10*01 – Una la taia, una la fila, una la fa i capei de paia

*Midseason finale*

Si tratta di una ninnananna in dialetto valtellinese che mi cantava mia nonna materna quando ero piccola. Allude vagamente alle Parche, le quali filano e disfano il Tempo del destino umano – come (sinistro) augurio per i buoni sogni dei propri bambini. Nel titoletto, un verso dell’Orlando Furioso sullo stesso tema mitologico, dall’episodio in cui Astolfo scopre che la Luna è il mondo della follia e del rovescio.

Nessuno si sarebbe mai aspettato che gran parte della politica della Riviera si decidesse a Varenna, lì nella stüa della casa dei Bongioli. Lasciando che gli uomini si divertissero con i loro giochi di potere, la cosa pubblica la maneggiavano le donne, fragili, innocue quanto basta e abbastanza energiche per impastarla senza farla strappare.

Le donne sognavano molto e non stavano dalla parte di nessuno, perché alla guerra preferivano la pratica della vita. Erano le vittime disperate e azzittite a forza dei soprusi dei maschi, dei matrimoni imposti e degli stupri, erano nudi trofei esposti in piazza. Fuori, tra le vie della Riviera, si espandeva la faida come una macchia di pece, mentre loro rammendavano le brache dei loro mariti, padri e fratelli bisbigliando. La stanza, a sud dell’abitazione per sfruttare il calore e la luce in inverno, era completamente rivestita di cembro ed era stata costruita dal Bongiolo, il Buon Giovanni, l’antico avo di quel ramo dei Venini dediti alla falegnameria minuta. La stanza era alimentata dall’esterno da una pigna in ceramica, una stufa che si accendeva appunto con le pigne secche raccolte d’estate. Attorno ad essa vi era un banchetto dove le Comari si riunivano una volta alla settimana.

Dirimpetto alla maiolica decorata in stile moresco con un motivo che ricordava un groviglio di vipere, il blasone della famiglia, vi era un altarino con una statuina di Santa Margherita da Cortona, la patrona delle partorienti. Fuggita incinta con un uomo reticente alle promesse matrimoniali, per espiare il suo peccato, si mise ad aiutare i bisognosi, finché un giorno trovò il suo fidanzato morto ammazzato sotto una quercia. Sia la famiglia di lui, sia suo padre convinto dalla sua matrigna, non la accolsero nella casa natale. Perciò, prese i voti e, in estasi, ricevette il dono di poter scrutare i cuori, ossia la capacità di riappacificare le anime dal rancore. Insieme a una nobildonna avrebbe fondato un ospedale per assistere le partorienti, così come facevano le Comari con le donne della Riviera.

Maddalena sbirciava di tanto in tanto il simulacro sperando che Santa Margherita le spiegasse come dare una svolta al suo matrimonio. Suo padre l’aveva fatta sposare per non farla entrare in convento, ma la sua vita da moglie le pareva un castigo peggiore della clausura. Lei e Gabriele a stento si rivolgevano la parola e, se proprio capitavano uno di fronte all’altra, si salutavano con il garbo e l’educazione di due estranei che si rispettano. Le loro vite non si toccavano mai.

Quella mattina, Maddalena era scesa per prendere il loro batell personale attraccato alla riva sotto i giardini della loro abitazione e si era fatta portare a Varenna. Erano i giorni della merla del gennaio 1656.Le giornate erano miti, perciò l’inverno sarebbe durato ancora a lungo e la primavera sarebbe arrivata in ritardo.

Sul Lago la maggior parte degli spostamenti avveniva via acqua e si viaggiava seduti su una panca posta sotto un una vela rettangolare montata su tre cerchi di legno. I pescatori che remavano ai lati sfruttavano il vento a favore regolare, la breva da nord e il tivàn da sud. Il loro battello era stato un dono di nozze di suo suocero che sopra lo schienale, in caratteri rinascimentali, si era preoccupato di far incidere le loro iniziali GMMS. Le venne d’istinto il gesto di togliere con l’indice ben protetto da un guanto di pelle la rugiada che si era ghiacciata durante la notte nell’incavo della prima lettera.

Il Circolo della Brenta d’Oro era ubicato a Casa Venini, dietro la chiesa di San Giorgio, da quando i Brenta, famiglia comacina, si era unita in matrimonio con i Venini, famiglia varennese particolarmente legata agli Sfondrati.

Le donne Brenta erano state le cape delle Comari fin dalla notte dei tempi, assistendo durante i parti o interrompendoli, tramandandosi di generazione in generazione l’uso di erbe o formule magiche per non far morire le donne per il mistero dei misteri. Le donne devono sanguinare per dare la vita, si raccontava che ripetesse sempre la Comare, la donna Brenta che nel 1629 era stata il primo caso di peste a Varenna. Quel bubbone nero sul seno se l’era portata via nel giro di due giorni.

Le Comari, a dire il vero, non erano protette dal Signore: si ammalavano facilmente di dissenteria e spesso ne morivano. Questa era la loro punizione per non lasciare che il destino facesse il suo corso. Il dottor Serponti di Bellano, che chiamavano solo quando i parti si facevano più duri e diventava più questione di morte che di vita, ricordava loro di stare sempre attente quando preparavano i pentoloni di acqua bollente o le pezze di stoffa imbevute nella camomilla e nell’alloro per placare i dolori e, soprattutto, quando, con le mani unte di olio, entravano dentro il ventre delle partorienti e con l’unghia del mignolo, che portavano lunga e affilata, rompevano la membrana permettendo così al bambino di venire al mondo nel migliore dei modi. Con il decotto di erba brusca raccolta lungo il Fiumelatte, pulivano la mamma e il figlio recitando le formule per far defluire il sangue secondo natura. La gente portava alle Comari il massimo rispetto, riconoscenza e un certo timore. Qualcuno pensava che potessero allontanare anche il malocchio. Il Concilio di Trento aveva persino stabilito che, in caso di pericolo, potevano trovarsi nella necessità di amministrare il battesimo al posto del parroco.

Perciò, il medico veniva interpellato soltanto quando il bambino veniva fuori con la schiena al posto della testa, perché soltanto lui era in grado di compiere la manovra mettendogli le dita nella bocca per girarlo nel verso in cui potesse respirare e piangere, così come si viene al Mondo. Per il resto, se andare in battaglia era una cosa da uomini, il parto era una cosa da donne e solo loro ne avevano l’esperienza di sapere cosa si dovesse fare in caso. Il giorno che un uomo avesse avuto la fica al posto dell’uccello, per le donne sarebbe arrivata la pace, la Comare prediceva con sicurezza anche questo.

Elisabetta Brenta, la Comare Capa in carica, aveva sposato Michele Bongiolo e, grazie a lei, i suoi fratelli si erano potuti applicare alla gestione dei battelli in partenza da Varenna con i Venini; Michele l’aveva sposata anche se lei aveva undici anni di più, tanto che era influente come una matrona. Lui era morto due anni prima e lei ancora si vestiva di nero, benché per le malelingue era morto a causa di qualche erba infestante che lei sapeva trasformare in veleno. Insieme a lei, le altre Venini Bongiole comandavano e decidevano chi dovesse aiutare il parto di chi oppure chi poteva conoscere questo segreto del mestiere oppure no. Erano le figlie di Baldassarre, diventato giallo in viso per la cirrosi, Polissena e Giovanna, sempre livide per le cinghiate del padre ubriaco. Entrambe ricordavano, nei loro nomi, delle eroine sacrificate per propiziare il favore dei Cieli. Elisabetta, loro cugina, era meno influente perché, per quanto nubile esattamente come loro, aveva già una figlia in età da marito. Nel 1636, durante il passaggio delle truppe francesi, era rimasta incinta di Antilla, così battezzata perché il suo bel soldato chiacchierone al momento delle doglie già si trovava tra i Caribes nelle Americhe. Anche Giulia, l’altra cugina, non poteva essere considerata al loro pari perché era figlia di quello zio detto il Manera, l’ultimogenito dei Bongioli, dedito all’alcol, alle puttane e al gioco delle carte. Inoltre, Giulia non era ben vista perché Giuseppe, l’organista, le faceva una corte spietata anche se lei soldi per la dote non li aveva. Fra di loro non scorreva sempre buon sangue per via delle invidie, ma erano le Comari che contavano.

Poi venivano le altre: Maddalena Scotti, sorella di Francesco della Spartivento e moglie dello Zop, Carlo Venini; sua sorella Lucia, invece, aveva sposato il Matteazzo, fratello dello Zop.

C’erano anche le Venini del ramo dei Migazza, la famiglia di Lucia, l’unica che Gabriele avesse mai amato. Elisabetta Scotti, nipote delle suddette Maddalena e Lucia, aveva sposato Giorgio Venini, quello che aveva venduto la moglie al Diavolo. Elisabetta era appena diventata mamma e dirigeva gli affari delle balie. Le Comari si occupavano anche di quelle poveracce che in cambio di soldi allattavano i loro figli, i figli di buona famiglia. C’era anche la moglie dello Storno, il cui marito, sempre dei Migazza, era malvisto perché era un bastian contrario e odiava gli Sfondrati giusto per andar contro al buonsenso. Di fatto, aveva sposato Maddalena Campioni, inclusa nel gruppo più perché era una brava donna che per il suo cognome da nubile.

Maddalena Stampa era entrata a far parte della congrega per via di sua cugina Marta Sabbati, della quale le zie acquisite con il matrimonio erano Maddalena e Lucia Scotti. Marta aveva otto anni in più di Maddalena e stava quasi per partorire. Maddalena avrebbe dovuto assisterla al parto con la supervisione delle zie, in modo da apprendere l’arte e l’idea di vedere una testa che uscisse fuori dalla vagina di sua cugina non le faceva per niente piacere, anzi, le agitava i liquidi nella pancia.

I discorsi che si facevano a bassa voce tra le Comari erano spesso tra i più sboccati. In qualche modo, se in Osteria gli uomini si vantavano di prodezze, attorno alla stufa si sghignazzava del fatto che gli stessi non sapevano nemmeno com’era fatta una donna là sotto. “Per loro è facile, hanno solo quell’arnese che gli si irrigidisce tra le gambe. E poi non sanno nemmeno dove infilarlo”. C’era sempre qualcuna che si lamentava.”Te l’ho raccontato di quella che è venuta qui piangente perché non rimaneva incinta e invece quell’idiota di suo marito sbagliava soltanto entrata?” raccontava ogni volta Polissena come se fosse una cantilena.

“Beh, sicuramente tu Maddalena non avrai questi problemi” le disse Elisabetta Scotti tirando una gomitata alla cugina Marta. Entrambe risero. “Gabriele…”. Il nome di suo marito era sempre pronunciato tra i sospiri. La guardavano con stima perché lei aveva sposato uno che, alla fine, era il meno peggio. Era il migliore amico del dottore che le tirava sempre fuori dai guai – ossia delle accuse di omicidio o di aborto o di stregoneria. Era bellissimo. Era l’unico uomo che avesse mai trattato bene Lucia Venini, che dopo la morte era venerata alla pari di Santa Margherita, anche se da viva tutte la odiavano perché ne erano gelose. Gabriele non faceva promesse che non poteva mantenere e si prendeva solo ciò che era concesso.

