“Alla Porta del Castello” di Ferdinand Knab

Oggi andremo a conoscere un pittore di un’area geografica che mi piace molto, la Romantische Strasse, in Alta Baviera (top all’inizio dell’autunno in moto on the road). Lui è Ferdinand Knab (Würzburg, 1834 – Monaco di Baviera, 1902), insegnante di architettura e pittore di paesaggi “architettonici”.

1881 – olio su tela – 34 x 25,5 cm – collezione pvt

Quando viene dipinta questa tela gli artisti, specie quelli mitteleuropei, considerano ancora il Grand Tour (percorso esplorativo in Europa, un interrail ante litteram) un momento importante per la loro crescita personale e professionale. Una delle tappe fondamentali di questo viaggio era l’Italia. Knab rimane impressionato dalla bellezza di Roma e di Taormina, delle quali conserverà ricordi e impressioni per tutta la sua carriera. Di fatto, i soggetti delle sue opere mischiano sapientemente architetture note ad architetture oniriche.

Qualche volta, i paesaggi nell’arte possono sembrarci sterili, come delle fotografie instagrammabili. Nei paesaggi di Knab, invece, aleggia un’atmosfera poetica data dalla monumentalità, dal gusto per l’antico, colorata di tramonti lividi. L’ora del tramonto, per il pittore, è un momento incerto e volatile.

La tematica sentimentale che nasconde questo paesaggio incolto è molto sottile. Siamo nel clima del simbolismo tedesco, che ci ha fatto ben conoscere un collega contemporaneo di Knab, ossia lo svizzero Arnold Böcklin.

Non è solo il tramonto a parlarci del tempo che va e non si sa dove, parimenti la colomba in volo. Il cancello è un elemento di transizione; la pozzanghera è un elemento ambivalente, è la riconnessione tra cielo e terra, la rinascita, ma, al contempo riflette qualcosa di effimero, come un sogno.

Inoltre, non dobbiamo sottovalutare il suonatore di lira a coronamento dell’inferriata. Io l’ho identificato con Orfeo, l’artista che incarna tutti i valori dell’Arte. Orfeo ama incondizionatamente solo Euridice (ninfa di boschi e degli alberi, che ritroviamo in questo paesaggio dipinto), anche se lei è morta. Orfeo riesce a fare in modo di portarla via dagli Inferi, a patto di guardarla solo una volta tornato nel Mondo dei Vivi. Purtroppo si distrae e si volta troppo presto. Euridice sparisce in una nuvola d’aria e lui, si ammutolisce e respinge l’amore per sempre (ma ovviamente non il sesso, non preoccupatevi).

Quella di Ferdinand Knab è una riflessione dolente. Lui pensa alla malinconia, il dramma della vita che ti porta ad avere sentimenti anche se, da essere umano, sei destinato a morire. Anche i sentimenti, essendo umani, sembrano eterni, ma non lo sono in essere.

Sempre riferendomi al mito di Orfeo, l’opera parla, più precisamente, dell’Arte. Cosa deve avere un’opera d’arte per rimanere immortale e per sopravvivere alla morte dell’Artista? Orfeo era il creatore di quella bellezza capace d’incantare anche i demoni; Euridice era l’anima spirituale, l’ispirazione vera e autentica della Bellezza. Cosa succede a Orfeo? Diventa banale, si volta troppo presto e la sua Arte diventa un pugno di mosche…

Miss Raincoat

Gustav Mahler

“La tradizione è la custodia del fuoco, non l’adorazione delle ceneri”
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Valtella in Love

Il Castello di Domofole

Siamo a Mello, su un poggio ben visibile dalla vallata sottostante dove si ergono ancora i resti di un castello di austere pietre grigie, il Castello di Domofole.

L’edificio è stato presumibilmente innalzato nel 1120 dalla famiglia Vicedomini, feudatari del Vescovo di Como in Bassa Valle (la loro “base” era Cosio Valtellino, gli altri castelli erano dei presidi). Fu distrutto e ricostruito durante gli scontri comaschi tra guelfi e ghibellini e definitivamente smantellato, così come tutti gli altri castelli della Valtellina, dai Grigioni.

