Alexandre Cabanel

Nome Alexandre Cabanel Per Gli Amici Non si sa con precisione chi gli volesse davvero bene. Chi lo ama chi lo detesta, senza mezze misure.Il collega Manet, sul letto di morte, disse “eh, stava bene lui!”. Il numero uno del suo fanclub era sicuramente Napoleone. Con il pittore Bouguereau si inimica vari Impressionisti, ottenendo di non farli partecipare al Salon di Parigi. Sui Socials @alexcabanel
Nato a Montpellier (Francia)
Nato/Morto 28 settembre 1823 – morto a 66 anni a Parigi in carriera, insegnando ancora alla Scuola di Belle Arti di Parigi (che anche lui aveva frequentato). Nonostante sia una pietra miliare della cosiddetta Art Pompier, la sua vita privata è pressoché sconosciuta. Evidentemente, sapeva tenersi lontano dal gossip.
Segno Zodiacale Bilancia
Stato Sociale Figlio di un falegname, studia Belle Arti a Parigi grazie a un a borsa di studi da quando ha 17 anni, dove vince un premio che lo porterà a soggiornare a Roma per cinque anni, dai suoi 22 ai 26 anni. Diventa dapprima un ritrattista dei ricchi. Poi, fortemente stimato da Napoleone fa il salto di carriera, diventando anche professore alla Scuola di Belle Arti di Parigi dai suoi 40 anni fino alla morte, nonché pluripremiato al Salon di Parigi e pure giurato. Fu il maestro di molti pittori neoclassici francesi., come ad esempio Constant, Cot, Friant o lo statunitense Knight.
Stato Civile Sulla sua vita sentimentale non si conosce nulla. Non si sposa. Dalle sue opere si potrebbe intuire che amava le belle donne (di fatto, ne conosce bene le fattezze del corpo) che con lui facevano sempre le stro***. Banale escludere che con il prestigio sociale che aveva, nessuna gli cadesse ai piedi. Forse, come nella sua Arte, non osava abbastanza? Non le capiva? Preferiva una notte e via? Aveva il cuore a pezzi? Pensava di avercelo solo lui? Ci viene in mente un’altra celebre canzone di Battisti, quella con le dieci ragazze che dicon solo di sì – però lui muore per te…

Periodo Artistico Neoclassico, nella stagione in cui era detto Art Pompier – perché ancora rigidamente ancorato ai canoni estetici che le Avanguardie (soprattutto gli Impressionisti)schifavano . Si può dire che lui nel Classicismo ci apporti un’aria più fresca, meno pesante, che lo renda instagrammabile, ma senza superare i limiti (ossia, non arriva all’effetto photoshoppato). Originale ma con discrezione, è un pittore che o ti piace o non ti piace.
Tecnica e Stile Disegno soave colori squillanti, dei pastelli satinati. Le sue opere hanno una texture talmente setosa da sembrare fatte di pasta di mandorle. Le sue composizioni abbastanza semplici, non retoriche all’inverosimile, trovano spazio in enormi tele, come ad uso per le scene monumentali storiche.
Temi Storia, mito e ritratti. Sono nudi, ma cercndoa di non essere scandaloso o volgare, li camuffa dietro ad avvenimenti leggendari (se ci metto un po’ di magia non è porno!). Quindi, i contenuti sono classici, ma sono le pose e le composizioni ad andare fuori dagli schemi e ad offrirci il dualismo Amore – Peccato. Cabanel ci racconta un’esperienza amorosa spesso non corrisposta o tragica, per colpa delle donne. Se te lo tieni nelle mutande non ti succede niente di male, bro!

“È un genio classico che si permette un pizzico di polvere di riso, qualcosa come Venere nell’accappatoio d’una cortigiana” Emile Zolà (uno dei suoi più accesi anti-critici)

*Canzone assegnata: “Mi Ritorni in Mente” di Lucio Battisti (1970)

Elenco delle Opere nel Video

(*in ordine cronologico e non di comparsa nel video)

Albaydé

1848 – 98×80 cm – Museo Fabre di Montpellier
Ispirato a Le Orientali (raccolta di poesie di Hugo) e, quindi, legata all’ottocentesco crescente fascino per l’esotismo, visto come qualcosa di libero, lontano e proibito (sappiamo che era l’escamotage per le opere porno). Albaida è un fiore, della costa mediterranea spagnola. Lui ne sbaglia i colori (è gialla), perché non l’ha mai vista, ma sa che è tossica e selvaggia, come Hugo descriveva le donne. Probabilmente, Cabanel l’ha sempre preso come Vangelo!