“Come rimanere incinta già te lo avrà fatto vedere. Goditelo finché puoi che sicuramente tempo qualche giorno e ci dici che tu sarai la prossima!” disse la Comare Brenta. “Ci sarò io con te” disse sua cugina. “Anche io” rispose la Campioni, sicuramente innamorata di quel Gabriele che un tempo animava la Spartivento insieme a suo fratello. “Lucia diceva sempre che i panini dei Mezzera erano più grossi di quelli dei Migazza!” urlò Giovanna “Si capiva sempre quando era stata con lui prima de nostri incontri…” le andò dietro Polissena.

Chissà, pensava Maddalena, a lei sicuramente lo avrà insegnato cosa succede in un’alcova, anche se si dichiarava illibata. Gabriele guardava tutte tranne lei. Perché per lui non c’era differenza tra il prendere moglie e incassare una taglia.

Quando Gabriele era risorto grazie a suo padre era stato svelato l’arcano: le rose rosse che erano apparse in chiesa come letto per la bara di Lucia erano la sua ultima dichiarazione d’amore.

Ricominciò a lavorare a maglia. Stava facendo finta di realizzare una copertina di lana per i figli di Gabriele. Ogni volta disfaceva il lavoro così non sarebbe mai arrivata alla fine e nessun figlio avrebbe potuto essere coperto. Gabriele non era suo marito, era una guardia che aveva smesso anche di guardarla pur di non rimanere pietrificato.

Ma questo come poteva dirlo alle Comari? Infondo, sempre meglio essere invidiata da quelle che pensavano che lei lo avesse tolto dal mercato degli scapoli abbordabili. Gabriele, sulla carta, era suo.

Tornò a ripensare in silenzio alla lite della mattina con Gabriele. Lei odiava suo padre e lui lo serviva come un cagnolino piuttosto che essere un buon marito.

“Vorrei andare all’incontro con le Comari oggi. Posso continuare a frequentarle?”. Glielo stava chiedendo perché non sapeva bene come comportarsi dato che lui nella Riviera era un ricercato. Sicuramente, a lei non avrebbero torto un capello, già li aveva ricci perché era una Stampa.

“Non devi obbedirmi, devi essermi fedele”. Lei rise per la risposta che trovava fuori luogo. “Maddalena, non fare la puttana in giro!” aggiunse lui .”Altrimenti?” lo provocò. “Cosa vuoi sentirti dire? Che ti gonfio di botte?” perse la pazienza. “Così si aspetterebbe il tuo capo, Nicola Stampa…” non abbassò la lama. “Nicola Stampa, tuo padre, vorrebbe che io ti tenessi a bada in modo che tu non infangassi il vostro buon nome!” fece una breve pausa prima di continuare “E se succedesse? Infondo poco male, perché tu adesso sei Maddalena Mezzera“.

“E invece Gabriele Mezzera cosa si aspetta da me?” gli domandò con le braccia conserte.
“Poche rotture di coglioni?”. A Gabriele non andava più di scherzare.
“Scopati chi vuoi a me non me ne frega!” concluse lei.
“Eh, vorrei crederci… Io mica rimango incinta! Ricordati bene che io i tuoi bastardi non li cresco!” ribadì lui. “Ah tutto qui? E i tuoi?” chiese lei sempre più indispettita.”Per questo io prediligo donne sposate!”.
Maddalena se ne andò sbattendo la porta.

Poco dopo pranzo, praticamente a digiuno tanto che la sua inquietudine metteva il suo stomaco in subbuglio, Maddalena tornò a casa risalendo senza fretta tra i cespugli sempreverdi. Vicino alla serra, l’accolse il piccolo figlio dello stalliere, come un piccolo damerino. “Salve Signola Mezzela”. A lei addolciva sempre il suo modo bambino di voler parlare da adulto. Lei si inchinò pomposa per fargli piacere. “Che nascondi dietro alla schiena?” gli chiese curiosa.

“Un legalo” rispose lui in vena di marachelle.
“Ah, un regalo” si mostrò sorpresa e lui annuì. “E per chi?”. Lui allungò il ditino paffuto verso di lei.

“Per me?” chiese e si toccò lo sterno con la mano. “Sì!” disse il piccolo sgranando gli occhi porgendole una rosa. “E chi me lo manda?”. “Il Signol Gabli… Gabliele”. Gabriele non si faceva mai chiamare per cognome dalla servitù. “Ha detto anche di dile: scuuusa Maddaleeena“. Che razza di stupido, doveva fare tutta quella meravigliosa messa in scena? “E ora dov’è Gabriele?” “Boooh” rispose il bambino e poi corse via lasciando Maddalena con il suo fiore in mano ma certa che, essendo ancora viva, tutto poteva ancora succedere. Doveva solo fargli capire che non aveva bisogno di un uomo che la proteggesse, ma di un uomo che l’amasse.

Din don campanon (Din don fa la campana = segna il tempo) / Quatru dunzèli sul balcun (Quattro
ragazze sul balcone) / Una la taia (Una taglia) / Una la fila (Una fila) / Una la fa i capei de paja/
(Una fa i cappelli di paglia = estate) / Una la ciama San Martin (Una chiama San Martino =
inverno) / Da purtach un pegurin (per portargli un agnello)/ Un pegurin con su la lana (un agnello
coperto di lana) / La macana la fa la nana (la bimba fa la nanna)

Miss Raincoat
©2024 Patrizia Rondinelli. Tutti i diritti sono riservati all’autore.

Quelli tra palco e realtà
La descrizione della stüa, locale tipico delle case alpine, è fedele. La storia di Santa Margherita è tratta dalle sue agiografie. Il batell è il nome dialettale della cosiddetta lucia, tipica imbarcazione lariana. Le Comari della famiglia Brenta erano a capo di un gruppo di levatrici veramente esistito e così composto, ma che non avevano un circolo precostituito (l’episodio della Comare morta di peste è vero). Il nome la Brenta d’Oro l’ho inventato ispirandomi al gentilizio dei Brenta. Gli uomini Brenta, grazie ai matrimoni, si occupavano di battelli a Varenna insieme ai Venini Bongioli. Maddalena, di fatto, non ne faceva parte, a differenza di sua cugina Marta. Antilla (Venini), la figlia non riconosciuta del soldato francese, e Giuseppe (Repellino), il fidanzato organista di Giulia (Venini), sono realmente esistiti. Gabriele Mezzera e Giorgio Serponti non avevano nulla a che fare con le Comari.

Il “Giudizio Universale”di Santa Maria del Tiglio

Siamo nell’iconica chiesa di Santa Maria del Tiglio a Gravedona (CO) in un’area che, in epoca romana, ospitava un tempio. Nel V secolo fu sostituito da un cristiano battistero dedicato a San Giovanni Battista (del quale rimangono i resti della pavimentazione a mosaico e della vasca ad immersione). Sopra a questo, nel XII secolo, la Regina Teodolinda fece costruire l’odierno edificio chiamato, appunto, anche Chiesa della Regina. Il nome più popolare “del Tiglio”, lo si deve a una piantina germogliata sul campanile ancora quasi da completare, la felice premonizione del suo significato più profondo, quello che la lega alla Primavera e alla Femminilità. Del resto, il tiglio è simbolo di fertilità ed è anche l’albero sacro a Venere. Lo stesso tema lo troviamo nello strambo bassorilievo sul retro della struttura, il quale simula le mammelle di Teodolinda.

Questa chiesa è anche una delle più sorprendenti architetture romaniche dell’Alto Lario. La sua cromia è scandita dalle fasce bianche e nere in pietre locali (Marmo di Musso e Marmo Nero d’Olcio). La particolare forma composita del campanile fa sconfinare la geografia del suo stile fino in Borgogna.

All’interno troviamo vari affreschi, tra i quali il più antico e imponente è il “Giudizio Universale” (del XIV secolo). Come avveniva spesso per questo soggetto in quest’epoca, viene posto in controfacciata cosicché, uscendo, si potesse ben ricordare che nell’ultimo dei giorni i Dannati avrebbero avuto una sorte diversa da quella dei Giusti. L’antichità del dipinto è sottolineata anche dall’uso dei caratteri gotici per le iscrizioni.

La composizione è notevolmente interessante dal punto di vista iconografico (è un prontuario per come non finire al Inferno, in pratica) e denota anche una conoscenza da parte del nostro autore ignoto del “Giudizio Universale” di Giotto, realizzato non tanto tempo prima a Padova presso la Cappella degli Scrovegni, il quale aveva rappresentato una novità nel porre sulla stessa scena il Giudizio, l’Inferno e il Paradiso. Sicuramente, a Gravedona lo stesso tema è rappresentato con la meno aggiornata stasi dei registri (la scena è divisa in strisce, come dei “fumetti”) e con colori più naturali, bruni e morbidi non solo rispetto a Giotto, ma anche rispetto al resto dei dipinti in questa chiesa. Possiamo definirlo un Giudizio Universale “pop” , orientato verso il “women power” materno, coda dell’antico culto pagano alla dea Cerere diffuso in queste zone.

Nella fascia più alta troviamo un enorme Cristo Giudice incorniciato entro una mandorla, simbolo del ventre materno immacolato attraverso il quale Dio si è fatto Uomo. Cristo, con in mano un minaccioso bastone (che a me richiama la Madonna del Cifulet, infondo tale madre…), separa i Buoni dai Cattivi. Attorno a lui una sorta di processione universale e penitente, perché tutti senza eccezione saranno chiamati alla cernita in questo giorno che sarà la fine del Tempo e l’inizio dell’Eterno.

Nella seconda fascia assistiamo alla Risurrezione dei Morti. Dalle bare scoperchiate emergono i defunti che si aiutano l’un l’altro a riemergere in attesa del Giudizio, in uno sfondo che simula il tramonto.

Come a interludio, un rettangolo che recita dal Vangelo secondo Matteo “Perché io ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere; ero forestiero e mi avete ospitato,  nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, carcerato e siete venuti a trovarmi” e, al centro, ospita angeli tubicini che suonano le trombe per risvegliare i morti ed escono dal riquadro per prelevare gli eletti, quelli che han fatto i bravi.

Nella terza fascia si affaccia la divisione netta (ci sono due linee verticali: quella pura con parole comprensibili; quella sporca con grottesche di segni astrusi). A destra di Cristo i Giusti con un’ascetica barbona e in primo piano uno di loro che viene “svestito dai suoi averi” da un monaco; a sinistra di Cristo i Dannati ai quali dei demoni svergognati fanno leggere le pergamene della contabilità e delle frodi.

Sotto di loro troviamo la loro destinazione. Per i Giusti c’è una Gerusalemme Celeste, un Paradiso che assomiglia molto alla Repubblica delle Tre Pievi della quale Gravedona era la capitale. Per i Dannati un Inferno dove, nudi, devono subire le pene più atroci.

Nella fascia inferiore troviamo le Sette Virtù in corrispondenza dei Giusti e il Sette Vizi in corrispondenza dei Dannati. Vengono rappresentate con dei busti entro tondi con denominazioni e cartigli esplicativi.

Il tutto viene incorniciato con un riquadro che elenca varie Sante Martiri intervallate da palme (simbolo del martirio). In basso a sinistra, abraso, uno stemma che poteva essere quello del committente o della stessa Comunità di Gravedona.

