La location per me la più emergente tra i Balcani. Variopinta, mozzafiato, popolare e mediterranea.
Credo che il modo migliore per definirla sia con l’espressione “musica a tutto volume”, come i canti isopolifonici degli illiri, che ispirano anche la musica più moderna, p.e. “Zemër” di Dhurata Dora e Soolking ( significa “cuore”). 🎧 Ascoltala qui!
Qualche Info Pratica
✈ Aereo per Tirana da Orio, Malpensa con Albawings oppure Wizzair – durata viaggio: 2 ore circa
👅 Lingua ufficiale: Albanese; Lingue Straniere più diffuse: Italiano, Inglese
📅 Periodo di Alta Stagione : luglio, agosto – ma è top agiugno e a settembre
🚌 Gli autobus sono abbastanza economici e sono più simili a minibus privati. Tirana, Durazzo e Valona hanno una rete pubblica. Viaggiare in treno è un’avventura, molto che in Valtellina! 🙂 L’autostrada è abbastanza efficiente e copre tutta la nazione, quindi il nolo autosarebbe il top.
Food&Beverage
🍲 Il byrek è una pasta sfoglia ripiena di formaggio o carne (con la carne sono molto diffuse anche le polpette o i peperoni, tipo in Italia). Una cosa particolare, tra l’altro per colazione, è il paçë koke: una zuppa di testa di pecora.
🍻 Il superalcolico più diffuso è il raki, una grappa ottenuta con il raspo d’uva oppure con le more.
Partiamo!
Tirana – Conosciuta per i suoi viali, è frenetica, folle e anche un po’ polverosa. Mischia insieme tutta la sua storia ottomana, italiana e comunista. Facile avere un murales e un minareto nella stessa inquadratura. Tra i musei il mio preferito è House of Leaves, dedicato allo spionaggio comunista e così chiamato per gli alberi che lo incorniciano. Il quartiere della borghesia è l’elegante Blloku con i suoi innumerevoli caffé.
A nord:
1. Scutari – Si può percorrere il Lago artificiale di Koman (diga del fiume Drina) con un traghetto. In tre ore è possibile immergersi in una paesaggio puntinato da villaggi senza tempo.
2. Plav – Da qui, zaino in spalle, si possono visitare gli spettacolari Monti Maledetti con la loro vera Albania orgogliosamente patriottica .
Valona e la Costa Ionica – le spiagge più conosciute sono Dhërmi (la più pop), Drymades (rocciosa e bianca, si raggiunge attraversando degli uliveti) e Gijpe (incontaminata tra le scogliere a picco. Sono tutte a circa 40 km da Valona. Oppure, si può visitare nell’entroterra Berat, la Città dalle Mille Finestre, con le sue casette ottomane che si arrampicano sull’aspro paesaggio collinare con le nuvolette.
Saranda – a 18 km c’è Butrinto con le sue rovine greche (siamo proprio davanti a Corfù) immerse nella tranquillità di una foresta e con le sue piccole terme. A 20 km c’è Gjirokastra, la cosiddetta Città di Pietra, nella Valle della Drina, con le sue pietre calcaree e i tetti d’ardesia. Tutti gli autobus tra Saranda e Gjirokastra vi possono portare al bivio per la Sorgente dell’Occhio Blu: con 3km di camminata si raggiunge un fitto bosco con una piscina naturale blu intenso, dicono dove l’Albania si fa vanitosa.
❤ Miss Raincoat
Ismail Kadare, scrittore albanese
Tra le tre penisole del sud Europa, quella iberica, quella italiana e i Balcani, i più sfortunati sono stati proprio i Balcani perché, pur facendo parte dell’Europa, per cinque secoli ne sono stati staccati per poi riunirsi a lei come un figlio sconosciuto che torna dalla propria madre.
🚩Aereo: Milano ➡ Madrid Barajas (durata 2h36min) * compagnie per diretti: Iberia, Ryanair ➡ dal terminal T4 treno (RENFE C1) * ogni 30 min(Aeroporto — Principe Pio (fino alle 22:30) ; Principe Pio — Aeroporto ( fino alle 23:30) ➡scendere a Stazione Chamartìn (*durata 11 min) ➡treno ALVIA (lunga percorrenza di RENFE) per Ourense-Empalme (durata 2h45min)🚆 🚩Indirizzo Stazione: Praza Da Estacion ℹ@inordeturismo
Dove ho alloggiato
🏨Hotel Princess – la posizione è eccellente. Si trova a 1,4 km dalla Stazione(si prende Avenida da Caldas, si attraversa il Ponte Romano e dopo una rotonda si è già arrivati). Con un supplemento di 4,50 € si ha anche la colazione. Il centro della cittadina (molto compatto, è tutto insieme da vedere) è a meno di un chilometro, anche se alcune vie sono leggermente in salita (ma non come a Lisbona, eh!). Rua Do Progreso, la via principale, porta dappertutto perciò è un ottimo punto di riferimento, ricordiamocela!
