“Dream On” degli Aerosmith + Viaggi Mentali

Cose che ho messo insieme in testa durante questa torrida estate

  • Ho letto un libro sull’ipersensibilità (“Mi dicevano che ero troppo sensibile” di Federica Bosco), nel quale a tratti mi sono ritrovata e a tratti mi è sembrato anche troppo iperbolico. Comunque, ho riflettuto assai sull’urgenza (mia) di smettere di regalare la mia presenza sensibile a chiunque perché, citando il libro, sarò pure un meraviglioso unicorno, ma non sono uno spettacolo da baraccone da scongelare a proprio piacimento. Perciò, o vai o resti nella mia vita, ‘ché se resti sull’uscio mi fai anche un po’ di corrente (dannosa per la cervicale!). Questo non vuol dire che mi piacciono le persone che fanno le preziose, infatti continuerò a non fare promesse e, piuttosto, a cercare di non deludere le aspettative. Ovviamente, continuerò a prendere fregature perché conosco un solo modo per voler bene: con la mano tesa (che poi ho scoperto che ai gatti piacciono i pugni perché gli sembrano altri gattini).
  • L’alta stagione turistica è un periodo che so che verrà , eppure mi prende sempre alla sprovvista. Ci equipaggiamo tutto l’anno, ma gli imprevisti e la mole di lavoro ci scotennano sempre. Love will tear us apart. E io amo questo lavoro. Adoro fare la guida. Anche se ogni tanto le critiche (e anche i complimenti) sono ignoranti come certi feedback su Tripadvisor (p.e. Uh bello e tutto però gli arancini di zia Maria sono meglio. Eh, grazie al c**! Ma cosa c’entra la zia se tu sei andato a Tallin?). Ho dormito davvero poco durante quest’estate per via dello sclero, delle levatacce, dei turni che non si sapeva mai quando finivano, per le serate postapocalittiche con gli amici e per il caldo africano…
  • Mi piacciono : i lupi ma anche le piume dei pavoni, le volpi (una si aggirava sotto casa dei miei genitori a giugno durante la notte, così ho scoperto anche il verso del mio animale-guida), svegliarsi con una notifica che non avevo sentito mentre dormivo, le sorprese, i congiuntivi, la tartaruga scolpita, un uomo che si riallaccia i polsini della camicia, le fossette ai lati dei sorrisi, “ti porto al mare”, gli aperitivi, i rossetti, i saldi estivi, il mojito.
  • Metafora per quasi tutto: vorrei essere sempre dove ci sei tu, ma non ci vengo perché poi pensi che io sono lì per te e non vorrei accrescere il tuo ego che è già smisurato. Quindi, sto dove voglio. Ma il grande ostacolo per noi mortali è che ritorniamo sempre dove siamo stati bene.
  • Nella vita ci vuole: studio, impegno, dedizione, lavoro sodo, disciplina militare, momenti di follia, amore, passione, sincerità, risate, lacrime e un pizzico di fortuna.
  • Le detesto perché mi feriscono: invidia, ignoranza e insensibilità.
  • Siamo una nazione in cui si paga per percorrere ponti che crollano. Fin qui potrebbe chiamarsi fatalità. Eppure, si applaude alle scuse dei carnefici.
  • Ho scoperto che… Che riesco ad affezionarmi a un gatto dopo 5 giorni. Che riesco a sentire mio un luogo dopo 24 ore. Allora perché dovrei sentirmi strana se riesco a voler bene a una persona dopo anni? Per me è questione di principio non di indispensabilità/non saper stare da sola.

Questa è stata la colonna sonora della mia estate. A pensare che nel 1973, al debutto degli intramontabili Aerosmith guidati da quel pazzo di Steven Tyler, questa canzone non era piaciuta un granché. Oggi, anche se la maggior parte dei turisti (ahahaha) se la ricorda campionata da Eminem, è considerata una delle più riuscite power ballads (ossia brani strappalacrime dal profondo del cuore) di tutti i tempi. Metto il video in versione karaoke perché chi non canta è complice (per gli acuti finali tipici di Tyler ci vorrebbe un altro post)

❤ Miss Raincoat

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I Miei Rimedi

Ho recentemente avuto un’illuminazione: la buona guida si riconosce da dove ti porta a fare la foto di gruppo.

C’è un posto a Morbegno – che è solamente un parcheggio a più piani, del resto – da dove si vedono tre dei campanili che alla domenica mattina, simpaticamente, ti ricordano che hai fatto davvero tardi la notte prima. Lì è il posto dove porto i turisti più affezionati, dopo aver fatto un’ovvia tappa di turismo enogastronomico dal mio oste preferito.