Buona Primavera!🌺

Filandro da Sittewald, scrittore satirico tedesco del Seicento

In questa stanza domandai di nuovo al vecchio donde derivasse l’origine prima di questa malattia e la gravità dei casi. «Figlio mio» disse egli: «Solo l’ozio è principio del fornicare.Dove non v’è Cerere e Bacco non fa calore, là Venere non suda»

Il Compianto di Bellano

Siamo nella Chiesa di Santa Marta a Bellano (LC), ossia l’Oratorio della Confraternita dei Disciplini. Nella cappella di sinistra, dedicata al Santo Sepolcro, troviamo questo eccezionale esempio di Compianto sul Cristo Morto.

Si tratta di un gruppo di otto statue lignee a grandezza naturale, dorate e dipinte. Sono state realizzate circa nel 1520 dai fratelli Angelo e Tiburzio del Mayno di Pavia, le stesse mani delle ancone dell’Assunta di Morbegno (SO) e del San Lorenzo di Ardenno (SO). La loro Bottega era la più quotata nel Ducato di Milano. A livello scultoreo, sono tra i più conosciuti esponenti del Rinascimento Lombardo. Interpretano il classicismo con simmetria ed eleganza, senza privarla dei dettagli e dell’asprezza mitteleuropea e aggiungendo anche una nota torta, inquieta, che ci portano in anticipo nel clima espressivo del Manierismo.

I Compianti servivano per rendere teatrale, instagrammabile, il momento della deposizione del corpo di Cristo dalla Croce, per dire “guarda, è morto per i tuoi peccati!” tramite lo sgomento e la disperazione dei personaggi sulla scena. In questa scena nessuno di loro si guarda e ciò, oltre ad amplificare il dolore, crea movimento e lo spettatore è obbligato a soffermarsi a osservare ogni singolo elemento.

Possiamo osservare Gesù già in rigor mortis, sdraiato sulle vesti delle Pie Donne (come se fossero un sudario): la Madre, quasi svenuta dal dolore, gli regge la testa; Maria di Cleofa gli tiene una mano; la Maddalena, dalla chioma iconografica, gli afferra i piedi. Altre due donne completano il gruppo delle mirofore che portano la mirra e si occupano del feretro – ossa Maria e Marta, le sorelle di Lazzaro. La mirra ritorna come elemento dalla Natività, portata dai Magi. Il gineceo rappresenta il ventre, dove Dio si fa carne. Le donne sono sedute a terra, provate dal dolore, perché per quanto erano considerate immonde, creano vita (e con dolore). Agli uomini, invece, è delegata una posizione più dignitosa, in piedi. Abbiamo San Giovanni evangelista, l’unico dei quattro a presenziare la morte di Gesù, che indica il Cielo; dall’altro lato Giuseppe d’Arimatea, il quale prega con le mani aperte, in maniera fraterna (lui era un membro del Sinodo che si converte in extremis) – ambo le due figure maschili sembrano alludere al “fiat” (sono uomini abbastanza giusti e forti da accettare il disegno divino senza sentimentalismi muliebri). Anche in questa opera, troviamo il dualismo e il perno nella figura delle donne, che sono peccato e santità insieme. Se ci pensiamo, sono loro a trovare il sepolcro vuoto!

Women Power!🤩

Miss Raincoat

La Madonna del Cifulet

Ci troviamo a Gravedona (CO), nella Chiesa di Santa Maria delle Grazie, dal 1467 sede dell’oratorio del Convento femminile delle Suore Agostiniane. Fu costruita su sollecito dei gravedonesi agli Sforza (che ai tempi erano i capi) e finanziata soprattutto dalla famiglia Stampa, una delle più notabili del borgo lariano, la quale – nella stessa – detiene il patronato della seconda cappella a destra, dedicata a Sant’Antonio abate (quello degli animaletti) che, tra gli affreschi, porta proprio la singolare ma non unica iconografia della Madonna del Cifulet.

Il dipinto può sommariamente essere datato circa 1510 e viene attribuito a Domenico Pezzi di Valsolda (CO). Con sicurezza, si inserisce nel filone del Rinascimento Lombardo, nello specifico nell’ambito dei Leonardeschi.

Il repertorio iconografico è una derivazione della Madonna del Soccorso e il tema presente anche in favole che venivano raccontate ai bambini capricciosi. Il cifulett (lett. luciferetto) è un diavoletto, il babau per i più piccini. In dialetto comasco ciful significa anche testa di [zufolo]. La Madonna del Soccorso era un tema molto caro per le prediche degli agostiniani, qui delle donne, che utilizzavano la figura di una Maria impavida che percuote il Diavolo assoggettandolo per esortare i fedeli a pregare la Madonna, perché lei può tutto. Una sorta di wonder woman. Inoltre, nel vicino borgo di Ossuccio, fin dall’Antichità era presente un santuario dedicato a Cerere, la dea Madre di tutto ciò che può nascere in Terra.

In questa scena molto allegorica troviamo un demone, un tentatore, il quale ha le sembianze di un rapace e sta cercando di salire sullo stallo santo di Maria, la quale è pronta a percuoterlo con un bastone, come si fa con le bestie. Il demone, al posto delle parti intime, ha la faccia del Diavolo – perché il peccato che vuol far commettere è quello carnale. Con un uncino sta cercando di punzecchiare un bambino (con un uncino a forma di corna; le corna erano associate alle divinità pagane maschili che si occupavano di sesso fecondo, p.e. Dioniso o i fauni) che si sta nascondendo dietro le gonne di Maria. Ma lui non deve temere perché la Madonna, la quale è la Madre (qui vediamo un Gesù ritto e Benedicente, allusivo al Giorno del Giudizio e ai peccati che dovremo confessare) e, purissima (infatti ha il nodo sul ventre), è la sola che può guardare negli occhi il Cifulet e sconfiggerlo. Sulle nuvolette, completano il discorso due putti, che identificherei con un maschietto e una femminuccia (del resto, lei si deve coprire pudica le vergogne) i quali, con gli strumenti musicali (il tamburo e il triangolo), alludono all’unione sessuale, il tam tam ancestrale che è un peccato ma che tiene in ritmo la vita.

Io ho pensato che il bambinetto che si nasconde possa trattarsi di un San Giovannino (praticamente, il Battista da piccolo). Questo perché la notte della Natività di San Giovanni (24 giugno) è anche la Notte delle Streghe, le donne tentatrici. Inoltre, Maria è racchiusa entro una conchiglia che mi fa pensare al Battesimo. In questa cappella è qualcosa che si ricollega anche alle Tentazioni di Sant’Antonio. Gli Stampa affidano alle Suore il messaggio di non compiere atti impuri. Ma, tanto, anche se capita, è colpa delle femmine!

O sante o puttane. Da secoli. Ma se proprio dovessi scegliere, non avrei dubbi!😎

Miss Raincoat

Alexandre Cabanel

Nome Alexandre Cabanel Per Gli Amici Non si sa con precisione chi gli volesse davvero bene. Chi lo ama chi lo detesta, senza mezze misure.Il collega Manet, sul letto di morte, disse “eh, stava bene lui!”. Il numero uno del suo fanclub era sicuramente Napoleone. Con il pittore Bouguereau si inimica vari Impressionisti, ottenendo di non farli partecipare al Salon di Parigi. Sui Socials @alexcabanel
Nato a Montpellier (Francia)
Nato/Morto 28 settembre 1823 – morto a 66 anni a Parigi in carriera, insegnando ancora alla Scuola di Belle Arti di Parigi (che anche lui aveva frequentato). Nonostante sia una pietra miliare della cosiddetta Art Pompier, la sua vita privata è pressoché sconosciuta. Evidentemente, sapeva tenersi lontano dal gossip.
Segno Zodiacale Bilancia
Stato Sociale Figlio di un falegname, studia Belle Arti a Parigi grazie a un a borsa di studi da quando ha 17 anni, dove vince un premio che lo porterà a soggiornare a Roma per cinque anni, dai suoi 22 ai 26 anni. Diventa dapprima un ritrattista dei ricchi. Poi, fortemente stimato da Napoleone fa il salto di carriera, diventando anche professore alla Scuola di Belle Arti di Parigi dai suoi 40 anni fino alla morte, nonché pluripremiato al Salon di Parigi e pure giurato. Fu il maestro di molti pittori neoclassici francesi., come ad esempio Constant, Cot, Friant o lo statunitense Knight.
Stato Civile Sulla sua vita sentimentale non si conosce nulla. Non si sposa. Dalle sue opere si potrebbe intuire che amava le belle donne (di fatto, ne conosce bene le fattezze del corpo) che con lui facevano sempre le stro***. Banale escludere che con il prestigio sociale che aveva, nessuna gli cadesse ai piedi. Forse, come nella sua Arte, non osava abbastanza? Non le capiva? Preferiva una notte e via? Aveva il cuore a pezzi? Pensava di avercelo solo lui? Ci viene in mente un’altra celebre canzone di Battisti, quella con le dieci ragazze che dicon solo di sì – però lui muore per te…

Periodo Artistico Neoclassico, nella stagione in cui era detto Art Pompier – perché ancora rigidamente ancorato ai canoni estetici che le Avanguardie (soprattutto gli Impressionisti)schifavano . Si può dire che lui nel Classicismo ci apporti un’aria più fresca, meno pesante, che lo renda instagrammabile, ma senza superare i limiti (ossia, non arriva all’effetto photoshoppato). Originale ma con discrezione, è un pittore che o ti piace o non ti piace.
Tecnica e Stile Disegno soave colori squillanti, dei pastelli satinati. Le sue opere hanno una texture talmente setosa da sembrare fatte di pasta di mandorle. Le sue composizioni abbastanza semplici, non retoriche all’inverosimile, trovano spazio in enormi tele, come ad uso per le scene monumentali storiche.
Temi Storia, mito e ritratti. Sono nudi, ma cercndoa di non essere scandaloso o volgare, li camuffa dietro ad avvenimenti leggendari (se ci metto un po’ di magia non è porno!). Quindi, i contenuti sono classici, ma sono le pose e le composizioni ad andare fuori dagli schemi e ad offrirci il dualismo Amore – Peccato. Cabanel ci racconta un’esperienza amorosa spesso non corrisposta o tragica, per colpa delle donne. Se te lo tieni nelle mutande non ti succede niente di male, bro!

“È un genio classico che si permette un pizzico di polvere di riso, qualcosa come Venere nell’accappatoio d’una cortigiana” Emile Zolà (uno dei suoi più accesi anti-critici)

*Canzone assegnata: “Mi Ritorni in Mente” di Lucio Battisti (1970)

Elenco delle Opere nel Video

(*in ordine cronologico e non di comparsa nel video)

Albaydé

1848 – 98×80 cm – Museo Fabre di Montpellier
Ispirato a Le Orientali (raccolta di poesie di Hugo) e, quindi, legata all’ottocentesco crescente fascino per l’esotismo, visto come qualcosa di libero, lontano e proibito (sappiamo che era l’escamotage per le opere porno). Albaida è un fiore, della costa mediterranea spagnola. Lui ne sbaglia i colori (è gialla), perché non l’ha mai vista, ma sa che è tossica e selvaggia, come Hugo descriveva le donne. Probabilmente, Cabanel l’ha sempre preso come Vangelo!

