Valtella in Love

Don Antonio Malacrida

Oggi vi spiegherò perché il personaggio più figo della saga dei Malacrida di Morbegno è il don Antonio. Quindi l’amore è tra me e lui 😀

Partiamo dalla sua nascita. Lui era figlio di Ascanio I (1680 – 1757) e Annamaria Peregalli. Ascanio è l’uomo che inizia lo scheletro dell’edificio del Palazzo ma, per via della numerosa prole, dovette “trà giù la cunta” – come si dice tra le nostre valli – ossia, abbandonare l’opera – che sappiamo fu portata egregiamente a termine dallo sforzo economico del figlio Giampietro, che la volle al passo con la moda settecentesca. Ascanio era sicuramente affascinante dentro (come l’Eroe Coronato nel Salone degli Stucchi) perché era una sorta di criminologo; tuttavia, il suo aspetto fisico lo ritraeva cicciottello e con il naso adunco. Fu sua moglie, bionda con gli occhi azzurri, a portare in dote la bellezza. La poveretta mise al mondo ben ventiquattro figli e morì nel 1731 mettendo al mondo Antonio, il più piccolo e il più bello. Da vedovo, Ascanio, che già era uomo prudente, diventò ansioso per la vita dei figli – dei quali solo pochi giunsero all’età adulta tutti generosamente miopi.

Il nostro bell’Antonio nasce il 27 maggio 1731 sotto il segno dei Gemelli (il fratello Giampietro era nato nel 1714!!!). Avrebbe tanto desiderato una carriera militare e non voleva finire come la sorella Francesca, diventata suora di clausura sotto il nome di Marianna Giuseppa due anni prima che lui nascesse. Eppure, suo padre, che con lui cresciuto senza mamma era ancora più apprensivo, aveva già pensato a una carriera ecclesiastica, che sarebbe sicuramente anche costata di meno per la famiglia. Così, dopo gli studi a Modena dove si laurea in Teologia e si appassiona anche al canto gregoriano, celebra la sua prima messa all’età di 25 anni, probabilmente presso la Gisèta di Morbegno (altro mio pezzo di cuore) – motivo per il quale, poi, il beneficio Mezzera di quella cappella passerà nelle mani dei Malacrida.

A questo punto, don Antonio pensa di poter levare le tende. Suo padre, però, impiega gli ultimi due anni della sua vita a convincerlo a restare a Morbegno. Fonda un canonicato soltanto per lui, in modo che abbia una buona rendita vitalizia, lo inserisce nei partecipanti attivi della fabbrica del San Giovanni di Morbegno (che terminerà nel 1780) e lo fa inserire come confessore delle monache di clausura al Convento della Presentazione (per la gioia delle suore, ohibò!).

Dovete immaginarlo così l’ Antonio: sano, alto, muscoloso, abile nelle conversazioni, un ottimo fantino e un esperto di botanica (il suo fiore preferito era il garofano). Non ci sembra strano capire perché, molto spesso, era chiamato a celebrare le messe solenni. Insomma, troppo bello per essere incline alla vita clericale.

Nel 1794 ottiene il giubilato per mantenere i privilegi concessi a Morbegno (ossia il denaro) pur risiedendo a Milano, in contrada Santa Prassede. Nella city vivrà più come un gentiluomo che come un prete e non si farà mancare nemmeno i festeggiamenti per l’incoronazione di Napoleone.

Torna a Morbegno solo nel 1805, prossimo alla morte, per farsi assistere dal nipote Ascanio II, che nominerà suo unico erede. Muore nel 1808 e i suoi funerali saranno i più sontuosi del secolo.

“Le Tre Grazie” di C. Ligari – 1761
Saloncello della Musica // Palazzo Malacrida (Morbegno)

Da “Uccelli di Rovo”

“L’uccello con la spina nel petto segue una legge immutabile; è spinto da non sa cosa a trafiggersi, e muore cantando. Nell’attimo stesso in cui la spina lo penetra, non ha consapevolezza della morte imminente; si limita a cantare e a cantare, finché non rimane più vita per emettere una sola altra nota. Ma noi, quando affondiamo le spine nel nostro petto, sappiamo. E lo facciamo ugualmente. Lo facciamo ugualmente”

Miss Raincoat

Cosa Vedere a Morbegno

Avventure di una guida durante la Mostra del Bitto

Quello che ho imparato del mio lavoro è che tutto ciò che si deve imparare sul mio lavoro lo si impara sulla strada. Sembra un aforisma da rapper alla moda, ma in realtà si sta parlando di menare il gregge dei turisti.

