Valtella in Love

Madeline e Henri de Tourville

Il Passo dello Stelvio (o Stilfser Joch in tedesco) è un valico che collega la nostra Bormio con la tirolese Spondigna, le cui curve sono ritenute le più sexy per i motociclisti. Sui tornanti verso il passo è difficile non notare un’iscrizione che parla di uxoricidio, qui da queste parti un marito ha pensato di uccidere sua moglie e farla franca…

Am 16. Juli 1876 wurde hier Madaleine Tourville von ihrem Gatten ermordert

Il 16 luglio 1876 qui è stata uccisa Madeline Tourville da suo marito

Il conte Henri de Tourville, originario dell’Alta Francia, apparteneva all’alta borghesia inglese e, in seconde nozze, aveva appena sposato Madeline Miller. Anche lei, come lui, era vedova e, oltre ad avere circa vent’anni in più di lui, era molto ricca. Lui riuscì a sedurla facendole intendere che era un uomo molto facoltoso e poteva permettersi di portarla spesso in vacanza.

E così fece.

In viaggio di nozze, la portò a Spondigna, in Val Venosta. Un giorno la coppietta decise di fare una gita in carozza attorno a Trafoi, appunto verso lo Stelvio. A un certo punto della scampagnata, quasi a Spondigna, Henri disse che avrebbero continuato a piedi…

Alla sera, Henri ritornò all’albergo solo e sconvolto. Raccontò alla concièrge che era successa una disgrazia. La sua Madeline, non agilissima e con quel vezzo dei tacchi anche in montagna, era inciampata ed era caduta in un dirupo. Alla polizia, invece, aggiunse che sua moglie era anche mentalmente instabile e che, forse, la caduta non era stata accidentale, ma un vero e proprio suicidio.

Fortunatamente, le forze dell’ordine cercano di vederci più chiaro. Un pastore testimoniò contro Henri, disse che lo aveva visto mentre la buttava giù dal burrone.

Il processo ebbe luogo a Bolzano e il caso ebbe un interesse morboso da parte della stampa internazionale, tant’è che Spondigna divenne una località di turismo nero in quegli anni.

I giornalisti, per vendere più copie, mandarono avanti un processo mediatico e gli addossarono anche altri omicidi: quello della ex suocera (sulla carta era stata uccisa da un colpo di pistola partito per errore), quello della prima moglie (sulla carta morta per tisi) e di altre sette donne dell’alta società.

Il tribunale bolzanino, invece, lo condanna per omicidio preterintenzionale della moglie Madeline il 2 luglio 1877. Avrebbe dovuto essere impiccato, ma gli avvocati riescono a commutare la pena in 20 anni di lavori forzati a Graz, in Austria. Confessando il reato, non venne meno di far intendere che l’aveva fatto per l’eredità. Morì sei anni prima di aver scontato tutta la pena.

Ma chi era Henri de Tourville? Innanzitutto, non si chiamava nemmeno De Tourville, un cognome fittizio per sembrare un gentleman con la erre moscia. Era un trentottenne avvocato non praticante. Era un bell’uomo, elegante e con la barbetta incolta. Era sorridente, sicuro di sé e ci sapeva fare con le donne, soprattutto se avessero avuto un bel conto in banca. Questa storia mi ricorda un po’ quel film di Woody Allen che si intitola Match Point…

Chris in “Match Point”

Chi disse: “Preferisco avere fortuna che talento”, percepì l’essenza della vita. La gente ha paura di ammettere quanto conti la fortuna nella vita. Terrorizza pensare che sia così fuori controllo. A volte in una partita la palla colpisce il nastro e per un attimo può andare oltre o tornare indietro. Con un po’ di fortuna va oltre e allora si vince. Oppure no e allora si perde.

❤ Miss Raincoat

Cronache dal Bancone

Oggi voglio parlarvi delle due birre che mi stanno piacendo di più in questo periodo…

Gold Hobgoblin

Si tratta di una golden ale o summer ale, quindi una birra ad alta fermentazione ma molto fresca e dissetante. Il birrificio inglese che la produce è Wychwood Brewery sito nell’Oxfordshire. Come anticipa il nome, il colore è dorato e la schiuma è moderata e non corposissima. I quattro tipi di luppolo impiegati la rendono medio-amara; il malto d’orzo e di frumento le donano aromi di scorza di limone, lime e frutto della passione. 4,2 % VOL.