⛵ Facciamo i Turisti
Ourense (da pronunciarsi con la s tendente alla t, per sentirsi figamente ispanici e mucho calienti) è una città termale sul fiume Rio Miño. Per certi versi, una Morbegno (vedi il ponte Romano, simile a Ganda ma più graaaaande) con le terme, che qui sono dette burgas. Di fatto, il toponimo viene da urientes,ossia “ustionante”, in riferimento alla temperatura delle acque che arriva fino a 60°C. As Burgas, le terme cittadine, non sono più in funzione per motivi burocratici quasi all’italiana, perciò bisogna puntare su quelle in periferia, nella zona verde per capirci. Si possono anche raggiungere a piedi o in bici perché il fiume al lato a una ciclabile simile al Sentiero Valtellina, ma esiste anche un trenino che conosceremo tra poco. Siamo anche nelle zone del Cammino di Santiago (in effetti sotto i nostri piedi troviamo spesso delle mattonelle con la conchiglia. Tante strade e stradine sono in salita e hanno le scale, perciò nutritevi bene (*vedi il capitolo dedicato sotto). Temperature di gennaio: circa quindici durante il giorno, ma comunque non va mai sotto zero. La paragonerei a Roma come temperature invernali. Abbastanza piovosino o velato. Beh, niente in confronto agli inverni alpini.Se volete sfoderare il vostro spagnolo, ricordatevi anche che la Galizia ha uno spagnolo tipico della zona perché gode di autonomia culturale e, quindi, politica.
📸 Cosa posto su Instagram?
Ponte Romano detto Ponte Vella (cioé Vecchio) – In effetti, sta lì dai tempi di Augusto, anche se è stato ricostruito varie volte.
Cattedrale di San Martino in Praza do Trigo – Imita quella di Santiago e, infatti, ha uno stampo molto Medievale. Molto wow, nel senso che c’è molto oro e le statue sono davvero molto drammatiche (e anche le tombe in pietra). E’ una di quelle chiese in cui ci entri con una certa riverenza anche se sei ateo. Assolutamente particolare il nartece, detto Portico del Paraiso con le statue dei Profeti (giuro che non ho urlato Batman,forse. Anche perché questo Daniele è l’unico senza barba, per i suoi motivi iconografici di gioventù). Molto bella anche la scalinata fuori e la cupola ottagonale sia da fuori (domina lo skyline) e sia da dentro per l’aspetto luministico, dato che il soffitto è molto alto. Ha anche un museo installato nel chiostro con tanti oggettini devozionali, tra i quali mi sono piaciuti quelli in porcellana di Limoges (il giusto kitsch che si perdona solo a certi ex voto,no?).
Praza do Ferro perchè non è una piazza, bensì un incrocio a triangolo con una bella fontana (ovviamente ce ne sono tante on città, per celebrare la magia dell’acqua calda) e la Casa do Bòan (che sono tipo i Malacrida di Ourense, ossia la famiglia più storicamente famosa).
I Parchi – I miei preferiti sono Xardin do Padre Feijooe il Parque de San Làzaro (tra i palazzi all’angolo: la statua A Castañeira, per celebrare la raccolta delle castagne tipo a Rodolo). In quest’ultimo parco possiamo trovare, oltre a una fontana – manco a dirlo – una statua con un Angelo Caduto, ovviamente lì dirimpetto al Palazzo del Governo per ricordare la ribellione e l’indipendenza della Galizia.
Praza Dos Suaves – A parte che è una figata celebrare un gruppo rock con una piazza. Comunqu,e le placche con la toponomastica son già un’opera d’arte a sè e tutte le vie e le piazze ne hanno una. Inoltre, in tutto il centro storico ci sono cartine.
Praza de San Cosmede – che prende il nome dalla chiesetta, ma qui ci possiamo rendere conto che la cittadina ha anche validi esempi di street art, qui tutti i murales (a parte quelli che parlano dei mestieri delle mamme degli altri o male delle squadre di calcio tipo il Celta Vigo) inneggiano la lotta d’indipendenza della Galizia.
Praza Maior – con il Municipio e l’Igrexa Santa Maria Nai, anche questa conla scalinata. Vicino, nella zona pedonale e in mezzo a tanti bei palazzi decorati, troviamo l’ex bottega di alcool, Café Victoria con una vetrina che ci riporta a un secolo fa (in Avenida de Pontevedra).
As Burgas – erano le terme cittadine e gratuite. Oggi si possono vedere solo la fontana de la Burga de Arriba e i giardini della Burga de Abajo. La vasca è vuota 😦
Le Terme – Io ho scelto A Chavasqueira (che in galiziano significa fucina, se non sbaglio. Non ho capito se è per le acque ferruginose (?)). Dista circa due chilometri dal mio albergo. Inoltre, l’ho scelta perché ha anche un percorso zen-jappo e un sushi bar. Arrivandoci, si può vedere anche il Ponte del Milenio che è una struttura magnificente. Le terme sono aperte dalle 10 alle 20 e costano qualcosa come 4,00 €. Se si vuole, si possono raggiungere tramite il Tren de las Termas. Si tratta di un trenino turistico (l’unico mezzo che può attraversare il Ponte Romano). Parte da Plaza Major (dall’angolo con Avenida de Pontevedra) e passa ogni 40 min dalle 10 alle 20, fermandosi in tutti gli stabilimenti. Costa 0,85 cent che vengono pagati al conducente. Si ferma anche al Parque San Lazaro e al Ponte Romano (ambo le estremità).
🍲 Riempiamo il Pancino
Pulpo a Feira – Letteralmente è “il polpo della festa”, poiché è lo street food tipico delle fiere, ma il Natale quando arriva arriva e perchè non gustarsi questo polpo cotto e condito con sale, paprika e olio accompagnato con le cachelos, patate bollite, cipolle o grelos (cime di rapa).