Poi ci sono quelli che, invece, vogliono la foto più classica, allora si va al Palazzo Malacrida, meglio se nei giardini terrazzati che dominano il borgo. Per quelli che vogliono sudare un po’ c’è il Tempietto. Per i gruppi affollati abbiamo anche un intero chiostro. Per quelli che vogliono i miracoli, allora consiglierei la Madonnetta. Cercando di non venire stirati dalle automobili, si può anche scomodare San Giovanni Nepomuceno, oppure andare per verdura nei Giardini della Biblioteca. E così via. È una mera ricerca di target. E io devo cercare di accontentare tutti i turisti, anche quelli più esigenti che vogliono farsi la passeggiata ma non vorrebbero nemmeno camminare troppo. E ricordare che fare una foto sotto la Chiesa di San Giovanni è impossibile: è troppo alta, non entra intera nell’obiettivo (a meno che non la si riprenda da Colico, già in un’altra provincia)

La morale della favola? Tu puoi avere fatto i discorsi intellettualmente e comunicativamente più colti però… se, alla fine, non hai scattato al tuo gruppo la foto con il filtro bellezza, non solo ti sei dimenticato qualcosa di basilare, come un pappagallo l’idraulico, ma sei anche una persona insensibile. Insomma, hai rovinato una vacanza.

E proprio a me vengono a fare certe proposte indecenti? Io che non posto mai la foto di nessuno da nessuna parte. Io che no, non ti taggo nemmeno se stiamo insieme da un secolo. Tant’è che un po’ di tempo fa avevo messo una foto di profilo su Whatsapp tranciando la persona che aveva fatto il selfie con me, scatenando una specie di enalotto/indovinachi tra i conoscenti. Alcuni avevano sbagliato anche il sesso della persona, per dire. E non perché mi piaccia viaggiare da sola, io sono sempre in compagnia di turisti anche quando non sto lavorando. E scatto foto come i giapponesi durante gli Anni Novanta, anche solo quando vado a correre a pochi metri da casa. Oh, le foto di gruppo mi fanno impressione. Mi ricordano un film di mafia dove il protagonista metteva le croci su tutti i compagni ritratti in una foto di classe, una volta che li aveva seccati.

Niente, questa esternazione mi viene dal profondo del cuore perché, così come l’anno scorso mi vedo costretta a chiudere la serranda di questo blog per qualche tempo, così da smaltire l’alta stagione e concedermi qualche giorno di ferie. Posterò qua e là le idee che mi verranno dalle gitarelle che mi concederò durante questa bella (si spera) stagione, comunque.  Ci rivediamo a Settembre!!!

“E contro tutte le idiozie ti consiglio i miei rimedi”

Ovviamente, la citazione è sempre alla collega rossa, la Noemi.

❤ Miss Raincoat 

Something just like this.

[Quando spieghi a un bambino che durante la Festa del Lavoro non lavorano nemmeno le Guide, ti ride in faccia (anche Brandonuzzo che è perspicace come la sua Fata Madrina). “Mi***, già te di lavoro fai quella che se ne va in vacanza a pagamento e adesso mi racconti che te ne stai a casa per ringraziare quelli che hanno lottato durante la battaglia operaia, appunto per la riduzione delle ore della cosiddetta giornata? Che poi te cosa c’hai a che vedere con gli operai? Mica ti spezzi le ossa in fabbrica, te! Te, se ti va proprio male, attacchi il turno alle 8 e finisci in bellezza con un Aperitivo! Te di lavoro fai quella che favella con i turisti e c’ha Instagram pieno di fotografie. Zia, per piacere, vai a lavorare davvero così posso guardare i Super Pigiamini in pace!”]

Ho voluto scrivere un’introduzione allegrotta per un post volutamente senza colori, che nulla a che a vedere con questo Primo Maggio, in cui ho pure barattato ferie (perché ho lavorato il 25 aprile).

Ho voluto scrivere un post semplice e un po’ triste. Anche se in questo blog i post vengono scritti in un paio di giorni prestabiliti del mese e poi spalmati sul calendario tramite la simpaticissima funzione della programmazione, in realtà, sono stata un po’ assente in questo periodo.

Qualcosa è cambiato, ma qualcosa resterà uguale per sempre. Chi mi conosce sa che non mi piace mettere sui social la mia vita privata, le mie tette o i lutti per guadagnarmi i big likes. Ho una vita ordinaria che resta per me straordinaria in quanto mia. Però, volevo soltanto DIRE GRAZIE ALLE PERSONE CHE HANNO VOLUTO ESSERCI.

