Lawrence Alma-Tadema

Nome Lourens Alma Tadema (Tadema è il cognome patronimico – Alma, che è il suo secondo nome, lo aggiunge lui come se fosse un cognome per arrivare prima nell’elenco dei cataloghi d’arte, furbone!) Per Gli Amici Lawrence (all’inglese). Il critico Ruskin (quello che rese famosi i Preraffaelliti che resero famose le sue corna 🙂 ) disse di lui che era il peggiore pittore in circolazione. Gabriele D’Annunzio era un suo fan sfegatato. Sui Socials @l.alma-tadema
Nato a Dronryp, paesino in Frisia (Paesi Bassi)
Nato/Morto 8 gennaio 1836 – morto alle terme tedesche di Wiesbaden. Ci era andato per rimediare all’ulcera, ma muore lì a 76 anni. Stimato in vita, soprattutto a Londra, ma dopo la morte cadde nel dimenticatoio fino agli Anni Sessanta.
Segno Zodiacale Capricorno
Stato Sociale Nato terzogenito di un secondo matrimonio di un notaio. Suo padre muore quando lui ha due anni. La mamma alleva da sola i suoi figli e quelli del primo matrimonio, in tutto cinque (e paga anche il maestro di disegno per Lourens, anche se se lo immaginava notaio; lo asseconda perché soffriva di tubercolosi e pensavano non sarebbe diventato adulto). Tuttavia, studia Belle Arti ad Anversa, ottenendo numerosi premi e cominciando ad amare la pittura a tema storico. Diventa grande, si sposa, mette su famiglia ma, dopo la diagnosi di una malattia inspiegabile e il lutto della moglie si trasferisce a Londra con tutta la famiglia, dove ottiene una speciale cittadinanza inglese.
Stato Civile Sposa Marie Pauline lo stesso anno della morte della madre, nel 1863. Era la figlia di un giornalista francese che lavorava in Belgio. Ebbero un figlio maschio, morto bambino di vaiolo, e due figlie femmine che rimasero nubili (una una poetessa e l’altra una pittrice). Andarono in Italia in luna di miele, dove lui si innamorò della Roma Antica. Sei anni dopo Pauline muore dopo una lunga malattia a soli 32 anni. Per quattro mesi, Lawrence non dipinge, ma la sua cara sorella Atje lo aiuta con i figli e con sé stesso. A Londra conosce la giovane Laura, una sua alunna di disegno. Il padre di lei si oppone varie volte al matrimonio (che Lawrence voleva!) per via dell’ingente differenza di età – happy ending: si sposano nel 1871. Fu un periodo felicissimo, sanissimo e molto produttivo, fino alla morte di lei nel 1909.

Periodo Artistico Il Periodo storico è l’Epoca Vittoriana Inglese, ma Alma Tadema è difficile da classificare. Quando vedi un dipinto così dici “è un Alma Tadema o simile”. Si inserisce nel filone estetico della ricerca del bello nell’Antichità, non senza le stravaganze intellettuali degli ottocenteschi inglesi. Ma c’è anche della denuncia sociale nei suoi nudi vestiti di poesia, verso la cultura vittoriana troppo bigotta specie sessualmente. Le sue opere trasudano sesso. Si può dire che sia Neoclassico, ma in un modo vezzoso. Tadema è un tipo vizioso, ma non si direbbe…
Stile La sua tavolozza e la sua pennellata larga sono ispirate dai Preraffaelliti, anche se la scelta delle cromie è molto mediterranea. Dipingeva in una stanza molto illuminata, perchè voleva ricreare la luce mediterranea a Londra. Nella ricerca della giusta texture è meticoloso, così come nei dettagli (lo riprende dai suoi studi dei Fiamminghi in Belgio). La ricerca va verso delle scene monumentali che intrappolano la magia di un semplice gesto, come la statuaria ellenistica.
Temi Soggetti ispirati all’Antichità classica e al lusso decadente, si può dire che è il mondo che piaceva a Oscar Wilde o al nostro già citato D’Annunzio. Amava, più che Roma, Pompei. Perché Roma ha la monumentalità, la Storia, ma Pompei conserva i segreti della vita privata (è un discorso affrontato anche da Manzoni nei Promessi Sposi). In effetti, il clima di Tadema è sempre fumosamente nostalgico, triste e poetico. Inoltre, il pittore si divertiva a giocare con le fonti, prendendo un po’ di qua e un po di là, con libere manipolazioni. In questo ci somigliamo 🙂

Lo charme, diceva Albert Camus, è un modo di ottenere in risposta un sì senza aver formulato nessuna chiara domanda.