Ninfa e Satiro

1860 – 96×56 cm – Palazzo delle Belle Arti di Lille
Le ninfe erano delle divinità legate alla Natura, sempre giovani, frequenti bersagli che un po’ si sottraevano e un po’ no dei satiri, mezzi uomini e mezze capre (abili con il flauto) , lascivi e, quindi, legati alla fertilità. Con quest’opera, Cabanel ci regala un esercizio di stile su ciò che non dovrebbe essere dipinto e come può essere dipinto senza sembrare dei pervertiti 🙂

(*)La Nascita di Venere

1863 – 130×225 cm – Musée d’Orsay di Parigi
Considerata il capolavoro di Cabanel, fu acquistata da Napoleone e subito molto riprodotta (il pittore fece un contratto con la Goupil, che era la multinazionale per cui lavorò anche Van Gogh). Possiede una forte carica erotica, perché oltre ad essere completamente nuda senza cercare di ricomporsi, guarda lo spettatore. Dorme o è sveglia? E’ qualcosa al limite dello stupro guardarla.

L’Angelo Caduto

1868 – 121×190 – Museo Fabre di Montpellier
Lucifero, sofferente, è stato cacciato dal Paradiso. Il Male è raffigurato come un eroe antico, dal corpo perfetto, ma profondamente deluso da chi lo ha bandito, da chi gli ha fatto annerire le ali. Ho sempre pensato sia un po’ come si sentiva lui nelle relazioni e come uomo (non come pittore, perché come tale era un Dio).

La Morte di Francesca e Paolo

1870 – 184×255 cm – Musée d’Orsay di Parigi
Una delle opere meno apprezzate di Cabanel. Il tema è dantesco, quello dei lussuriosi e del tradimento finito male. In questo caso, la teatralità appesantisce davvero molto la scena. Se avesse osato di più, sarebbe riuscito a rappresentare bene lo scandalo di quando l’amore ti prende e non ci puoi far nulla, ma a lui le opere macchiate non piacciono, la voleva far bene e non ci ha messo il sentimento… Mi ha sempre colpito il fatto che ci sia prima il nome della donna nella descrizione ed, evidentemente, non per galanteria ma per scagionare un po’ Paolo. Un’opera di solidarietà maschile.

Pandora

1873 – 70×49 cm – Walters Art di Baltimora
Zeus le raccomanda di non aprire lo scrigno, ma lei lo fa e ne escono fuori la vecchiaia, la gelosia, la malattia, il dolore, la pazzia ed il vizio. Sul fondo del vaso rimane solo la speranza, che non fa in tempo ad allontanarsi perché il vaso fu chiuso nuovamente. Da quel giorno l’umanità conobbe il male. In questa tela Pandora non l’ha ancora aperto, ma lo farà… Fermati prima, amico, fermati prima che lei apra il suo vaso, perché poi son c***!

Eco

1874 – 38×27 cm – MOMA di New York
Eco, ninfa delle montagne, viene incaricata da Zeus a distrarre con chiacchiere vuote Hera, sua moglie, in modo che non lo beccasse impegnato nei suoi tradimenti assidui. Hera se ne accorge e la condanna a ripetere le ultime parole che udiva. Si innamora di Narciso che si sente perculato sentendo una che ripete in loop quello che dice. Lei pianse fino a prosciugarsi. Narciso fu condannato ad amare solo sé stesso. Che Cabanel soffrisse per la sua condizione di finire sempre friendzonato?

Fedra

1880 – 194x286cm – Museo Fabre di Montpellier
Tela sia eroica sia teatrale. Il corpo pallido fa contrasto con i colori forti della stanza. Fedra, protagonista di una tragedia di Euripide, s’innamorò follemente di Ippolito, il figlio nato dal marito Teseo nel precedente matrimonio con una Amazzone, ma fu respinta dal giovane. Così, in preda alla follia, lo accusò di averla violentata e si uccise.

Cleopatra testa i veleni sui condannati a morte

1887- 876×148 – Museo Reale di Anversa
Quando pubblica questa tela, Cabanel era all’apice della carriera e ne fu molto elogiato. Una regina maestosa e viziata commette crudeltà atroci alla luce del sole, orgogliosa, fredda e insensibile. Come uomo, si vedeva come un condannato a morte dalle donne. L’Amore è veleno e le donne lo maneggiano per gioco.

Canta Fedez “L’amore è eternit finché dura”.

Miss Raincoat

Lawrence Alma-Tadema

Nome Lourens Alma Tadema (Tadema è il cognome patronimico – Alma, che è il suo secondo nome, lo aggiunge lui come se fosse un cognome per arrivare prima nell’elenco dei cataloghi d’arte, furbone!) Per Gli Amici Lawrence (all’inglese). Il critico Ruskin (quello che rese famosi i Preraffaelliti che resero famose le sue corna 🙂 ) disse di lui che era il peggiore pittore in circolazione. Gabriele D’Annunzio era un suo fan sfegatato. Sui Socials @l.alma-tadema
Nato a Dronryp, paesino in Frisia (Paesi Bassi)
Nato/Morto 8 gennaio 1836 – morto alle terme tedesche di Wiesbaden. Ci era andato per rimediare all’ulcera, ma muore lì a 76 anni. Stimato in vita, soprattutto a Londra, ma dopo la morte cadde nel dimenticatoio fino agli Anni Sessanta.
Segno Zodiacale Capricorno
Stato Sociale Nato terzogenito di un secondo matrimonio di un notaio. Suo padre muore quando lui ha due anni. La mamma alleva da sola i suoi figli e quelli del primo matrimonio, in tutto cinque (e paga anche il maestro di disegno per Lourens, anche se se lo immaginava notaio; lo asseconda perché soffriva di tubercolosi e pensavano non sarebbe diventato adulto). Tuttavia, studia Belle Arti ad Anversa, ottenendo numerosi premi e cominciando ad amare la pittura a tema storico. Diventa grande, si sposa, mette su famiglia ma, dopo la diagnosi di una malattia inspiegabile e il lutto della moglie si trasferisce a Londra con tutta la famiglia, dove ottiene una speciale cittadinanza inglese.
Stato Civile Sposa Marie Pauline lo stesso anno della morte della madre, nel 1863. Era la figlia di un giornalista francese che lavorava in Belgio. Ebbero un figlio maschio, morto bambino di vaiolo, e due figlie femmine che rimasero nubili (una una poetessa e l’altra una pittrice). Andarono in Italia in luna di miele, dove lui si innamorò della Roma Antica. Sei anni dopo Pauline muore dopo una lunga malattia a soli 32 anni. Per quattro mesi, Lawrence non dipinge, ma la sua cara sorella Atje lo aiuta con i figli e con sé stesso. A Londra conosce la giovane Laura, una sua alunna di disegno. Il padre di lei si oppone varie volte al matrimonio (che Lawrence voleva!) per via dell’ingente differenza di età – happy ending: si sposano nel 1871. Fu un periodo felicissimo, sanissimo e molto produttivo, fino alla morte di lei nel 1909.

Periodo Artistico Il Periodo storico è l’Epoca Vittoriana Inglese, ma Alma Tadema è difficile da classificare. Quando vedi un dipinto così dici “è un Alma Tadema o simile”. Si inserisce nel filone estetico della ricerca del bello nell’Antichità, non senza le stravaganze intellettuali degli ottocenteschi inglesi. Ma c’è anche della denuncia sociale nei suoi nudi vestiti di poesia, verso la cultura vittoriana troppo bigotta specie sessualmente. Le sue opere trasudano sesso. Si può dire che sia Neoclassico, ma in un modo vezzoso. Tadema è un tipo vizioso, ma non si direbbe…
Stile La sua tavolozza e la sua pennellata larga sono ispirate dai Preraffaelliti, anche se la scelta delle cromie è molto mediterranea. Dipingeva in una stanza molto illuminata, perchè voleva ricreare la luce mediterranea a Londra. Nella ricerca della giusta texture è meticoloso, così come nei dettagli (lo riprende dai suoi studi dei Fiamminghi in Belgio). La ricerca va verso delle scene monumentali che intrappolano la magia di un semplice gesto, come la statuaria ellenistica.
Temi Soggetti ispirati all’Antichità classica e al lusso decadente, si può dire che è il mondo che piaceva a Oscar Wilde o al nostro già citato D’Annunzio. Amava, più che Roma, Pompei. Perché Roma ha la monumentalità, la Storia, ma Pompei conserva i segreti della vita privata (è un discorso affrontato anche da Manzoni nei Promessi Sposi). In effetti, il clima di Tadema è sempre fumosamente nostalgico, triste e poetico. Inoltre, il pittore si divertiva a giocare con le fonti, prendendo un po’ di qua e un po di là, con libere manipolazioni. In questo ci somigliamo 🙂

Lo charme, diceva Albert Camus, è un modo di ottenere in risposta un sì senza aver formulato nessuna chiara domanda.

*Canzone Assegnata – “Seta” di Elisa (2022)

Elenco delle Opere nel Video

(*in ordine cronologico e non di comparsa nel video)

Morte del figlio primogenito del Faraone


Death of The Pharoah’s Firstborn Son – 1872 – 77×124 cm – Rijksmuseum di Amsterdam

Fu l’opera dell’anno per il Salon de Paris. Fu realizzata per un collezionista olandese che lasciò scritto in testamento che almeno un pezzo della sua collezione rimanesse in patria, ecco il perché della collocazione prestigiosa. La scena è presa dall’Esodo, ma non narra un episodio di gloria bensì il dolore del Faraone, immobile, a causa della vendetta divina, in modo silenzioso e non patetico. Da notare la madre, che cerca di riportare invano alla vita il figlio tramite la disperazione e l’amuleto, inutile, sul petto del ragazzo.

Saffo e Alceo

Sappho and Alcaeus – 1881 – 66×122 cm – Walters Art di Baltimora

Il poeta greco Alceo intona i suoi versi accompagnandosi con la cetra. La poetessa Saffo, accompagnata da amiche, lo ascolta rapita. I nomi delle amiche sono incisi sui gradini del teatro, simile a quello di Dioniso. Alceo amava Saffo e scriveva poesie amoroso-erotiche. Lui per un mondo maschio alfa e lei per un mondo femmina en rose, ma – dice Tadema – a una certa ci si incontra sempre. L’Amore è una poesia bellissima!

Una lettura da Omero

A Reading from Homer – 1885 – 92×184 cm – Philadelphia Art Museum

Viene realizzato per un banchiere americano molto interessato dall’arte di Alma Tadema, che voleva un Platone ma il pittore non trovava pace, allora gli realizza un Omero – che gli varrà l’aggettivo “perfezione” dei critici. Un uomo sta declamando i versi di Omero ascoltato da persone vestite a festa: una donna in piedi con il mantello e una corona di fiori (potrebbe essere Atena, la dea vergine protettrice di Ulisse), una coppia semi sdraiata (il ragazzo tiene una citara e lei il tamburo, simboli di unione sessuale). Un ragazzo vestito di pelle di capra (come se fosse un satiro) lo ascolta rapito. Omero poteva essere una lettura scabrosa in epoca vittoriana.

Le donne di Amfissa

The Women of Amphissa – 1887 – 121×182 cm – Clark Art Institute di Williamstown

Gli valse una medaglia al Salon di Parigi. Sono le baccanti, le ancelle di Dioniso (delle vestali non-vergini) al momento del risveglio dopo una notte di festa ed eccessi. Alcune donne del popolo le aiutano, altre rimangono rigide in disparte. Mentre loro si risvegliano, le donne sono già pronte per fare la spesa al mercato. Un solo uomo, molto sinistro, le spia celato in una zona d’ombra. Uno spaccato della società bigotta.