Il nonno, imperituro fino a poco prima di ammalarsi, sarebbe stato contento di vedere tutta quella folla a salutarlo. Avrebbe offerto a tutti polenta e formaggio, come quando mi ha insegnato a camminare porgendomi una fetta di salame. Lui era un po’ così, un uomo di altri tempi, un po’ burbero ma con un grande cuore. Aveva le sue idee e se le teneva strette. Era un gran testone, per dirla tutta. Eppure nessuno può dire di essere stato ferito nell’animo da lui, perché era un uomo che, a modo suo, sapeva voler bene. Come il gran bene che voleva a Rodolo, che non ha mai abbandonato fino all’ultimo. Il nonno è uno che ci ha insegnato a cacciar dentro la malinconia e andare avanti, un uomo che ha sperimentato la perdita più volte e troppo spesso nella sua vita, ma – a giudicare da quanti siete venuti a salutarlo – un uomo che si è fatto tanti amici nelle sue (quasi) 88 primavere. Il nonno veniva chiamato Il Sindaco di Rodolo, perché sapeva tutto, più degli amministratori, sul territorio. Lui era un punto di riferimento per la Comunità, anche se per noi nipoti era soltanto il nonno Camillo, quello al quale, da piccoli, rubavamo il costume da pastore per assomigliargli (in foto potete vedere me nel 1992). E, allora, lui ci coglieva alle spalle e ci faceva qualche versaccio per farci spaventare.

È strano pensare che entrando a casa sua non ci sarà più lui al suo posto, con dietro il camino e, lì appesa, la foto al Cinquecentenario di Colorina di cui andava orgogliosissimo; sul muro al lato, invece, quell’originale orologio a forma di gallo.  Comunque, sono contenta che lui sia riuscito a integrare con i suoi preziosi aneddoti  i documenti d’archivio che ho scovato su Rodolo (e sulla sua chiesa): ho deciso in questi giorni di riunirli in una specie di guida in suo onore. Qualcosa che rimanga davvero, non come i fiori al cimitero che, alla fine, appassiscono. 

I’m not looking for somebody/ With some superhuman gifts / Some superhero/ Some fairytale bliss / Just something I can turn to/ Somebody I can kiss – The Chainsmorkers ft. Coldplay

❤ Patty (la nipote con le lentiggini)

Oggi è il Mio Compleanno!!!

Beh, che dire? Dieci anni fa diventavo maggiorenne. 

Per l’occasione ho spolverato il mio diario del 2008. Che combinavo, vi chiedete?[Parte la sigla di Pollon].

Uhm, vediamo… Avevo baciato A. per sbaglio, siccome l’avevo incontrato in Stazione e la luce e la situazione me l’avevano fatto sembrare bello come una statua classica. Non mi drogavo, lo devo precisare. Avevo collezionato un bel 4 in Matematica e anche in Latino, per non farci mancare niente. Ero ancora alle prese con L., il quale, in epoca contemporanea, sarebbe stato uno di quelli che visualizzano e non rispondono. Io gli scrivevo nel cuore della notte, lui mi faceva squilli nell’ora di Filosofia. Ogni tanto ci incontravamo a mezza strada. Fosse stato oggi, gli avrei piantato un tacco tredici da tempia a tempia. L. è il motivo per cui odio tutti gli ingegneri, infondo!!!

Ero ignara di tutto quello che mi sarebbe successo in futuro e potevo volere quello che volevo nella misura in cui lo volevo. Non sapevo che, poi, mi sarebbero successe solo cose grandi, sia nel bene sia nel male. Non andavo ancora d’accordo con i miei sentimenti iperuranici, ma oggi lo so che è un bene riuscire ad essere felice grazie a tutto e nonostante tutto, anche se è così facile ferirmi…

Con la certezza che, per quanto la cellulite abbia sostituito L., chi cambia è vivo!

Sono adulta da un decennio. Mi avevano promesso che sarebbe cambiato tutto. Eppure, mi sento come ieri. La stessa faccia, seppure con un odioso brufoletto che mi ricorda che tra pochi giorni, mi arriveranno le-mie-cose. Ecco, appunto, rischierei il carcere se ne combinassi una grossa durante la crisi pre-mestruale. Posso stare fuori fino a quando voglio con chi voglio a fare quello che voglio. Posso anche lavorare per comprarmi quello che desidero o potrei sedurre qualcuno per farlo al posto mio, se non lo trovassi di uno squallidume epico. Ergo, so come sopravvivere alle richieste dei miei estrogeni, troppo spesso allegri, e come azzittire le critiche del mio progesterone, fin troppo bigotto. Si, ma non era meglio rimanere piccola, con il gusto per il proibito? Adesso, ciò che e divertente è tutto lecito – perché se non le fai alla tua eta certe cose… –  il resto è un dovere. Un tuo dovere. Mamma e papà ci sono solo per ricordarti che avresti potuto anche essere una figlia migliore, ma ti vogliono bene e allora ti tengono come sei. Perciò, bella fregatura!!! Sono ancora io, il solito disastro, ma con un dieci minuti di ritardo in più, perché ho  ammucchiato sulla sedia varie faccende irrisolte, ovviamente sopra i vestiti della settimana e del weekend. L’età adulta non esiste