Ciò che resta della fortificazione sono la sua possente e alta torre d’avvistamento, la cinta, un’idea di sotterranei e le chiese. La torre, sopraelevata dal terreno per motivi di sicurezza, è quadrangolare e suddivisa in più piani illuminati da finestre e provvisti di numerose feritoie. Le chiese sono entrambe dedicate a Santa Maddalena, una medievale e l’altra settecentesca. La più giovane non presenta nessuna particolarità, anzi, è molto rustica; i ruderi della più antica testimoniano una decorazione ad affresco nella calotta absidale.

Domofole” non ha ancora un’etimologia certa; forse, significa “domare le folle“, oppure è semplicemente un nome proprio o un appellativo.

Le principali leggende legate a Domofole ci raccontano di regine e principesse imprigionate dentro le sue spesse mura.

Nel 634, Gundeberga, figlia della regina Teodolinda ci fu rinchiusa dal marito perché infedele. Il marito Arioaldo era un duca che si era impadronito del trono uccidendo il predecessore che, tra l’altro, era il fratello di Gundeberga. Per motivi politico-religiosi, Gundeberga fu accusata di adulterio e rinchiusa in un castello (la storia, a dispetto della leggenda, parla di Lomello, in provincia di Pavia) e poi presto liberata. Arioaldo morì prima di Gundeberga, la quale ebbe un secondo matrimonio e, rimasta nuovamente vedova, si ritirò in monastero.

Nel 951, mentre Adelaide di Borgogna scappava attraverso le Alpi da un matrimonio imposto con Adalberto, figlio di Berengario, fu qui raggiunta e incarcerata dalla suocera Willa, che decise anche di concederle sempre meno cibo (altre fonti, invece, parlano di un castello a Lierna, in provincia di Lecco). Non lo voleva sposare perché si sospettava avesse avvelenato il suo primo marito, Lotario, che aveva sposato a sedici anni e con il quale era stata serena per tre. Fu salvata da don Martino di Bellagio che la diede in sposa a Ottone di Germania e diventò imperatrice. Adelaide era una donna colta e si impegnò tutta la vita in opere di carità. In realtà, don Martino la aiutò solo a fuggire e chiese aiuto e protezione a Ottone che, addirittura, se ne innamora e la sposa.

Miss Raincoat

Valtella in Love

Il Drago di Roccascissa

Circa attorno all’anno Mille, a Berbenno di Valtellina venne veramente costruito il Castello di Roccascissa (il nome è quello dello sperone roccioso), il quale costituiva il primo nucleo del sistema difensivo del borgo. Presso questo castello, fin dalle origini esisteva una cappella dedicata alla Madonna che costituisce il nucleo originario dell’odierna Chiesa dell’Assunta (del XII e poi ricostruita dopo il Sacro Macello, ossia 1620), molto particolare per la sua forma asimmetrica e composita ben visibile dalla pianura sottostante. La fortificazione venne completata nel Quattrocento con la Torre dei Capitanei e la Rocca di Mongiardino. Oggi, però non vi racconterò la Storia, ma la Leggenda…

Durante il Medioevo, il Castello di Roccascissa guardava di torvo una bella porzione di territorio, dalla Valmasino fino a Triangia e apparteneva alla famiglia dei De Capitanei (per capirci, quelli del Castel Masegra di Sondrio).

Raniero De Capitanei, dopo una vita passata in battaglia, decide di ritirarsi a vita privata in monastero e di regalare il castello a suo nipote Goffredo, il quale era ultimogenito e non avrebbe avuto un’eredità ricca di premi e cotillons. Il patto è che il nipote utilizzi il maniero per diffondere pace e concordia, concetti non molto chiari alla famiglia – e, soprattutto, a Goffredo che era particolarmente avido di potere.

Subito appresa la notizia della morte dello zio, Goffredo si affretta con il suo cavallo verso la Rocca di Berbenno, abbandonando anche la moglie, l’unica per la quale provava un sentimento umano. Inoltre, fece forgiare un drago di ferro battuto da porre in cima alla torre; questo, con la forza del suo odio, prese vita: chiunque si fosse avvicinato al castello senza convocazione, sarebbe morto incenerito.

Sua moglie, per fargli una sorpresa, lo va a trovare senza avvisarlo. Il drago, che accecato dal male, non poteva riconoscere le buone intenzioni, figuriamoci l’amore, la ammazza con una lingua di fuoco. Goffredo, in quel momento, sta dormendo. Appena si accorge di quanto è accaduto il suo cuore si sgretola insieme a tutto il castello che, appunto, prende il nome di Rocca-scissa.