(*)Le Rose di Eliogabalo

The Roses of Heliogabalus -1888 – 132×213 cm – collezione privata

Considerato il suo capolavoro. La composizione è molto inerente alle proporzioni auree. Eliogabalo è l’imperatore romano debosciato che fece morire i suoi commensali soffocandoli per sbaglio con una pioggia di petali di rosa dal soffitto. Anche qui c’è un chiaro riferimento a Dioniso e alla suonatrice di doppio flauto sullo sfondo (alludente a quella pratica là, che non si fa secondo la Regina Vittoria!). Infatti, coloro che sono “al banchetto di Dioniso” guardano divertiti quelli che si ricoprono troppo “di rose” e rimangono soffocati; un uomo e una donna, sembrano riemergere per ricongiungersi (se guardate i colori, sono speculari).

Rivali inconsapevoli

Unconscious Rivals – 1893 – 45×63 cm – Bristol City Museum

Ci sono due donne in attesa di due stessi amanti. Quella in piedi sembra quasi annoiata. L’altra in angoscia. I rivali inconsapevoli sono cuore e mente. Inoltre, c’è una statua di Cupido che prova la maschera di Sileno, il “padre” di Dioniso (un vecchio ubriacone e maialone). La solita domanda: si dà al primo appuntamento o al settimo? Meglio solo sesso o solo amore?

Primavera

Spring – 1894 – 178×80 – Getty Museum di Los Angeles

Fu realizzato per un banchiere e fu molto apprezzato e il più riprodotto. Rappresenta la processione durante un giorno di festa. Sullo stendardo si leggono dei versi dedicati a Priapo, legato ai culti orgiastici e dionisiaci (e noto per il suo lungo p***). Una delle statue in processione è un satiro, inoltre. La decorazione unisce vari siti dell’Italia antica. Si ispira alla festa vittoriana del Calendimaggio, quando i bambini raccoglievano fiori, ma gli dà una connotazione più da festività romana per la fertilità (tipo per Cerere). I fiori sono molto cromaticamente intensi, ma non hanno allusioni simboliche. Qui in Alta Lombardia esiste una festa simile: il Ciamà l’Erba, il richiamare l’erba tramite campanacci a marzo.

La cognizione del Successo

A Coign of Vantage (in inglese vuol dire punto di vista privilegiato)- 1895 -64×44 cm – collezione privata
Colpisce la statua della leonessa (e non il leone) nera vista da dietro, maestosa perché non si mostra, ecco chi ha la posizione privilegiata – la Donna. L’onice proteggeva in battaglia in epoca romana (dietro a un grande uomo c’è sempre una grande donna). Sembrano le Tre Grazie nella tipica iconografia “sì/no/forse” alla risposta “me la dai?”.

I Preferiti d’Argento

Silver Favourites – 1903 – 69×42 cm – Manchester Art Gallery
Si ispira a una poesia di Wordsworth, che si interroga su perché ammiriamo dei pesci se sono costretti alla vita in cattività. Le donne che ammiriamo nei dipinti di Tadema sono indolenti e annoiate, intrappolate sulla tela, ma le troviamo belle. Così, come le donne troppo pudiche intrappolate nell’etica vittoriana.

Non chiedermi di più

Ask me no more -1906 – 79×114 cm – collezione privata
Due personaggi di Ovidio: Tisbe e Piramo. Si amavano, ma le famiglie non volevano allora si parlavano attraverso le pareti. Lei durante la finale fuga d’amore viene quasi uccisa da una leonessa. Lui si suicida temendola morta e lei si uccide davvero con la spada di lui (Sì, Shakespeare ha copiato!). In questa tela Tadema non arriva a rappresentare la morte, ma denuncia l’impossibilità amorosa per via della moralità sociale (come era successo a lui con Laura). Essere bigotti porta solo alla tragedia!

L’abitudine preferita

A Favourite Custom – 1909 – 66x 45 cm – Tate Britain di Londra
Una scena alle terme di Pompei, nel Frigidarium dove due giovani donne giocano nella vasca.Tadema adorava gli scavi di Pompei e le storie di quella gente. I Romani hanno trasformato l’esigenza igienica in piacere dei sensi, perciò le terme sono l’usanza preferita di Tadema. Quindi, per lui il sesso non va visto solo come procreazione, è gioco. E la sua usanza preferita è quel gioco.

Miss Raincoat

*Ho messo anche i titoli in originale, perché secondo me alcuni in traduzione hanno perso loquacità 😦

Jean-Auguste-Dominique Ingres

Nome Jean-Auguste-Dominique Ingres – pronuncia: /Engr/ Per gli amici Jean Ingres – il pittore Delacroix era suo amico, ma lui lo definiva “l’apostolo del brutto”; aveva vari amici musicisti famosi, come Paganini e Litzt. I critici non furono suoi amici, i politici (come Napoleone) abbastanza Sui socials@i.ingresss
Nato a Montauban, vicino a Tolosa (Francia)
Data di nascita/morte 29 agosto 1780 – morto a 87 anni a Parigi. Questa città solo nel 1824 gli concesse la fama da divo che si meritava e, in seguito all’insuccesso del 1840 raggiungerà di nuovo Roma come direttore dell’Accademia d’Arte. Potrà ritornare a Parigi un anno dopo trionfalmente grazie a Luigi Filippo di Francia. Dopo la morte dell’amatissima morte e un secondo matrimonio, morirà di polmonite.
Segno Zodiacale Vergine
Stato Sociale Primogenito di una famiglia di sette bambini, dei quali due muoiono piccoli. Il papà era un bravo decoratore, la nonna materna una sarta, la mamma analfabeta e suo nonno materno un barbiere. Impara il disegno con il padre e in una scuola cattolica, poi chiusa in epoca rivoluzionaria. In seguito, la famiglia si trasferisce a Tolosa dove lui frequenta la Scuola d’Arte dove s’innamora di Raffaello (lo dipingerà spesso con la Fornarina, tipo fanart). Studia in parallelo anche musica, eccellendo. In francese esiste l’espressione “violon d’Ingres” = un’attivitò che si fa bene e solo per passione. Mon violon d’Ingres est l’aperitivo! A scuola vince numerosi premi. Uno lo porta a Parigi dove, ovviamente, può studiare con il maestro neoclassico J.L. David, del quale assorbe molto; l’altro lo porta in Italia dove rimane per diciotto anni in esilio volontario perché la critica francese è cattivissima con lui. Non sta molto bene economicamente perché i ricchi italiani mica sempre lo pagano (tipo i Murat che stavano galleggiando nella melma), allora si mette a ritrarre i turisti, non con poca nausea (ti capisco Gianni! Ahahah).
Stato civile Gli anni di precariato italiano furono allietati solo dal matrimonio con Madeleine Chapelle, una giovane fanciulla con cui Ingres si era fidanzato per corrispondenza, senza averla mai vista prima delle nozze, celebrate nel settembre 1813. Grazie al supporto della moglie poté risollevare le proprie sorti, dipingendo tele destinate a divenire celebri, come la Grande Odalisca. Dopo un periodo cupo dopo il lutto prematuro, arrivarono le seconde nozze con Delphine Ramel nel 1840 di ventisette anni più giovane, motivo che lo spinse di nuovo a dedicarsi all’arte e a dipingere moltitudini di donne degli harem fino a ottant’anni.

Periodo Artistico Romanticismo. Sebbene ne sia considerato uno dei principali interpreti, si vedeva meglio calato nel Neoclassico e a lui il romanticismo mica tanto piaceva. In realtà, non fu nemmeno un classicista. La sua fu un’arte davvero particolare, a cavallo tra due correnti. Ingres aveva l’impulso romantico di chi vuole penetrare il segreto del Bello naturale.
Stile Attentissimo al disegno: per lui è la parte espressiva dell’opera, che traduce con linee nette . In effetti per quanto ciò che dipinge sia statuario, è privo di ampollosità perché toglie il superfluo. L’eleganza e la semplicità la eredita da Raffaello, di cui era un fan sfegatato, ma evita i panneggi prediligendo il total nude. A livello cromatico sceglie una palette prevalentemente fredda, senza terre o rossi, anche se non percepiamo che calore nelle sue figure, con una texture di incarnati quasi fotografica.
Temi Da Neoclassico, sicuramente, non può che attingere dall’Antichità ma non disdegna temi anche molto romantici, come il sogno. Per questo da vita a un’arte tutta sua. Sembra che sia riuscito a rendere emotive le statue di Fidia. Soprattutto, i nudi femminili, che sarebbero porno censurabili se non le avesse chiamati Odalische, non esprimono un amore per l’esotico, piuttosto per la femminilità, sinuosi nei colori che fanno sembrare la pelle illuminata dall’interno e che le fanno sembrare morbide, senza struttura ossea, e nelle forme a esse. Ingres rende monumentale e divino tutto ciò che dipinge, eleva le sue figure dall’umanità dando loro una dimensione non irreale, ma surreale. Infatti, fu apprezzato anche dai Contemporanei. Le sue donne non sono mai in mostra, anzi, sempre spiate in un momento di relax . Cosa fai quando nessuno ti guarda?

Talento, avaro, crudele, collerico, sofferente, straordinario miscuglio di qualità in contrasto, messe tutte quante al servizio della natura, e la cui stranezza non costituisce di certo una fra le cause minori del suo fascino: fiammingo nella stesura, individualista e naturalista nel disegno, volto all’antico per congenialità, idealista per ragionamento – Charles Baudelaire

*Canzone Assegnata “Mediterranea” di Irama (2020)

Elenco delle Opere nel Video

(*in ordine cronologico e non di comparsa nel video)

Gli Inviati di Agamennone

École nationale supérieure des Beaux-Arts di Parigi – 1801 – 110 x 155 cm

Fu prodotto espressamente per il Premio di Roma. Ingres a capire che conosce l’Iliade, per esempio dipingendo Patroclo e Achille insieme. Fa emergere l’imprintig con il maestro David e l’impostazione neoclassica monumentale.

Napoleone I sul trono imperiale

Musée de l’Armée di Parigi – 1806 – 259 x 162 cm

Concepito come propaganda politica. La critica disse che faceva davvero schifo, anche se nei libri di Storia odierni viene spesso usata. In effetti, Napoleone non era così bello e qui sembra più Giove. In un unica opera Ingres riesce ad inserire tutta la Storia di Francia, solo nei dettagli. Ingres è bravo nel rendere qualsiasi soggetto, qualsiasi ritratto, divino.

L’Orangerie di Villa Borghese a Roma

Museo Ingres di Montauban – 1807 – 17 x 17,5 cm

Fa parte dell’esperienza italiana di Ingres. Il paesaggio non fu uno dei suoi stili privilegiati, infatti è “solo” una bella cartolina, che però esprime il suo amore per l’Italia che a differenza della Francia lo accolse. La solita battuta dei bidet!

La bagnante di Valpinçon

Museo del Louvre di Parigi – 1808 – 146 x 97,5 cm

Uno dei primi approcci con i nudi di schiena e apprezzato per la delicatezza cromatica. Vapinçon fu uno dei proprietari; la Bagnante è una donna che sta per farsi il bagno. L’opera è dissacrante, ma nel modo senza tempo in cui lo possono fare solo dei nudi perfetti, non volgari, perché non esistono ma sono bellissimi. Inoltre, è sensuale perché non si mostra. Viene ripresa dal dadaista Man Ray con la famosa fotografia “a violino”.