*Dicono che come passi il giorno del tuo compleanno influenzerà l’andazzo degli altri 364 giorni, perciò grazie a chiunque abbia  speso almeno un secondo per farmi gli auguri!!*

❤ Patty

Lascio mettere agli altri gli orecchini pesanti.

Spiders in my Head

Dunque…

Settimana scorsa ho promesso che avrei aggiornato questo blog in relazione alle attività che affollano le mie giornate che – ahimé – ho scoperto essere solo di 24 ore (-6 che trascorro a dormire, sempre se non sbaglio a puntare la sveglia!!!)

Come stai?

Beh, è un periodo di cambiamenti e, in effetti, essendo una persona che si annoia con una facilità inquietante e che ama le sfide/è molto competitiva, mi sento elettrizzata. Non so se si può definire felicità ma, una volta che ho deposto (quasi) l’ascia di guerra verso qualsiasi chitarrista nel raggio di 40 chilometri, mi sono sentita leggerissima e rinnovata. Lasciarmi durante un uragano non è stato simpatico. Ma è anche vero che l’uragano l’avevo causato io. Quindi, l’amore può prendere varie forme, purché ti faccia stare bene. L’amore è a-morale.  Sì, ho pure riacciuffato dal cestino della spazzatura la mia vita sentimentale apparentemente caotica, senza la quale sto male, mannaggia.

Che combini?

Questo si riallaccia al vento di novità del quale ho parlato sopra. Quest’estate avevo sbandierato il mio ritorno definitivo in Valtellina, dove tutto è iniziato, dove il dott. F. e la prof. G., mi hanno insegnato come essere una guida (quasi) perfetta. Certamente, è stato un salto nel vuoto e mi sono nutrita di valeriana per mesi. Eppure, a due mesi dal nuovo inizio posso dire di sentirmi galvanizzata, soprattutto per due motivi a) qui in Valtellina/Sondrio il Turismo, inteso come Marketing Territoriale ma anche come Ricerca Artistica e Culturale, sta ancora cercando la sua identità e, quindi, mi sento ispirata – oltre al fatto che il mestiere di guida, in sé, ti porta a imparare qualcosa di diverso in ogni giorno e a crescere, anche solo come persona –  b) il rapporto con capi e colleghi con diverso sesso, età e disciplina di studi è meravigliosamente cordiale, sereno e stimolante.

In questo periodo mi sto occupando di visite guidate abbinate a eventi enogastronomici/sportivi (aspettando anche la vera neve e i turisti “bianchi”, che ormai non tarderà; sì, comunque ha già nevicato in alta quota), di due ricerche (una su una piccola chiesetta di Morbegno; l’altra sugli aspetti d’ingegneria acustica del Complesso di S. Antonio di Morbegno) e di un progetto di lezioni-madrelingua per insegnare agli stranieri la nostra (difficilissima, mi sto rendendo conto) Lingua Italiana (ricordandomi perché ho sempre regalato un bel due di picche a tutti quei Marcantoni che sbagliano le acca e i congiuntivi). In particolare, quest’ultimo lavoro mi sta dando molto, non saprei come descriverlo se non dicendo che “se puoi sognarlo puoi farlo” e che “chi ti ammazza i sogni, è il più efferato dei killers”. Ah, e che ovviamente, da guida, mi rendo conto che il Pianeta Terra non appartiene agli umani solo perché l’hanno scritto su un foglio.

Che mi racconti di bello?

Non ho segreti, ma non ho tempo di raccontarti i miei guai, meravigliosi guai con le ali. Come sempre, del resto. Va alla grande, dunque. Di bello? L’affetto. E’ quel sentimento che ti fa capire che non solo esisti, ma che sei anche importante solo per il fatto di essere venuta al mondo. Non è intenso come l’amore o smisurato come la passione, ma è l’unico aspetto che ci rende diversi dalle macchine e meno spietati degli dei. Senza l’ affetto tremeremmo solo di freddo e, invece, è l’unica cosa che riusciamo a lasciare in questo lato quando passiamo dall’altro.