Morena Celtica

Si tratta di una milk o sweet stout, quindi una birra scura (tostata) ma anche dolce (viene aggiunto il lattosio, uno zucchero che non fermenta). Il birrificio che la produce è sito in provincia di Potenza e questa birra è artigianale, cruda, non filtrata e rifermentata in bottiglia. Inoltre, è una doppio malto. Il suo colore è nero intenso, non ha una schiuma corposa ma è comunque persistente. Il suo sapore è avvolgente, sa di cioccolato fondente. Ha giusto un picco tostato di caffé. Il profumo è quello della vaniglia (che è negli ingredienti). In uscita, si sente qualcosa come caramello o ciliegia candita. 6,8% VOL.

Bevete con moderazione, ma soprattutto non bevete mai birra calda o mal spillata!

Miss Raincoat

Kindle Lover – 2018

Diciamocelo, che mondo sarebbe senza Netflix e Kindle?

Oggi, comunque, vorrei condividere alcuni titoli nella mia libreria digitale che mi sono particolarmente piaciuti. In particolare, vorrei annotare i migliori dieci [non sono riuscita a metterli in ordine, ne ho letti una cinquantina in tutto, escludendo ciò che ho letto per aggiornarmi lavorativamente 🙂 ]

Per chi se lo stesse chiedendo, il mio libro preferito in assoluto è “Jane Eyre” di Charlotte Brontë. Per la magia senza tempo di una storia d’amore alla Bella e la Bestia, ma senza stereotipi assoluti. Quel figo di Rochester sarà pure str* e dissoluto, ma la dichiarazione /non dichiarazione sulla scomodità di essere innamorati, quel filo attaccato al cuore che, se tirato troppo, potrebbe farlo morire dissanguato, cos’è? E la nostra Jane, così apparentemente fragile e pudica, non è la stessa, l’unica, che tiene testa a Edward senza moine da signorina, non è la stessa che gli inveisce contro dicendo che l’essere “selvatici” non esclude la capacità di provare sentimenti enormi? Non è la stessa che dice <ciaone> al pastore che le propone una vita retta che la condurrebbe in Paradiso? E il paesaggio d’ambientazione, nella brughiera inglese… [ok, la smetto!]

Passiamo alla nostra playlist kindleiana…

[Il genere che prediligo è il romanzo di ambientazione storica di tutti i tempi, sono una dei pochi alunni che hanno amato i Promessi Sposi fin dal Liceo, la Gertrude, il Fra Cristoforo, l’Innominato…. Da buona guida amo la storia ma cerco il gossip 🙂 ]

  1. Elena Ferrante “L’amica Geniale” – 400 pg – Anni Cinquanta, Napoli “Un antidoto agli intervalli d’attenzione”
  2. Candace Robb “La Nemica del Re” – 509 pg – Corte Edoardo III, Inghilterra “Ci sono donne che non si arrenderanno mai a un destino deciso dagli altri”
  3. Jill Santopolo “Il giorno che tutti aspettiamo” 400 pg – Post 11.09.2001, New York  “Due persone. Due scelte. Un destino
  4. Eva Wanjek “Lizzie” – 491 pg – Epoca Vittoriana, Londra “Imponente e drammatico senza essere melodrammatico”
  5. Sally Rooney “Parlarne tra Amici” – 304 pg – Dublino, Giorni Nostri “Il romanzo sull’amore e il tradimento nel nostro tempo”
  6. Anna Premoli “Non ho tempo per amarti” – 315 pg – una scrittrice persa nei suoi romanzi ottocenteschi e un cantante rock. Che si chiama Terrence (come quello di Candy) “Senza incertezze né sussulti lungo il binario della favole
  7. Diego Da Silva “Terapia di coppia per amanti” – 274 pg – Napoli, Giorni Nostri ma sulle note di Every Breath You Take “C’è un momento, diciamo intorno al primo anniversario di una relazione clandestina, in cui pieghi la testa di lato, stringi gli occhi come cercassi qualcosa di minuscolo che si muove nell’aria, e vedi in filigrana il casino in cui ti trovi. Questo è amore, ti dici senza mezzi termini, altro che chiacchiere” (cit. dal libro)
  8. Roberta Gately “Le ragazze di Kabul” – 352 pg – Guerra Civile Afghanistan, Kabul  “Commovente e autentico. Amore e speranza in una terra sconvolta dal dolore”
  9. Silvia Truzzi “Fai piano quando torni”– 272 pg – Anni Cinquanta//Oggi, Bologna e Napoli  “Un romanzo pieno di grazia che racconta, con tono ironico e sorprendentemente leggero, il dolore della perdita e la fatica della rinascita”
  10. Care Santos “La Cena dei Segreti” – 359 pg – Anni Cinquanta//Oggi, Barcellona “Una notte di colpe e segreti, trent’anni di ricordi, una cena per perdonare tutto”

[Le citazioni le ho scopiazzate dai critici, ovviamente quelli che ci hanno azzeccato :P]

Volevo anche celebrare la fine (forse solo per ora) della serie di Alice Allevi di Alessia Gazzola, di cui “Arabesque” – letto a gennaio – e “Il Ladro Gentiluomo”- letto in questi giorni. Ecco, CC è quanto più ci si possa avvicinare al mariolo che ha ispirato la leggendaria (ma esistente) figura losca di Mr. Raincoat 😀

❤ Miss Raincoat

“Glory Box” dei Portishead

Portishead è una cittadina del Somerset con poco meno di ventimila abitanti dove Geoff (il membro cardine del gruppo, in quanto percussionista/bassista/programmatore) fonda la band dal nome toponimico nel 1991.

