Gisèta di Via Margna 1×04

[Come molti di voi già sanno, ho dato al mondo la Ricerca sulla Gisèta di Via Margna. Davvero, non pensavo che così tante persone, non solo morbegnesi, fossero tanto affezionate a un posticino così poco conosciuto e così tanto piccolo. Grazie mille ancora per tutti i complimenti post-presentazione, non solo sulla ricerca stessa (che in effetti ha dissepolto una storiella mooolto interessante e intrigante), ma anche sul mio modo di pormi come guida. Non sapete quanto possa fare piacere sapere di aver preso la strada giusta, specie per chi fa un mestiere come il mio!!! Per quanto riguarda la ricerca vera e propria la potete già consultare presso la Biblioteca di Morbegno. Quelli che vorranno leggere o conservare (o utilizzare per i tavoli traballanti), il libro-guida dovranno aspettare qualche mese (ma sicuramente prima della fine dell’anno, mi hanno fatto sapere…). Da quanto ne so, sarà un volume della serie “Conosci Morbegno”.Nel frattempo, per i curiosi, ne pubblicherò un brevissssssimo riassunto di quattro episodi qui sul mio blog]

David Beghé ed il Ciclo di Affreschi

Come abbiamo appreso dalla storia del Beneficio Mezzera, il reddito della Gisèta fu in mano alla famiglia dell’ing. Luigi Buzzetti. Possiamo, così, ipotizzare che lo stesso possa essere il progettista dell’ampliamento della chiesa commissionato dalla Confraternita e del restauro della facciata (1898 -1905).

Dalle mappe antiche di Morbegno possiamo capire come doveva essere Casa Pasquini. Era un’abitazione con una cappella annessa, la quale aveva la facciata sulla strada; fino al 1954 ne rimase integro un portalino a destra. Via Margna, una via che faceva da margine al Pozzo Modrone (contrada dei borghesi artigiani), era immersa nel verde di giardini, vigneti e gelsi . Come tipo costruttivo doveva essere una “villa di delizia” simile a Palazzo Parravicini-Sabini ad Ardenno. Esso è un palazzo seicentesco con pianta ad U  con cortile verso sud in gran parte coltivato a vite, pavimenti in cotto, cantina, tetto in piode, muro perimetrale in sasso. Dalla carta del 1931 capiamo quanto è stata ampliata; la Casa Pasquini, invece, ha un corpo a L: nella parte retrostante aveva un ampio giardino; la Gisèta fu posta nella parte finale del lato corto.

Quello che ci rimane di questo assetto, però, è solo la facciata. Il portalino ligneo con gli stemmi è quello originario del 1665; la decorazione è stata rimaneggiata nel corso dell’ampliamento, ma rimasta fedele alla realizzazione barocca. La piccola chiesa seicentesca ricorda le fatture di una chiesa della zona, San Provino a Dazio. Probabilmente, l’architetto originario fu uno di quelle maestranze della Valmaggia (Ticino) prolifici a Morbegno durante il Seicento; nel caso di San Provino parliamo della famiglia degli Adamo di Carona. La facciata, deteriorata dal tempo, fu ricompattata tramite il cemento decorativo durante l’ampliamento (infatti è opaca, non ha la lucentezza del marmo), una pietra artificiale molto utilizzata nel Novecento nel Nord Italia.

Inoltre, del Seicento, ci rimangono anche le statuine (a eccezione di San Luigi e San Gottardo nelle cappelle, aggiunte dalla Confraternita) e, soprattutto, la teleria barocca (nelle due colonne laterali): Santa Lucia e Santa Apollonia, le due martiri che intercedono per i problemi con gli occhi e con i denti. Dal grande Tesoro della Chiesa di Sacco abbiamo appreso che gli emigranti (a Napoli) inviavano spesso tele preziose per le chiese dei paesi d’origine. Della famiglia dei Mezzera-Acquistapace, un certo Eustachio Acquistapace fece grande fortuna a Napoli commerciando vino. Inoltre, grazie al Testamento Vaninetti, sappiamo che gli arredi sacri appartenenti al Beneficio Mezzera sono equipartiti tra la Gisèta e la Chiesa di Regoledo: le nostre due tele hanno una grande attinenza con le tele di Ippolito Borghese lì esposte (del 1606 – “Madonna del Suffragio” e “Misteri del Rosario”).