Spiders in my head, spiders in my mind/ You may take my eyes, but baby I’m not blind/It all works out in time/ You know I’m gonna be alright/

❤ Miss Raincoat

La mia Mostra del Bitto

Come vi avevo promesso,  parlerò della 110ª Mostra del Bitto anche sotto una mia luce più retrospettiva e introspettiva…

Ovviamente, per chi volesse sapere di cosa si tratta la kermesse di Morbegno per antonomasia può consultare il sito ufficiale qui 

Innanzitutto, vorrei ovviamente ringraziare il mio capo A. per aver scelto me tra tanti altri, il dott. M. (e tutto il FAI) per l’occasione, i colleghi che mi hanno sopportata e supportata (nun semo mica i scenturioni de Roma!), tutti i cocchieri che hanno organizzato con precisione il carrozzone dell’evento e, chiaramente, la folla di turisti senza la quale non si potrebbe nemmeno lavorare. Ah, dimenticavo anche H. N. Morse, che ha sintetizzato per primo il paracetamolo.

Morbegno, sabato 14 ottobre 2017

La mattinata l’ho trascorsa con la collega (pure di chioma) E. ed il mio capo A. per una sorta di “aggiornamento sul campo” nei  vari Presidi FAI:

  • Palazzo Folcher – Approfittando del fatto che l’edificio è soprastante all’antico Caffé Letterario di Morbegno, mi sono scottata dapprima la punta della lingua con un caffé nero bollente (“amaro, come la vita” cit. Capo A.) e poi mi sono meravigliata del racconto appassionato dell’arch. Cerri, il quale sta seguendo qui i lavori di restauro. In realtà ho intenzione di scriverne un post a sé stante nelle prossime settimane (e non vedo l’ora di poterci portare anche i turisti, una volta che il restauro sarà terminato): il luogo è stupendo nella sua corte raccolta e quasi segreta, nei suoi soffitti decorati e tutti diversi come i servizi di piatti chic’n’cheap e negli scorci verdi e azzurri che si possono spiare dalle finestre ancora da ripulire. Piazza 3 Novembre

  • Casa Mariani – Anche questa dimora ha una corte interna che mi ricorda la descrizione del giardino dei misteri di Mary. I Mariani sono ricordati come notai e giureconsulti, che rogavano nella tipica Stüa (locale “alpino” totalmente rivestito in legno e riscaldato tramite una stufa) del 1592. La particolarità di questa visita è che  stata condotta dagli eredi Mariani in persona, che, tra le cose, sono persone di una simpatia e dolcezza ineccepibile. Via Romegialli

L’ora di pranzo, da buona guida, l’ho passata in piedi, ma invece della Fiesta ho mangiato un panino (era un paninazzo, lo ammetto) Bitto+Bresaola preparatomi con amore dal mio barista di fiducia, il sign. B. Approfittando dell’orario poco di punta, mi sono concessa anch’io un giro in Mostra/Fuori Mostra. Massima stima per le donne che si sono prestate all’abbigliamento folk valtellinese: so per esperienza che gli sciapei (zoccoli di legno) sono più scomodi di un tacco 13 senza plateau. Mi è piaciuta molto, oltre alla tradizionale sfilata enogastronomica, l’esposizione degli sci antichi, comunque.

Durante il pomeriggio ho effettivamente lavorato presso il Presidio Fai del Complesso di Sant’Antonio (del quale troverete un mio riassunto qui). Lì si è chiarito anche che a) la cantina “nel Chiostro” si trova attraversando la porta del chiostro (siete fantastici quando bevete vino valtellinese, giuro!) b) sì, se entrate trovate anche il bagno, che non è ovviamente il pozzo al centro del chiostro c) le spille del FAI sono fashion, munitevene!

A parte gli scherzi, l’interesse dimostrato per i turisti che ho guidato è stato stratosfericamente appagante; ah, alla fine di un giro ho pure ricevuto una stretta di zampa inaspettata da un cane fighissimo e acculturato.

Dopo il dovere, il piacere.

Con una puntualità che non la contraddistingue, mia sorella è giunta al Presidio preceduta da due asinelli (che facevano parte delle attrazioni, non sono suoi) e questo è stato il momento catartico, che mi ha fatto capire di essere sopravvissuta alla giornata.

L’ultima cosa intelligente che ho fatto sabato è stata portare mia sorella a vedere il presidio FAI a Casa Mariani, dove abbiamo conosciuto una comitiva di tipi proprio nel mood dell’evento. Del tipo, gente che passa dal parlare della valenza ingegneristica della termodinamica ecologica (e stica’) del tipo architettonico della stüa [sic.]all’esclamare la necessità di un bicchiere di Valtellina e stuzzichini. Come Carducci, più o meno, in questa poesia.

Poi, come da previsto, tarallucci e vino anche per me.