Miss Raincoat

Il borgo di Berbenno con la Chiesa dell’Assunta

Gita al Castello di Miramare

Siamo in un quartiere di Trieste, quello più a picco sul Golfo, dove Massimiliano d’Asburgo costruì una dimora da condividere con la moglie Carlotta del Belgio, a metà Ottocento. Il nome “Miramare” significa guardare il mare ed è memore dei castelli spagnoli che piacevano molto a Massimiliano. Lo stile al quale si ispira è quello del Castello di Babelsberg a Potsdam in Germania.

Il parco marino di 22 ettari ospita piante di vari generi, alcune delle quali collezionate dallo stesso Massimiliano, appassionato di botanica, durante i suoi viaggi come ammiraglio della Marina Militare Austriaca.

Nella parte superiore si trova il Castelletto, una residenza più piccola che ospitò i regnanti durante la costruzione, ma che divenne una sorta di manicomio murato per la sventurata Carlotta. Infatti, pare che il Castello sia legato ad una maledizione: chi ne prende possesso non può goderne la bellezza dacché morirà lontano da casa (Massimiliano morì assassinato in Messico e Carlotta impazzì). Vengono ancora più i brividi se si pensa che la coppia entrò nel Castello a Natale 1860.

Io ho raggiunto il sito con i mezzi pubblici da Trieste. Se si alloggia nella città è il modo più comodo così non bisogna spostare la macchina da un parcheggio a pagamento (unica pecca di Trieste, ma risolvibile parcheggiando al Molo IV per 10€ al giorno) ad un altro ulteriormente a pagamento. Il biglietto del pullman, infatti costa 1,25 € e vale un’ora; il parcheggio del sito costa 2,00 € all’ora – considerando che la permanenza dura più di un’ora. Il bus si prende dalla Stazione Centrale oppure da Piazza Oberdan e passa circa ogni 20 minuti; si scende al capolinea, cioè al porticciolo di Grignano. Da lì si prende una scaletta e si arriva alla parte superiore del parco. Una volta finito il percorso al Castello si può uscire sul lungo mare e, in 15 minuti, raggiungere la fermata bivio; oppure, ritornare indietro al porticciolo.

Percorso di visita: Serre – Castelletto – Casa Svizzera (bar) – Lago dei Cigni – Giardino all’Italiana – Molo con Sfinge – Castello – Belvedere – Scuderie

Alcune informazioni: parcheggio a pagamento, bar, wc, aperto tutti i giorni dalle 9 alle 19 – parco: gratis , castello: 12,00€

http://www.castello-miramare.it

❤ Miss Raincoat

 

«O Miramare, a le tue bianche torri
attedïate per lo ciel piovorno
fósche con volo di sinistri augelli
vengon le nubi.»

Giosuè Carducci

I Ponti di Lubiana

Lubiana è la capitale della Slovenia, caratterizzata da una storia sia italiana sia tedesca sia slava e che, così, anche stilisticamente, fonde un miscuglio di Barocco e Art Nouveau. Quindi, è una città che, sebbene a rilento, negli ultimi anni si è sviluppata anche turisticamente (pure per i costi che restano ancora abbastanza contenuti), benché lasci al turista l’esperienza di un clima “a misura d’uomo”.

Non ci troviamo nella Slovenia “patinata”, quella delle spiagge a buon mercato. Siamo nel cuore della nazione, in una valle tra il Carso e le Alpi, segnata da un fiume, il Ljubljanica. Lubiana, infatti, ha un centro storico caratterizzato da diversi ponti.

  • Ponte dei Calzolai (pedonale) – Čevljarski Most – Qui i calzolai vendevano le loro merci durante il Medioevo. Inizialmente  il ponte era in legno; dopo essere stato ricostruito varie volte nei secoli per via di incendi e inondazioni, oggi ne vediamo la versione del 1932: un ponte ad arco in cemento armato. In zona Università.
  • Ponte dei Draghi (stradale) – Zmajski Most – Questo ponte  del 1901 è uno dei migliori esempi dell’Architettura della Secessione Viennese e nasce come un tributo all’imperatore Francesco Giuseppe, ma nel 1991 le particolari statue dei draghi viennesi ebbero la meglio sul nome di battesimo. La costruzione ne ha sostituito un’altra crollata durante il terremoto del 1895. In zona nord del Mercato Centrale.
  • Triplo Ponte (pedonale) – Tromostovje – Ha delle balaustre con più di 600 colonnine in cemento. Anche questo ponte era di legno, ma fu ricostruito nel 1842 da Giovanni Picco, un architetto italiano trapiantato in Austria. Chiamato il Ponte di Franz, come l’arciduca austriaco, è caratterizzato dai due archi e da una recinzione. Tra il Centro Storico e la Città Nuova.