Ninfa e Satiro

1860 – 96×56 cm – Palazzo delle Belle Arti di Lille
Le ninfe erano delle divinità legate alla Natura, sempre giovani, frequenti bersagli che un po’ si sottraevano e un po’ no dei satiri, mezzi uomini e mezze capre (abili con il flauto) , lascivi e, quindi, legati alla fertilità. Con quest’opera, Cabanel ci regala un esercizio di stile su ciò che non dovrebbe essere dipinto e come può essere dipinto senza sembrare dei pervertiti 🙂

(*)La Nascita di Venere

1863 – 130×225 cm – Musée d’Orsay di Parigi
Considerata il capolavoro di Cabanel, fu acquistata da Napoleone e subito molto riprodotta (il pittore fece un contratto con la Goupil, che era la multinazionale per cui lavorò anche Van Gogh). Possiede una forte carica erotica, perché oltre ad essere completamente nuda senza cercare di ricomporsi, guarda lo spettatore. Dorme o è sveglia? E’ qualcosa al limite dello stupro guardarla.

L’Angelo Caduto

1868 – 121×190 – Museo Fabre di Montpellier
Lucifero, sofferente, è stato cacciato dal Paradiso. Il Male è raffigurato come un eroe antico, dal corpo perfetto, ma profondamente deluso da chi lo ha bandito, da chi gli ha fatto annerire le ali. Ho sempre pensato sia un po’ come si sentiva lui nelle relazioni e come uomo (non come pittore, perché come tale era un Dio).

La Morte di Francesca e Paolo

1870 – 184×255 cm – Musée d’Orsay di Parigi
Una delle opere meno apprezzate di Cabanel. Il tema è dantesco, quello dei lussuriosi e del tradimento finito male. In questo caso, la teatralità appesantisce davvero molto la scena. Se avesse osato di più, sarebbe riuscito a rappresentare bene lo scandalo di quando l’amore ti prende e non ci puoi far nulla, ma a lui le opere macchiate non piacciono, la voleva far bene e non ci ha messo il sentimento… Mi ha sempre colpito il fatto che ci sia prima il nome della donna nella descrizione ed, evidentemente, non per galanteria ma per scagionare un po’ Paolo. Un’opera di solidarietà maschile.

Pandora

1873 – 70×49 cm – Walters Art di Baltimora
Zeus le raccomanda di non aprire lo scrigno, ma lei lo fa e ne escono fuori la vecchiaia, la gelosia, la malattia, il dolore, la pazzia ed il vizio. Sul fondo del vaso rimane solo la speranza, che non fa in tempo ad allontanarsi perché il vaso fu chiuso nuovamente. Da quel giorno l’umanità conobbe il male. In questa tela Pandora non l’ha ancora aperto, ma lo farà… Fermati prima, amico, fermati prima che lei apra il suo vaso, perché poi son c***!

Eco

1874 – 38×27 cm – MOMA di New York
Eco, ninfa delle montagne, viene incaricata da Zeus a distrarre con chiacchiere vuote Hera, sua moglie, in modo che non lo beccasse impegnato nei suoi tradimenti assidui. Hera se ne accorge e la condanna a ripetere le ultime parole che udiva. Si innamora di Narciso che si sente perculato sentendo una che ripete in loop quello che dice. Lei pianse fino a prosciugarsi. Narciso fu condannato ad amare solo sé stesso. Che Cabanel soffrisse per la sua condizione di finire sempre friendzonato?

Fedra

1880 – 194x286cm – Museo Fabre di Montpellier
Tela sia eroica sia teatrale. Il corpo pallido fa contrasto con i colori forti della stanza. Fedra, protagonista di una tragedia di Euripide, s’innamorò follemente di Ippolito, il figlio nato dal marito Teseo nel precedente matrimonio con una Amazzone, ma fu respinta dal giovane. Così, in preda alla follia, lo accusò di averla violentata e si uccise.