Con tanto di apparizioni mistiche (ma neanche troppo), aperitivi rinforzanti plurimi e un Battisti di circostanza in questo periodo allucinogeno [Ringraziamo i musicisti e l'”oste” M. per le illuminazioni, comunque. Thx for made us believe in pink unicorns!]. E mi fermo con la narrazione perché della cena, siccome non si dovrebbe MAI brindare alla stanchezza cosmica, ricordo poco.

Mi sono voltata, improvvisamente, verso mia sorella e l’ho vista felice: per me, la consapevolezza di aver fatto la scelta giusta nel non averle puntato il dito contro e di aver tifato per lei, purché stesse bene. E mi sono voltata verso di me e ho capito che è finito quel meccanismo malato di giornate senza parole, di non sentirmi abbastanza, di essere troppo severa con me stessa. Basta mettere il tuo rossetto più bello e più durevole e concederti di essere te stessa, senza voler essere all’altezza di qualcuno. Scusa, ma all’altezza di chi, poi?

Questa sarà ricordata come la giornata in cui ha ricominciato a funzionare una lampadina che credevo fulminata. Dopo 3 anni di non voler più essere me. Dopo 5 mesi di cattiva alimentazione e 1 mese di digiuno. Non c’è un motivo preciso o un nome di persona. Semplicemente, una specie di estate di S. Martino in anticipo, voluta da me. Volevo l’uragano, ma l’uragano sono io. <fine dello spot motivazionale>

«la serendipità è cercare un ago in un pagliaio e trovarci la figlia del contadino» J. H. Comroe

❤ Miss Raincoat 

*Sul mio Instagram potete trovare altre foto

“Theatrum Orbis Terrarum (?)” di Ignoto

Durante una delle mie ennesime notti insonni ho trovato questa immagine che mi è sembrata davvero <wow> (dovrei smettere di utilizzare questo suono onomatopeico a mo’ di parola!!!). Però – questo mi rode – stavolta non sono riuscita a scovare né titolo né autore.

Ho voluto darle io un nome (dacché è un diritto fondamentale) e ho pensato al fatto che i due innamorati dei quali vediamo solo la stretta di mani non sono sdraiati su una cartina qualsiasi. E’ un foglio del Theatrum Orbis Terrarum di Abramo Ortelio (1570), la prima raccolta di mappe che si può chiamare atlante; qui vediamo la fanart di una ristampa del 1573 (colorata a mano e con l’aggiunta di lamine di rame, pensate!). Il motto al di sopra della cartina è una citazione delle Tusculanae Disputationes di CiceroneQuid ei potest videri magnum in rebus humanis, cui aeternitas omnis, totiusque mundi nota sit magnitudo (Che cosa tra le cose di questo mondo potrà sembrare importante all’uomo che conosce l’eterno e l’immensità dell’universo?).

Il messaggio che è stato appiccicato sul web a questo fotomontaggio/digital art è quello dell’amore a distanza che può sopravvivere a tutt’e’cos’. Onestamente, sono sempre stata dell’idea che, impugnando il manico di un trolley, non puoi permetterti dichiarazioni d’amore. L’idea che essere sotto lo stesso cielo sia  già abbastanza per colmare le distanze fa un po’ acqua da tutte le parti, se si pensa alla comodità di trovarsi sotto lo stesso plaid, proprio adesso che comincia a fare freddino…

Io l’ho interpretato un po’ a modo mio.  Ho pensato a quel gioco che si fa da piccoli con il mappamondo, che si gira e si posa il dito sulla destinazione in cui si andrà. Il significato dell’amore è, forse, trovare una persona con la quale fare i bagagli ora – destinazione ovunque. 

Quello che ho visto da sola vorrei vederlo con te. Girarmi e vederti sorridere per le cose che ho sorriso io. Ti avrei dato questo. Non l’hai voluto. Hai detto che non era abbastanza per te. Hai detto che ti lasciavo partire senza di me perché sapevo di non poterti meritare, invece ti stavo solo lasciando libero di essere felice. Ancora adesso, spero che tu sarai felice. E io lo sarò?

P.S. Mi piacerebbe, comunque, conoscere il titolo e l’autore di questa composizione che ho trovato intellettualmente coinvolta!!! Se lo sapete, alzate la mano!!!

❤ Miss Raincoat

 

Femminismo è…vergognati tu che io ho da amare!

Facendo zapping su WordPress mi sono fermata a leggere un post intitolato “Femminismo è…una donna che rivela un segreto su di sé”: un articolo di piacevole intrattenimento durante le mie ore d’insonnia che, dietro all’umorismo facile del <big is better>, evidenzia la libertà di poter concedere le proprie grazie a chi si vuole, in relazione a forma-materiale-colore. Alla fine, il post lanciava la sfida, una di quelle solite challenges con l’hashtag generoso – che ho deciso di raccogliere dato il tristume post-ciaone nel quale sto sguazzando in questi giorni.

