligenza.

Giove e Teti

Musée Grane di Aix-en-Provence – 1811- 324 x 260 cm

La materia è presa dall’Iliade, che Ingres la conosceva bene: ci mostra la mamma di Achille che implora Giove di favorire i Troiani. Era l’episodio preferito di Ingres. Ne era compiaciuto disse “anche i cani che vogliono azzannarmi dovrebbero rimanerne commossi”, invece i critici sentenziarono che Teti aveva il collo lungo, come se avesse problemi alla tiroide. Per me è un manifesto agli uomini con la barba! (Ahahah)

Il sogno di Ossian

Museo Ingres di Montauban – 1813 – 348 x 275 cm

L’opera più aderente al Romanticismo. Ossian era un bardo irlandese, un cantore-poeta e in quel periodo le sue traduzioni erano molto di moda, tipo Mercoledì Addams – piaceva molto anche a Napoleone. Ossian sta sognando parenti, donne e guerrieri del Passato. I critici dissero che era una roba strana grigia. Non tratta il tema con frenesia come gli altri pittori che si ispirano, ma c’è la sua iconica calma. L’atmosfera lunare è perché era stato concepito come un dipinto per camera da letto.

(*) La Grande Odalisca

Museo del Louvre, di Parigi – 1814 – 91 x 162 cm

I critici dissero che era sproporzionata. Oggi è considerata meravigliosa. Una donna bella che non sa di esserlo e che non è nuda per provocazione, ma perché si sta riposando – sei tu che la stai spiando. Lei aspetta qualcuno con modestia e senza lacrime, è fiera e delicata al contempo. Una delle iconiche Odalische ispirate alla Fornarina e a tutte le donne sensuali dell’antichità. Per questo, è immortale.

Ritratto di Madame de Senonnes

Museo di belle arti di Nantes – 1816 – 106 x 84 cm

A Roma, Ingres incontra l’amante del Visconte di Senonnes. Per molto tempo fu creduto che Maria fosse di Trastevere, invece era una borghese francese. Era figlia e moglie di un mercante di stoffe, che la portò a Roma, ma non andavano d’accordo e divorziarono. Per molto tempo non si poté sposare con il visconte per il pregiudizio e per la disparità sociale. Ci mostra com’era una donna sensuale ottocentesca, sicura di sé e un po’ odalisca. L’espediente dello specchio viene usato spesso nei ritratti di Ingres, non in chiave simbolica ma per dilatare gli spazi.

Apoteosi di Omero

Museo del Louvre di Parigi- 1827 – 386 x 515 cm

Considerato il Manifesto del Neoclassicismo. Omero, al culmine della sua carriera, vine e incoronato davanti a un tempio greco in mezzo a una folla di poeti antichi e moderni. Sedute sotto di lui ci sono l’Iliade e l’Odissea. Lui è ieratico, come gli dei antichi. La composizione ricorda la Scuola di Atene di Raffaello, il suo idolo.

Odalisca con Schiava

Fogg Museum di Cambridge – 1839 – 72,1 x 100,3 cm

Viene apprezzato molto dalla critica. Rappresenta come gli occidentali si immaginavano un harem, ossia con le odalische nude. Le immaginano come principesse che si dedicano solo all’ozio. Lo strumento della schiava è il tanbur, un liuto a manico lungo (che ricorda le forme delle Odalische di Ingres). Per Ingres le odalische sono delle Veneri che non sono statue, bensì vere – ma solo nei sogni.

Antioco e Stratonice

Museo Condé di Chantilly – 1840 – 77 x 61 cm

L’impianto ricorda molto David – a me personalmente ricorda i suoi Curiazi. Il letto ha le forme di una sorta di monumento funebre greco. Il tema è preso da Plutarco. Stratonice, figlia di Demetrio, re macedone (di cui Plutarco è biografo), sposa il padre di Antioco, un generale di Alessandro Magno. Antioco se ne innamora segretamente e la passione lo divora, fino alla malattia. Il momento è quello in cui Stratonice entra nella stanza, lui muore per battito accelerato e si scopre quale fosse l’origine del suo male.

La Sorgente

Museo d’Orsay di Parigi – 1820 e 1856 163 x 80 cm

Realizzato in molto tempo e terminato da anziano, quando era molto conosciuto. Lo sfondo è creato da allievi. Rappresenza l’ispirazione artistica, ma è anche pieno di allusioni erotiche donna-natura. Pare che la modella sia la figlia della sua governante, forse non più vergine a causa sua. Eh, i settantenni di una volta!

Il Bagno Turco

Museo del Louvre di Parigi – 1862 -108 x 110 cm

Uno dei suoi dipinti più noti. Sicuramente è come la sintesi di tutto il suo operato che, temporalmente, prende tutta la prima metà dell’Ottocento e cita alcune opere – è un suo greatest hits. Solo successivamente viene trasformata in un tondo e ha alle spalle tre anni di realizzazione. La versione rettangolare fu di Napoleone che lo restituì. Rappresenta un harem di lusso in un momento di relax tra le ragazze, quindi sensuale in quanto intimo. Quella con la mano su volto è la sua giovane seconda moglie. Da notare che lui in Oriente non c’è mai stato, è come se lo immaginava e come ne aveva sentito parlare.

*Nel video compare anche uno studio per un nudo che qui non è citato!