Per caso, facendo la fila in una sorta di Manpower, Geoff incontra quella donna che fece la differenza, Beth Gibbons, la cantante del suo gruppo “elettronico” inglese. La voce di Beth è stata definita talvolta spettrale e talvolta onirica, sicuramente capace di cambiare registro improvvisamente, ma sempre rimanendo in bilico tra lo straziante e il sensuale.

Definire elettronica la musica dei Portishead, sarebbe incompleto se non erroneo, comunque. Il loro genere viene definito Trip-Hop o Bristol Sound (per la provenienza geografica) e si potrebbe riassumere con questa ricetta: rap molto lento, musica elettronica tendente allo psichedelico + un pizzico di jazz/funk/soul a scelta. I Portishead lo declinano in uno stile volutamente retro, campionando delle canzoni o colonne sonore in un lo-fi ricercato.

Nel 1994, mentre Kurt Cobain pone fine alla sua esistenza e gli Oasis scalano le classifiche, esce il disco “Dummy”, considerato dai critici uno dei più validi esempi di trip-hop, per merito sia dell’utilizzo dell’organo hammond sia delle campionature prese da colonne sonore degli Anni Sessanta.

“Glory Box” è l’undicesima traccia di questo album e fu scelta come singolo del gennaio 1995 (quando io frequentavo il mio ultimo anno di scuola materna). Come evidenzia anche il videoclip, la canzone è la messa in musica di un film in bianco e nero desolatamente romantico, una di quelle commedie d’amore sulle tribolazioni delle donne. Il titolo non ha una traduzione letterale: la glory box era uno scrigno prezioso dove si conservava il corredo per la dote. La base contiene campioni da “Ike’s Rap II” di Isaac Hayes.  Per me,  il testo dice che per essere sensuali non bisogna essere volgari – noi donne dobbiamo affermare la nostra importante esistenza, senza però strafare o trattare gli uomini come zerbini. Appunto, lasciando la femminilità alla donna e la virilità all’uomo.

Cosa ti porto io in dote? Me, idiota! 

“I’m so tired, of playing/ Playing with this bow and arrow/ Gonna give my heart away/ Leave it to the other girls to play/ For I’ve been a temptress too long/ Just/ Give me a reason to love you/ Give me a reason to be, a woman/ I just want to be a woman”

❤ Miss Raincoat

FORMAZIONE: Geoff Barrow – programmazioni / Adrian Utley – chitarra ed organo Hammond / Beth Gibbons – voce

“Ophelia” di John Everett Millais

Ormai l’avrete capito che i Preraffaelliti mi piacciono assai!!!

Sappiamo che gli artisti della Congregazione dei Preraffaelliti, tra le cose, attingevano dal repertorio degli scenari shakespeariani. Qui ci troviamo nel momento tragico dell’Amleto (ce lo ricordiamo tutti, è quello che parla con il teschio in mano!!!):  la sua fidanzata Ofelia si lascia annegare in un ruscello perché lui la respinge (in realtà si stava solo fingendo pazzo per vendicare la morte del padre).

La tela dalla strana forma smussata (perché studiata per stare dietro alla testiera di un baldacchino, con molta gioia…) fu realizzata in due fasi. Lo sfondo viene dipinto dal vero in campagna, nel Surrey più precisamente. Ogni pianta dipinta ha un valore simbolico: bisognerebbe essere degli esperti botanici per riconoscere tutte le specie, ma riusciamo sicuramente a distinguere il salice piangente (amore non ricambiato), l’ortica (dolore), le rose (gioventù), le margherite (innocenza), il papavero (morta) e, ovviamente, gli eloquenti non-ti-scordar-di-me. Il soggetto femminile, invece,  fu ritratto in studio: per riprodurre fedelmente l’annegamento, il pittore fece rimanere immersa la sua modella in una vasca fino a provocarle la bronchite e dovette anche pagare un indennizzo al padre della ragazza per le cure.

