Coira da casa mia dista circa 125 km. Ci si arriva o in auto o in treno. In treno la storia è un po’ lunga (5 ore a ben vedere) perché si deve raggiungere Tirano e poi trasbordarsi sulla Ferrovia Retica. In auto è una gita più celere: percorrendo la Strada Statale 36 “dello Spluga” si passa il confine e l’autostrada ci porta comodamente a destinazione in 2 ore e 30 minuti.
Lo si dice spesso che bisognerebbe godersi lo spazio temporale tra partenza e destinazione. Io oggi mi sto spostando per lavoro e sto ripassando un discorsone con le airpods che mi cantano le canzoni che mi piacciono. Liberare la testa serve per viaggiare leggeri, ma è difficile da farsi per una che ha il cuore per bagaglio a mano…
Ieri ha piovuto pressoché tutto il giorno, anche con il sole. Oggi, invece, il meteo è spettacolare. La temperatura è ben sopra i venti gradi e il cielo è di quell’azzurro che è possibile vedere solo da qui, incastonato tra le vecchie Alpi, ceruleo in gergo (oppure sono soltanto le mie lenti polarizzate a farmelo vedere così 🙂 ).
Coira è la città più antica della Svizzera. Dall’autostrada sembra grigia, triste e anonima – specie d’inverno quando i comignoli fumano sopra i tetti ghiacciati. Però, è proprio vero che guardare le cose dall’alto ti pone a una distanza cieca. Perché se ti dai il tempo di perderti nel suo centro storico – in tedesco si dice Innenstadt (il cuore della città) – la conosceresti nei suoi veri colori, quell’eleganza sia pittoresca sia elegante tipica di questi borghi di montagna strappati alla vita selvaggia dei boschi. In Piazza San Martino, fuori dalla chiesa, c’è una fontana dedicata al Santo che però viene chiamata Fontana dello Zodiaco, siccome la sua vasca è decorata con i simboli zodiacali. Mi è venuta in mente perché sto ascoltando “Oroscopo” di Calcutta…
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Poi stavo anche pensando che il mio cocktail preferito è senza dubbio il Mojito. Mi piace molto la sua semplicità e per questo sono anche molto pignola sulla sua esecuzione. Per esempio, posso capire che lo sciroppo di zucchero sia meno rozzo dello zucchero di canna – ma, mi dispiace non trovarmelo granuloso nel bicchiere.
Insomma, il Mojito nasce come una bevanda very rude. Il drink nazionale di Cuba per il quale sono diventati famosissimi i Cantineros de L’Habana fu inventato dal corsaro inglese Sir Francis Drake per dissetare i suoi marinai.
Mojito significa “piccolo incantesimo”. La ricetta nasce all’arrembaggio con le poche risorse che si avevano nella stiva. L’acqua molto frizzante che voi studiati chiamate seltz è un’alternativa potabile all’acqua stantia che avrebbe dovuto bere la ciurma. Il rum bianco era il quello più economico, usato prettamente o per disinfettarsi o per ubriacarsi. Per non far sentire il sapore rancido dell’acqua e per dare un po’ di coraggio agli uomini di mare (e scongiurare il colera), quindi, si aggiunsero altri due ingredienti facilmente reperibili: il lime (l’agrume caraibico) e la hierba buena (che italiano si chiama menta spicata).
Ne consegue che il Mojito non è per fare i finti fighi in discoteca. Vale lo stesso discorso più volte specificato su questo blog: la barba (o il mojito) fa figo solo se sei già bello 😛
❤ Miss Raincoat