Empanadas – vero, si mangiano in tutta la Spagna, ma i Galiziani dicono che le hanno inventate loro. Per chi non lo sapesse sono tipo dei fagottini di pasta sfoglia e in quelli galiziani c’è dentro tanto di tutto, come carne, verdure, il frigorifero… A me piacciono quelle con il pino de mariscos (ripieno di frutti di mare).
Churrascos – spiedini di carne marinata, cotti alla brace
Mariscadas – Ovviamente è il luogo migliore per gustarsi i frutti di mare dell’Atlantico.
Come dolcetto io voto per le filloas, che sono crespelle con crema di castagne (che sono tipiche di queste zone) anche se, per la sua semplicità, vorrei fare sempre colazione con la Torta Santiago, realizzata solo con farina di mandorle e uova. Sopra è decorata con lo zucchero a velo per ricreare la croce di Santiago.
Tapas – altro motivo per cui amo la Spagna perché è il loro modo di fare aperitivo con questi piattoni di roba buona, diversi in ogni regione. Qui si trovano i ciccioli, frittate di patate e i pimiento del Padròn. Sono dei peperoni tipo friggitelli però alcuni sono piccanti e altri no, quindi bisogna affidarsi alla sorte (se non sei calabrese)
🥂 Moriremo ma non di Sete
Assolutamente non lasciare la Galizia senza aver bevuto un vino della Rias Baixas, praticamente vigneti di Albariño beati sulla costa atlantica della Galizia. Un vino bianco fermo di 12%VOL molto fresco, speziato (tipo coriandolo, più spicy rispetto a un agrume cioè) e con il finale amaro, come la mandorla.
Birra Estrella Galiciaprodotta a La Couruña.
Gin Nordés prodotto in Galizia (anche se si trova molto il Beefeater, inglese). Con il Nordés, si fa un cocktail con il vino di Albariño e acqua tonica + uno spiedino d’uva – il Nordesiño. Ho visto che ne esiste una bottiglia edizione limitata 2022 per l’Anno del Cammino (di Santiago).
Raggiungere Amman o Aqaba è facile da Roma o Milano tramite Ryanair o TurkishAirlines.
Una volta arrivati o ci si ferma nelle città turistiche (segnate sotto in grassetto), dove gli hotel più organizzati offrono anche gite fuori porta. Se si vuole vedere il deserto consiglierei di noleggiare un’auto (tipo fuoristrada). In alternativa, si può patteggiare con un taxi una tariffa giornaliera.
Il periodo migliore, giusto per evitare piogge o caldo torrenziale, è in primavera, cioè da marzo a maggio (min 10°C max 30° C)
Cosa aspettarsi
Siti archeologici millenari immersi nell’arenaria rossa e il deserto sconfinato. Il mare.
Proverbiale è l’ospitalità dei giordani, abituata alla convivenza di popolazioni (p.e. palestinese, cecena, beduina…).
Per non partire a digiuno di cultura
* i Beduini e la filosofia della vita nel deserto
* la Strada dei Re, anticamente percorsa dai mercanti di incenso in sella ai dromedari, dai legionari romani, dai crociati…
* gli Episodi Biblici come il Battesimo di Cristo, Salomé o Sodoma e Gomorra…
Food & Beverage
Da non perdere: le preparazioni dell’agnello. Il Mansaf, agnello cotto con una salsa a base di formaggio jamid e servito con una di “riso” di grano, il bulgur. Era il piatto tipico dei beduini e significa “piatto da portata”. L’Al-Zarb è un agnello cucinato in una buca scavata per un metro nel terreno e rivestita di mattoni per racchiudere l’autentico gusto affumicato.
Un po’ come in tutti i paesi desertici è bene non mancare di dissetarsi con un buon the alla menta.
Partiamo!
AMMAN Nella capitale si può visitare la Cittadella e il Teatro Romano.
JERASH Oltre al meraviglioso teatro si può essere spettatori di una corsa di bighe all’ippodromo in pieno stile scenturioooooni!
WADI JADID – Vuol dire “Valle Nuova” ed è appunto la vallata rurale di pastori di pecore, profumata di salvia e popolata dai dolmen dell’Età del Bronzo che sembrano avere vita propria. In primavera, stagione migliore per visitarla, fiorisce il fiore nazionale – ossia, l’iris nero.
MADABA La città delle botteghe artigiane e dei mosaici. A 40 minuti circa tutti (ma proprio tutti) possono galleggiare nel Mar Morto.
KARAK I bastioni del suo castello dominano le colline e ci ricordano il passato senza scrupoli dei Crociati.
PETRA L’architettura scavata nell’arenaria e le falesie vengono messe in risalto dalla luce del tramonto. Essendo la località più iconica, merita qualche giorno d’attenzione.
WADI RUM Vuol dire “Valle Maestosa”. I dirupi e le dune dai colori vividi sono anche la casa dei beduini, insieme ai quali possiamo pernottare nel deserto. In agosto la valle ospita un festival di musica elettronica molto suggestivo.
AQABA La località per chi preferisce il turismo balneare dove si può godere della vivacità della cittadina, del relax, del benessere, delle gite in barca e dello snorkeling nella barriera corallina del Mar Rosso.