A proposito di questa modella, Lizzie Siddal, figura chiave dell’iconografia preraffaellita e futura moglie di Dante Gabriel Rossetti:ho appena archiviato il libro “Lizzie” di Eva Wanjek. Così come viene dipinta, la giovane donna dai fluenti capelli rossi sembrerebbe una vergine eterea, strana solo per la sua connotazione sensuale. Eppure, era una donna difficile, patologicamente depressa e assuefatta dal laudano (era un mix di oppio e alcool, utilizzato come antidolorifico ma evidentemente un narcotico). Fu la compagna di una vita del premier dei Preraffaelliti, abbiamo detto, eppure il loro matrimonio tardò ad arrivare: la Siddal era più povera, più malata e più fedele di lui. Inoltre, dopo le nozze, la fragilità di Lizzie le fa mettere al mondo una bambina morta, uno dei motivi per i quali si suicidò con una dose massiccia appunto di laudano. Nella sua tomba, Dante fece sotterrare tra anche il quaderno con le poesie erotiche che aveva scritto durante la loro longeva e travagliata relazione. Anni dopo, lo stesso Rossetti (che ormai era drogato/alcolizzato), fomentato anche dal suo agente impostore, volle riesumare la raccolta di poesie al fine di pubblicarle. La leggenda vuole che il cadavere di Lizzie fosse ancora bellissimo e che i suoi capelli rossi avessero continuato a crescere…

Che ne sarà di Rossetti? Il libro di poesie è stato pubblicato solo qualche anno fa e noi lo ricordiamo più nel suo essere stato uno straordinario pittore. Da uomo comune, invece,  morì solo, folle e disperatamente ancora innamorato di Lizzie. 

Il Racconto d’Inverno di William Shakespeare

“Narciso che arriva dove la Rondine ancora non osa/e resiste in bellezza ai venti di Marzo”

*Tate Gallery” di Londra, 1852

❤ Miss Raincoat

“Pictures of You” dei Cure

I Cure sono una band inglese nata nel 1976 sull’onda del new wave (scusate il surf di parole), un genere che raggruppava un sacco di band tipo anche che erano state  influenzate dal punk,  ma stavano un po’ cavalcando il lucro verso il pop.  Robert Smith, compositore, cantante e polistrumentista (non è solo un chitarrista!!!), è l’unico membro a farne parte fin dagli esordi e a diventarne l’icona (con lo stile dark alla Edward Mani di Forbice). In barba a quelli che sostengono che i musicisti siano fedifraghi, Smith sposa la sua fidanzata storica nel 1988 e gli dedica una canzone (Lovesong) per il primo anniversario.

Questa canzone che stiamo per ascoltare fa parte dell’album Disintegration del maggio 1989, periodo del mio concepimento. Il disco, che riuscì ad arrivare settimo anche nella Hit Parade Italiana, s’inserisce nel periodo dark della band, anche se è il più evoluto stilisticamente, perché fonde insieme il brit pop e il rock psichedelico. La critica aveva previsto un flop, ma questo album, oltre ad aver avuto successo, rimane un evergreen.

Pictures of  You fu il quarto e ultimo singolo estratto, nel marzo del 1990 (il periodo della mia nascita) in una versione più corta dell’originale (in mio onore, ahahah). La canzone ebbe un successo mondiale anche se l’album era già vecchio di quasi un anno.

Dobbiamo precisare che tutte le canzoni scritte da Robert Smith nascono da sogni visionari dati un po’ dal genio e un po’ dall’assunzione di droghe allucinogene (anche lui vedeva gli unicorni, quindi). Alla fine degli Anni Ottanta, inoltre, il musicista era in ansia matta perché nel 1989 avrebbe compiuto trent’anni (oh, come lo capisco!) e, oltre a voler realizzare un capolavoro, aveva anche paura d’invecchiare. Come per non bastare, aveva i critici alle spalle che lo additavano di essere mainstream, cioè di essere in grado di vendere pure gli organi interni pur di guadagnare. Ancora non avevano conosciuto Rovazzi, però è anche vero che le canzoni dei Cure sono molto orecchiabili, anche quando sono ultra cupe. L’ispirazione per questo brano venne in seguito a un incendio scoppiato a casa di Smith che lasciò intatte solo delle fotografie della moglie Mary (la copertina è una di queste, infatti).

Questa canzone è di un tristume cosmico, lo so. Ma a me fa pensare a cose rincuoranti, tipo guardare le fotografie di un viaggio e sogghignare per tutte quelle cose che sono successe e …non si è potuto immortalare. 

Remembering you standing quiet in the rain

[Formazione: voce/basso a 6 corde – R. Smith; chitarra – P. Thompson; tastiere – R. O’Donnel; basso – S. Gallup ; batteria – B. Williams]

 ❤ Miss Raincoat