Oggi parliamo di come visitare Morbegno durante un affollato dì di festa, baciato da un clima clemente. Certo, vedere quanto gli eventi di Morbegno in Cantina e Mostra del Bitto abbiano richiamato così tante persone che “Pifferaio di Hammelin, lucidami le scarpe”, beh è stato wow . Le parole belle le hanno già spese gli organizzatori sui social networks, ma rimarco che il successo sia da attribuire al fatto che a) si è lavorato a testa china ma sempre con un sorriso immenso e la mano tesa b)siamo una squadra fortissimi, anche se si litiga spesso – ma i grandi amori sono così, fanno dei giri immensi e poi ritornano. Io che sono solo una guida turistica che potrei aggiungere? Niente, che è stato quasi acrobatico riuscire a destreggiarmi con il gruppo tra bancarelle, calici e altri turisti sfusi (metteteci anche il fatto che sono uno scricciolo alto due mele o poco più) però è stata un’esperienza incredibile e spero di aver lasciato un bel souvenir ai miei ragazzi  io i turisti li chiamo tutti così, perché chi viaggia è giovane dentro).

Ecco, vorrei condividere  l’itinerario che ho deciso di seguire io per l’evento al quale sono stata chiamata alle armi, che per me rappresenta il percorso fondamentale per conoscere il Centro Storico di Morbegno.