*Canzone Assegnata – “Seta” di Elisa (2022)

Elenco delle Opere nel Video

(*in ordine cronologico e non di comparsa nel video)

Morte del figlio primogenito del Faraone


Death of The Pharoah’s Firstborn Son – 1872 – 77×124 cm – Rijksmuseum di Amsterdam

Fu l’opera dell’anno per il Salon de Paris. Fu realizzata per un collezionista olandese che lasciò scritto in testamento che almeno un pezzo della sua collezione rimanesse in patria, ecco il perché della collocazione prestigiosa. La scena è presa dall’Esodo, ma non narra un episodio di gloria bensì il dolore del Faraone, immobile, a causa della vendetta divina, in modo silenzioso e non patetico. Da notare la madre, che cerca di riportare invano alla vita il figlio tramite la disperazione e l’amuleto, inutile, sul petto del ragazzo.

Saffo e Alceo

Sappho and Alcaeus – 1881 – 66×122 cm – Walters Art di Baltimora

Il poeta greco Alceo intona i suoi versi accompagnandosi con la cetra. La poetessa Saffo, accompagnata da amiche, lo ascolta rapita. I nomi delle amiche sono incisi sui gradini del teatro, simile a quello di Dioniso. Alceo amava Saffo e scriveva poesie amoroso-erotiche. Lui per un mondo maschio alfa e lei per un mondo femmina en rose, ma – dice Tadema – a una certa ci si incontra sempre. L’Amore è una poesia bellissima!

Una lettura da Omero

A Reading from Homer – 1885 – 92×184 cm – Philadelphia Art Museum

Viene realizzato per un banchiere americano molto interessato dall’arte di Alma Tadema, che voleva un Platone ma il pittore non trovava pace, allora gli realizza un Omero – che gli varrà l’aggettivo “perfezione” dei critici. Un uomo sta declamando i versi di Omero ascoltato da persone vestite a festa: una donna in piedi con il mantello e una corona di fiori (potrebbe essere Atena, la dea vergine protettrice di Ulisse), una coppia semi sdraiata (il ragazzo tiene una citara e lei il tamburo, simboli di unione sessuale). Un ragazzo vestito di pelle di capra (come se fosse un satiro) lo ascolta rapito. Omero poteva essere una lettura scabrosa in epoca vittoriana.

Le donne di Amfissa

The Women of Amphissa – 1887 – 121×182 cm – Clark Art Institute di Williamstown

Gli valse una medaglia al Salon di Parigi. Sono le baccanti, le ancelle di Dioniso (delle vestali non-vergini) al momento del risveglio dopo una notte di festa ed eccessi. Alcune donne del popolo le aiutano, altre rimangono rigide in disparte. Mentre loro si risvegliano, le donne sono già pronte per fare la spesa al mercato. Un solo uomo, molto sinistro, le spia celato in una zona d’ombra. Uno spaccato della società bigotta.

(*)Le Rose di Eliogabalo

The Roses of Heliogabalus -1888 – 132×213 cm – collezione privata

Considerato il suo capolavoro. La composizione è molto inerente alle proporzioni auree. Eliogabalo è l’imperatore romano debosciato che fece morire i suoi commensali soffocandoli per sbaglio con una pioggia di petali di rosa dal soffitto. Anche qui c’è un chiaro riferimento a Dioniso e alla suonatrice di doppio flauto sullo sfondo (alludente a quella pratica là, che non si fa secondo la Regina Vittoria!). Infatti, coloro che sono “al banchetto di Dioniso” guardano divertiti quelli che si ricoprono troppo “di rose” e rimangono soffocati; un uomo e una donna, sembrano riemergere per ricongiungersi (se guardate i colori, sono speculari).

Rivali inconsapevoli

Unconscious Rivals – 1893 – 45×63 cm – Bristol City Museum

Ci sono due donne in attesa di due stessi amanti. Quella in piedi sembra quasi annoiata. L’altra in angoscia. I rivali inconsapevoli sono cuore e mente. Inoltre, c’è una statua di Cupido che prova la maschera di Sileno, il “padre” di Dioniso (un vecchio ubriacone e maialone). La solita domanda: si dà al primo appuntamento o al settimo? Meglio solo sesso o solo amore?