La Confraternita utilizza per l’ultima volta i proventi del beneficio per ampliare e decorare la Gisèta. Il pittore commissionato fu David Beghé, proveniente dall’ambito dell’Accademia di Brera (coadiuvato dal suo decoratore di fiducia, Costantino Andreani) La commissione della Confraternita gli ordina di utilizzare schemi adatti alla catechesi: Ave Maria (Annunciazione- Visitazione – Assunzione) e S. Rosario (Abside-Navata-Cupole) + di evitare argomenti troppo truci per i bambini(croce vuota, Getzemani ma anche Resurrezione). A tutto ciò, il Beghé aggiunge la sua capacità di dipingere le emozioni (qui varie accezioni della sorpresa), la sua curiosità per la corrente preraffaellita e il suo studio sulle cromie (in carriera: complementari – cupole; in maturità: forti chiaroscuri – navata); la sua tavolozza è molto mediterranea rispetto p.e. al pittore locale Gavazzeni.

Come molti pittori del suo tempo amava dipingere paesaggi alpini (come il suo amico Umberto dell’Orto che da Milano si trasferisce in Valle): ce ne dà prova nel “Sepolcro” in navata (che è un soggetto che dipinge solo in questa chiesa); in abside ci fornisce, invece, uno scorcio del Castello di Calice (appunto per la “Sacra Famiglia”).

  • Il ciclo morbegnese appare quasi incongruo per due motivi: a) il Beghé era abituato a dimensioni più grandi b) il Beghé dipinge nella Gisèta in due anni differenti 1906 e 1912.
  • Il Beghé giunge in Valtellina per due motivi a) conoscenza con il pittore Eliseo Fumagalli di Delebio b) il vescovo Ferrari era il suo mecenate – stava facendo decorare tutte le chiese della diocesi che gli sembravano spoglie.

David Beghé nasce a Calice al Cornoviglio, La Spezia, nel 1854 e muore a Milano nel 1933. La sua famiglia d’origine è benestante e molto religiosa; quando si trasferisce a Milano da scapolo vive dallo zio don Gioacchino. I suoi tre amori furono: la pittura religiosa, la moglie Valentina Torsegno (conosciuta a Chiavari, Genova, durante una commissione) e la musica. Rimase legato a Calice anche se si trasferì a Milano per frequentare l’Accademia di Brera del grande Hayez. Pochi anni dopo il diploma sposa Valentina, si stabilisce a Sestri Levante ma non vuole guadagnare tramite i ritratti, perciò torna a Milano, comincia a inserirsi nel business delle committenze ecclesiastiche della diocesi di Como e poi Milano (tramite vescovo Ferrari) insieme al suo decoratore di fiducia Costantino Andreani di Cunardo (Varese). Il suo epitaffio sintetizza bene la sua biografia “Fervente cristiano, anima d’artista, seppe trasfondere nella vita e nelle opere quella luce divina che illumina il suo spirito”.

Alcune note:

  • Il paesaggio codificato come Prealpino e localizzato in Brianza potrebbe essere Piazzolate (????);
  • Aderisce al Movimento Accademico –  sceglie i soggetti sacri per astenersi dalle esposizioni;
  • All’Accademia di Carrara che aveva frequentato da ragazzo entra in contatto con la Scuola Barabiniana: monumentalità romantica + dolcezza rinascimentale (apice nella Madonna dell’Ulivo, che lui studia con ossessione).

Il Beghé è prolifico in tutte e due le diocesi che hanno visto il Ferrari come vescovo, ossia nei territori di Milano, Monza, Como e Lecco. Per analizzare l’esperienza a Morbegno, però, ho indagato di più l’operato lecchese, geograficamente più vicino. Quasi tutte queste chiese sono state dipinte nel periodo di carriera del Beghé, negli stessi anni del primo step alla Gisèta (1906): abbiamo SS. Rocco e Sebastiano a Olginate del 1901 e S. Antonio a Ello del 1909, tra le più importanti e valenti. Il restauro della chiesa di Ello ha fatto emergere appunto tutte le mie considerazioni sulle cromie, inoltre la certezza che il Beghé aveva già dei cartoni con le bozze dei soggetti che utilizzava per varie chiese (quello che troviamo alla Gisèta, a parte “Il Sepolcro”, lo si era già visto altrove). Il secondo step a Morbegno (1912) avviene dopo la fase lecchese.