❤ Miss Raincoat
Thomas d’Arabia
Petra è il più bel luogo della terra… non per le rovine, ma per i colori delle sue rocce tutte rosse nere con strisce verdi e azzurre. Non saprai mai cos’è Petra in realtà, a meno che tu non ci venga di persona
Sono stata una settimana scarsa nel capoluogo della Sardegna per uno di quelli che io chiamo “addio al coso”, un addio al nubilato di una mia cara amica che è originaria della terra del porceddu e, a uno spogliarello di un pischello, ha preferito assistere alla disfatta della Juve contro l’Inter…
Ma veniamo al dunque. Come si può flirtare con Cagliari?
Enogastronomia. I piatti tipici che ho assaggiato io sono: i malloreddus (gnocchetti rigati allo zafferano con ragù di salsiccia, cipolla e pecorino sardo), cocciula e cozzas a sa schiscionera (vongole e cozze saltate e poi ripassate con vino, peperoncino e pan grattato – da mangiare molto calde con pane caereccio) e il famoso porceddu (maialino allo spiedo aromatizzato alla menta, timo e mirto). Una pausa gourmet può essere fatta all’hamburgeria Bombas, che propone la tradizione e l’innovazione in un panino. Il mio dolcetto preferito della gita sono state le pardulas (tortine ripiene di un impasto di ricotta e agrumi). I vini più famosi che si possono bere sono il Vermentino e il Cannonau; una birra artigianale può essere la Marduk (la mia preferita è stata la Sexy Pompia, una fruit lager agrumata ambrata).
Sightseeing. Cagliari è una città che va guardata. Pronti con lo scatto per Instagram in questi luoghi:
Porta Cristina
Torre San Pancrazio
Torre dell’Elefante (che è anche un punto panoramico meraviglioso)
Bastione di St. Remy (che è il posto più maestoso della città, ti ci senti come il Re Leone con Simba)
Bastione di Santa Croce by night (che i locali chiamano Santu Juanni, un tempo era il rione ebraico)
Castello di San Michele con il suo Parco
Cattedrale di S.M. Assunta e S. Cecilia
Santuario Nostra Signora di Bonaria
Natura. Cagliari va bene per chi, come me, ferma in spiaggia non ci sa stare (anche per adattamento naturale al fototipo uno). A circa 5 km c’è il Parco del Molentargius, famoso per le saline e per i fenicotteri. Si può raggiungere o in bicicletta o in bus (ogni 9 minuti passa il n.3. Il biglietto costa 1,30€). La spiaggia più famosa è il Poetto, raggiungibile in bus (ogni 30 minuti passa il n.PQ. . Il biglietto costa 1,30€). Dal Poetto si raggiunge il promontorio panoramico della Sella del Diavolo in due ore scarse di camminata.
Partiamo dal mio presupposto da addetta ai lavori secondo il quale l’Alta Stagione non esiste. Mi correggo, esiste per quanto riguarda i prezzi e la loro correlazione con la qualità – ma, personalmente, penso che si possa andare ovunque e sempre, basta averne voglia e le tasche abbastanza larghe. Del resto, a me è capitato di trascorrere 10 giorni in Grecia con diciotto gradi ad agosto e di morire di caldo a Praga in aprile…
Sui tetti, sui cancelli e sui terrazzi pugliesi si trova spesso un simbolo di augurio , ossia il pumo. Deriva dal culto della dea latina Pomona, la Signora dei Frutti, e rappresenta un bocciolo del fiore di acanto, il quale – siccome cresce spontaneo, prospetta una vita feconda a chi lo possiede.
L’Itinerario
Alberobello è celebre per l’architettura spontanea dei trulli. Il centro storico dei trulli è come se fosse un villaggio dentro il paese, a 428 metri d’altitudine. Ogni trullo ospita un negozio artigianale, un bar, un ristorante, un albergo… Ho trovato molto divertente la visita al trullo dei fischietti (non solo perché la signora Maria ha consigliato alla mia amica S. che, per suonare bene, bisogna infilarselo tutto in bocca) . Pare che bisogna fischiarci dentro due volte per farsi passare quella che a Napoli chiamano la cazzimma (ossia la malattia di noi fighissimi e unicornevoli incazzosi). Alberobello, insomma, è un posto molto iconico in Puglia e si capisce il motivo della protezione UNESCO, sebbene io abbia avuto la stessa sensazione di quando ho visitato Bruges. Mi è sembrato un meraviglioso museo a cielo aperto più che un borgo.
Ostuni è detta la Città Bianca per via della calce con la quale sono dipinte le abitazioni del nucleo. Difatti,anche con meteo nuvoloso non ti permette di visitarla senza lenti polarizzate. Ostuni è anche un dedalo di stradine e scalinate, che si arrampicano su tutto lo spazio che hanno a disposizione e domina il paesaggio degli uliveti fino al mare. Assolutamente d’obbligo, dalla piazza nella quale svetta la colonna con il Santo Oronzo, arrivare in salita alla sinuosa Concattedrale, attraversando tutti i vicoli (il mio preferito: Via Continelli Bixio,). L’aggettivo migliore per descrivere Ostuni è pittoresca.