Primavera

Spring – 1894 – 178×80 – Getty Museum di Los Angeles

Fu realizzato per un banchiere e fu molto apprezzato e il più riprodotto. Rappresenta la processione durante un giorno di festa. Sullo stendardo si leggono dei versi dedicati a Priapo, legato ai culti orgiastici e dionisiaci (e noto per il suo lungo p***). Una delle statue in processione è un satiro, inoltre. La decorazione unisce vari siti dell’Italia antica. Si ispira alla festa vittoriana del Calendimaggio, quando i bambini raccoglievano fiori, ma gli dà una connotazione più da festività romana per la fertilità (tipo per Cerere). I fiori sono molto cromaticamente intensi, ma non hanno allusioni simboliche. Qui in Alta Lombardia esiste una festa simile: il Ciamà l’Erba, il richiamare l’erba tramite campanacci a marzo.

La cognizione del Successo

A Coign of Vantage (in inglese vuol dire punto di vista privilegiato)- 1895 -64×44 cm – collezione privata
Colpisce la statua della leonessa (e non il leone) nera vista da dietro, maestosa perché non si mostra, ecco chi ha la posizione privilegiata – la Donna. L’onice proteggeva in battaglia in epoca romana (dietro a un grande uomo c’è sempre una grande donna). Sembrano le Tre Grazie nella tipica iconografia “sì/no/forse” alla risposta “me la dai?”.

I Preferiti d’Argento

Silver Favourites – 1903 – 69×42 cm – Manchester Art Gallery
Si ispira a una poesia di Wordsworth, che si interroga su perché ammiriamo dei pesci se sono costretti alla vita in cattività. Le donne che ammiriamo nei dipinti di Tadema sono indolenti e annoiate, intrappolate sulla tela, ma le troviamo belle. Così, come le donne troppo pudiche intrappolate nell’etica vittoriana.

Non chiedermi di più

Ask me no more -1906 – 79×114 cm – collezione privata
Due personaggi di Ovidio: Tisbe e Piramo. Si amavano, ma le famiglie non volevano allora si parlavano attraverso le pareti. Lei durante la finale fuga d’amore viene quasi uccisa da una leonessa. Lui si suicida temendola morta e lei si uccide davvero con la spada di lui (Sì, Shakespeare ha copiato!). In questa tela Tadema non arriva a rappresentare la morte, ma denuncia l’impossibilità amorosa per via della moralità sociale (come era successo a lui con Laura). Essere bigotti porta solo alla tragedia!

L’abitudine preferita

A Favourite Custom – 1909 – 66x 45 cm – Tate Britain di Londra
Una scena alle terme di Pompei, nel Frigidarium dove due giovani donne giocano nella vasca.Tadema adorava gli scavi di Pompei e le storie di quella gente. I Romani hanno trasformato l’esigenza igienica in piacere dei sensi, perciò le terme sono l’usanza preferita di Tadema. Quindi, per lui il sesso non va visto solo come procreazione, è gioco. E la sua usanza preferita è quel gioco.

Miss Raincoat

*Ho messo anche i titoli in originale, perché secondo me alcuni in traduzione hanno perso loquacità 😦

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“Giuditta che decapita Oloferne” di Artemisia Gentileschi

Io l’Artemisia l’ho guardata in faccia solo qualche anno fa al Palazzo Blu di Pisa, nel ritratto che le fece l’amico pittore Simon Vouet durante la sua seconda vita. La sua prima vita, come un po’ tutti, l’avevo sommariamente ascoltata sui banchi di scuola. La sapevo vagamente inquadrare nel numero delle rare pittrici donne della prolifica stagione caravaggesca. Negli anni della mia più sadica spensieratezza apprendevo anche che, tra le cose, era anche stata stuprata. Qualche mese fa ho messo sulle mie stories di Instagram la sua “Giuditta” e, in qualche modo, mi è rimasta dentro oltre le ventiquattrore di scadenza. Perchè in quella tela c’è tutto tranne la furia, tranne l’eccesso, tranne la bestialità. In quella tela nuda e cruda c’è una donna che ha attraversato una tempesta, che ne ha assorbito la potenza, che è diventata lei stessa tempesta. In piedi, senza tremare.