Edipo e la Sfinge

Museo del Louvre di Parigi – 1808 – 189 x 144 cm

In questa opera giovanile, Ingres dipinge il momento è quello in cui Edipo risolve l’enigma e ha salva la vita. Molto in stile classico, viene inserita a man bassa la contrapposizione buio=forza bruta e luce=intelligenza.

Giove e Teti

Musée Grane di Aix-en-Provence – 1811- 324 x 260 cm

La materia è presa dall’Iliade, che Ingres la conosceva bene: ci mostra la mamma di Achille che implora Giove di favorire i Troiani. Era l’episodio preferito di Ingres. Ne era compiaciuto disse “anche i cani che vogliono azzannarmi dovrebbero rimanerne commossi”, invece i critici sentenziarono che Teti aveva il collo lungo, come se avesse problemi alla tiroide. Per me è un manifesto agli uomini con la barba! (Ahahah)

Il sogno di Ossian

Museo Ingres di Montauban – 1813 – 348 x 275 cm

L’opera più aderente al Romanticismo. Ossian era un bardo irlandese, un cantore-poeta e in quel periodo le sue traduzioni erano molto di moda, tipo Mercoledì Addams – piaceva molto anche a Napoleone. Ossian sta sognando parenti, donne e guerrieri del Passato. I critici dissero che era una roba strana grigia. Non tratta il tema con frenesia come gli altri pittori che si ispirano, ma c’è la sua iconica calma. L’atmosfera lunare è perché era stato concepito come un dipinto per camera da letto.

(*) La Grande Odalisca

Museo del Louvre, di Parigi – 1814 – 91 x 162 cm

I critici dissero che era sproporzionata. Oggi è considerata meravigliosa. Una donna bella che non sa di esserlo e che non è nuda per provocazione, ma perché si sta riposando – sei tu che la stai spiando. Lei aspetta qualcuno con modestia e senza lacrime, è fiera e delicata al contempo. Una delle iconiche Odalische ispirate alla Fornarina e a tutte le donne sensuali dell’antichità. Per questo, è immortale.

Ritratto di Madame de Senonnes

Museo di belle arti di Nantes – 1816 – 106 x 84 cm

A Roma, Ingres incontra l’amante del Visconte di Senonnes. Per molto tempo fu creduto che Maria fosse di Trastevere, invece era una borghese francese. Era figlia e moglie di un mercante di stoffe, che la portò a Roma, ma non andavano d’accordo e divorziarono. Per molto tempo non si poté sposare con il visconte per il pregiudizio e per la disparità sociale. Ci mostra com’era una donna sensuale ottocentesca, sicura di sé e un po’ odalisca. L’espediente dello specchio viene usato spesso nei ritratti di Ingres, non in chiave simbolica ma per dilatare gli spazi.

Apoteosi di Omero

Museo del Louvre di Parigi- 1827 – 386 x 515 cm

Considerato il Manifesto del Neoclassicismo. Omero, al culmine della sua carriera, vine e incoronato davanti a un tempio greco in mezzo a una folla di poeti antichi e moderni. Sedute sotto di lui ci sono l’Iliade e l’Odissea. Lui è ieratico, come gli dei antichi. La composizione ricorda la Scuola di Atene di Raffaello, il suo idolo.

Odalisca con Schiava

Fogg Museum di Cambridge – 1839 – 72,1 x 100,3 cm

Viene apprezzato molto dalla critica. Rappresenta come gli occidentali si immaginavano un harem, ossia con le odalische nude. Le immaginano come principesse che si dedicano solo all’ozio. Lo strumento della schiava è il tanbur, un liuto a manico lungo (che ricorda le forme delle Odalische di Ingres). Per Ingres le odalische sono delle Veneri che non sono statue, bensì vere – ma solo nei sogni.

Antioco e Stratonice

Museo Condé di Chantilly – 1840 – 77 x 61 cm

L’impianto ricorda molto David – a me personalmente ricorda i suoi Curiazi. Il letto ha le forme di una sorta di monumento funebre greco. Il tema è preso da Plutarco. Stratonice, figlia di Demetrio, re macedone (di cui Plutarco è biografo), sposa il padre di Antioco, un generale di Alessandro Magno. Antioco se ne innamora segretamente e la passione lo divora, fino alla malattia. Il momento è quello in cui Stratonice entra nella stanza, lui muore per battito accelerato e si scopre quale fosse l’origine del suo male.

La Sorgente

Museo d’Orsay di Parigi – 1820 e 1856 163 x 80 cm

Realizzato in molto tempo e terminato da anziano, quando era molto conosciuto. Lo sfondo è creato da allievi. Rappresenza l’ispirazione artistica, ma è anche pieno di allusioni erotiche donna-natura. Pare che la modella sia la figlia della sua governante, forse non più vergine a causa sua. Eh, i settantenni di una volta!

Il Bagno Turco

Museo del Louvre di Parigi – 1862 -108 x 110 cm

Uno dei suoi dipinti più noti. Sicuramente è come la sintesi di tutto il suo operato che, temporalmente, prende tutta la prima metà dell’Ottocento e cita alcune opere – è un suo greatest hits. Solo successivamente viene trasformata in un tondo e ha alle spalle tre anni di realizzazione. La versione rettangolare fu di Napoleone che lo restituì. Rappresenta un harem di lusso in un momento di relax tra le ragazze, quindi sensuale in quanto intimo. Quella con la mano su volto è la sua giovane seconda moglie. Da notare che lui in Oriente non c’è mai stato, è come se lo immaginava e come ne aveva sentito parlare.

*Nel video compare anche uno studio per un nudo che qui non è citato!

Miss Raincoat

Vittorio Matteo Corcos

Nome Vittorio Matteo Corcos per gli amici Vittorio Corcos sui socials @v.corcos
Nato a Livorno, Toscana (Italia)
Data nascita/morte 4 ottobre 1859 a Livorno – muore a 74 anni, pochi giorni prima della moglie. Ha pianto la scomparsa di un figlio, caduto durante la Prima Guerra Mondiale. Stimato dall’aristocrazia intellettuale fiorentina che frequentava.
Segno Zodiacale Bilancia
Classe Sociale Famiglia di origini ebraiche, modesta ma che capisce il suo potenziale facendogli studiare Belle Arti a Firenze e a Napoli. Nel 1880 la Galleria Goupil di Parigi gli stipula un contratto di 15 anni e, così, diventa il ritrattista della Parigi Bene e si innamora della ritrattistica. Si fece strada da sé tra i potenti, ed era conosciuto come il peintre de jolie femmes (il pittore delle belle donne).
Stato Civile nel 1889 si sposa con la vedova Emma Ciabatti che lo inserisce nei salotti intellettuali fiorentini, per esempio tra Carducci e d’Annunzio. Tornato a Livorno per il militare, la conosce e la sposa subito, pochi mesi dopo, alla fine di novembre. Corcos ebbe una chiacchierata ma mai confermata relazione con Elena Vecchi, la giovane figlia di un amico intellettuale (è la ragazza protagonista di “Sogni” e di “Alla Fontana”). Sicuramente Vittorio stimava molto sua moglie e sapeva che era lei l’intellettuale con lo status sociale.

Periodo Artistico Belle Epoque. Si avvicina il nuovo secolo, il Novecento, e la società occidentale lo attende con ottimismo e fiducia e felicità, senza pensare alla povertà, la malattia e la guerra. Il contesto artistico di fine Ottocento, dominato dal gusto borghese, amava il ritratto come simbolo di uno status quo. Difficile non notare attinenze con Sargeant o con Hayez.
Tecnica e Stile Colori brillanti e pennellate raffinati. Scene molto illuminate che creano un’ atmosfera molto zuccherosa, dai colori freddi e pastello. Ritratti resi imponenti dalle grandi dimensioni delle tele, spesso in primo piano.
Temi Ritratti realistici di ricchi e regnanti di tutta Europa, con numerosi rimandi colti e letterari. Il focus è praticamente sempre sugli occhi e, quindi, sull’espressività dello. Corcos era non solo mondano, ma anche capace di cogliere la modernità, la sensualità e la profondità delle donne dei suoi tempi, rappresentandone la malizia (anche solo e soprattutto da zitte). Lui definiva così la sua opera, non senza compiacersi: una pittura chiara, dolce, liscia, ben finita: la seta: seta, la paglia: paglia, il legno: legno, le scarpine lucide di copale, lucide come le so fare soltanto io.

*Canzone Assegnata: “Dolcevita” di Galeffi (2022)

Elenco delle Opere nel Video

(*in ordine cronologico e non di comparsa nel video)

La Bella e la farfalla

1883 – 64×41 cm – collezione privata

I critici sostengono che Corcos sappia rappresentare il dualismo dell’intimità di una donna: il fiore e il fantasma. In questa tela del periodo francese, il pittore dipinge una donna fumosa in transizione, nel momento di diventare da bruco a farfalla, come se per diventare donna, colorata da puramente bianca, non si possa fare a meno di sporcarsi…

L’addio

1883 – (?) – collezione privata

Questa è una delle sue opere meno note. Viene raffigurata una donna dall’abbigliamento molto raffinato, che volge lo sguardo pensieroso altrove, verso quel battello che la porterà via e lontano dai luoghi che l’hanno resa felice. In quest’opera il pittore ha reso bene i colori del vento, della brezza marina, secondo me.

Ritratto di Giuseppe Garibaldi

1882 – 90×65 cm – Museo Fattori di Livorno

Garibaldi è ritratto pensieroso e non più giovane. La pittura, più precisa nei tratti somatici, più svelta nella veste e sfumata ai lati del corpo, e il volto illuminato di luce, che risalta sul fondo scuro, restituisce umanità all’eroe. Era appena morto e Corcos realizza il ritratto da una foto.

Stella e Piero

1889 – 122×86 cm – Palazzo Pitti di Firenze

Questa è l’opera meno aristocratica di Corcos e considerata uno dei suoi capolavori. La protagonista è una contadina livornese, dipinta con la stessa autenticità che l’autore riservava alle nobildonne. La sua ritrosia è ben lontana dalla sfacciataggine delle altre donne che lui dipinse, che non si facevano infastidire dagli uomini (come sta facendo Piero con i fili di paglia) e li dominavano.

Ritratto della moglie Emma

1889 – 72×56 cm – Museo Fattori di Livorno

Il viso di Emma è inondato di luce su un anonimo fondo scuro. Gli occhi profondi sono puntati su chi guarda e rivelano il bagliore della cultura di questa fine donna. Ogni particolare è ben definito e descritto con grande cura, le fini pennellate rendono persino la diversa consistenza dei materiali di veste e cappello. Togliendo le frivolezze che riserva alle altre donne, lei è rappresentata intensa senza bisogno di nulla.