  1. Piazza Sant’Antonio – anticamente questa piazza era chiamata “quadrivio” e costituiva una sorta di porta-est del trecentesco borgo di Morbegno (ricordiamo che, come insediamento stanziale per i contadini che discendevano dalle scoscese pendici orobiche, Morbegno nasce nella periferica zona di San Martino, in una zona però infetta dalla malaria, da qui l’origine toponomastica da “morbo”). In questa Piazza, si svolgeva, fin dal Quattrocento, il mercato settimanale e il calendario delle fiere; inoltre, lo spiazzo era nato anche come un parco alberato ed inerbito dove la popolazione più ricca poteva passeggiare e darsi appuntamento. La Piazza prende il nome dall’ex Convento domenicano smantellato da Napoleone (la chiesa venne, invece, sconsacrata nel 1977).
  2. Protiro della Chiesa di S.Antonio – in stile rinascimentale, una monumentale struttura in pietra sovrasta il portale con il tema ciclico di vita e morte, dove anche le colonne ed i profili non sono stati risparmiati dalla decorazione allusiva. L’opera vanta anche la firma del pittore Gaudenzio Ferrari, con la sua affollatissima Natività dal cielo terso come i cieli alpini.
  3. Chiostro della Chiesa di S. Antonio – la decorazione cinquecentesca delle pareti e del cortile individuato da colonne ed archi a tutto sesto ci inseriscono nel clima dell’Inquisizione e del “memente mori” tramite le storie di San Domenico e simboli domenicani. Molto interessante la meridiana con l’iscrizione biblica “sicut umbra vita fugit”.
  4. Via Garibardi (Primo Tratto) – con il naso all’insù, si possono ammirare i terrazzini in ferro battuto, tipici della produzione artigianale della Bassa Valtellina. La particolarità è che sono tutti diversi e diversamente intricati.
  5. Berlenda (Via Romegialli – Piazza San Pietro – Via San Pietro) – è la contrada più antica del borgo: ospitava infatti l’Ospedale Vecchio, il Monte di Pietà, nonché le case di importanti famiglie dell’alta borghesia di Morbegno, come i Castelli di Sannazzaro, dei quali il Palazzo oggi ospita il Municipio. Questo edificio presenta quasi un non-sense: addossato troviamo il campanile della Chiesa di San Pietro, che fu la prima parrocchiale di Morbegno, prima della cessione ai Riformati. Finiamo la nostra tappa ammirando la facciata barocca della stessa, realizzata dalla Confraternita del SS. Sacramento (specie il nero marmo di Varenna e i simboli di San Pietro e Paolo sul portale ligneo), che qui ha sede.
  6. Piazza Tre Fontane – nella piazza più elegante di Morbegno, però, le Tre Fontane non ci sono più (benché esiste una fontana meno antica). Anche qui, l’eleganza è data dai terrazzini e dalle pareti affrescate nel Settecento.
  7. Verso Scimicà (Via San Marco) – prendiamo il primo tratto in salita della Via Priula, che attraverso il Passo San Marco, permetteva di raggiungere i territori della Serenissima. Ci fermiamo un attimo davanti alla particolare Cappella degli Angeli Custodi, che arreca l’iscrizione “in pugna ultima mortis” (solo una buona guida può svelare l’arcano segreto 🙂 )
  8. Palazzo Malacrida – (entrata da prenotare; rivolgersi al Comune di Morbegno oppure a Le Nevi di Un Tempo // Biblioteca Civica) In questo caso, ho sperimentato una visita “al contrario”, dall’alto verso il basso, di questo palazzo in stile settecentesco veneziano: uno sguardo dall’alto dai Giardini Terrazzati, una sbirciatina dall’alcova, per poi ammirare la collaborazione geniale di Cesare Ligari/Giuseppe Coduri nelle illusioni ottiche del Salone d’Onore, senza dimenticare l’apporto del morbegnese Giampietro Romegialli tra le nuvole del “Ratto di Ganimede” sul soffitto dello Scalone . La breve visita termina nell’Atrio, dove gli stemmi del parentado riecheggiano i gossip di questa ricca, sfortunata, ma originale famiglia che ha impreziosito Morbegno di un’arte aggiornata con i tempi.
  9. Via Malacrida – scendiamo da Scimicà percorrendo la discesa verso la Corte dei Miracoli, un’antica abitazione della famiglia Parravicini con archi in cotto e, appunto, corte interna. Scimicà, del resto, era la contrada dei nobili morbegnesi.
  10. Via Pretorio/ Piazza III Novembre – Buttiamo un occhio al Ponte Vecchio sul Bitto con il San Giovanni Nepomuceno, proseguiamo il cammino costeggiando il Palazzo Pretorio e sorridendo alla tela del Gavazzeni, con una Madonna che porta il grazioso viso di sua moglie Rosa, sulla parete dell’ ottocentesco negozio Ciapponi.
  11. Via Ninguarda – rincontriamo Piazza Tre Fontane e ci immergiamo nell’antica contrada Pozzo Modrone, che ospitava i negozi e le locande. Ci perdiamo un po’ con lo sguardo tra portali, archi e altri terrazzini, soffermandoci un po’ sui problemi di cuore di San Giuliano l’Ospitaliere e sulla presunta satira politica di un mascherone a forma leonina.
  12. Piazza San Giovanni – come per sopresa, ci troviamo davanti ad una facciata monumentale, che sembrava così piccola da palazzo Malacrida, la quale ci narra la Storia della Salvezza in una maniera del tutto settecentesca. Al lato della piazza troviamo  la vecchia sede del Monastero di clausura femminile della Presentazione.
  13. Chiesa Parrocchiale di San Giovanni – finiamo la nostra visita entrando nella chiesa per ammirare il tripudio del barocco firmato Pietro Ligari, dalle cappelle fino alle scene del Battesimo in abside. La chiesa conserva le reliquie di Santa Costanza, del Beato Andrea da Peschiera (in cera) e la Sacra Spina donata dal vescovo morbegnese Feliciano Ninguarda. Una delle particolarità di questa chiesa è il colore delle pareti: viene chiamato colore dell’aria ed è un color polvere capace di far sembrare diverso l’ambiente in ogni diversa condizione luministica.

Ovviamente, non posso dimenticarmi di ringraziare un po’ tutte le persone che si sono fatte in mille pezzi per fare funzionare tutte le quisquilie delle manifestazioni concatenate. In modo particolare, la dott.ssa Bianchi che ha scelto me come un pokemon vincente (e chiedo scusa alle Nevi di Un Tempo se sono stata io quella che ha corso con il testimone in mano, spero di non averci fatto fare una brutta figura!), il Consorzio Turistico, specialmente F. che mi ha prestato le chiavi del Chiostro e l’Amministrazione di Morbegno che mi ha letteralmente aperto le porte di Palazzo Malacrida (anche se non si poteva, o forse no). Per ultimi, ma non in ordine di importanza, ringrazio i turisti, dacché senza di loro si dovrebbe parlare da soli!