Tra il Ponte dei Draghi ed il Triplo Ponte troviamo la Cattedrale di San Nicola, una settecentesca chiesa gesuita in stile barocco. La riconosceremo subito per via delle sue cupole verdi e delle sue due torri.

  • Ponte dei Macellai (pedonale) – Mesarski most – Doveva essere costruito nel 1930, ma il progetto venne accantonato per via della Seconda Guerra Mondiale; l’idea è stata semplificata e attuata nel 2009. Oggi ammiriamo un ponte con pavimento in vetro e sculture che rappresentano Adamo, Eva, un Satiro e Prometeo.  Tra il Mercato Centrale e il Lungofiume. 

Nella zona nord di Lubiana troviamo un  grande parco, Tivoli. La più grande area verde della città ospita: il seicentesco Castello di Tivoli ** (che fu proprietà anche di Radetzky e con i celebri cani scolpiti in entrata) il Lago rettangolare nella zona sudovest, il complesso sportivo detto Tivoli Hall e il Museo di Storia Contemporanea nel settecentesco Palazzo Cekin.

** da non confondersi con il Castello di Lubiana, la fortezza militare che domina sul centro storico e che si può raggiungere con una funicolare a forma di cubo di vetro.

Dove finire a tarallucci e vino?
  1. Pivnica Union – il pub – birrificio per chi è desideroso di qualità in un ambiente informale. Molto vicino alla Tivoli Hall nel Parco Tivoli.

  2. Cutty Sarky – per i più modaioli e per chi vuole rimanere nel Centro Storico, questo pub, eccellenza per chi vuole degustare qualcosa ascoltando musica. La cura del servizio, la difficoltà di trovare posto e i prezzi tipici di un centro storico, però… Molto vicino alla Cattedrale.

Ho scelto Lubiana perché è una delle città che mi ha fatto scoprire il mio fratellone acquisito, che in questo mese ha fatto gli anni. Come farei senza i nostri discorsi simbolici sulle Ginger Ale, le Corona e i Cuba Libre?

❤ Miss Raincoat

Il Castel Grumello

Le Giornate di Primavera del FAI di Sondrio si sono svolte a Piuro, considerata la Pompei alpina (il borgo originario fu distrutto da una frana avvenuta nel 1618). Dato che Piuro si trova in Valchiavenna, in modo da dare un’ampia visione sul panorama storico-artistico sondriese, è stato proposto anche un altro monumento sito in Valtellina (e fruibile tutto l’anno): il Castel Grumello.

Grumello, per chi è godereccio come me, è il nome di un vino. A essere sinceri, è la denominazione di una sottozona della produzione del Valtellina Superiore DOCG (detto il Nebbiolo delle Alpi), che indica i terrazzamenti vitivinicoli a nord-est di Sondrio, dominati dall’omonimo antico castello.

Però, se vogliamo fare per forza gli intellettuali, Grumello è una rocca nel Comune di Montagna in Valtellina sul quale si erge lo strategico fortilizio. La toponomastica di questa altura, del resto, viene dal latino “grumus” (roccia). Il Grumello fu insediato già durante l’Età del Ferro, come testimoniano le coppelle ritrovate nell’area.

Venne fatto costruire nel 1326 da Corrado De Piro, della famiglia ghibellina (infatti, i merli delle torri sono a coda di rondine). Nel 1372, però, i De Piro vennero sconfitti dai guelfi Capitanei (signori di Sondrio e residenti al Castel Masegra) e il maniero venne ceduto, per metà, a Tebaldo De Capitanei.

Strutturalmente, è definito gemino per via delle due strutture separate un tempo anche cinte e collegate da mura. Considerando gli scavi archeologici, oltre ad essere più ampio di come lo vediamo oggi, doveva essere anche uno dei più grandi castelli della Valtellina. La costruzione occidentale, pur essendo dotata di torre di avvistamento, era la parte residenziale: presenta, infatti, un arco d’ingresso, ampie aperture e il rudere di un camino.  La costruzione orientale, con la torre più ampia e con massi ben squadrati, invece, era l’edificio militare consacrato all’avvistamento dei nemici.