Cleopatra testa i veleni sui condannati a morte

1887- 876×148 – Museo Reale di Anversa
Quando pubblica questa tela, Cabanel era all’apice della carriera e ne fu molto elogiato. Una regina maestosa e viziata commette crudeltà atroci alla luce del sole, orgogliosa, fredda e insensibile. Come uomo, si vedeva come un condannato a morte dalle donne. L’Amore è veleno e le donne lo maneggiano per gioco.

Canta Fedez “L’amore è eternit finché dura”.

Miss Raincoat

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Donne Du Du Du

Ieri, a quanto parrebbe anche la Festa della Donna, mi sono imbattuta in un articolo molto gretto in cui una “collega” blogger quasi coetanea (millantata giornalista di viaggi e cultura) elencava agli uomini quali sono le dieci categorie di donne da evitare. Da notare che non si tratta di satira, non è Lercio, e la giornalista non intende fare ironia. L’odio per le donne per le altre donne è il grande passo indietro del femminismo nel 2k21. Andrà a finire che faranno pure passare per buono che il Covid è femmina e che è del segno dei Pesci…

  1. L’insistente – La donna perfetta sta sempre zitta e non fa domande. Ti chiedo scusa per certi discorsi infiniti in cui ho cercato (male) di spiegarti la mia diabetica filosofia, anche senza che me lo chiedessi. Ti chiedo scusa anche per le giornate troppo silenziose e monosillabiche. Ti chiedo scusa se sono come la Settimana Enigmistica. Ti chiedo scusa se verrei a cercarti da Milaanoo fino a Bangkok, passando per Londra…
  2. La gelosa psicopatica – La donna perfetta non ha mai il ciclo, a quanto pare. Ti chiedo scusa per non essere mai gelosa, di piacermi, di riconoscere che quando sbavi per una strafiga hai pure ragione, di stimare le altre donne che sicuramente stanno cercando di avere pazienza per un altro uomo e non si possono accollare pure te, di non avere sentimenti d’odio retroattivi, a parte il secondo giorno di ciclo in cui mi devi togliere qualsiasi oggetto contundente dalla mano. Ti chiedo scusa se certi giorni riuscirei ad incendiare il Mondo con un accendino ed altri tremo come una foglia e non mi alzerei dal letto.
  3. La politicamente impegnata – La donna perfetta non si interessa di attualità, perché è scema e le cose da uomo alfa non le capisce. Chiedo scusa se della Gazzetta Sportiva leggo solo l’Oroscopo di Antonio Capitani. Chiedo scusa se bevo la birra ma le partite di calcio non le capisco. Chiedo scusa se parlo di tutto quello su cui so conversare o sto zitta ad ascoltare se un argomento non lo conosco. Chiedo scusa se parlo tanto.
  4. La social addicted – La donna perfetta non mostra a tutti il proprio corpo. Chiedo scusa se mi piace giocare con gli autoscatti, se il mio tatuaggio mi piace tanto e l’ho messo su una storia, se mi piace guardarmi allo specchio, truccarmi, mettermi un bel vestito… Chiedo scusa se tutto sommato lo faccio per essere guardata da te al 50%, ma al 50% lo faccio solo per me, come una sorta di vibratore mentale.
  5. La profumiera – La donna perfetta non si concede al primo appuntamento perché è da poco di buono, ma si concede al secondo se no è una f** di legno, insomma conosce l’arte di fare la preziosa, di fartela annusare perché ce l’ha d’oro e solo lei. Chiedo scusa per com’è andata, ma qui censuro. E “Tenet”non l’ho capito, ma non credo che abbia a che fare con il mio misero cervello muliebre. Ti chiedo scusa per quella volta che dissi che possiamo condividere un letto senza fare niente di niente di niente. No, impossibile.
  6. L’intellettualoide – La donna perfetta non è nerd, perché la cultura è noiosa. Scusa se esisto, a questo punto.
  7. La spirituale – La donna perfetta non crede in niente, perché vede il suo uomo come un dio. Scusa se credo agli Unicorni e a Babbo Natale e se ti guardo negli occhi senza pensare che mi brucerò. Scusa se a volte cammino un po’ indietro per guardarti il lato B.
  8. La libertina – La donna perfetta non ha ex, amici maschi e non parla con nessuno, nemmeno all’idraulico. Scusa se credo nella parità dei sessi e nel rispetto reciproco. Scusa se mi pagano per parlare con la gente.
  9. La donna bancomat – La donna alfa ama regali costosi e che tu le paghi il conto. Se non lo fai sei un taccagno, però se lei fa la donna autonoma ti vuole svilire. Scusa se mi imbarazzo quando non posso pagare o quando apro un regalo. Scusa se mi piace guardarti quando scarti tu un regalo o semplicemente quando leggi una cosa che ho scritto. Scusa se mi piace giocare contro di te, per vedere chi vince (io, ovvio).
  10. La Promessa Sposa – La donna, in quanto donna, deve volere figli ma se lo dice esplicitamente si sta accollando. Scusa se non sono mamma e spesso mi viene fuori l’istinto materno. Scusa se mi sento ancora tanto figlia e cerco ancora i consigli di mia mamma.