La Chiesa dei SS. Gervaso e Protaso a Castello di Lecco, invece, è del 1927 ed è dipinta nell’ultima fase della sua carriera e della sua vita, un periodo in cui il suo tema preferito era la Penitenza. Qui non collabora con l’Andreani perché muore nel 1928, ma con Edoardo Fumagalli (un pittore lecchese legato alla Madonna e riluttante al Fascismo, noto anche come paesaggista).

La corrispondenza del Beghé con la Parrocchia di Castello, indietro con i pagamenti, ci fa apprendere, tra le righe, alcuni aspetti del suo operato:

  • ringraziamenti “sinceri saluti alla signora Manzoni” alla perpetua (che ci aprono scenari-gossip);
  • lavorava 4 ore al giorno per 7 mesi al massimo sullo stesso progetto;
  • utilizzava oro finissimo (che si ossida, ma la Gisèta è al buio!) e colori minerali speciali = legati con silicati di potassio e non di calcio (non si sgretolano, perché la pellicola che si crea è abbastanza resistente a umidità e muffa);
  • Ritornò a Morbegno per completare il Ciclo di Affreschi nella navata, probabilmente, perché in prov. di Lecco aveva sempre avuto dei problemi con i pagamenti pattuiti. Voleva essere onesto o stava simpatico a qualche donzella morbegnese?! Non ce ne abbiano i suoi parenti, ma, in effetti, era davvero un uomo affascinante!

[fine (per ora)]

❤ Miss Raincoat

 

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Gisèta di Via Margna 1×03

[Come molti di voi già sanno, ho dato al mondo la Ricerca sulla Gisèta di Via Margna. Davvero, non pensavo che così tante persone, non solo morbegnesi, fossero tanto affezionate a un posticino così poco conosciuto e così tanto piccolo. Grazie mille ancora per tutti i complimenti post-presentazione, non solo sulla ricerca stessa (che in effetti ha dissepolto una storiella mooolto interessante e intrigante), ma anche sul mio modo di pormi come guida. Non sapete quanto possa fare piacere sapere di aver preso la strada giusta, specie per chi fa un mestiere come il mio!!! Per quanto riguarda la ricerca vera e propria la potete già consultare presso la Biblioteca di Morbegno. Quelli che vorranno leggere o conservare (o utilizzare per i tavoli traballanti), il libro-guida dovranno aspettare qualche mese (ma sicuramente prima della fine dell’anno, mi hanno fatto sapere…). Da quanto ne so, sarà un volume della serie “Conosci Morbegno”.Nel frattempo, per i curiosi, ne pubblicherò un brevissssssimo riassunto di quattro episodi qui sul mio blog]

La Confraternita dei Luigini

La Confraternita dei Luigini di Morbegno si insedia nella Gisèta nel 1818. Essa raggruppava tutti i bambini con età fino a tredici anni (i quali portavano, nelle varie funzioni e processioni, una tipica mantellina azzurra); una volta diventati “grandi” i Luigini potevano scegliere se unirsi alla Confraternita dei Disciplini dell’Assunta di Morbegno. L’unico adulto del team era il Priore (chiamato ‘l barba = lo zio, in dialetto morbegnese). La Confraternita dei Luigini si ispirava alla vita di San Luigi Gonzaga, Patrono della Gioventù, e rinnova il significato degli Angeli Custodi cari ai Mezzera-Acquistapace (i Pasquini), quindi  la Gisèta non fu scelta a caso.

La Confraternita dei Luigini riconsacra la Gisèta il 29 luglio 1875 (era già dedicata a S. Maria delle Grazie dal 1665, vuole solo mettere nero su bianco che quella è la sua sede), la amplia nell’area anteriore (presbiterio e cappelle laterali) e la ridecora, dotando Morbegno dell’unico affresco che rappresenta un San Giuseppe giovane (nella calotta absidale).