Il Castel Grumello, così come gli altri castelli valtellinesi, vide la sua fine con l’arrivo dei Governatori delle Tre Leghe Grigie che, per prevenire tentativi di riconquista, rasero al suolo tutte le fortificazioni nel 1526.

Orari: da marzo a settembre tutti i giorni (tranne i lunedì non festivi) dalle 10 alle 18; da ottobre a febbraio lo stesso, a parte che la chiusura è alle 17 – Prezzo: (devoluto al FAI) 3€ per gli adulti; 1 € per i bambini da 4 a 12 anni. 

❤ Miss Raincoat

Budapest (d’Inverno)

Probabilmente la miglior stagione per viaggiare è la Primavera, ma se il Capo ci concede le ferie solo fuori stagione e ci paga con le monetine, come la mettiamo? Niente panico, esiste Budapest: alla moda, facile da raggiungere e abbastanza economica (lo era di più qualche anno fa, però non ci si lamenta)!!!

Allora, cominciamo con il precisare due cose:

  1. Fattore Clima – in Inverno può essere che nevica , ma non è detto. L’unica cosa sicura è che fa freddo come in Valtellina… ossia il sottozero è frequente così come le escursioni termiche diurne. Perciò, vestitevi!!!
  2. Fattore Moneta  – in Ungheria non si paga in Euro ma in Fiorini (HUF). Nei luoghi turistici sono accettati anche gli Euro, ma il cambio è arbitrario. Quindi, il mio consiglio è farsi un’idea di quanto si vuole spendere in contanti e cambiare in Banca prima della partenza (se non sbaglio con la matematica, 1EUR = 300HUF) + dove si può, pagare con la carta.

Trasporti

Budapest è raggiungibile dall’Italia tramite voli diretti dai principali scali. Per esempio, a gennaio i voli a/r da Milano non vanno oltre i 100€. Si può raggiungere il centro da Ferihegy (aeroporto) con l’autobus 200E dalle 4 di mattina a mezzanotte. La corsa, che dura 30 minuti e costa 360 HUF (il biglietto si può fare sul bus), ci porta alla Stazione Centrale (Nyugati). Da lì, si può proseguire con la Metro. I biglietti della metropolitana, invece, costano 350 HUF si comprano ai distributori automatici e si obliterano nella macchinetta apposita (come ovunque, ma meglio precisare).

Dove alloggiare

Io consiglierei Vaci Utca, che è l’area pedonale, dello shopping e dell’artigianato. Si raggiunge dalla Stazione Centrale  con la metro blu, con fermata Ferenciek Tere + qualche passo.

L’Hotel Promenade City offre una doppia con colazione a 60 € a notte.

Cosa Fare

Da Vaci Utca :

A 10 minuti a piediKözponti Vasarcsarnoc  è un mercato coperto tipico, con alimentari al primo piano e souvenir al piano terra.

A 10 minuti a piedi Vörösmarty Ter  è la piazza della movida. Lì troverete anche Gerbeaud, la pasticceria dov’è nata l’ungherese torta Dobos (al caramello e cioccolato). Ad altri 10 minuti da qui a piedi c’è la Piazza Szent Istvan con la Basilica omonima. Dietro l’abside troviamo un ristorante turistico, il Belvarosi con menù a ca. 12 € (gulasch, spezzatino e dolce – bevande escluse + birra ca. 2 € al boccale)

Il Castello (Budavari Palota) si raggiunge tramite la funicolare  (Budavari Siklò a 900 HUF) a ca. 2 km da Vaci Utca ; per arrivarci si passa al Ponte delle Catene (Szechenyi Lachid) e dalla piazza Szecheny Ter , che è un meraviglioso parco.

In una città famosa per le terme, possiamo recarci alle Szecheny Fürdõ (entrata: 5600 HUF) nel parco Parco Városliget (tramite la metro gialla da Vörösmarty Ter a Szecheny Fürdõ) Vicino c’è  il Robinson, un ristorante sul lago dove si mangia bene per 20 € ca.