Ma davvero devo impersonificare il gentil sesso di cipria vestito e chiederti scusa? Come se tu non lo sapessi già che non rutto, non bestemmio, mi faccio la ceretta sotto le ascelle senza pensarlo un atto patriarcale e twerkerei volentieri con Willie Peyote, non mi curo di essere simpatica (ma poi simpatica a chi che a me stanno tutti sulle scatole a priori?) e sono come il caffé senza zucchero (che amo)…

Ho capito tanto sull’essere donna durante una notte in cui mi sono vestita di rumore bianco dopo essermi spogliata di fretta, senza grazia. In cui sono stata come quella certa notte del Ligabue, un po’ porca e un po’ mamma. Ho capito che voglio essere vizio e non convenzione sociale.

Chi sceglieresti come complice se volessi fare una rapina? – Te, P. Te anche se ci arresterebbero all’entrata della banca per come sei fatta.

Tu. Solo tu. Perché mi hai insegnato che crescere e cambiare non sono la stessa cosa. Perché mi hai insegnato ad essere una donna davanti a un uomo.

L. Battisti

Dieci ragazze per me, però io muoio per te.

❤ Miss Raincoat

#thisisnotalovesong

La mia Mostra del Bitto

Come vi avevo promesso,  parlerò della 110ª Mostra del Bitto anche sotto una mia luce più retrospettiva e introspettiva…

Ovviamente, per chi volesse sapere di cosa si tratta la kermesse di Morbegno per antonomasia può consultare il sito ufficiale qui 

Innanzitutto, vorrei ovviamente ringraziare il mio capo A. per aver scelto me tra tanti altri, il dott. M. (e tutto il FAI) per l’occasione, i colleghi che mi hanno sopportata e supportata (nun semo mica i scenturioni de Roma!), tutti i cocchieri che hanno organizzato con precisione il carrozzone dell’evento e, chiaramente, la folla di turisti senza la quale non si potrebbe nemmeno lavorare. Ah, dimenticavo anche H. N. Morse, che ha sintetizzato per primo il paracetamolo.

Morbegno, sabato 14 ottobre 2017

La mattinata l’ho trascorsa con la collega (pure di chioma) E. ed il mio capo A. per una sorta di “aggiornamento sul campo” nei  vari Presidi FAI:

  • Palazzo Folcher – Approfittando del fatto che l’edificio è soprastante all’antico Caffé Letterario di Morbegno, mi sono scottata dapprima la punta della lingua con un caffé nero bollente (“amaro, come la vita” cit. Capo A.) e poi mi sono meravigliata del racconto appassionato dell’arch. Cerri, il quale sta seguendo qui i lavori di restauro. In realtà ho intenzione di scriverne un post a sé stante nelle prossime settimane (e non vedo l’ora di poterci portare anche i turisti, una volta che il restauro sarà terminato): il luogo è stupendo nella sua corte raccolta e quasi segreta, nei suoi soffitti decorati e tutti diversi come i servizi di piatti chic’n’cheap e negli scorci verdi e azzurri che si possono spiare dalle finestre ancora da ripulire. Piazza 3 Novembre