Miss Raincoat

Dante Gabriel Rossetti

Nome Gabriel Dante Rossetti per gli amici Dante Gabriel Rossetti (lo inverte perché era un grande fan di Dante Alighieri) sui socials @dg.rossetti
Nato a Londra, Regno Unito
Data nascita/morte 12 maggio 1828 – morto a 54 anni. Dopo la morte prematura di sua moglie Lizzie cade nella tossicodipendenza. I suoi amici lo osannavano e nutrivano per lui un amore quasi malato, amavano il suo personaggio più che altro. Lo convincono a riesumare i poemi che aveva seppellito con la consorte, che erano abbastanza piccanti, perciò alla pubblicazione risultano un flop. Cerca di uccidersi e viene salvato per poco. Muore paralizzato agli arti.
Segno Zodiacale Toro
Classe Sociale Suo padre, librettista lirico e curatore museale a Napoli, fugge a Londra perché aveva partecipato ai moti insurrezionali. Lì, divenuto insegnante d’Italiano, sposa la sorella di John Polidori, medico di politici e di artisti di spicco e anche primo ad aver scritto un racconto sui vampiri. Fu dal padre che ereditò l’amore e la curiosità per Dante Alighieri. Sua sorella Christina diventerà una poetessa, sua sorella Francesca un’educatrice e suo fratello William Michael un critico letterario.
Stato Civile Le modelle dei pittori, a quell’epoca, ne diventavano obbligatoriamente anche le amanti. Così fu anche per quelle di Rossetti. Lizzie, però, dopo dieci anni diventò sua moglie (posò anche per suoi amici). Era una ragazza molto povera, molto dolce ma anche molto colta. Soffriva spesso di nevralgia, curata con il laudano il quale dava dipendenza. Erano pressoché coetanei e lei muore a trentatré anni suicida nel 1862. Rossetti, dato che era un reato, nasconde la lettera d’addio. Il motivo scatenante fu il parto di un bambino nato morto unito all’infedeltà malcelata del marito. Con lei, Rossetti seppellisce un gruppo di poesie incompiute. Dopo la morte di Lizzie cerca amanti fisicamente uguali a lei. La principale è Jane, la moglie dell’amico scrittore William Morris che lo ospita dopo il tentato suicidio. Negli ultimi anni ci fu Fanny, che era la sua domestica. Alexa, invece, un’aspirante attrice figlia di operai, non fu mai sua amante perché non voleva rovinarsi la reputazione.

Periodo Artistico Fu uno dei fondatori della Confraternita dei Preraffaelliti. Nasce come un distacco dai dettami della Royal Academy e propone un ritorno all’Arte prima di Raffaello con temi fortemente medievali ma fortemente connotati dall’erotismo. Praticamente, è la risposta inglese alle varie esperienze di entusiastica avversione di tutti i giovani artisti d’Europa. Rossetti, pur essendone uno dei sostenitori, poi se ne discosta anche se rimane non-convenzionale giusto per il gusto di essere rifiutato dalla società.
Tecnica e Stile La dimensione dei suoi dipinti non è mai megalomane e il suo utilizzo dell’olio su tela non è eccellente. Si può dire che il successo della sua opera sia dovuto al suo genio di saper trasporre in pittura la poesia (altro suo grande interesse). Le sue opere sono molto piatte e intricate, senza spazi vuoti, un po’ come le miniature. I colori sono molto opachi perché hanno una larga quantità di bianco, purché molto profondi e vibranti (perché densi). Studia molto le cromie per gli incarnati. I suoi tocchi sono delicati quanto appassionati. Dopo la morte di Lizzie compie una ricerca sui ritratti, prevalentemente mezzi busti. Secondo lui i ritratti, specie quelli di Tiziano, sono stati molto sottovalutati nella storia dell’arte solo perché semplici.
Temi Rossetti ama tutto ciò che è italiano, per retaggio. La sua fantasia è stuzzicata spesso da Dante e dalla Vita Nova (che lui tradusse in Inglese), dove il Sommo parla del suo amore giovanile per Beatrice, la donna idealizzata. La sua pittorica va ad evidenziare il suo carattere complesso e la sua ambivalenza, il pittore e il poeta. Fu talentuoso e insofferente a causa del suo carattere dominante, carismatico e affascinante. Era ossessionato dalla sensualità delle donne: ne derivano dei soggetti femminili con pelle diafana, capelli ramati e labbra rossissime. Le sue donne sono fate, qualcosa tra il santo e il diabolico,decise e penetranti a livello mentale. Il suo essere diverso dai Preraffaelliti sta nella ricerca del fuoco che anima il cuore dei suoi soggetti, come se volesse dipingere il battito del cuore femminile. Il suo ideale di bellezza era Lizzie e viceversa. In generale, a lui piacevano molto le donne ma sapeva di doverne averne paura.

*Canzone Assegnata: “Sei Bellissima” – Loredana Berté (1976)

Elenco delle Opere nel Video

(*in ordine cronologico e non di comparsa nel video)

Ecce Ancilla Domini

1850 – 72×41 cm – Tate Gallery di Londra
Annunciazione molto realistica, soprattutto negli atteggiamenti. La Madonna, dissacrante e poco iconografica, è spaventata e anche molto sensuale. La modella è la sorella Christina.