Cisternino, nell’altopiano carsico delle Murge, è stato nominato Comune Amico del Turismo Itinerante. La cucina tipicamente cistranese rispecchia le più classiche tradizioni della gastronomia barese e della Murgia dei trulli con qualche piccola incursione di quella dell’alto Salento. Caratteristiche di questa tradizione paesana sono soprattutto le ricette a base di carne e di verdure. Il turismo a Cisternino si è sviluppato nell’ultimo decennio grazie proprio all’unico bene di questo piccolo centro: la natura, il paesaggio, i trulli e l’architettura spontanea del centro storico. Per me è una meta enogastronomica imperdibile.
Monopoli ha un castello, il Castello di Carlo V, che la rende fiabesca. La fortificazione viene completata dal Bastione di Santa Maria e dalla Cannoniera, detta La Traditora, poiché progettata per attaccare all’improvviso chi avesse cercato di risalire le mura. Fu edificato per volere degli Spagnoli direttamente sul mare a protezione dell’odierno porto antico. Monopoli mi è piaciuta davvero tanto, mi ha scaldato il cuore, non solo per la temperatura mite. Quasi, avrei voluto finire in prigione e stare qui ferma due giri. Mi ha ricordato un po’ anche la Bretagna, in questa stagione. Ma, ahimè, i Francesi il Mediterraneo se lo sognano…
Ceglie Messapica è un paese dell’entroterra salentino, anzi, un borgo per definizione. I Messapi erano la tribù che nell’Antichità Classica abitava il Salento. Nella sua architettura urbana ci presenta, per esempio, la Torre dell’Orologio e il Castello Ducale, nonché le sue viuzze in salita e gli abitanti con il dialetto quasi aramaico.
Ceglie, visitata durante il pomeriggio, ci ha permesso di meditare un attimo sulla differenza di ore di luce/buio tra il Nord e il Sud Italia. Non so ben spiegare queste cose scientifiche, ma è dovuto all’inclinazione degli emisferi terrestri. Dunque, se oggi l’alba a Milano è stata alle 07:33, a Bari è stata alle 06:50; viceversa, se il tramonto a Milano è stato alle 16:47, a Bari è stato alle 16:28. Giusto per dire che non me lo sono inventato!
Brindisi ha le dimensioni e i movimenti di una cittadina. Gli abitanti ne dividono il centro storico nel Centru e nella Marina. Il centro, con vari negozi di catene internazionali, ha la Fontana delle Ancore in Piazza Cairoli. Il Lungo Mare Margherita di Savoia ci porta fino al Monumento al Marinaio.
Punta Penne è una frazione della città di Brindisi in zona Aeroporto del Salento. La torre che si vede in lontananza faceva parte della fortificazione del Regno di Napoli. Qui la sabbia è finissima e il mare è trasparente. E qui sono anche finite le vacanze!
Cronache dal Bancone
Puglia da mangiare Puccia – è un formato di pane, tipico della tradizione pugliese. Passeggiando per le strade del Salento e per i vicoli del tarantino è possibile imbattersi in una versione tutta genuina dei fast food: la pucceria. Cosa c’è dentro? La Puglia intera, se vuoi. Pasticciotto – un guscio di pasta frolla croccante e un ripieno di crema pasticcerae amarena. Rustico Leccese – uno disco di pasta sfoglia ripieno di pomodoro, mozzarella e besciamella. Bombette Pugliesi – involtini di carne di maiale, cinghiale o vitellino ripieni di pancetta, caciocavallo, sale e pepe e tanto altro, dalla la forma arrotondata da cui prendono il nome “bombette”, secondo tradizione cotte su brace.
Puglia da Bere Negramaro rosé Primitivo rosso Birra artigianale “Birra Salento” – pils Nuda e Cruda; ipa Tipa
Monopoli – La Locanda dei Pescatori (tanti cuori per il cameriere Antonio)
Ostuni – SAX
Cisternino – Le Tre Lanterne
❤ Miss Raincoat
Gaia “Nuvole di Zanzare” (colonna sonora del viaggio)
“E lo so già che non mi passa e mai mi passerà – e si unirà il nostro respiro e suonerà una nota sola”
Il Road Runner, per capirci Willie che non si fa mai prendere dall’affamato Coyote, è un uccello dei deserti tra California e Messico. Nonostante sia in grado di volare, preferisce spostarsi a piedi, fino a raggiungere velocità di trenta chilometri orari (che è anche il modo in cui si procura da mangiare). Di notte e di pomeriggio dorme e recupera tutta l’energia che ha alla mattina durante dei “bagni di sole”. Per le questioni amorose, invece, si prende tutto il tempo che ci vuole, cioè da marzo a settembre. Il maschio corteggia la femmina regalandogli prede, soprattutto serpenti. Se l’omaggio non fosse sufficiente, lui le agita la coda davanti al muso cantando una canzone. Se la femmina decide per il fatidico sì, allora costruirà un nido con erbe, piume e rametti recuperati dal fidanzato. La coppia formata rimane insieme per tutta la vita.
Breve parentesi SuperQuark per un altrettanto breve post in cui vi racconto il mio veloce giro giro tondo di questi miei giorni da turista…
Pesaro – “Una donna intelligente” a detta di Calcutta. Sul Mar Adriatico, di cui ho visitato il porto per il running mattutino sul Molo di Levante. Il centro storico è molto rinascimentale, il mio monumento preferito è la fontana detta La Pupilla davanti a Palazzo Ducale in Piazza del Popolo, una delle quattro fontane storiche di Pesaro. Ho mangiato molto volentieri gli Spaghetti alla Fanese, ossia con sarde – tonno – pomodorini – prezzemolo.