Il Regolamento della Confraternita può essere riassunto in questi punti:

  • Abitudini: non leggere o farsi leggere giornali o libri “perniciosi” [sic.], non attardarsi oltre l’Ave Maria [sic.], non darsi alle cattive compagnie [sic.], apprestarsi ai sacramenti e alle preghiere, specie durante le feste di Maria e di San Luigi.
  • Tassa d’Iscrizione: 1 Lira all’anno che comprendeva anche l’iscrizione alla Pia Infanzia (un’associazione caritatevole che si occupava di mandare soldi ai bambini “pagani” e poveri, specialmente in Cina)
  • Cariche: non esistono cariche. Il vero capo della Confratenita è l’Arciprete di Morbegno; il Priore è solo una sorta di moderatore.

Una tradizione morbegnese alla quale è legata anche la Gisèta è il Giro delle Sette Chiese durante il Giovedì Santo (un rito codificato da San Filippo Neri nel 1540 a Roma). A Morbegno – in questo giorno senza funzioni annunciate dalle campane – si visitavano 9 compianti allestiti nelle chiese e lì si recitava il Rosario (Cappella dello Spedale nel Cimitero, Gisèta, Sant’Antida nel Ricovero degli Anni Trenta, San Rocco, Angelo Custode, San Pietro, Sant’Antonio, S. Giuseppe presso Palazzo Melzi, S. Giovanni). Il rito fu compiuto ininterrottamente dal 1713 al 1955 circa; il momento saliente era il Catafalco della Chiesa di San Giovanni.

Come tutte le chiese in cui hanno sede delle Confraternite, la Gisèta ha un Altare Privilegiato (si prega per i defunti in alcune date e si cancella la loro pena temporanea in Purgatorio). Il privilegio fu concesso nel 1908 da Papa Pio X che fissò le date: 8 dicembre (Immacolata), seconda domenica di luglio (S.M. delle Grazie) e terza domenica novembre (Madonna della Salute, la quale trae origine dalla Peste Manzoniana, per la quale perì zio Nicolò Mezzera).

La Confraternita dei Luigini è l’ultima a vedere la consistenza del Beneficio Mezzera. Il beneficio passa di mano in mano fino ad arrivare in mano a don Giovanni Vaninetti di Regoledo, il quale non amministrò mai il culto a Morbegno (bensì, a Laglio, Ponchiera e Tresivio). Però nel suo Testamento del 1938 cita il Beneficio e lo fa, in qualche modo, cessare di esistere.

Dopo la morte di Gio. Pietro Mezzera detto il Pasquino il beneficio passa in mano alla famiglia Schenardi (della moglie defunta). Gli Schenardi donano il beneficio a don Vincenzo Schenardi che consacra la cappella (era stato parroco a Gerola fino al 1664, poi risiede a Morbegno nell’ultimo anno di vita). Quando il prete muore, gli Schenardi consegnano il beneficio in mano a un altro prete del parentado, don Giuseppe Delfino che ha il beneficio fino al 1674. Perdiamo traccia del beneficio fino al 1792. Fino a questo anno il beneficio era in mano al notaio Matteo Acquistapace (padre della moglie) che nel suo testamento lascia il beneficio al prete al quale aveva affidato il beneficio, don Antonio Malacrida, l’eccentrico zio di Ascanio II, suo erede universale. Il nipote non ebbe eredi maschi, così lasciò il beneficio a Ida Malacrida, moglie del notaio Martino Mariani. Perdiamo ancora traccia, ma capiamo bene perché nel 1898 il beneficio è della famiglia Buzzetti, imparentata con i Mariani. Il Vaninetti, da parte di madre, difatti, ha uno zio che si chiama Giovanni Buzzetti fu Giacomo.

Dal Testamento Vaninetti del 1938 evinciamo varie informazioni:

  • Dona la Gisèta alla Parrocchia di Morbegno svincolandola dal Beneficio ma esprimendo che la Confraternita non debba perdere i diritti acquisiti;
  • Gli arredi sacri del Beneficio vengono equipartiti tra Gisèta e S. Ambrogio a Regoledo;
  • Del Beneficio faceva parte anche la Chiesetta di Santa Elisabetta o della Visitazione di Piazzolate (località sopra Regoledo di Cosio). Sappiamo che qui gli Schenardi avevano vari possedimenti e che la chiesa ha origine tardo quattrocentesca; non sappiamo quando viene annessa al Beneficio.