Bocca Baciata

1859 – 32×17 cm – Museum of Fine Arts di Boston
Quest’opera consacra Rossetti come pittore. Riprende un proverbio italiano. Allude all’esperienza sessuale, che è bene farsela perché è naturale e non fa sfiorire la bellezza, anzi… Si riferisce anche alla novella di Boccaccio “Alatiel” (che sposa un Re nonostante si sia data parecchio da fare). La modella è Fanny, la domestica-amante.

L’Amata

1866 – 80×76 cm – Tate Britain di Londra
Si rifà al Cantico dei Cantici. Una sposa circondata dalle ancelle vergini scosta il suo velo, si mostra disponibile. La paggetta con la pelle scura contrasta con il suo incarnato bianco e con i suoi capelli rossi. L’ispirazione è presa dall’Olympia di Manet che Rossetti aveva appena visto.

Pia De Tolomei

1868 – 105×121 cm – Spencer Art Museum di Lawrence
Si riferisce a un personaggio del Purgatorio di Dante, una donna imprigionata e avvelenata dal marito. La modella è Jane Morris al tempo dell’inizio della relazione con il pittore e ne traspare un odio per il marito, forse una giustifica al suo gesto infedele. In realtà, lei aveva i capelli neri, ma Rossetti la dipinge un po’ più come Lizzie.

Lady Lilith

1868 – 96×85 cm – Art Museum del Delaware di Wilmington
Racconta la prima moglie di Adamo, abile seduttrice e assassina di suo figlio. Fu commissionata da un ricco armatore insieme a una Sibilla, per mettere accantola bellezza fisica alla bellezza spirituale di una donna. Riprende il “Faust” di Goethe il quale suggerisce di guardarsi della magia dei capelli di una donna, che una volta che te li attorciglia al collo non te li liberi. La modella fu Fanny, ma poi un paio di anni dopo il viso fu cambiato con quello di Alexa.

(*) Beata Beatrix

1872 – 86×66 cm – Tate Britain di Londra
Prende dalla “Vita Nova” l’episodio in cui Dante osserva la giovane Beatrice lasciare la vita terrena e diventare gloriosa in una sorta di estasi mistica. L’opera rende eterno il riposo della sua Colomba, così come chiamava Lizzie. Con questo dipinto viene idealizzata la bellezza femminile, peccaminosa e sacra al contempo – la firma di questo pittore.

La Ghirlandata

1873 – 124×85 cm – Guildhall Art Gallery di Londra
Delle lunghe dita sottile accarezzano le corde di un’arpa che suona una musica silenziosa, che l’uomo in quanto maschio può ascoltare ma mai capire. I fiori simboleggiano un amore seducente, ma anche cupo. Poiché l’amore è sia farmaco sia veleno, così come certe erbe presenti in natura.

Persefone

1874 – 125×61 cm – Tate Britain di Londra
L’iconografia allude alla tragicità del suo matrimonio. La melagrana rappresenta la fedeltà e fa risaltare la bocca e contrasta con il verde acquamarina del soggetto, che è la Regina dell’Oltretomba e può vedere al di là delle cose anche se è amareggiata. Del resto, la modella è Jane Morris, con la quale sostituì Lizzie.

Venere Verticordia

1878 – 98×70 cm – Museo e Galleria d’Arte Russell-Cotes di Bournemouth
Su commissione di un mecenate che aveva visto la bozza a carboncino, Rossetti realizza in un secondo tempo l’olio. La “Venere che cambia i cuori”è una dea giovane seminuda con i capelli ramati, sensuale all’inverosimile ma porta l’aureola della santità. Il pomo è la quintessenza del peccato e della discordia. La freccia, però, è puntata verso il suo cuore. Le farfalle rappresentano l’anima. Questo è un dipinto molto erotico – l’unico nudo del palmarès di questo pittore – che riscatta la sensualità dal peccato. Un viva la F***, messo in poesia. La modella è Alexa.

Monna Vanna

1886 – 89×86 cm – Tate Britain di Londra
La versione di Rossetti della Monna Lisa, un ritratto di una donna italiana, opulenta e indomita. Allude anche alla Primavera. Nella “Vita Nova” Monna Vanna era la compagna di Guido Cavalcanti, grande amico di Dante. La modella è Alexa.

Miss Raincoat

“Alla Porta del Castello” di Ferdinand Knab

Oggi andremo a conoscere un pittore di un’area geografica che mi piace molto, la Romantische Strasse, in Alta Baviera (top all’inizio dell’autunno in moto on the road). Lui è Ferdinand Knab (Würzburg, 1834 – Monaco di Baviera, 1902), insegnante di architettura e pittore di paesaggi “architettonici”.

1881 – olio su tela – 34 x 25,5 cm – collezione pvt

Quando viene dipinta questa tela gli artisti, specie quelli mitteleuropei, considerano ancora il Grand Tour (percorso esplorativo in Europa, un interrail ante litteram) un momento importante per la loro crescita personale e professionale. Una delle tappe fondamentali di questo viaggio era l’Italia. Knab rimane impressionato dalla bellezza di Roma e di Taormina, delle quali conserverà ricordi e impressioni per tutta la sua carriera. Di fatto, i soggetti delle sue opere mischiano sapientemente architetture note ad architetture oniriche.

Qualche volta, i paesaggi nell’arte possono sembrarci sterili, come delle fotografie instagrammabili. Nei paesaggi di Knab, invece, aleggia un’atmosfera poetica data dalla monumentalità, dal gusto per l’antico, colorata di tramonti lividi. L’ora del tramonto, per il pittore, è un momento incerto e volatile.