Fano (distante circa 14 km – 20 min) – che un tempo era un sito sacro alla Dea Fortuna. Ci sono andata per vedere meglio il mare. Ho visto il tramonto a Marina dei Cesari, il porto turistico. Meraviglioso e pieno di pathos il Monumento ai Caduti in Mare, detto La Tempesta (in ricordo alla tragedia del giugno 1964) sul Molo del Faro Verde. Il tutto si raggiunge con una passeggiata su pontile fisso, la Passeggiata del Lisippo, con vista su scogli e trabucchi.
Fabriano (distante circa 100 km – 1 ora e 20 min) – la città dei fogli delle Scuole Medie (ahahah) e per questo protetta da UNESCO. Ho visitato gli archi illusoriamente infiniti del rinascimentale Loggiato di San Francesco, pensato per collegare la Chiesa di San Francesco alla Piazza del Comune durante l’epidemia di peste del 1450. Ovviamente, non si poteva che fare tappa al Museo della Carta e della Filigrana ospitato in un vecchio convento domenicano, del quale è iconico e instagrammabile il chiostro.
Civitella del Lago e Lago di Corbara (distante 115 km – 1 ora e 45 min) – dicono che all’Umbria manchi solo il mare, in effetti ha i laghi e io ne ho scelto uno artificiale con rive frastagliate fino alla gola del Forello, nella valle del Tevere. Come tutti sappiamo, è una zona vitivinicola e il paesaggio è caratterizzato da borghi arroccati e vigneti. Civitella è in cima a una di queste collinette e, chiaramente, l’ho scelta per la vista panoramica e anche perché mi faceva strano che un piccolo paesino conservasse molte antiche porte monumentali. L’artigianato locale è famoso per le uova dipinte, che adornano i negozietti del borgo.
Orvieto (distante 20 km – 20 min) – Orvieto meriterebbe una vacanza a sé stante. Nel mio sightseeing ho incluso il Pozzo di San Patrizio, la Fortezza Albornoz, la Torre del Moro con risalita, il Duomo con la Cappella di San Brizio (la celebre per i dannati di Luca Signorelli) e una ovvia e meritata degustazione del vino Orvieto Classico.
(scusate se sono stata molto riassuntiva e ho badato poco alla perifrastica, ma sto scrivendo tramite le note dello smartphone)
Coira da casa mia dista circa 125 km. Ci si arriva o in auto o in treno. In treno la storia è un po’ lunga (5 ore a ben vedere) perché si deve raggiungere Tirano e poi trasbordarsi sulla Ferrovia Retica. In auto è una gita più celere: percorrendo la Strada Statale 36 “dello Spluga” si passa il confine e l’autostrada ci porta comodamente a destinazione in 2 ore e 30 minuti.
Lo si dice spesso che bisognerebbe godersi lo spazio temporale tra partenza e destinazione. Io oggi mi sto spostando per lavoro e sto ripassando un discorsone con le airpods che mi cantano le canzoni che mi piacciono. Liberare la testa serve per viaggiare leggeri, ma è difficile da farsi per una che ha il cuore per bagaglio a mano…
Ieri ha piovuto pressoché tutto il giorno, anche con il sole. Oggi, invece, il meteo è spettacolare. La temperatura è ben sopra i venti gradi e il cielo è di quell’azzurro che è possibile vedere solo da qui, incastonato tra le vecchie Alpi, ceruleo in gergo (oppure sono soltanto le mie lenti polarizzate a farmelo vedere così 🙂 ).
Coira è la città più antica della Svizzera. Dall’autostrada sembra grigia, triste e anonima – specie d’inverno quando i comignoli fumano sopra i tetti ghiacciati. Però, è proprio vero che guardare le cose dall’alto ti pone a una distanza cieca. Perché se ti dai il tempo di perderti nel suo centro storico – in tedesco si dice Innenstadt (il cuore della città) – la conosceresti nei suoi veri colori, quell’eleganza sia pittoresca sia elegante tipica di questi borghi di montagna strappati alla vita selvaggia dei boschi. In Piazza San Martino, fuori dalla chiesa, c’è una fontana dedicata al Santo che però viene chiamata Fontana dello Zodiaco, siccome la sua vasca è decorata con i simboli zodiacali. Mi è venuta in mente perché sto ascoltando “Oroscopo” di Calcutta…
Poi stavo anche pensando che il mio cocktail preferito è senza dubbio il Mojito. Mi piace molto la sua semplicità e per questo sono anche molto pignola sulla sua esecuzione. Per esempio, posso capire che lo sciroppo di zucchero sia meno rozzo dello zucchero di canna – ma, mi dispiace non trovarmelo granuloso nel bicchiere.
Insomma, il Mojito nasce come una bevanda very rude. Il drink nazionale di Cuba per il quale sono diventati famosissimi i Cantineros de L’Habana fu inventato dal corsaro inglese Sir Francis Drake per dissetare i suoi marinai.