[continua…]

❤ Miss Raincoat

[Save the Date] Presentazione de “La Gisèta di Via Margna”

26 maggio 2018 – h. 17,30 – @Biblioteca “E. Vanoni” di Morbegno

Ci siamo, domani presenterò quello che ho impastato negli ultimi quattro anni. 

In realtà ho combinato anche altro, è vero. Però, questo è il mio primo lavoro a portare la mia firma e, soprattutto, è qualcosa che resterà scritto. Noi guide si parla e si parla, ma non si sa mai quanto rimane nelle vostre menti sguaiate di turisti…

E nelle ultime settimane, per fare bella figura, ho studiato in quella maniera in cui lo faceva il Leopardi.

Il Capo A. ha voluto definirla una visita guidata virtuale, perché fa moda. In realtà, sarà una semplice chiacchierata per appuntare i momenti salienti di una ricerca che, sia a livello lavorativo sia a livello professionale, mi è stata accanto nella salute, nella malattia, nella buona e nella cattiva sorte. Quattro anni fa ero una ragazzina. Come diceva Elias Canetti, si viene al mondo con la Cacciata dal Paradiso, forse. Diventare adulti significa che non ti senti più al centro di tutto e, capendolo, non solo sono diventata una guida migliore, ma mi sono accettata anche nel mio contortume, nella mia antipatia scelta e nelle mie umane imperfezioni. Allora, ho deciso di presentare il mio lavoro, quello volutamente su un monumento minore di Morbegno e sconosciuto ai più, nella Biblioteca in cui è nata e cresciuta l’idea e la stesura…per dimostrare anche che la dimensionalità della chiesetta va ben oltre alle sue piccole misure fisiche. In questo ci assomigliamo, ovviamente.

Poi, ho sempre pensato, che esistono dei monumenti che vanno visitati in solitaria, per il bene dell’animo. E la Gisèta è uno di questi.

Dovrei ringraziare tutti i colleghi e i capi supremi che mi hanno supportata e indirizzata. Gli archivisti che mi hanno aperto porte e faldoni impolverati. I fans della Gisèta, definibili Ultrà. Gli amici e parenti che mi hanno ascoltata farneticare strane cose. Chi mi ha augurato buona fortuna o giustiziato lupi in questo ultimo mese preparatorio. Eppure, devo assolutamente fare un nome: il falegname Mario Monti, che è stato custode, marito, narratore della Gisèta e mio guru per tutto il tempo che ho potuto frequentarlo. ❤

La ricerca mi piace: sono soddisfatta. Parla di secoli di intrighi, di monacazioni forzate, di Confraternite, di soldi indebiti, di arte e del fatto che gli artisti sono condannati a essere grandi seduttori. Potrei raccontare chissà quale ragionamento intellettuale per contestualizzare il sommario, ma in realtà risulta da un’innocente curiosità che mi è sfuggita di mano. Volevo solo scrivere un articolo, qualche battuta per integrare una mia visita guidata…

Mi chiedevo quale motivazione avesse portato David Beghé, il pittore che ci ha lasciato quel meraviglioso ciclo di affreschi all’interno della chiesa (ligure di nascita e milanese d’adozione scolastica) a lasciare il suo unico esempio valtellinese proprio a Morbegno, nella provincia della provincia. Ho scavato nella memoria della committenza, la Confraternita dei Luigini, che ha sede nella Gisèta dal 1818, e ho scoperto che la piccola chiesa odierna include il nucleo della Gisèta dei Pasquin, consacrata nel 1665, poco dopo la fine delle Guerre di Valtellina (con il ritorno dei dominatori delle Tre Leghe Grigie), all’indomani di un periodo di contraddizioni, eserciti mercenari, carestia e di una violenta ondata di peste.

Quindi, incrocio le dita.

Non potrei essere più felice di adesso, comunque. Sto facendo il lavoro che potevo soltanto sognare dieci anni fa.

❤ Patrizia (togliamo la maschera per oggi e indossiamo le lentiggini)