La tematica sentimentale che nasconde questo paesaggio incolto è molto sottile. Siamo nel clima del simbolismo tedesco, che ci ha fatto ben conoscere un collega contemporaneo di Knab, ossia lo svizzero Arnold Böcklin.

Non è solo il tramonto a parlarci del tempo che va e non si sa dove, parimenti la colomba in volo. Il cancello è un elemento di transizione; la pozzanghera è un elemento ambivalente, è la riconnessione tra cielo e terra, la rinascita, ma, al contempo riflette qualcosa di effimero, come un sogno.

Inoltre, non dobbiamo sottovalutare il suonatore di lira a coronamento dell’inferriata. Io l’ho identificato con Orfeo, l’artista che incarna tutti i valori dell’Arte. Orfeo ama incondizionatamente solo Euridice (ninfa di boschi e degli alberi, che ritroviamo in questo paesaggio dipinto), anche se lei è morta. Orfeo riesce a fare in modo di portarla via dagli Inferi, a patto di guardarla solo una volta tornato nel Mondo dei Vivi. Purtroppo si distrae e si volta troppo presto. Euridice sparisce in una nuvola d’aria e lui, si ammutolisce e respinge l’amore per sempre (ma ovviamente non il sesso, non preoccupatevi).

Quella di Ferdinand Knab è una riflessione dolente. Lui pensa alla malinconia, il dramma della vita che ti porta ad avere sentimenti anche se, da essere umano, sei destinato a morire. Anche i sentimenti, essendo umani, sembrano eterni, ma non lo sono in essere.

Sempre riferendomi al mito di Orfeo, l’opera parla, più precisamente, dell’Arte. Cosa deve avere un’opera d’arte per rimanere immortale e per sopravvivere alla morte dell’Artista? Orfeo era il creatore di quella bellezza capace d’incantare anche i demoni; Euridice era l’anima spirituale, l’ispirazione vera e autentica della Bellezza. Cosa succede a Orfeo? Diventa banale, si volta troppo presto e la sua Arte diventa un pugno di mosche…

Miss Raincoat

Gustav Mahler

“La tradizione è la custodia del fuoco, non l’adorazione delle ceneri”

Mid-Italy On The Road

Marche e Umbria in stile Road Runner

Il Road Runner, per capirci Willie che non si fa mai prendere dall’affamato Coyote, è un uccello dei deserti tra California e Messico. Nonostante sia in grado di volare, preferisce spostarsi a piedi, fino a raggiungere velocità di trenta chilometri orari (che è anche il modo in cui si procura da mangiare). Di notte e di pomeriggio dorme e recupera tutta l’energia che ha alla mattina durante dei “bagni di sole”. Per le questioni amorose, invece, si prende tutto il tempo che ci vuole, cioè da marzo a settembre. Il maschio corteggia la femmina regalandogli prede, soprattutto serpenti. Se l’omaggio non fosse sufficiente, lui le agita la coda davanti al muso cantando una canzone. Se la femmina decide per il fatidico sì, allora costruirà un nido con erbe, piume e rametti recuperati dal fidanzato. La coppia formata rimane insieme per tutta la vita.

Breve parentesi SuperQuark per un altrettanto breve post in cui vi racconto il mio veloce giro giro tondo di questi miei giorni da turista…

Pesaro – “Una donna intelligente” a detta di Calcutta. Sul Mar Adriatico, di cui ho visitato il porto per il running mattutino sul Molo di Levante. Il centro storico è molto rinascimentale, il mio monumento preferito è la fontana detta La Pupilla davanti a Palazzo Ducale in Piazza del Popolo, una delle quattro fontane storiche di Pesaro. Ho mangiato molto volentieri gli Spaghetti alla Fanese, ossia con sarde – tonno – pomodorini – prezzemolo.

Fano (distante circa 14 km – 20 min) – che un tempo era un sito sacro alla Dea Fortuna. Ci sono andata per vedere meglio il mare. Ho visto il tramonto a Marina dei Cesari, il porto turistico. Meraviglioso e pieno di pathos il Monumento ai Caduti in Mare, detto La Tempesta (in ricordo alla tragedia del giugno 1964) sul Molo del Faro Verde. Il tutto si raggiunge con una passeggiata su pontile fisso, la Passeggiata del Lisippo, con vista su scogli e trabucchi.

Fabriano (distante circa 100 km – 1 ora e 20 min) – la città dei fogli delle Scuole Medie (ahahah) e per questo protetta da UNESCO. Ho visitato gli archi illusoriamente infiniti del rinascimentale Loggiato di San Francesco, pensato per collegare la Chiesa di San Francesco alla Piazza del Comune durante l’epidemia di peste del 1450. Ovviamente, non si poteva che fare tappa al Museo della Carta e della Filigrana ospitato in un vecchio convento domenicano, del quale è iconico e instagrammabile il chiostro.

Civitella del Lago e Lago di Corbara (distante 115 km – 1 ora e 45 min) – dicono che all’Umbria manchi solo il mare, in effetti ha i laghi e io ne ho scelto uno artificiale con rive frastagliate fino alla gola del Forello, nella valle del Tevere. Come tutti sappiamo, è una zona vitivinicola e il paesaggio è caratterizzato da borghi arroccati e vigneti. Civitella è in cima a una di queste collinette e, chiaramente, l’ho scelta per la vista panoramica e anche perché mi faceva strano che un piccolo paesino conservasse molte antiche porte monumentali. L’artigianato locale è famoso per le uova dipinte, che adornano i negozietti del borgo.