[La challenge #dirtylittlesecret, aperta verso tutti gli orientamenti sessuali e con scopi generalmente pacifisti, consiste nell’autosvergognarsi in un post intitolato “Femminismo é…”]

Il mio segreto è che, fondamentalmente, sono ipocrita fino all’osso quando dò per sacrosanto il mio concetto inviolabile di monogamia. Mi spiego meglio. Di base, non riesco a supportare/sopportare più di un uomo alla volta. Quando è venuto il mio turno di mollare l’ho fatto spesso per noia/mancanza di farfalle e, un paio di volte, perché un altro uomo mi stava per far venire l’ulcera. Non ho mai tradito, eccetto quella volta in cui, mentre facevo sesso con uno, volevo un altro. Non ho mai finto orgasmi, sia in senso stretto sia in senso figurato. Quando, invece, sono stata mollata io ho collezionato motivazioni eccentriche, dalle più creative favellazioni in stile Fedro alla più schietta constatazione di non essere abbastanza; recentemente, un intelligente esemplare di maschio umano mi ha intelligentemente augurato di trovare il meglio (grazie, A. <3). In ambo i casi, comunque, voglio bene a tutti quegli estranei che sono stati custodi dei miei segreti. La bugia che racconto è che ho sempre fatto spallucce se l’uomo in questione fosse già “di un’altra”(non è un vizio ma non posso promettere che non ricapiterà). Il principio – che vale anche per coloro che sono stati o staranno con me – è che le storie d’amore non sono ergastoli perché non apparteniamo a nessuno. È confortante credere nel <per sempre>, però, nel dubbio, il mio dirtylittlesecret è che vivo per oggi, domani non si sa – anche se la Primavera mi frega sempre, in un modo o nell’altro! Se sai amare non metti etichette o guinzagli (per le manette ci devo pensare…) e cerchi di spargere felicità, almeno quanto puoi.

Perciò, penso che il femminismo oggi si a credere fermamente che tutto ciò che non è amore sia violenza. È violenza quello che succede dopo una negazione o mentre non sei cosciente, quello che viene giustificato con un Mojito di troppo o una gonna non tanto lunga, quando ti corteggiano e si dimenticano di andare avanti, quando ti trattano come un trofeo, quando pensi che un’amore debba per forza essere reciproco. È violenza anche quando è l’uomo ad essere la vittima.

Io sono incoerente ed estremista, lo so. Ma se fossi una stupratrice mi farei schifo.

Dunque, < femminismo è… vergognati tu che io ho da amare!>

❤ Miss Raincoat

“Sequence of Events” di Simone Morana (Cyla)

Avere un blog non è producente se non mostri le tette e non sai abbinarci la poesia giusta. Ma, al di là della “producenza”, sto trovando molto più appagante scovare altri disadattati del web, che vomitano in rete i mostri nascosti nei loro cervelli. C’è chi la chiama Arte, ma Pavese sosteneva che scrivere unisce la gioia di parlare da soli e parlare alla folla: io estenderei il concetto a tutti i tipi di creatività da esposizione, dalle Belle Arti alla Musica, dal Diario al Taglio e Cucito, etc… Insomma, a uno spogliarsi più rivolto alle interiora e alle interiorità, per ritornare al discorso in apice.

Ecco, nel frugare tra i blog degli altri ho scoperto Simone Morana, in arte Cyla, un digital artist cremonese (che ha appena fatto gli anni, tra le cose!!! Auguri!!!) che mi ha fatto letteralmente sbavare.

Simone Morana nasce come musicista nel 1996. Cito il terzo posto alle selezioni per Sanremo Giovani nel 2001, l’album “Shadows of Me” nel 2008 ed il singolo “Rays of Sunshine” nel 2011. Definirei il suo un funk sofisticato, un po’ da auto decappottata e look da diva. Il suo debutto nella digital art avviene, invece, nel 2012.

Cyla ha un background intellettuale molto appetente: abbiamo il surrealismo di Salvador Dalì, l’indagine freudiana dell’io più profondo e temibile e dei personaggi che sembrano i giocolieri di Picasso. I protagonisti delle polaroid ghiacciate di questo artista sono anime perdute, però non dannate. È vero, stanno sprofondando negli Inferi, ma come se il Paradiso non fosse l’unica alternativa. Cyla rappresenta l’urlo di disperazione come se fosse una melodia celestiale, perché chi vive davvero non ha la manicure perfetta, no?