Mojito significa “piccolo incantesimo”. La ricetta nasce all’arrembaggio con le poche risorse che si avevano nella stiva. L’acqua molto frizzante che voi studiati chiamate seltz è un’alternativa potabile all’acqua stantia che avrebbe dovuto bere la ciurma. Il rum bianco era il quello più economico, usato prettamente o per disinfettarsi o per ubriacarsi. Per non far sentire il sapore rancido dell’acqua e per dare un po’ di coraggio agli uomini di mare (e scongiurare il colera), quindi, si aggiunsero altri due ingredienti facilmente reperibili: il lime (l’agrume caraibico) e la hierba buena (che italiano si chiama menta spicata).
Ne consegue che il Mojito non è per fare i finti fighi in discoteca. Vale lo stesso discorso più volte specificato su questo blog: la barba (o il mojito) fa figo solo se sei già bello 😛
❤ Miss Raincoat
“Non mi ricordi nessuna guagliona” cit. Calcutta in “Oroscopo”
Dalla finestra davanti alla mia scrivania si vede l’Adamello con le cime innevate, sembrano così vicine ma si trovano già in un’altra provincia rispetto a me… Come l’estate, no? Fino l’altro ieri ci stavamo ancora lamentando del caldo e delle cimici cinesi e adesso risparmiamo le parole allacciando il piumino fin sotto al mento. A questo proposito mi è tornata in mente quella torrida mattina della scorsa alta stagione estiva, quando ho varcato i confini della Valtellina per le volte della Brianza lecchese.
Imbersago è un paese non tanto grande in provincia di Lecco, sulle colline delle prealpi e bagnato dal fiume Adda (fa, appunto, parte del Parco Adda Nord)
Santuario della Madonna del Bosco
Il primo nucleo del luogo sacro (situato a 1 km dal centro comunale, strada in salita – dotato di numerosi parcheggi gratuiti) nasce nel 1632 e viene detto scurolo, ossia è una piccola cappella entro la quale, attraverso delle statuine, sono narrati i miracoli alla base del culto di questo tempietto.
Erano anni difficili, di guerra, di carestia e di peste, quando nei boschi sopra il borgo di Imbersago cominciarono a verificarsi dei fatti strani, alcuni paesani li chiamarono miracoli. Precisamente alla Sorgente del Lupo, nel 1616, in prossimità di tre grandi castagni, a tre pastorelli apparve la figura di una grande signora, incorniciata da una luce e da una musica celestiale; questo luogo, perciò, diventò presto famoso come Madonna del Riccio, poiché, per quanto fosse il 9 maggio, alla fine della visione uno dei bambini, Pietro, trovò un riccio pieno di castagne mature. Qualche anno dopo, in questa zona infestata dalla ferocia dei branchi, un lupo affamato riesce ad agguantare il neonato figlio di una famiglia di contadini. Solo le preghiere della madre alla Madonna del Riccio riuscirono a salvare il piccolo.
La chiesa vera e propria, invece, fu costruita durante la metà del Seicento sul progetto di Carlo Buzzi, che già era famoso e, quindi, richiedeva un compenso abbastanza notevole. Nel 1677 si arrivò a vedere le forme che anche oggi possiamo ammirare: una pianta ottagonale completamente arricchita da stucchi preziosi. Lo svettante campanile con la statua di Maria in bronzo sulla sommità, invece, è del 1888.
L’elemento di spicco del complesso è la scalinata che sale al santuario, alla quale sono stati concessi 300 giorni d’indulgenza, per ogni gradino percorso recitando il Rosario. In cima alla scalinata, nel 1962, è stata posta l’enorme statua bronzea di Papa Roncalli (Giovanni XXIII) – la quale misura 4 metri e pesa 30 quintali. Il pontefice era solito venire qui in pellegrinaggio, in quanto il suo paese natale, Sotto il Monte (BG), dista da Imbersago meno di 15 km.
Traghetto di Leonardo – Ecomuseo Adda
Scendendo verso il centro comunale fino al fiume Adda (850 metri dal Municipio – dotato di parcheggi; traghettare costa poco meno di 1 € * 5 auto e 100 persone) , raggiungiamo il porticciolo con questa antica e originale imbarcazione attribuita a Leonardo da Vinci, in quanto studiò a lungo questo progetto durante il suo periodo milanese – questo è l’unico esemplare al mondo funzionante e collega Imbersago (LC) a Villa d’Adda (BG). Anche il già citato papa Roncalli era solito utilizzare questo traghetto, tant’è che è ricordato su una lapide. Chi non volesse effettuare la traversata, comunque, può continuare la passeggiata sulla sponda lecchese, dialogando (ahahah) con la fauna locale: cigni, germani reali, folaghe e anche libellule aesna – questi sono quelli che ho riconosciuto io!!!
Ora tenterò di spiegare il funzionamento dell’ingegneria leonardesca. Vi premetto che ho osservato il traghetto per 30 minuti con la brochure in mano per capirlo!!! Allora… Il traghetto è attaccato a un cavo d’acciaio che va da una sponda all’altra. Siccome il mezzo trae forza dalla corrente dell’acqua, non ha bisogno di un motore. Un solo manovratore agisce su un timone che serve per orientare l’imbarcazione e utilizza un bastone di ferro per dare la spinta iniziale al cavo che unisce le sponde. Quando il traghetto raggiunge la posizione obliqua, è solo la corrente che permette il suo movimento. Ditemi che avete capito! *A scanso di equivoci, vi metto anche il video*
Che strana giornata è stata quella!!! Il giorno dopo mi sarebbe scoppiato in mano l’universo (in senso positivo,eh) e io nemmeno lo sapevo… Per questo è diventata memorabile 🙂
Esistono tre città nel Veneto in cui ci si va con l’emoticon con i cuoricini al posto degli occhi…
Venezia. Costosissima, per vari motivi che in questo post non ci stanno (anche se noi ci siamo andati low cost qui). Meravigliosa. A Venezia ci si va con l’anello (anche quello delle palline…ma le vendono ancora o sono rimasta negli Anni ’90?) e senza sciatica, che poi ci si deve inginocchiare. Perciò, Venezia è un po’ impegnativa.