Orvieto (distante 20 km – 20 min) – Orvieto meriterebbe una vacanza a sé stante. Nel mio sightseeing ho incluso il Pozzo di San Patrizio, la Fortezza Albornoz, la Torre del Moro con risalita, il Duomo con la Cappella di San Brizio (la celebre per i dannati di Luca Signorelli) e una ovvia e meritata degustazione del vino Orvieto Classico.

(scusate se sono stata molto riassuntiva e ho badato poco alla perifrastica, ma sto scrivendo tramite le note dello smartphone)

Buone vacanze a me 🙂

Miss Raincoat (in sella a un unicorno)

Cronache dal Bancone

Oggi voglio parlarvi delle due birre che mi stanno piacendo di più in questo periodo…

Gold Hobgoblin

Si tratta di una golden ale o summer ale, quindi una birra ad alta fermentazione ma molto fresca e dissetante. Il birrificio inglese che la produce è Wychwood Brewery sito nell’Oxfordshire. Come anticipa il nome, il colore è dorato e la schiuma è moderata e non corposissima. I quattro tipi di luppolo impiegati la rendono medio-amara; il malto d’orzo e di frumento le donano aromi di scorza di limone, lime e frutto della passione. 4,2 % VOL.

Morena Celtica

Si tratta di una milk o sweet stout, quindi una birra scura (tostata) ma anche dolce (viene aggiunto il lattosio, uno zucchero che non fermenta). Il birrificio che la produce è sito in provincia di Potenza e questa birra è artigianale, cruda, non filtrata e rifermentata in bottiglia. Inoltre, è una doppio malto. Il suo colore è nero intenso, non ha una schiuma corposa ma è comunque persistente. Il suo sapore è avvolgente, sa di cioccolato fondente. Ha giusto un picco tostato di caffé. Il profumo è quello della vaniglia (che è negli ingredienti). In uscita, si sente qualcosa come caramello o ciliegia candita. 6,8% VOL.

Bevete con moderazione, ma soprattutto non bevete mai birra calda o mal spillata!

Miss Raincoat

“Circe che offre la Coppa a Ulisse” di John William Waterhouse

Per marzo, mese muliebre, ho scelto questo dipinto. Punto primo, perché Circe è una tra le villain women omeriche e io adoro i “cattivi” delle storie che, spesso, sono quelli con caratteri più interessanti e noir. Punto secondo, perché il sig. Casadellacqua fa parte della mia amatissima combriccola dei Preraffaelliti.

Facciamo un breve ripasso. I Preraffaelliti sono stati una Confraternita, un gruppo di folli ragazzacci, che avevano per religione l’Arte. Guardavano con nostalgia il passato, più che altro perché le gorgiere vittoriane erano un po’ troppo pudiche. Credevano ancora nelle favole, ai draghi, alle principesse e alle fatine dei boschi. Le loro muse erano le loro donne, amiche, amanti, compagne – così intime da divenire le protagoniste inquiete e tragiche dei loro dipinti. La donna, nell’arte preraffallita, è principalmente femmina. La femminilità è il simbolo del ritorno alla Natura vista come una sacralità perduta. Quindi, le sorelle preraffaellite sono delle donne disturbate, irrazionali, energiche, magiche – la donna provoca e dissacra la gerarchia patriarcale che le vuole domare; le buone maniere si lasciano alle femminucce, contrapponendo la semantica della perdizione attiva a quella dello smarrimento passivo. Il tratto visivo che più esprime questo concetto sono le labbra rosse e carnose.

1891 – olio su tela – Oldham Gallery

Questo dipinto ha per protagonista la maga Circe, dominatrice della scena dai colori sporchi, mentre offre la sua pozione in una coppa a Ulisse. Sta cercando di soggiogarlo dalla sua posizione sopraelevata come il resto della sua ciurma (lo possiamo vedere nello specchio dietro il trono, che simula la profondità veritiera alla composizione – a me sembra anche una sorta di aureola santa). Circe aveva il potere e sapere erboristico di trasformare gli uomini in animali; infatti, i maialini che vediamo ai suoi piedi è sono i marinai greci dopo la cura. Sembra che stia per alzarsi per andare vicino a Ulisse, molto vicino…

Chi era Circe? Troppo poco rispettoso definirla una seduttrice, un’ammaliatrice, una portatrice di sciagure… Spietata, sicuramente. Ma questa è la storia raccontata da Omero, al quale piacevano queste protagoniste un po’ perturbate per animare il suo racconto.

Circe era una mezzadea, figlia del Sole e zia di quella povera diavola di Medea. Viveva sola in una villa sfarzosa, tutta di marmo, immersa nella vegetazione mediterranea del Circeo. Era molto bella, portava una chioma riccia agghindata in lunghe trecce, nessun vestito o gioiello, e il suo canto riusciva ad attirare qualsiasi uomo. Inoltre cucinava da dio e, come digestivo, preparava delle bevande avvelenate che trasfiguravano i pretendenti in animali diversi, a seconda del carattere (quindi chissà perché mai i marinai divennero maiali…). Omero li difende raccontandoci che, poveretti, erano stanchi perché avevano appena sfidato i Lestrigoni e il mare in tempesta. Ulisse, invece, bara aiutato da Mercurio che gli offre dell’erba per renderlo immune all’incantesimo.