Ritratto di Yorik

1889 – 199×138 cm – Museo Fattori di Livorno

In una strada semplice, che costeggia un palazzo dal muro sporco, cammina con disinvoltura e sicurezza Yorick. Sul muro, a sinistra, alcuni disegni infantili che in quegli anni godevano di interesse, firmati Ada – la figliastra di Corcos; a destra versi dettati dallo stesso Yorick (che con ironia addebitano le sembianze del soggetto alla scarsa bravura del pittore “Se l’uomo qui dipinto al naturale / Non è giovin, grazioso ed alto e snello, / se ne accusi il pennello: / Non ci ha colpa, per Dio, l’originale”). Il protagonista è l’amico col livornese Pietro Coccoluto Ferrigni, noto con lo pseudonimo di Yorik. Qui Corcos realizza una sorta di caricatura per encomiare l’ironia dello scrittore-avvocato.

Giovane donna con il cagnolino

1885 – 108×85 cm – collezione privata

Una delle varie rappresentazioni di coquettes, ossia giovani donne in atteggiamenti civettuoli. In questo caso, a parte la posa languida sul divano, la ragazza è connotata anche per i suoi giochi con il cagnolino, simbolo di giochi erotici e, in qualche modo, perversi. Come se questa donna fosse la dea Diana, vergine ma onnipotente – divertita dal poter sedurre senza concedersi mai.

Alla fontana (Le due colombe)

1885 – 209×150 cm- collezione privata

C’è una ragazza che aspetta qualcuno seduta tranquilla e sicura di sé alla Fontana dei Leoni, appena fuori dal Palazzo Pitti di Firenze. Il suo sguardo è puntato verso lo spettatore ed è impassibile anche al volo della colomba alla sua sinistra. La fontana è ovviamente simbolo del desiderio carnale e la colomba è la sua purezza femminile che vola via, ma a lei non importa… La protagonista è la chiacchierata giovane amante di Corcos, Elena – figlia di un suo amico intellettuale. Probabilmente non ci fu mai nulla oltre a “pensieri torbidi, desideri e turbamenti”, come scrissero alcuni giornalisti.

(*)Sogni

1896 – 135×160 cm – GNAM di Roma

L’opera più famosa di Corcos (resa celebre anche dalla copertina de “I Leoni di Sicilia”) è anche il simbolo della Belle Epoque italiana. Seduta con i suoi libri, Elena (sempre lei, l’amante o non-amante) viene rappresentata in una posa considerata indecorosa e maleducata per una femminuccia ai tempi (le gambe accavallate) e con uno sguardo veramente molto in confidenza verso a chi la sta guardando. Sembra un po’ l’Albachiara di Vasco. Diventa metafora del Novecento, alle porte.

Ritratto di Paolina Bondi

1909 – (?) – collezione privata

Lo sguardi della giovane aristocratica, di appena undici anni, è profondo, seducente e anche mesto. In questo dipinto Corcos esprime il suo marchio di fabbrica: gli occhi come protagonisti, come metodo espressivo e come linea di congiunzione con lo sguardo dello spettatore. Le linee di fuga di un amore? Occhi negli occhi!

In lettura sul mare

1919 – 130×228 cm – collezione privata

L’ambientazione è l’incontaminata Castiglioncello, appena fuori da Livorno, dove Corcos si era fatto costruire una villa di campagna frequentata un po’ da tutta l’élite intellettuale italiana. La protagonista femminile è la figliastra Ada, che sta intrattenendo due giovani amici con i romanzi di Flammarion (le riconosciamo dalle copertine gialle) – che erano di moda tra i borghesi e trattavano di fantascienza (Flammarion, come me, era nato il 26 febbraio!). L’atmosfera è sia languida sia inquieta.

Miss Raincoat

Dante Gabriel Rossetti

Nome Gabriel Dante Rossetti per gli amici Dante Gabriel Rossetti (lo inverte perché era un grande fan di Dante Alighieri) sui socials @dg.rossetti
Nato a Londra, Regno Unito
Data nascita/morte 12 maggio 1828 – morto a 54 anni. Dopo la morte prematura di sua moglie Lizzie cade nella tossicodipendenza. I suoi amici lo osannavano e nutrivano per lui un amore quasi malato, amavano il suo personaggio più che altro. Lo convincono a riesumare i poemi che aveva seppellito con la consorte, che erano abbastanza piccanti, perciò alla pubblicazione risultano un flop. Cerca di uccidersi e viene salvato per poco. Muore paralizzato agli arti.
Segno Zodiacale Toro
Classe Sociale Suo padre, librettista lirico e curatore museale a Napoli, fugge a Londra perché aveva partecipato ai moti insurrezionali. Lì, divenuto insegnante d’Italiano, sposa la sorella di John Polidori, medico di politici e di artisti di spicco e anche primo ad aver scritto un racconto sui vampiri. Fu dal padre che ereditò l’amore e la curiosità per Dante Alighieri. Sua sorella Christina diventerà una poetessa, sua sorella Francesca un’educatrice e suo fratello William Michael un critico letterario.
Stato Civile Le modelle dei pittori, a quell’epoca, ne diventavano obbligatoriamente anche le amanti. Così fu anche per quelle di Rossetti. Lizzie, però, dopo dieci anni diventò sua moglie (posò anche per suoi amici). Era una ragazza molto povera, molto dolce ma anche molto colta. Soffriva spesso di nevralgia, curata con il laudano il quale dava dipendenza. Erano pressoché coetanei e lei muore a trentatré anni suicida nel 1862. Rossetti, dato che era un reato, nasconde la lettera d’addio. Il motivo scatenante fu il parto di un bambino nato morto unito all’infedeltà malcelata del marito. Con lei, Rossetti seppellisce un gruppo di poesie incompiute. Dopo la morte di Lizzie cerca amanti fisicamente uguali a lei. La principale è Jane, la moglie dell’amico scrittore William Morris che lo ospita dopo il tentato suicidio. Negli ultimi anni ci fu Fanny, che era la sua domestica. Alexa, invece, un’aspirante attrice figlia di operai, non fu mai sua amante perché non voleva rovinarsi la reputazione.

Periodo Artistico Fu uno dei fondatori della Confraternita dei Preraffaelliti. Nasce come un distacco dai dettami della Royal Academy e propone un ritorno all’Arte prima di Raffaello con temi fortemente medievali ma fortemente connotati dall’erotismo. Praticamente, è la risposta inglese alle varie esperienze di entusiastica avversione di tutti i giovani artisti d’Europa. Rossetti, pur essendone uno dei sostenitori, poi se ne discosta anche se rimane non-convenzionale giusto per il gusto di essere rifiutato dalla società.
Tecnica e Stile La dimensione dei suoi dipinti non è mai megalomane e il suo utilizzo dell’olio su tela non è eccellente. Si può dire che il successo della sua opera sia dovuto al suo genio di saper trasporre in pittura la poesia (altro suo grande interesse). Le sue opere sono molto piatte e intricate, senza spazi vuoti, un po’ come le miniature. I colori sono molto opachi perché hanno una larga quantità di bianco, purché molto profondi e vibranti (perché densi). Studia molto le cromie per gli incarnati. I suoi tocchi sono delicati quanto appassionati. Dopo la morte di Lizzie compie una ricerca sui ritratti, prevalentemente mezzi busti. Secondo lui i ritratti, specie quelli di Tiziano, sono stati molto sottovalutati nella storia dell’arte solo perché semplici.
Temi Rossetti ama tutto ciò che è italiano, per retaggio. La sua fantasia è stuzzicata spesso da Dante e dalla Vita Nova (che lui tradusse in Inglese), dove il Sommo parla del suo amore giovanile per Beatrice, la donna idealizzata. La sua pittorica va ad evidenziare il suo carattere complesso e la sua ambivalenza, il pittore e il poeta. Fu talentuoso e insofferente a causa del suo carattere dominante, carismatico e affascinante. Era ossessionato dalla sensualità delle donne: ne derivano dei soggetti femminili con pelle diafana, capelli ramati e labbra rossissime. Le sue donne sono fate, qualcosa tra il santo e il diabolico,decise e penetranti a livello mentale. Il suo essere diverso dai Preraffaelliti sta nella ricerca del fuoco che anima il cuore dei suoi soggetti, come se volesse dipingere il battito del cuore femminile. Il suo ideale di bellezza era Lizzie e viceversa. In generale, a lui piacevano molto le donne ma sapeva di doverne averne paura.

*Canzone Assegnata: “Sei Bellissima” – Loredana Berté (1976)

Elenco delle Opere nel Video

(*in ordine cronologico e non di comparsa nel video)

Ecce Ancilla Domini

1850 – 72×41 cm – Tate Gallery di Londra
Annunciazione molto realistica, soprattutto negli atteggiamenti. La Madonna, dissacrante e poco iconografica, è spaventata e anche molto sensuale. La modella è la sorella Christina.

Bocca Baciata

1859 – 32×17 cm – Museum of Fine Arts di Boston
Quest’opera consacra Rossetti come pittore. Riprende un proverbio italiano. Allude all’esperienza sessuale, che è bene farsela perché è naturale e non fa sfiorire la bellezza, anzi… Si riferisce anche alla novella di Boccaccio “Alatiel” (che sposa un Re nonostante si sia data parecchio da fare). La modella è Fanny, la domestica-amante.

L’Amata

1866 – 80×76 cm – Tate Britain di Londra
Si rifà al Cantico dei Cantici. Una sposa circondata dalle ancelle vergini scosta il suo velo, si mostra disponibile. La paggetta con la pelle scura contrasta con il suo incarnato bianco e con i suoi capelli rossi. L’ispirazione è presa dall’Olympia di Manet che Rossetti aveva appena visto.

Pia De Tolomei

1868 – 105×121 cm – Spencer Art Museum di Lawrence
Si riferisce a un personaggio del Purgatorio di Dante, una donna imprigionata e avvelenata dal marito. La modella è Jane Morris al tempo dell’inizio della relazione con il pittore e ne traspare un odio per il marito, forse una giustifica al suo gesto infedele. In realtà, lei aveva i capelli neri, ma Rossetti la dipinge un po’ più come Lizzie.

Lady Lilith

1868 – 96×85 cm – Art Museum del Delaware di Wilmington
Racconta la prima moglie di Adamo, abile seduttrice e assassina di suo figlio. Fu commissionata da un ricco armatore insieme a una Sibilla, per mettere accantola bellezza fisica alla bellezza spirituale di una donna. Riprende il “Faust” di Goethe il quale suggerisce di guardarsi della magia dei capelli di una donna, che una volta che te li attorciglia al collo non te li liberi. La modella fu Fanny, ma poi un paio di anni dopo il viso fu cambiato con quello di Alexa.

(*) Beata Beatrix

1872 – 86×66 cm – Tate Britain di Londra
Prende dalla “Vita Nova” l’episodio in cui Dante osserva la giovane Beatrice lasciare la vita terrena e diventare gloriosa in una sorta di estasi mistica. L’opera rende eterno il riposo della sua Colomba, così come chiamava Lizzie. Con questo dipinto viene idealizzata la bellezza femminile, peccaminosa e sacra al contempo – la firma di questo pittore.

La Ghirlandata

1873 – 124×85 cm – Guildhall Art Gallery di Londra
Delle lunghe dita sottile accarezzano le corde di un’arpa che suona una musica silenziosa, che l’uomo in quanto maschio può ascoltare ma mai capire. I fiori simboleggiano un amore seducente, ma anche cupo. Poiché l’amore è sia farmaco sia veleno, così come certe erbe presenti in natura.