Il ritratto di Artemisia eseguito da S. Vouet

Siamo nella prima metà del Seicento. Artemisia ha dodici anni quando sua mamma muore e deve cominciare a prendersi cura delle faccende domestiche e dei suoi tre fratellini. Suo padre, Orazio, non la lascia mai uscire di casa. Suo padre, Orazio, è anche un pittore che lei ammira incondizionatamente e che emula diligentemente nel mescolare i pigmenti, nello scegliere gli oli e nel fabbricare pennelli. Nello studio bazzicava anche un certo Michelangelo Merisi detto il Caravaggio, che Artemisia considerava una rockstar. Così, in pochi anni, Artemisia diventa una pittrice esperta e suo padre, molto orgoglioso, la premia mandandola a lezione da un collega che stimava: Agostino Tassi. Il Tassi era un artista virtuoso del quale Orazio si fidava anche se le malelingue lo descrivevano come uno scialacquatore, uno smargiasso, un donnaiolo. Addirittura, si diceva avesse comandato diversi omicidi…

Le lezioni avvenivano appunto a Casa Gentileschi. Quel giorno Orazio era fuori per alcune commissioni. Lei descrisse quanto avvenuto con parole tremende ma lucide: chiuse la porta della stanza a chiave, la bloccò in modo che non potesse chiudere le gambe e le serrò la bocca con un fazzoletto in modo che non potesse urlare. Lei avrebbe lottato anche con le unghie, ma lui si sarebbe preso quello che voleva. Lo accusarono di sverginamento; in realtà, entro le mura della casa paterna, si prese l’innocenza di una ragazzina. E non fu l’unico colpevole. Il furiere apostolico Cosimo Quorli, che tanto ricamò sulla vita sessuale di Artemisia, fu suo complice; Tuzia, la vicina di casa alla quale Orazio era solito affidare la figlia mentre era via, dichiarò sorprendentemente sempre il falso su questa vicenda.

Eppure, il Tassi era un uomo seducente ed ammaliante. Artemisia si fidò quando lui si finse innamorato e le promise di sposarla, in modo da estinguere il suo reato di violenza. Fu questo il motivo per il quale lei continuò ad avere rapporti sessuali con lui ed è allarmante che fu iniziata alla sessualità da un uomo di questo calibro. Meno di un anno dopo, comunque, Artemisia scopre che lui è già sposato, ha avuto una relazione extraconiugale con la cognata e ha incaricato un uomo di uccidere sua moglie. A questo punto, è Orazio a volere a tutti costi un processo che sarà un’ulteriore violenza pubblica per la figlia. Lo fa per non farle portare a vita la lettera scarlatta.

Artemisia affronta il processo con coraggio e dignità. Accetta l’umiliazione di lunghe visite ginecologiche. Tanto non è vergine, è una puttana. Ascolta le false testimonianze. Va con tutti, è una puttana. Si sottopone alle torture pur di difendere la verità. La legarono stretta con una corda alle dita e tirarono. Davanti a lei c’era Agostino che ancora si giurava innocente. Lei gli disse che quelle corde erano la fede nuziale che lui le donava. Anche l’opinione pubblica era tutta a favore del Tassi, anche quando lui venne condannato all’esilio (che per varie conoscenze in alto non scontò mai). Due giorni dopo la fine del processo, Artemisia si sposò con il pittore Pierantonio Stiattesi, un uomo e artista mediocre che mai l’amò con passione. Lui aveva bisogno di soldi, lei di una buona reputazione. La pittura fu il suo unico riscatto.

Giuditta che decapita Oloferne è un’opera del 1612 che nasce come reazione al processo. Non esprime violenza ma volontà di rivalsa e forza femminile. In pochi si sarebbero azzardati di rompere la tradizione iconografica di questo episodio biblico e rappresentare il momento della decapitazione, l’atrocità sanguigna, il realismo macabro; lo fecero solo lei e quel matto di Caravaggio.

Ciò nonostante, la Giuditta di Caravaggio del 1602 è diversa. La sua è una vedova che uccide il carnefice di suo marito, affaticata, impaurita; e lo fa non tanto per sé ma per mettere in salvo la sua gente. Si racconta che il pittore si ispirò a Beatrice Cenci che in quegli anni si era macchiata di parricidio: aveva drogato, ucciso e occultato il corpo di un padre che aveva violato il suo per molte volte. Questo episodio aveva incuriosito morbosamente tutta Roma, tant’è che quando Beatrice fu condannata a morte molti accorsero sotto il patibolo, vari morirono asfissiati durante quel giorno afoso di settembre. In quella folla, oltre a Caravaggio, c’erano anche Artemisia con il suo papà.

Invece, la Giuditta di Artemisia esprime bene lo sforzo fisico, il tumulto, il combattimento. Non ci sono né santi né eroi in questa scena, solo sentimenti e forza muliebre. Giuditta non è un’anima beata qui, è colei che per salvare il suo popolo usa le sue doti di donna per stordire il nemico e tagliargli la testa con la sua stessa spada. Inoltre, l’ancella è un chiaro riferimento a Tuzia, alla mancata solidarietà femminile da parte della sua unica amica che, non solo omette di soccorrerla, ma pure la denigra. Oloferne, invece è conscio, con gli occhi sbarrati, ma è ormai impotente.