E che succede? Oh, chiaro. Circe si innamora di Ulisse perché ha una bella barba mora e, soprattutto, perché è l’unico uomo che è riuscito a opporle resistenza e a tenerle testa. Ulisse, che in effetti è l’uomo dal multiforme ingegno, cede, ha una torbida storia d’amore con lei (anche un figlio) e la convince a ridare le sembianze umane ai porcellini. Dopo un anno, i marinai annoiati convincono Ulisse a ripartire per Itaca. E sarà Circe a metterlo in guardia da altre possibili seduzioni. Ulisse si giustificherà del tradimento alla moglie dicendo che Circe le ricordava Penelope, aveva lo stesso sguardo fiero, ma aveva fatto un grave errore perché Penelope non avrebbe mai abbracciato uno straniero…

Circe dai riccioli belli, dea tremenda dalla voce umana. Accanto a lei, montani lupi e leoni falbi, che mansuefatti avea con le sue bevande, stavano a guardia del palagio eccelso.

Circe, in quanto donna, è ciò che non si può comprendere, ciò che è incomprensibile, incontrollabile e, perciò, è vista come pericolo. Nell’antichità era un bell’esempio di anticonformismo. Non era sottoposta al controllo maschile ed era conscia del suo potere; è il simbolo della femminilità che prende l’iniziativa. Nell’Odissea è vista come la più temibile, la selvaggia maga-puttana, ma è lei ad avvertire Ulisse del pericolo delle Sirene e non è stata lei a promettere l’immortalità ad Ulisse pur di non perderlo, quella è Calypso.

Dopo la partenza di Ulisse, Circe rimane da sola a giocare con l’amore e con la gelosia senza perdere la sua alterità irriducibile. Infondo, per metà umana e per metà dea, è schiava e padrona del caos.

Mortale caparbio pieno di quel breve sogno che tu chiami la vita; innamorato delle tue debolezze e dei tuoi peccati; affascinato dalla morte. Contro una simile ostinazione anche gli dei sono senza potere. Va dunque! Poiché l’hai scelto: il mare ti aspetta!

Circe a Ulisse in “Ulisse , film del 1954

❤ Miss Raincoat

“La Meditazione” di Francesco Hayez

Francesco Hayez lo conosciamo tutti per Il Bacio della Pinacoteca di Brera. Il dolcissimo addio tra due innamorati che cela, però, l’allegoria del soldato patriota che parte in guerra per la sua Nazione, con la speranza di vincere e di tornare. Un messaggio politico criptato per non farlo sapere ai piani superiori…

Il Romanticismo Italiano può essere sintetizzato con un solo aggettivo, struggente. Un’arte che esplicita un dolore continuo e logorante e così diversa dalle declinazioni romantiche del resto dell’Europa che si interrogava sull’identità nazionale, siccome l’Italia, come nazione, nemmeno esisteva. Bisognava andare a cavarsela fuori con le unghie, ancora.

In questo periodo, quelli che chiamiamo patrioti si uniscono per cucire insieme i pezzetti che avrebbero formato l’Italia; i Francesi e gli Austriaci, padroni dei vari pezzetti, dovevano essere scacciati a calci. Non fu né facile né breve quello che sui libri di storia è etichettato come Moti Risorgimentali.

La Prima Guerra d’Indipendenza ha inizio con le Cinque Giornate di Milano, nel marzo 1848. I volontari si armano a favore del Regno di Sardegna contro l’Austria e perdono, sacrificandosi per la libertà. Il 1861 è ancora lontano…

Olio su tela- 1851-Galleria Arte Moderna di Verona-92,3 x 71,5 cm

Questo sguardo triste e fermo appartiene all’impersonificazione dell’Italia, una giovane madre con il seno pronto per allattare gli Italiani.

C’era stato un altro pittore, nel 1830, che aveva raffigurato una donna a seno scoperto, Delacroix con la sua Libertà che guida il popolo, la Madre Patria coraggiosa e nutrice. Ma Hayez, su questa figura fa cadere tutto il peso della disperazione all’indomani della sconfitta.

Il muro blu, il colore della malinconia, esalta l’incarnato pallido e sofferente della donna; il sapiente gioco di luce esalta la purezza della pelle nuda, dei capelli corvini, della veste bianca… L’infelicità, in questo modo, è vissuta in empatia dal lettore dell’opera. Hayez non cercava compassione, voleva incitare alla reazione.

L’Italia è in lutto, è rammaricata e addolorata. Ha perso centinaia di figli senza liberarsi dall’oppressione straniera. È una martire, stringe la croce come una Santa mutilata nel suo intimo, sulla quale sono incise le date delle Cinque Giornate di Milano. Il libro consumato che stringe, invece, è quello della Storia d’Italia – sciupata prima di poter nascere. Le scritte in rosso sembrano di sangue e quella sedia di cuoio su cui siede sembra essere quella di un supplizio. Verdi, nel Nabucco, ce la fa ascoltare nel Va’ Pensiero (“Oh mia patria, ‘sì bella e perduta”).