In particolare, mi è piaciuta moltissimo “Sequence of Events (Serie di Eventi)” (** cfr. immagine ), Presa dall’ edizione limitata Ethereal .

Le donne di Cyla cadono (infatti, l’etereo riguarda l’aria ed il cielo) da città oniriche ma possibili, come protagoniste delle Città Invisibili di Calvino, descritte da Marco Polo  al Gran Khan (55 città metafisiche con nomi di donna). Io questo libro l’avevo letto al Liceo, imposto dalla prof.di Latino/Italiano, anche se mi è rimasto dentro, come un viaggio. E quest’opera mi ha riportato in superficie i sentimenti che aveva sciolto Italo Calvino.

L’idea che i sentimenti sono labili e le parole non rendono mai loro giustizia, anzi, li cancellano, perché sono troppo razionali, meri riflessi di altre cose, perché ciò che diciamo è quello che vogliamo razionalmente, ma ciò che immaginiamo lo costruiamo ambo con desideri e paure. Ecco, definirei quest’opera la rappresentazione di un sogno al rovescio.

Per conoscere di più Simone Morana ed acquistare le sue opere:

sito ufficiale

blog

E se avesse ragione Eric Clapton? Magari siamo più esibizionisti noi che teniamo il cuore scoperto senza protezione solare, che chi prende la tintarella in topless?

Andavi a scuola, ed eri pieno di brufoli e senza amici. Ti mettevi in un gruppo ed ecco che avevi migliaia di ragazze” – E. Clapton

❤ Miss Raincoat

Ferragosto (Tempo di Bilanci)

Cara Estate 2017,

Prima che tu arrivassi me ne stavo in una specie di limbo, senza piangere – perché le bimbe grandi non lo fanno – ma chiedendomi che cosa sarebbe stato di me come Guida, di me come Emicranica, di me come semplicemente La Patty . E mi ero promessa di lasciare andare i mesi estivi (particolarmente ardenti, non solo al Sud e non solo per via degli incendi balordi) come andavano, di fidarmi solo del mio istinto (concedendomi anche qualche decisione improvvisa) e rimandarmi a Settembre, come mio fratello con Economia Aziendale.

Stavo così, in pratica.

E poi?

Come Guida, sono riuscita a battere il mio record di partecipanti “al buio” di MLSV (ben 40 che, chiusi nella Via Ninguarda, sembravano anche di più), ho firmato un nuovo contratto che mi riporterà in Valtellina da Settembre e a Dicembre potrò appendere al muro un altro traguardo “scolastico”. Questo mi rende orgogliosa come non mai, vuol dire che il mio impegno ha portato a qualcosa. E voglio andare avanti per questa strada…

Sono stata al Mare, non un mare qualsiasi, il Mare, quello che sento mio.

Sono stata dal Neurologo, varie volte. Poi, improvvisamente e senza apparente cura o motivo, mi sono sentita meglio (sì, beh, si sa che l’Emicrania se ne sta buona come e quando vuole, ma nemmeno fare la gelosa come ha fatto ultimamente!)

Mi sono accorta che A. è stata una grandissima delusione, mi sono sentita una scema.

Il mio migliore amico chiama il genere di persone come lui Paulots (sembra il nome di una birra, lo so). Sono tipi che non prevedono nulla se non la loro opinione, che non capiscono che l’Amore non può avere regole e che, sebbene si propinano come liberi nell’accezione più intelligente del termine, hanno bisogno di schemi (i loro, ovviamente). In sostanza, A. era un bambino, uno di quelli che non hanno nemmeno gli attributi per mollarti, allora lo devi fare tu. E sì, sono stata una scema, perché per qualche giorno ci sono stata male, perché io gli volevo bene, a modo mio. Io non le faccio innamorare le persone, se poi non so andare avanti. Non racconto bugie. Credo nel valore della comunicazione. Anche scurrile, se serve. Quanto ci voleva a dirmi che, mentre consolava la sua amica cornuta, con lei, a differenza che con me, è riuscito a dimostrare di essere meglio di quell’idiota di Christian Grey? * Ok, questa era una carognata!*

(E, del resto, che ti vuoi aspettare da uno che detesta i Coldplay e Copenaghen?)

Poi ho ripreso da dove mi ero fermata. Certi amori sono come quando ti si fermano le lancette dell’orologio e lo devi portare a sistemare. A dire il vero, io non porto mai l’orologio, un po’ per fastidio e un po’ per stile di vita. Non è detto che bisogna per forza trovare quello che ti addomestica, a volte sarebbe meglio trovare uno a cui piace correre sulla spiaggia, selvatico, come te.

So, I’m still looking for Mr. Raincoat – proprio come stile di vita. 

La tua affezionata ❤ Miss Raincoat