La serata non si può passare che nei Ruin Pubs (Romkocsmák), edifici abbandonati e riadattati a locali tramite materiali di recupero; di giorno servono vin brulé e di sera birra e musica. Qui la lista dei migliori. Tuttavia, potete consultare anche il sito ufficiale.

❤ Miss Raincoat

 

 

Un weekend a Bari

Se Parigi avesse il mare, sarebbe una piccola Bari” – proverbio barese

Forse, il detto popolare ci calca un po’ la mano con il campanilismo, ma Bari è encomiabile per essere una città di mare del meraviglioso Sud italico e con tutte ‘e cose del centro storico da vedere a piedi.

Vediamo come potrebbe essere organizzata una toccata e fuga nel capoluogo pugliese…

La Stazione di Bari Centrale (in Piazza Moro) è raggiungibile con Frecciarossa di Trenitalia , che è la soluzione che consigliamo, perché non dista che un chilometro circa dal centro storico. Tuttavia la città ha anche un aeroporto. Bari è servita dal trasporto autobus gestito da Amtab (biglietto: ordinario singolo 1,00 € – giornaliero 2,50 €).

Altre Info (Ristoranti, Bar, Pub, Alberghi, Noleggio, Tour Organizzati…)

I  luoghi imperdibili di Bari
  1. Basilica di San Nicola – In questo suggestivo edificio religioso in stile romanico riposano le spoglie di Babbo Natale e si praticano ambo i riti cattolici e ortodossi (aperta tutti i giorni dalle 7 alle 20 – il Museo del Tesoro adiacente costa 3,00€)
  2. Bari Vecchia (Quartiere San Nicola) – Le vie che si snodano dal porto vecchio a quello nuovo sono intricate quanto un labirinto e sono tappezzate di chianche (pietre del selciato). Questo quartiere è cinto da mura e vi svetta il Castello Normanno, ma vi sono anche numerose chiese. Alla sera è qui che si scatena la movida barese.
  3. Lungomare – in stile Liberty, fu inaugurato in epoca fascista ed è caratterizzato da eleganti palazzi, parchi e una meravigliosa vista sul Mar Adriatico.
  4. Castello Normanno Svevo – l’edificio fu innalzato per proteggere la città guardando minaccioso verso il mare, come la Basilica in stile Romanico. La costruzione comprende il celebre mastio di Federico II, un ponte sul fossato, un portale gotico ed un cortile rinascimentale; al pianterreno troviamo una gipsoteca dei calchi delle architetture pugliesi (aperto tutti i giorni, tranne il mercoledì, dalle 8,30 alle 19,30 – 3,00 € + gratis da 0 a 18 anni)

Una gita fuori-porta potrebbe essere…

ad Alberobello, il paese dei trulli a 55 km da Bari – si può raggiungere noleggiando un mezzo tramite la S.S. 16 – uscita a Monopoli – S.P. verso Alberobello.

Insomma, abbiamo messo ‘u quadre mmenze a la chiazz [il quadro – di S. Nicola – in mezzo alla piazza, è un’espressione per riferirsi a un segreto rivelato]

❤ Miss Raincoat

 

 

Cronache da Amantea e dintorni

*Giorno 2*

Il secondo giorno ci siamo svegliati con un’irrefrenabile voglia di fare i turisti, quelli che camminano e osservano facendo finta di essere Alberto Angela . Io, lo ammetto, sono una guida semplice, non riesco a starmene tutto il giorno in spiaggia; in più, come ho già spiegato, ho la pelle bianchissima, tant’è che a volte non basta nemmeno la protezione solare più potente del mondo (e al mare ci si scotta anche all’ombra, no?). L’albergo – abbiamo già visto- era a pochi passi dal centro storico, perciò ne abbiamo approfittato e ci siamo inerpicati impavidi tra le sue stradine scoprendo scorci e gioielli in ogni angolo…

Amantea fu una città della Magna Grecia, conosciuta come Nampetia (ossia “nuovo accampamento”); dopo la conquista araba il nome cambiò in Al-Mantiah (ossia “la rocca”). Guardandola dal basso, in effetti, sembra quasi trattenere il fascino sornione delle isole greche, ma appena presa la prima via del centro,  i palazzi seicenteschi e il carattere “moresco” la proiettano già in secoli diversi. Al turista indeciso, io consiglierei di buttare un’occhiata ai maestosi ruderi del Castello, al Convento di San Bernardino e alla Chiesa dei SS. Madonna del Carmine e Rocco. 