Quest’opera si doveva intitolare “L’Italia nel 1948”, ma l’etichetta venne cambiata in corsa per ovviare la censura austriaca. Il fascino di questo dipinto sta appunto nel conflitto tra messaggio politico nascosto e l’inquietudine esistenziale totalmente palese. Un monito asciutto e potente: ricordati con rispetto di chi, durante la battaglia, per avere quello che hai e ti sembra scontato, è morto. E meditazione vuol dire pensarci su a lungo, profondamente e con grande attenzione.

❤ Miss Raincoat

°* Letture Consigliate dall’Unicorno *°

  • “Hayez” di Fernando Mazzocca
  • “Uno per tutti, tutti per Hayez” di Stefano Zuffi (illustrato da Emanuele Zamponi) (lettura per bambini)
  • “Il volto dell’amore” di Flavio Caroli
  • “Risorgimento: un viaggio politico e sentimentale” di Arianna Arisi Rota
  • “Donne del Risorgimento: le eroine invisibili dell’Unità d’Italia” di Bruna Bertolo

Padova (for lovers)

Esistono tre città nel Veneto in cui ci si va con l’emoticon con i cuoricini al posto degli occhi…

Venezia. Costosissima, per vari motivi che in questo post non ci stanno (anche se noi ci siamo andati low cost qui). Meravigliosa. A Venezia ci si va con l’anello (anche quello delle palline…ma le vendono ancora o sono rimasta negli Anni ’90?) e senza sciatica, che poi ci si deve inginocchiare. Perciò, Venezia è un po’ impegnativa.

Verona.Ma sì, quella di Romeo e Giulietta. Quella che – alcuni vociferano -Shakespeare non ha nemmeno mai visto. Anche lei una città del nord Italia che va vista almeno una volta (a me è rimasto impresso il rossiccio delle sue mura scaligere che spiccava durante una giornata bigia di gennaio). Inoltre,è una città che temo, perché la mia prof. Di Latino del Liceo – quella con la Montblanc assassina – veniva da qui.  Eppure, “se ti porta a Verona invece che a Venezia è un fedifrago” cit. Mio Attuale Capo.

Padova. La città veneta per le rockstars. Padova è per chi ha la fidanzata guida-turistica che ama gli aperitivi (ho detto aperitivo, non apericena. Io dopo lo spritz voglio andare a cena o a pranzo; parimenti voglio fare la colazione a un orario decente con le cosette dolci – scusate la digressione). Lungo le rive del Bacchiglione, è la città dei portici medievali e delquasi-esotismo delle cupole emisferiche.

Cosa non perdersi (o cosa sapere per fare i finti intellettuali, sicut Alberto Angela docet)

  • la Basilica di Sant’Antonio (che è gratis) e il Monumento Equestre al Gattamelata di Donatello, proprio nella piazza antistante.
  • Il più antico Orto Botanico al mondo – ingresso 10 €
  • Prato della Valle con al cento l’Isola Memmia
  • Basilica di Santa Giustina con la tomba di San Luca (romanico-bizantina)
  • MUSME , Museo della Medicina – ingresso 10 €
  • Piazza delle Erbe, Palazzo della Ragione, Palazzo del Capitano (con orologio astronomico), Portico della Corda e Duomo
  • Cappella degli Scrovegni con l’opera di Giotto e quel blu oltremare che si capisce perché tutti lo volessero nonostante il costo – – ingresso 13 € (quasi obbligatoria la prenotazione, anche online); il biglietto comprende anche i Musei Civici Eremitani e Palazzo Zuckermann, tutto lì vicino.

Che dite? Andate in gioielleria o a prenotare l’entrata alla Cappella degli Scrovegni?

❤ Miss Raincoat

Kindle Lover – 2018

Diciamocelo, che mondo sarebbe senza Netflix e Kindle?

Oggi, comunque, vorrei condividere alcuni titoli nella mia libreria digitale che mi sono particolarmente piaciuti. In particolare, vorrei annotare i migliori dieci [non sono riuscita a metterli in ordine, ne ho letti una cinquantina in tutto, escludendo ciò che ho letto per aggiornarmi lavorativamente 🙂 ]

Per chi se lo stesse chiedendo, il mio libro preferito in assoluto è “Jane Eyre” di Charlotte Brontë. Per la magia senza tempo di una storia d’amore alla Bella e la Bestia, ma senza stereotipi assoluti. Quel figo di Rochester sarà pure str* e dissoluto, ma la dichiarazione /non dichiarazione sulla scomodità di essere innamorati, quel filo attaccato al cuore che, se tirato troppo, potrebbe farlo morire dissanguato, cos’è? E la nostra Jane, così apparentemente fragile e pudica, non è la stessa, l’unica, che tiene testa a Edward senza moine da signorina, non è la stessa che gli inveisce contro dicendo che l’essere “selvatici” non esclude la capacità di provare sentimenti enormi? Non è la stessa che dice <ciaone> al pastore che le propone una vita retta che la condurrebbe in Paradiso? E il paesaggio d’ambientazione, nella brughiera inglese… [ok, la smetto!]