E, alla fine, tarallucci (anzi, sciatt) e vino! (finché non chiama irrimediabilmente fuori) — 

Se non sapete cosa sono gli sciatt, guardate qui.

p.s. Se qualche mio Capo o simile ha letto questo post, sappia che, per il prossimo anno, vorrei una bandierina da agitare tra la folla come le guide dei film!!! (oppure un palloncino a forma di unicorno ubriaco) :*

❤ Miss Raincoat

Morbegno La Sera è Viva 2018

Haute Saison. In francese, forse, suona più dolce. In italiano si dice “Oh, ma per me quando arrivano le vacanze?”.

Beh, l’avevo messo in conto,comunque, che avrei dovuto badare ai turisti in orario di vacanza e badare a me stessa, mentre i comuni mortali lavorano o sono a scuola o si lamentano di qualcosa sui social. Non mi ero resa conto che avrei perso l’opportunità di poter andare ai concerti migliori della stagione estiva. Punterò sulle piccole serenate notturne, ho deciso! In questo periodo, quindi, si lavora e non si dorme mai. E si cerca di non perdere voce, pazienza e memoria. E a Morbegno, capitale della Bassa Valtellina, un caposaldo di questo periodo è Morbegno La Sera è Viva.

Quest’anno la manifestazione  compie 25 anni. Ergo, è nata prima che io imparassi a leggere e scrivere. Prima che quella str** della maestra P. d dicesse a mia mamma – con me lì presente – che ero troppo goffa e timida per riuscire mai a sembrare intelligente o simpatica o spigliata. . E invece eccomi qui a lavorare tra i migliori, a destreggiarmi tra una serie di oltre 40 appuntamenti che porteranno i turisti a passeggiare dalle Porte della Valtellina, paeselli di mezza costa compresi,  fino alle ridenti sponde del Lago di Como. Ovviamente, dovrei anche ricordare la maestra M. che, invece, ha creduto in me e nella mia innata abilità di raccontare storie avvincenti. E che mi ha insegnato a farlo nel modo corretto, che mi ha insegnato a osservare la meraviglia che mi circonda, ad ascoltare le persone, a gongolare e ad accettare le critiche intelligenti. Che mi ha insegnato a perdermi nei libri e nelle canzoni e a ritrovarci me stessa. La maestra M. mi ha insegnato a orientarmi. La maestra P. … va beh, non voglio dirlo!!!

Io quest’anno, dopo aver proposto monumenti minori o angoli di strade, ho deciso di puntare i riflettori su due dei pezzi forti: l’ex chiesa conventuale di Sant’Antonio e il Palazzo Malacrida di Morbegno. Li ho scelti per vari motivi: a) sono un monumento “sacro” e un monumento “profano” b) rappresentano i due apogei artistici di Morbegno: il Cinquecento e il Settecento c) sia i Domenicani sia i Malacrida rappresentano le personalità più controverse della Bassa Valle.

Qui sotto vi annoto i due appuntamenti:

  • mercoledì 4 luglio h. 20,30  – Palazzo Malacrida
  • mercoledì 11 luglio h. 20,30 – Chiesa di Sant’Antonio

A chi mi dice per primo “beata te che sei sempre in giro” regalerò la mia maglietta preferita. (Ho sentito dire che gli haul tra i blogger sono popolari, no? – Ma io non sono né blogger né popolare. Qui si domano solo unicorni! E si regalano magliette usate. Ahahah).

