Ciamà l’Erba

Le Antiche Tradizioni della Valtellina

Ai primi di marzo, i bambini maschi erano soliti scorrazzare tra prati con i campanacci per risvegliare l’erba (ciamà l’erba = chiamare l’erba) ed invitarla a ricrescere dopo il lungo torpore invernale, concludendo la scorribanda chiedendo, casa per casa, qualcosa per fare merenda (tipo Halloween), intonando la canzoncina “Marsin, marsèt incinem ul me sakèt. Se i ve car i vos fiöi fek dul bee ai Marziröi” (Marzino Marzetto riempimi la tasca. Se vi sono cari i vostri figli fate del bene ai Marzaioli). Alle bambine era riservata la raccolta delle prime erbette o delle radici spuntate dopo il gelo invernale.

Probabilmente, il rito viene ripreso dalle pagane Calende di Marzo. Per i Romani, il primo giorno di Marzo era anche il primo del calendario e si accendeva il fuoco nuovo nel Tempio di Vesta. Annunciavano l’arrivo di una nuova stagione, quella che rinverdisce i campi e gli alberi. Più profondamente, si associava la rinascita del mondo naturale con quella dell’uomo, miracolo che appunto aveva sede nell’utero femminile – perciò, era anche una sorta di festa delle donne ante litteram.

Fioritura di crochi (“bucaneve”) ad Albaredo

Esiste una località sopra Selvetta che si chiama Alprato (Comune di Forcola) che è una sorta di baricentro della rete dei borghi sopra l’abitato di Sirta, non solo per la sua posizione geografica centrale, ma anche per il ruolo che aveva un tempo nella società. Per esempio, la Chiesa dell’Annunciazione, vicino alla quale a fine Cinquecento soggiornava anche parroco, ne descrive l’antico prestigio del luogo (oggi della chiesa ne abbiamo perse le tracce). Tra gli affreschi votivi, dei quali i più anziani risalgono a fine Quattrocento, spicca una Madonna in Trono con l’iscrizione In grembo matris sedes sapientia patris. Info da : Franco Mottalini // http://www.forcolaweb.org

<3 Miss Raincoat

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Natale in Valtellina

Breve Almanacco delle antiche tradizioni dicembrine

2 dicembre – Santa Bibiana

Un po’ come in tutta Italia, è un giorno gradito ai meteorologi. Se piove, pioverà per tutto il mese.

13 dicembre – Santa Lucia

Questa giornata dava il via al clima festaiolo. A differenza del Gesù Bambino o della Befana, la Lucia non aveva dei tratti tipici, anzi, non si conosceva nemmeno il suo aspetto. La sera, i bambini lasciavano un piatto sul davanzale e lo ritrovavano colmo di mandarini, fichi o spagnolette (ossia le arachidi) – i bambini più ricchi ci trovavano il torrone.

Altri genitori spronavano i figli a mettere in una bacinella acqua e albume e lasciarla fuori dalla finestra tutta la notte. La mattina, grazie a Santa Lucia, il bianco dell’uovo si sarebbe dovuto trasformare in una barchetta.

A Livigno, invece, era il Giorno del Solastro. Durante il giorno più breve e più buio dell’anno, una volpe maschio scendeva sempre in paese per divorare un umano. Quindi, era un giorno cupo in cui l’umanità si doveva ricordare della sua paura al cospetto della natura invernale desolata.

24 dicembre – Vigilia

Fino a mezzogiorno, si digiunava. Dopo cena, si attendeva la messa di mezzanotte in stalla o nella stüa. Al caldo, i più anziani raccontavano storie ai più piccoli, si recitava il Rosario, oppure si pensava semplicemente all’estate. Probabilmente, gli uomini bevevano tra loro. Si preparava anche un lume acceso verso est, per indicare la strada ai Re Magi. Finalmente, dopo la messa, si mangiava la bisciöla.

25 dicembre – Natale

Durante la notte più magica dell’anno, tutta la natura era incantata. Addirittura, si pensava che chi fosse nato durante questa notte, avrebbe avuto le ossa intatte fino al Giorno del Giudizio. Inoltre, il giorno di Natale si vendeva il porco del paese al macello comunale. Attenzione però, se a Natale il clima fosse stato mite, ci si sarebbe dovuti aspettare mal tempo a Pasqua.

26 dicembre – Santo Stefano

Nei luoghi dove il Santo è patrono, i ragazzi, in commemorazione al martirio, si prendevano a sassate. Dovunque venivano organizzate delle festicciole per trovare la morosa. Erano diffuse anche delle processioni con i ceri, sempre per aiutare l’orientamento dei Re Magi.

31 dicembre – San Silvestro

Più che altro, era una festa per i giovani. Venivano sbarrate le strade per non far scappare l’anno vecchio. Ci si divertiva organizzando scherzi ad amici o parenti, soprattutto nascondendo oggetti e mettendoli in mucchio in piazza – la mattina dopo il proprietario doveva cercarli. Qualche volta, succedeva anche che un papà si trovava rubata la figliola più bella, ma questa è un’altra storia…


Anche se vanno a collocarsi in un’altra parte dell’anno, voglio ricordarvi altri due storici appuntamenti.

Gabinat alla Befana (6 gennaio)

Il nome deriva da Gabenacht, la notte dei doni. Dal 5 al 7 gennaio si è soliti dire alle persone “gabinat”. Se lo dici per primo sei salvo; altrimenti, devi fare un regalo a chi te l’ha detto entro Sant’Antonio (17 gennaio). Un tempo, i ragazzi andavano di casa in casa per racimolare doni.

Brusa la Vegia a Carnevale (febbraio o marzo)

Visto che si ripuliscono campi e vigne in vista dell’arrivo della primavera, le si raccolgono per bruciarle tutte durante questa serata. L’erba migliore per fare questo “giochetto” è l’assenzio, non solo per il profumo inebriante, ma anche perché brucia subito. Il fascio viene montato su un bastone e vestito con indumenti vecchi per farlo sembrare una brutta donna anziana, ossia la vegia. Dopo essere stata portata in processione su un carro, la sventurata viene arsa. Il bastone interno al fantoccio viene fatto roteare, come una torcia, attorno alla quale tutti danzano. La Vegia va a rappresentare tutto ciò che si vuole buttare via per lasciare spazio a un anno più fecondo: la miseria, la fame, le disgrazie e le malattie.

❤ Miss Raincoat

𝒷𝓊𝑜𝓃𝑒 𝒻𝑒𝓈𝓉𝑒 𝒹𝒶 𝓉𝓊𝓉𝓉𝑜 𝒾𝓁 𝒯𝑒𝒶𝓂 𝒹𝑒𝑔𝓁𝒾 𝒰𝓃𝒾𝒸𝑜𝓇𝓃𝒾!