Passiamo alla nostra playlist kindleiana…

[Il genere che prediligo è il romanzo di ambientazione storica di tutti i tempi, sono una dei pochi alunni che hanno amato i Promessi Sposi fin dal Liceo, la Gertrude, il Fra Cristoforo, l’Innominato…. Da buona guida amo la storia ma cerco il gossip 🙂 ]

  1. Elena Ferrante “L’amica Geniale” – 400 pg – Anni Cinquanta, Napoli “Un antidoto agli intervalli d’attenzione”
  2. Candace Robb “La Nemica del Re” – 509 pg – Corte Edoardo III, Inghilterra “Ci sono donne che non si arrenderanno mai a un destino deciso dagli altri”
  3. Jill Santopolo “Il giorno che tutti aspettiamo” 400 pg – Post 11.09.2001, New York  “Due persone. Due scelte. Un destino
  4. Eva Wanjek “Lizzie” – 491 pg – Epoca Vittoriana, Londra “Imponente e drammatico senza essere melodrammatico”
  5. Sally Rooney “Parlarne tra Amici” – 304 pg – Dublino, Giorni Nostri “Il romanzo sull’amore e il tradimento nel nostro tempo”
  6. Anna Premoli “Non ho tempo per amarti” – 315 pg – una scrittrice persa nei suoi romanzi ottocenteschi e un cantante rock. Che si chiama Terrence (come quello di Candy) “Senza incertezze né sussulti lungo il binario della favole
  7. Diego Da Silva “Terapia di coppia per amanti” – 274 pg – Napoli, Giorni Nostri ma sulle note di Every Breath You Take “C’è un momento, diciamo intorno al primo anniversario di una relazione clandestina, in cui pieghi la testa di lato, stringi gli occhi come cercassi qualcosa di minuscolo che si muove nell’aria, e vedi in filigrana il casino in cui ti trovi. Questo è amore, ti dici senza mezzi termini, altro che chiacchiere” (cit. dal libro)
  8. Roberta Gately “Le ragazze di Kabul” – 352 pg – Guerra Civile Afghanistan, Kabul  “Commovente e autentico. Amore e speranza in una terra sconvolta dal dolore”
  9. Silvia Truzzi “Fai piano quando torni”– 272 pg – Anni Cinquanta//Oggi, Bologna e Napoli  “Un romanzo pieno di grazia che racconta, con tono ironico e sorprendentemente leggero, il dolore della perdita e la fatica della rinascita”
  10. Care Santos “La Cena dei Segreti” – 359 pg – Anni Cinquanta//Oggi, Barcellona “Una notte di colpe e segreti, trent’anni di ricordi, una cena per perdonare tutto”

[Le citazioni le ho scopiazzate dai critici, ovviamente quelli che ci hanno azzeccato :P]

Volevo anche celebrare la fine (forse solo per ora) della serie di Alice Allevi di Alessia Gazzola, di cui “Arabesque” – letto a gennaio – e “Il Ladro Gentiluomo”- letto in questi giorni. Ecco, CC è quanto più ci si possa avvicinare al mariolo che ha ispirato la leggendaria (ma esistente) figura losca di Mr. Raincoat 😀

❤ Miss Raincoat

Gita al Castello di Miramare

Siamo in un quartiere di Trieste, quello più a picco sul Golfo, dove Massimiliano d’Asburgo costruì una dimora da condividere con la moglie Carlotta del Belgio, a metà Ottocento. Il nome “Miramare” significa guardare il mare ed è memore dei castelli spagnoli che piacevano molto a Massimiliano. Lo stile al quale si ispira è quello del Castello di Babelsberg a Potsdam in Germania.

Il parco marino di 22 ettari ospita piante di vari generi, alcune delle quali collezionate dallo stesso Massimiliano, appassionato di botanica, durante i suoi viaggi come ammiraglio della Marina Militare Austriaca.

Nella parte superiore si trova il Castelletto, una residenza più piccola che ospitò i regnanti durante la costruzione, ma che divenne una sorta di manicomio murato per la sventurata Carlotta. Infatti, pare che il Castello sia legato ad una maledizione: chi ne prende possesso non può goderne la bellezza dacché morirà lontano da casa (Massimiliano morì assassinato in Messico e Carlotta impazzì). Vengono ancora più i brividi se si pensa che la coppia entrò nel Castello a Natale 1860.

Io ho raggiunto il sito con i mezzi pubblici da Trieste. Se si alloggia nella città è il modo più comodo così non bisogna spostare la macchina da un parcheggio a pagamento (unica pecca di Trieste, ma risolvibile parcheggiando al Molo IV per 10€ al giorno) ad un altro ulteriormente a pagamento. Il biglietto del pullman, infatti costa 1,25 € e vale un’ora; il parcheggio del sito costa 2,00 € all’ora – considerando che la permanenza dura più di un’ora. Il bus si prende dalla Stazione Centrale oppure da Piazza Oberdan e passa circa ogni 20 minuti; si scende al capolinea, cioè al porticciolo di Grignano. Da lì si prende una scaletta e si arriva alla parte superiore del parco. Una volta finito il percorso al Castello si può uscire sul lungo mare e, in 15 minuti, raggiungere la fermata bivio; oppure, ritornare indietro al porticciolo.

Percorso di visita: Serre – Castelletto – Casa Svizzera (bar) – Lago dei Cigni – Giardino all’Italiana – Molo con Sfinge – Castello – Belvedere – Scuderie

Alcune informazioni: parcheggio a pagamento, bar, wc, aperto tutti i giorni dalle 9 alle 19 – parco: gratis , castello: 12,00€

http://www.castello-miramare.it

❤ Miss Raincoat

 

«O Miramare, a le tue bianche torri
attedïate per lo ciel piovorno
fósche con volo di sinistri augelli
vengon le nubi.»

Giosuè Carducci