  • Casa Mariani – Anche questa dimora ha una corte interna che mi ricorda la descrizione del giardino dei misteri di Mary. I Mariani sono ricordati come notai e giureconsulti, che rogavano nella tipica Stüa (locale “alpino” totalmente rivestito in legno e riscaldato tramite una stufa) del 1592. La particolarità di questa visita è che  stata condotta dagli eredi Mariani in persona, che, tra le cose, sono persone di una simpatia e dolcezza ineccepibile. Via Romegialli

L’ora di pranzo, da buona guida, l’ho passata in piedi, ma invece della Fiesta ho mangiato un panino (era un paninazzo, lo ammetto) Bitto+Bresaola preparatomi con amore dal mio barista di fiducia, il sign. B. Approfittando dell’orario poco di punta, mi sono concessa anch’io un giro in Mostra/Fuori Mostra. Massima stima per le donne che si sono prestate all’abbigliamento folk valtellinese: so per esperienza che gli sciapei (zoccoli di legno) sono più scomodi di un tacco 13 senza plateau. Mi è piaciuta molto, oltre alla tradizionale sfilata enogastronomica, l’esposizione degli sci antichi, comunque.

Durante il pomeriggio ho effettivamente lavorato presso il Presidio Fai del Complesso di Sant’Antonio (del quale troverete un mio riassunto qui). Lì si è chiarito anche che a) la cantina “nel Chiostro” si trova attraversando la porta del chiostro (siete fantastici quando bevete vino valtellinese, giuro!) b) sì, se entrate trovate anche il bagno, che non è ovviamente il pozzo al centro del chiostro c) le spille del FAI sono fashion, munitevene!

A parte gli scherzi, l’interesse dimostrato per i turisti che ho guidato è stato stratosfericamente appagante; ah, alla fine di un giro ho pure ricevuto una stretta di zampa inaspettata da un cane fighissimo e acculturato.

Dopo il dovere, il piacere.

Con una puntualità che non la contraddistingue, mia sorella è giunta al Presidio preceduta da due asinelli (che facevano parte delle attrazioni, non sono suoi) e questo è stato il momento catartico, che mi ha fatto capire di essere sopravvissuta alla giornata.

L’ultima cosa intelligente che ho fatto sabato è stata portare mia sorella a vedere il presidio FAI a Casa Mariani, dove abbiamo conosciuto una comitiva di tipi proprio nel mood dell’evento. Del tipo, gente che passa dal parlare della valenza ingegneristica della termodinamica ecologica (e stica’) del tipo architettonico della stüa [sic.]all’esclamare la necessità di un bicchiere di Valtellina e stuzzichini. Come Carducci, più o meno, in questa poesia.

Poi, come da previsto, tarallucci e vino anche per me.

Con tanto di apparizioni mistiche (ma neanche troppo), aperitivi rinforzanti plurimi e un Battisti di circostanza in questo periodo allucinogeno [Ringraziamo i musicisti e l'”oste” M. per le illuminazioni, comunque. Thx for made us believe in pink unicorns!]. E mi fermo con la narrazione perché della cena, siccome non si dovrebbe MAI brindare alla stanchezza cosmica, ricordo poco.

Mi sono voltata, improvvisamente, verso mia sorella e l’ho vista felice: per me, la consapevolezza di aver fatto la scelta giusta nel non averle puntato il dito contro e di aver tifato per lei, purché stesse bene. E mi sono voltata verso di me e ho capito che è finito quel meccanismo malato di giornate senza parole, di non sentirmi abbastanza, di essere troppo severa con me stessa. Basta mettere il tuo rossetto più bello e più durevole e concederti di essere te stessa, senza voler essere all’altezza di qualcuno. Scusa, ma all’altezza di chi, poi?

Questa sarà ricordata come la giornata in cui ha ricominciato a funzionare una lampadina che credevo fulminata. Dopo 3 anni di non voler più essere me. Dopo 5 mesi di cattiva alimentazione e 1 mese di digiuno. Non c’è un motivo preciso o un nome di persona. Semplicemente, una specie di estate di S. Martino in anticipo, voluta da me. Volevo l’uragano, ma l’uragano sono io. <fine dello spot motivazionale>

«la serendipità è cercare un ago in un pagliaio e trovarci la figlia del contadino» J. H. Comroe

❤ Miss Raincoat 

*Sul mio Instagram potete trovare altre foto