[per scaricare programma completo e info aggiuntive qui]

❤ Miss Raincoat

Gisèta di Via Margna 1×03

[Come molti di voi già sanno, ho dato al mondo la Ricerca sulla Gisèta di Via Margna. Davvero, non pensavo che così tante persone, non solo morbegnesi, fossero tanto affezionate a un posticino così poco conosciuto e così tanto piccolo. Grazie mille ancora per tutti i complimenti post-presentazione, non solo sulla ricerca stessa (che in effetti ha dissepolto una storiella mooolto interessante e intrigante), ma anche sul mio modo di pormi come guida. Non sapete quanto possa fare piacere sapere di aver preso la strada giusta, specie per chi fa un mestiere come il mio!!! Per quanto riguarda la ricerca vera e propria la potete già consultare presso la Biblioteca di Morbegno. Quelli che vorranno leggere o conservare (o utilizzare per i tavoli traballanti), il libro-guida dovranno aspettare qualche mese (ma sicuramente prima della fine dell’anno, mi hanno fatto sapere…). Da quanto ne so, sarà un volume della serie “Conosci Morbegno”.Nel frattempo, per i curiosi, ne pubblicherò un brevissssssimo riassunto di quattro episodi qui sul mio blog]

La Confraternita dei Luigini

La Confraternita dei Luigini di Morbegno si insedia nella Gisèta nel 1818. Essa raggruppava tutti i bambini con età fino a tredici anni (i quali portavano, nelle varie funzioni e processioni, una tipica mantellina azzurra); una volta diventati “grandi” i Luigini potevano scegliere se unirsi alla Confraternita dei Disciplini dell’Assunta di Morbegno. L’unico adulto del team era il Priore (chiamato ‘l barba = lo zio, in dialetto morbegnese). La Confraternita dei Luigini si ispirava alla vita di San Luigi Gonzaga, Patrono della Gioventù, e rinnova il significato degli Angeli Custodi cari ai Mezzera-Acquistapace (i Pasquini), quindi  la Gisèta non fu scelta a caso.

La Confraternita dei Luigini riconsacra la Gisèta il 29 luglio 1875 (era già dedicata a S. Maria delle Grazie dal 1665, vuole solo mettere nero su bianco che quella è la sua sede), la amplia nell’area anteriore (presbiterio e cappelle laterali) e la ridecora, dotando Morbegno dell’unico affresco che rappresenta un San Giuseppe giovane (nella calotta absidale).

Il Regolamento della Confraternita può essere riassunto in questi punti:

  • Abitudini: non leggere o farsi leggere giornali o libri “perniciosi” [sic.], non attardarsi oltre l’Ave Maria [sic.], non darsi alle cattive compagnie [sic.], apprestarsi ai sacramenti e alle preghiere, specie durante le feste di Maria e di San Luigi.
  • Tassa d’Iscrizione: 1 Lira all’anno che comprendeva anche l’iscrizione alla Pia Infanzia (un’associazione caritatevole che si occupava di mandare soldi ai bambini “pagani” e poveri, specialmente in Cina)
  • Cariche: non esistono cariche. Il vero capo della Confratenita è l’Arciprete di Morbegno; il Priore è solo una sorta di moderatore.

Una tradizione morbegnese alla quale è legata anche la Gisèta è il Giro delle Sette Chiese durante il Giovedì Santo (un rito codificato da San Filippo Neri nel 1540 a Roma). A Morbegno – in questo giorno senza funzioni annunciate dalle campane – si visitavano 9 compianti allestiti nelle chiese e lì si recitava il Rosario (Cappella dello Spedale nel Cimitero, Gisèta, Sant’Antida nel Ricovero degli Anni Trenta, San Rocco, Angelo Custode, San Pietro, Sant’Antonio, S. Giuseppe presso Palazzo Melzi, S. Giovanni). Il rito fu compiuto ininterrottamente dal 1713 al 1955 circa; il momento saliente era il Catafalco della Chiesa di San Giovanni.

Come tutte le chiese in cui hanno sede delle Confraternite, la Gisèta ha un Altare Privilegiato (si prega per i defunti in alcune date e si cancella la loro pena temporanea in Purgatorio). Il privilegio fu concesso nel 1908 da Papa Pio X che fissò le date: 8 dicembre (Immacolata), seconda domenica di luglio (S.M. delle Grazie) e terza domenica novembre (Madonna della Salute, la quale trae origine dalla Peste Manzoniana, per la quale perì zio Nicolò Mezzera).

La Confraternita dei Luigini è l’ultima a vedere la consistenza del Beneficio Mezzera. Il beneficio passa di mano in mano fino ad arrivare in mano a don Giovanni Vaninetti di Regoledo, il quale non amministrò mai il culto a Morbegno (bensì, a Laglio, Ponchiera e Tresivio). Però nel suo Testamento del 1938 cita il Beneficio e lo fa, in qualche modo, cessare di esistere.