La Chiesa di San Bernardino, quattrocentesca, si raggiunge tramite una scalinata omonima (*cfr. foto in copertina). All’epoca della sua costruzione, questa porzione di abitato era quasi completamente deserta; oggi, invece, ci regala una panoramica privilegiata su Amantea bassa. Il complesso è contraddistinto da un portico ad archi che introduce e al portale e al chiostro laterale. Quello che mi ha colpito dell’interno sono, oltre al tipico stile castigato francescano e goticheggiante dell’insieme,  1) la reliquia della porzione di pelle di S. Antonio da Padova e 2) il busto, l’iscrizione e lo stemma di famiglia del nobile di Amantea  vescovo di Termoli Antonio Mirabelli. Nel chiostro, invece, si possono osservare la campana in bronzo originaria e, attraverso delle vetrate, le canalizzazioni originarie del Convento

Più info sul Convento

Percorrendo tutta la scalinata, si arriva alla sommità del borgo, in una piazzetta mozzafiato sul Tirreno, che ospita una chiesa e la veduta migliore, alzando il nasino, sul Castello.

La Chiesa del Carmine fu edificata a fine Seicento su un tempio pagano dedicato al Sole; inoltre, conserva i resti di una statua colpita da un fulmine. Il Castello, che domina Amantea, un tempo era formato da un Mastio al centro e al lato la Chiesa di S. Francesco (che fu anche moschea); fu edificato circa nel 1100 e serviva come presidio dalle incursioni dei corsari.

Più info sul Castello

Quindi, nonostante il litro di Acqua Calabria (sempre lei, La Diureticissima) che ho dovuto bere per riprendermi, direi che la cavalcata verso la cima di Amantea sia stata sorprendentemente emozionante, non solo perché vedere tutto dall’alto per me ha sempre avuto molto fascino, ma anche perché il rumore del nuovo e il silenzio del vecchio in questa cittadina formano un connubio quasi musicale. Ah, i miei complimenti più sinceri a quella nonnina che si è fatta due volte la scalinata in 15 minuti! 

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❤ Miss Raincoat

Fuga a Trieste

La mia città italiana preferita è Trieste, che ho visitato la prima volta in quinta liceo, quando mi sono innamorata del poeta triestino Umberto Saba. L’ho trovata colta, con i suoi storici Caffé e nelle sue briciole di storia imperiale, veneziana, asburgica e jugoslava (è diventata definitivamente italiana nel 1954).

“Trieste” di Umberto Saba

Come arrivarci…

Se si può, la scampagnata in Auto o in Moto è la scelta più interessante (anche se l’A4 è un’autostrada molto trafficata, per via del confine). Trieste dista da Sondrio 470 km (più o meno 6 ore)calcola il tuo percorso!

In alternativa, è comodo il Treno. Da Milano, con una Frecciarossa, in 4h30min si arriva a Trieste (da 65 €).controlla il tuo treno!

Ok, siamo arrivati a Trieste…

La Stazione Centrale si trova a 10 minuti di camminata dal Centro (Piazza Unità d’Italia), quindi, l’ideale sarebbe trovare un hotel vicino ad essa.

Ho trovato proprio carino il bed&breakfast Empire 1970, in via Torre Bianca nel Borgo Teresiano. I prezzi per una doppia, con colazione compresa, vanno dai 40 agli 80 €. La struttura è dotata, inoltre, di uno snack-bar e di un parcheggio privato (a pagamento).

Più info sul b&b

Da vedere:

Sito Turistico Friuli Venezia Giulia

  • Molo Audace
  • Piazza Unità d’Italia
  • Arco di Riccardo
  • Chiesa di Santa Maria Maggiore
  • Teatro Romano [gratis]
  • Piazza della Borsa
  • Colle di San Giusto
    • Cattedrale
    • Castello [3,00€]
    • Monumento ai Caduti
  • Castello di Miramare [8,00€ Castello+Parco gratis]In autobus dalla Stazione Centrale linea Miramare – Grignano (n.6 o n.36) [biglietto: 1,50€] . A 8 km da Trieste, il nido d’amore di Carlotta e Massimiliano d’Asburgo.

controlla i trasporti pubblici!

**Nella foto: Chiesa di Sant’Antonio Taumaturgo, nel Borgo Teresiano

❤ Miss Raincoat