Verona.Ma sì, quella di Romeo e Giulietta. Quella che – alcuni vociferano -Shakespeare non ha nemmeno mai visto. Anche lei una città del nord Italia che va vista almeno una volta (a me è rimasto impresso il rossiccio delle sue mura scaligere che spiccava durante una giornata bigia di gennaio). Inoltre,è una città che temo, perché la mia prof. Di Latino del Liceo – quella con la Montblanc assassina – veniva da qui. Eppure, “se ti porta a Verona invece che a Venezia è un fedifrago” cit. Mio Attuale Capo.
Padova. La città veneta per le rockstars. Padova è per chi ha la fidanzata guida-turistica che ama gli aperitivi (ho detto aperitivo, non apericena. Io dopo lo spritz voglio andare a cena o a pranzo; parimenti voglio fare la colazione a un orario decente con le cosette dolci – scusate la digressione). Lungo le rive del Bacchiglione, è la città dei portici medievali e delquasi-esotismo delle cupole emisferiche.
Cosa non perdersi (o cosa sapere per fare i finti intellettuali, sicut Alberto Angela docet)
la Basilica di Sant’Antonio (che è gratis) e il Monumento Equestre al Gattamelata di Donatello, proprio nella piazza antistante.
Il più antico Orto Botanico al mondo – ingresso 10 €
Prato della Valle con al cento l’Isola Memmia
Basilica di Santa Giustina con la tomba di San Luca (romanico-bizantina)
MUSME , Museo della Medicina – ingresso 10 €
Piazza delle Erbe, Palazzo della Ragione, Palazzo del Capitano (con orologio astronomico), Portico della Corda e Duomo
Cappella degli Scrovegni con l’opera di Giotto e quel blu oltremare che si capisce perché tutti lo volessero nonostante il costo – – ingresso 13 € (quasi obbligatoria la prenotazione, anche online); il biglietto comprende anche i Musei Civici Eremitani e Palazzo Zuckermann, tutto lì vicino.
Che dite? Andate in gioielleria o a prenotare l’entrata alla Cappella degli Scrovegni?
Ci siamo stati a fare un giro in centro (per vedere l’Albero di Natale by Swarowski e altri strani gadgets – vedi gioco da veri machi ) o un giro romantico ma sicuro (grazie alla Control)
Quest’anno vorrei riproporvela in una veste più culturale. L’avrò già detto un miliardo di volte che il mio museo meneghino preferito è quello di Brera, anche se, nella misura di dover portare qualcuno a visitare un museo della mia regione, sceglierei sicuramente il Museo della Scienza e Della Tecnica di Milano.
Noi ci siamo andati in treno arrivando in Stazione Centrale alle 9.45. Da lì abbiamo raggiunto la fermata Duomo con la metro (M3 – linea gialla). Si può anche subito raggiungere il Museo (dotato di parcheggio a pagamento) ma volevamo farci un selfie con guglie e piccioni violenti.
Da Piazza Duomo a Sant’Ambrogio ci sono 1,5 km (circa 20 minuti a piedi) e ci si può fermare a Piazza Affari per un altro selfie con gesto annesso. Dato si è nei paraggi, consiglio di visitare la Basilica di Sant’Ambrogio (quando ci entri senti di essere in un luogo antico,tranquillo, in un’altra dimensione…provare per credere!!!). Il Museo è a 5 minuti (400 mt.), perciò la nostra pausa pranzo è stata inserita dopo il romanico della basilica (la toilette e l’area snack la trovate nel Museo, comunque – io ho mangiato una cosetta che mi aveva ingolosito nel tragitto approfittando dell’area “relax” nel museo, zona contrassegnata con M0).
Quindi, dopo essermi incipriata il naso ho visitato il Museo. Il costo del biglietto è 10 €; per chi ha meno di 26 anni o più di 65 anni 7,50 € + rientra nei musei del bonus cultura.
La struttura è un edificio monumentale a due piani. Gli highlights sono il forno stassano per laproduzione di acciaio, la dinamo di Edison, il continuus properzi per laminare il piombo e tutta la sezione sull’Alfa Romeo al secondo piano.
All’esterno dell’edificio monumentale troviamo altri padiglioni dedicati ai treni, con varie locomotive e all’ingegneria aeronavale (quest’ultimacon due piani separati per navi e velivoli). Nelle Cavallerizze ci sono spesso mostre temporanee.
Uscendo dal Museo, c’è subito la fermata della metro Olona che ci riporta in Stazione Centrale (M2 – linea verde)
** in questo post abbiamo anche parlato del biglietto Io Viaggio in Lombardia.
Dato che abbiamo parlato di selfies, vogliamo ricordare al gentile pubblico turistico di non abusare del bastone!!! Più baci meno selfies!!!