Dopo la morte di Gio. Pietro Mezzera detto il Pasquino il beneficio passa in mano alla famiglia Schenardi (della moglie defunta). Gli Schenardi donano il beneficio a don Vincenzo Schenardi che consacra la cappella (era stato parroco a Gerola fino al 1664, poi risiede a Morbegno nell’ultimo anno di vita). Quando il prete muore, gli Schenardi consegnano il beneficio in mano a un altro prete del parentado, don Giuseppe Delfino che ha il beneficio fino al 1674. Perdiamo traccia del beneficio fino al 1792. Fino a questo anno il beneficio era in mano al notaio Matteo Acquistapace (padre della moglie) che nel suo testamento lascia il beneficio al prete al quale aveva affidato il beneficio, don Antonio Malacrida, l’eccentrico zio di Ascanio II, suo erede universale. Il nipote non ebbe eredi maschi, così lasciò il beneficio a Ida Malacrida, moglie del notaio Martino Mariani. Perdiamo ancora traccia, ma capiamo bene perché nel 1898 il beneficio è della famiglia Buzzetti, imparentata con i Mariani. Il Vaninetti, da parte di madre, difatti, ha uno zio che si chiama Giovanni Buzzetti fu Giacomo.

Dal Testamento Vaninetti del 1938 evinciamo varie informazioni:

  • Dona la Gisèta alla Parrocchia di Morbegno svincolandola dal Beneficio ma esprimendo che la Confraternita non debba perdere i diritti acquisiti;
  • Gli arredi sacri del Beneficio vengono equipartiti tra Gisèta e S. Ambrogio a Regoledo;
  • Del Beneficio faceva parte anche la Chiesetta di Santa Elisabetta o della Visitazione di Piazzolate (località sopra Regoledo di Cosio). Sappiamo che qui gli Schenardi avevano vari possedimenti e che la chiesa ha origine tardo quattrocentesca; non sappiamo quando viene annessa al Beneficio.

[continua…]

❤ Miss Raincoat

Il Salone d’Onore di “Palazzo Malacrida”

Questo soffitto è considerato uno dei capolavori di Cesare Ligari (Milano 1716 – Como 1770), figlio del noto pittore valtellinese Pietro Ligari. Cesare studiò a Venezia , dove imparò il tonalismo di Tiepolo. Decise di tornare in Valtellina, terra d’origine della sua famiglia, nel 1744 e lì sposò Lucrezia Brisa, che lo onorò di ben 11 figli. In Valle non fu molto apprezzato, un po’ perché era troppo avanti con i tempi e un po’ perché il pubblico lo vedeva troppo meno classico rispetto al padre: Pietro caratterizzava le sue scene moraleggianti e monumentali di colori scuri, mentre Cesare amava gli squarci luministici festosi (erano come Elvis e i Sex Pistols, per capirci). Anche trasferendosi in città, a Como, le sue sorti non cambiarono e lì morì in povertà.

Eppure, oggi lo si sta finalmente rivalutando tra i pittori più importanti del Settecento Lombardo. In più, la sua biografia lo descrive come un uomo brillante, elegante e abile violinista (era un figo, tipo Alberto Angela!!!).

Sul soffitto del Salone d’Onore presso il Palazzo Malacrida di Morbegno, troviamo il tema illuminista del “Trionfo della Ragione nelle Arti e nelle Scienze sopra l’Ignoranza”.

In una bella interpretazione della lezione veneziana sul colore, fresco e brillante, troviamo una sapiente illusione di una scena che rompe lo spazio architettonico.

Le figure che incontriamo in una composizione solo apparentemente caotica sono: l’Ignoranza bendata che precipita dal Cielo, sulle nuvole le allegorie femminili di Arti e Scienze (Musica con liuto, Pittura che dipinge lo stemma dei Malacrida, Astronomia con telescopio, Architettura con planimetria, Geometria con compasso e Geografia con sfera armillare ) e, in alto, la Verità che trionfa con la fiaccola accesa.

Palazzo Malacrida di Morbegno, 1761

❤ Miss Raincoat