Chi non ti ha voluto intera non può averti neanche a pezzi.

Miss Raincoat

°* Letture consigliate dall’Unicorno *°

Tiziana Agnati Artemisia Gentileschi

Alexandra Lapierre Artemisia

Susan Vreeland La Passione di Artemisia

Eva Menzio Lettere. Atti di un Processo

(per ragazzi) Donatella Bindi Mondaini Artemisia Gentileschi: il cuore sulla tela

(fumetti) Nathalie Ferlut/Tamia Badouin Artemisia

Ti Amo/Ma Quanto Mi Costi?

Danimarca: patria di Sirene e Musei Statali gratuiti (sempre, non solo la prima domenica del mese). Ma perché in Italia non si può? Perché nella Terra in cui è stata inventata l’Arte non è un diritto sacrosanto passare del tempo nei Musei? La risposta è quasi semplice: il nostro Partimonio è ampio, prezioso e l’introito per manutenzione/mantenimento/tasse viene in buona parte dal costo (spesso altino) dei biglietti. E quanto sono visitabili, raggiungibili ed accessibili sul serio i 10 Musei Italiani più gettonati nel 2017?

[l’ordine è in base alle entrate; il costo indicato è del biglietto intero – Per me, vince la Pinacoteca di Brera, sia quel che sia!!!]

  1. Palazzo Ducale a Venezia    il percorso nelle stanze del Palazzo del Doge, comprese le prigioni, costa 20€. L’edificio si trova in posizione centralissima, in Piazza San Marco.
  2. Galleria degli Uffizi a Firenze  la collezione di questo museo è molto ampia e spazia tra tutta la Storia dell’Arte dell’Occidente. Il costo di 20€ scende a 12€ da novembre a febbraio. La struttura è ben collegata alla Stazione “Santa Maria Novella” e vi dista 20 minuti a piedi.
  3. Museo Nazionale del Bargello a Firenze  la gipsoteca rinascimentale ha un costo di 9€ e può essere raggiunta dalla Stazione “Santa Maria Novella” molto facilmente tramite mezzi pubblici o in 15 minuti di camminata.
  4. Galleria dell’Accademia a Firenze  il museo celebre per il David di Michelangelo costa 8€ e può essere raggiunto dalla Stazione molto facilmente tramite mezzi pubblici o in 10 minuti di camminata.
  5. Museo Egizio a Torino la più grande raccolta di materiale sulla Cultura Egizia, dopo Il Cairo, costa 15€. Dalla Stazione “Porta Nuova” dista 10 minuti a piedi.
  6. Galleria Borghese a Roma la raccolta della celebre famiglia papale è molto ampia e poco riassumibile; una delle opere più conosciute è la Paolina Borghese di Canova. Il costo di 15€ va sommato al fatto che, dalla Stazione “Termini” la corsa di pullman – che dura 20 minuti – viene effettuata ogni 5 minuti ca.
  7. Acquario a Genova  il museo acquatico più grande e ricco di specie d’Europa costa 26€. Il costo è ammortizzato dalla posizione: la fermata di metro che ci porta alla Stazione Ferroviaria è a pochi passi – lo spostamento in metro dura 15 minuti.
  8. Museo Archeologico Nazionale a Napoli la collezione che illustra l’Epoca Romana costa 12€ ed è molto vicino alla fermata della metro che ci porta alla Stazione Ferroviaria – lo spostamento in metro dura 20 minuti.
  9. Scuderie del Quirinale a Roma  uno tra i palazzi più politici dell’Italia è anche un meraviglioso edificio che ospita varie mostre temporanee. Il costo è di 15€ e la sua posizione è raggiungibile in 20 minuti di pullman dalla Stazione “Termini” o a piedi circa nello stesso tempo.
  10. Pinacoteca di Brera a Milano  la raccolta del capoluogo lombardo include capolavori come Il Bacio di Hayez, Cena in Emmaus di Caravaggio, Lo Sposalizio della Vergine di Raffaello, il Quarto Stato di Pellizza da Volpedo, la Pala Montefeltro di Piero Della Francesca, il Cristo Morto di Mantegna… Il suo costo è di 10€. Si trova a pochi passi dalla fermata della metro che lo collega alla Stazione Ferroviaria – lo spostamento in metro dura 15 minuti ca.

 

E questa pubblicità della SIP? Ve la ricordate? “Mi ami? Ma quanto mi ami?”

❤ Miss Raincoat