Persefone

1874 – 125×61 cm – Tate Britain di Londra
L’iconografia allude alla tragicità del suo matrimonio. La melagrana rappresenta la fedeltà e fa risaltare la bocca e contrasta con il verde acquamarina del soggetto, che è la Regina dell’Oltretomba e può vedere al di là delle cose anche se è amareggiata. Del resto, la modella è Jane Morris, con la quale sostituì Lizzie.

Venere Verticordia

1878 – 98×70 cm – Museo e Galleria d’Arte Russell-Cotes di Bournemouth
Su commissione di un mecenate che aveva visto la bozza a carboncino, Rossetti realizza in un secondo tempo l’olio. La “Venere che cambia i cuori”è una dea giovane seminuda con i capelli ramati, sensuale all’inverosimile ma porta l’aureola della santità. Il pomo è la quintessenza del peccato e della discordia. La freccia, però, è puntata verso il suo cuore. Le farfalle rappresentano l’anima. Questo è un dipinto molto erotico – l’unico nudo del palmarès di questo pittore – che riscatta la sensualità dal peccato. Un viva la F***, messo in poesia. La modella è Alexa.

Monna Vanna

1886 – 89×86 cm – Tate Britain di Londra
La versione di Rossetti della Monna Lisa, un ritratto di una donna italiana, opulenta e indomita. Allude anche alla Primavera. Nella “Vita Nova” Monna Vanna era la compagna di Guido Cavalcanti, grande amico di Dante. La modella è Alexa.

Miss Raincoat

Jan Vermeer

Nome Johannes Vermeer per gli amici Jan sui socials @ivermer
Nato a Delft, Olanda meridionale
Data nascita/morte 31 ottobre 1632 – morto a 43 anni nella sua città natale, abbastanza povero da lasciare la famiglia con molti debiti. è la crisi per le guerre a farlo indebitare. La vedova vende i dipinti più grandi per pagare il fornaio.
Segno Zodiacale Scorpione
Classe Sociale Media Borghesia (suo padre era un tessitore di seta e possedeva una locanda)
Stato civile nonostante fosse cattolico, sposò una ricca donna protestante, Catharina, con la quale mise al mondo 14 figli. Vivevano dalla suocera benestante.


Periodo Artistico Secolo D’Oro Olandese (il commercio marittimo olandese estende a molti la possibilità di essere ricchi: è l’Arte della Borghesia) – molto apprezzati: cartografia, vedute e pittura di genere (ossia scene di vita, come le Storie di Instagram) specie in cucina, ritratti esoticheggianti e temi fintamente moraleggianti.
Tecnica e Stile I suoi colori sono molto vividi (sempre di più in fase matura), grazie alla tecnica di sovrapposizione di colori (velatura) stesi a piccole macchie, quasi punti. Nonostante costasse moltissimo, utilizzava larghe dosi di lapislazzuli per ottenere il blu oltremare. In generale, era molto meticoloso nella preparazione e nella ricerca dei pigmenti – prevalentemente oli stesi su tela di lino. Le sue cromie rendono bene l’idea dell’umidità dell’aria; è celebre per la sua minuzia nei particolari e dei material, ripresa dai pittori fiamminghi delle origini; dipinge le stanze lussuose dei ricchi; in ogni sua composizione la luce proviene da sinistra, siccome il suo studio era così disposto. La luce illumina i protagonisti e poi ci invita a frugare tra i particolari, tra le cose degli altri. Vermeer è bravo a rendere le cose come sono, palpabili e vere perché imperfette, con una loro porosità; i suoi modelli sono sconosciuti, benché si pensi siano tutti parenti o amici.
Temi Donne nella loro intimità domestica borghese. I loro gesti sono semplici, ma sono circondate da molteplici oggetti costosi.Donne intente a fare qualcosa, mai nulla di importante o concreto, ma sempre sicure dei loro gesti. E, in effetti, lui nella sua vita ha dipinto solo le cose belle della vita – come se non esistesse altro. L’atmosfera è rassicurante e domestica, resa con finestre socchiuse, giochi di riflessi, controluce. L’estrema minuzia riprende il tema delle nature morte, ma invece della frutta c’è la gente, la vita silenziosa delle cose. Che cosa fai quando nessuno ti vede? In qualche modo, invece di dipingere le conseguenze di un peccato, lui dipinge ciò che è peccaminoso.

*Canzone Assegnata Una vita in Vacanza – Lo Stato Sociale (2018)

Elenco delle Opere nel Video

(*in ordine cronologico e non di comparsa nel video)

La Mezzana

1656 – 143 x 130 cm – Gemäldegalerie Alte Meister di Dresda
Attribuito, potrebbe anche essere un abile falso d’autore. Praticamente, la scena della mezzana era un porno per la borghesia olandese, sotto l’escamotage dell’allegoria del Figliol Prodigo. La ragazza in giallo è una prostituta d’osteria. La mezzana è la donna anziana in nero, la procuratrice dell’incontro. Il musicista che beve vino potrebbe essere l’autoritratto di Vermeer. Se è di Vermeer è un quadro insolito sia per stile sia per narrazione, ma potrebbe essere un’opera giovanile.

Donna che legge una lettera davanti alla finestra

1657 – 83 x 64,5 cm – Gemäldegalerie di Dresda
Durante il restauro del 2018 è riemerso il cupido sulla parete, non tolto da Vermeer. Viene considerato il primo lavoro artistico di Vermeer. C’è una donna che è concentratissima a leggere una lettera. Una tenda la separa dal resto, come in un teatro. Probabilmente, dati i dettagli speculari, la narrazione continua con La Giovane Donna Assopita (vedi sotto). Probabilmente, è sua moglie che con un sorriso vago legge una sua lettera appassionata.

Giovane donna assopita

1657 – 88 x 77 cm – MOMA di New York
Una giovane domestica si è addormentata sul tavolo perché ubriaca. Per terra c’è una maschera che richiama le storielle della Commedia Italiana: può essere una Colombina delusa da Arlecchino. Per evitare che ci succeda come alla servetta, bisogna non esagerare. L’Amore può ubriacare!

La lattaia

1658 – 45,4 x 40,6 cm – Rijksmuseum di Amsterdam
A Vermeer non interessavano la retorica delle nature morte, l’iconografia o i messaggi nascosti. La sua composizione è essenziale: ci mostra una cuoca robusta in una stanza spoglia, modesta (vedi il vetro rotto della finestra) e silenziosa, intenta a versare il latte. Potrebbe essere un’allegoria dell’Amore: forte, bilanciato e concentrato. L’essenziale, come per Marco Mengoni.

Una fanciulla e tre gentiluomini

1660 – 77,5 x 67 cm – Herzog Anton Ulrich Museum di Braunschweig
La tela rappresenta un momento di seduzione. Una donna, ben vestita in un acceso abito di seta rossa, guarda lo spettatore sorridente, come per compiacersi dell’atteggiamento dell’uomo curvo su di lei. Il messaggio è quello di essere moderate e di non essere civettuole (vedi la Temperanza rappresentata sulla vetrata).

Veduta di Delft

1661 – 96,5 x 116 cm – Mauritshuis di L’Aia
Vermeer non è oggettivo fino in fondo nell’approccio al paesaggismo. Si avvale della tecnica della camera oscura per i dettagli, ma dipinge qualcosa di più vivo di un paesaggio. Non vuole rappresentare uno scorcio ma un luogo dove vive la gente, vibrante e la magia del sole dopo il temporale. Era il dipinto preferito di Marcel Proust e, di solito, piace anche a chi Vermeer non garba assai.

La pesatrice di perle

1664 – 40 x 36 cm – National Gallery di Washington
La modella è probabilmente la moglie Catharina incinta, infatti la giacca che porta è sua. Sulla parete di fondo si vede un dipinto con il Giudizio Universale: forse un’allusione moraleggiante a non occuparsi troppo dei beni terreni e a conservarsi candida, perché l’anima ha un peso.

Donna con brocca d’acqua

1665 – 46 x 41 cm – MOMA di New York
Una serva sta preparando il bagno alla sua signora. Il suo sguardo è umile e meditativo. I colori predominanti sono il giallo e il blu anche se spicca il rosso nell’angolo sinistro. La resa luministica dei particolari è eccelsa, da arrivare fino ai ricami della tovaglia. Solo l’umiltà può lavare via i peccati sporchi dei ricchi.

(*) Ragazza col turbante

1665 – 44.5 x 39 cm – Mauritshuis di L’Aia
Questa è la sua opera più famosa ed è definita la Monna Lisa olandese. Essendo molto controversa nella lettura, ha avuto molto successo editoriale e filmografico. I tronien come questo erano dei ritratti con particolari esotici, molto di moda al periodo. Potrebbe essere una musa o una sibilla, ma mancando di iconografia tipica non si può sapere. Vediamo una ragazza di una bellezza rara, con le labbra carnose, il sorriso abbozzato, lo sguardo lucente e l’incarnato delicato. La sua espressione è sia languida sia innocente. La perla, invece, è un’illusione ottica, poichè composta da delle macchie di colore che noi percepiamo intere. L’enigma sta nel fatto che la ragazza è di status sociale basso, mentre le perle le indossavano solo le ricche borghesi. Forse, non è che un’imitazione in vetro di Murano, ma questo farebbe svanire la magia…

L’allegoria della pittura

1666 – 120 x 100 cm – Kunsthistorische di Vienna
Dal punto di fuga, si capisce che Veermer sta spiando un pittore, vestito come i pittori bravi dell’epoca, tipo Rubens, mentre dipinge la musa dell’epica (delle gesta eroiche), Clio, con in mano il libro della Storia e la tromba della Gloria. Uno dei possessori di quest’opera fu Adolf Hitler.

Concerto a Tre

1667 – 72.5 x 65 cm – rubato nel 1990 dall’Isabella Stewart Gardner di Boston
Tre borghesi suonano. Una donna canta, un’altra suona il clavicembalo e l’uomo la viola d’amore. Alla parete ci sono un paesaggio e una scena erotica. Forse una spiegazione plausibile è quella che legge l’armonia musicale dei tre come una via intermedia tra l’atmosfera pura e naturale del paesaggio naturale e la lascivia del dipinto erotico. I tre modelli sono tutti la moglie, comunque. Alcuni ci vedono l’idea che per essere perfetto, un matrimonio deve avere un terzo incomodo.

Il Geografo

1668 – 52 x 45,5 cm – Staedel di Francoforte
Un uomo (insolito per Vermeer, che di solito predilige soggetti femminili) borghese in abiti da studioso, realizzati con stoffe preziose dal Giappone, viene distratto dallo studio da qualcosa fuori dalla finestra.La composizione riprende un’incisione di Rembrandt del Faust. Ogni particolare ricorda l’unione tra Oriente e Occidente resa possibile dalla Compagnia delle Indie, vanto olandese. Parimenti, è un’allegoria della contrapposizione tra Fede e Ragione, il cruccio dell’uomo moderno.

Suonatrice di chitarra

1672 – 53 x 46 cm – Kenwood House di Londra
Vermeer era sul lastrico, ma riusciva a dipingere la gioia. Una donna vestita con la giacca della moglie suona una chitarra barocca e guarda con allegria qualcunoi che la sta ascoltando. Sta suonando uno spezzato, ossia delle note una lontana dall’altra. Con lo sfocato viene resa anche la vibrazione delle corde. Probabilmente, è sua figlia Maria, alla quale augura solo ed esclusivamente felicità.

Miss Raincoat