Libellula – Dragonfly

Forse non tutti lo sanno, ma adesso lo sbandiero sull’internet. Ho (da poco) una libellula tatuata sulla schiena in zona sacrale, lato sinistro. Sì, certo, avere un tatuaggio è mainstream. Però, il tatuatore ha detto che la scelta del soggetto è veramente rara. Se gli uomini preferiscono le bionde, allora le donne preferiscono tatuarsi farfalle. A me le farfalle, personalmente, piacciono con panna, zafferano, piselli e prosciutto 😛

La libellula mi affascina. Ha un aspetto elegante, ma è prevalentemente una predatrice. Pare che, in origine, fosse il cavallo di San Giorgio, quello che salva la principessa dal drago. Il nome inglese di questo insetto, dragonfly, ricorda questa leggenda: il cavallo, per sfuggire dal drago (dragon) diventò un insetto volante (fly). Si liberò del peso corporeo, della forza fisica, per essere libera. Pare anche che Satana usi il peso di una libellula per misurare il peso delle anime, motivo per il quale questi piccoli esserini hanno anche un dark side, qualcosa di sinistro. L’etimologia italiana, infatti, viene da “libra” (bilancia): nel volo le ali sembra che stiano ferme nella tipica posizione orizzontale, a livello.

Inoltre, mentre le rondini non fanno assolutamente primavera, le libellule mi fanno venire in mente le prime serate calde di maggio. Lenny Kravitz, pure. La libellula è la spensieratezza consapevole di quando hai trent’anni.

La libellula, in arte, è simbolo di coraggio, forza e felicità. Come motivo allegorico, è stata importata dal Giappone. Del resto, non possono non venirci in mente i magnifici esempi di gioielleria o le lampade Tiffany dell’Art Nouveau. Un artista non può che essere affascinato dai suoi colori metallizzati ed iridescenti, che le servono per camuffarsi e creare illusioni ottiche. Eppure, le sue ali sono pressoché di carta velina.

Abile nel volo, che sfrutta catturando le prede (per esempio, le banalissime mosche) a mezz’aria senza mai vagare a vuoto, la libellula ti assale solo quando entri nel suo campo visivo. Comunque, è talmente leggera da non fare nemmeno increspare le acque degli ambienti paludosi che predilige, mentre si libra. Un corpo esile capace di attraversare una tempesta danzando, come recita un proverbio giapponese.

Per quanto riguarda la vita di coppia, viene abbandonata dal partner dopo l’accoppiamento, che la insegue fino alla deposizione solo per aggredire i possibili rivali. Eppure, si distingue anche nella modalità di riproduzione, una specie di danza-competizione. Il maschio afferra la femmina da dietro la testa e la femmina arriccia l’addome sotto il corpo per essere “ricettiva”, mettendosi insieme in una posizione che ricorda un cuore; non è romanticismo vuoto, è un incastro perfetto. La mamma, infine, lascia le uova in acqua. Perciò, una libellula nasce nell’acqua e se ne emancipa iniziando a volare, ossia finendo la sua vita in aria.

Vive per un’ intensa settimana. Si fa una scorpacciata di moscerini e zanzare, si accoppia in volo, depone le uova appena sotto il pelo dell’acqua, sceglie una foglia adatta per riposarsi e poi si addormenta per sempre.

❤ Miss Raincoat

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Cronache da Amantea e dintorni

*Giorno 6*

In quaranta minuti (55 km) ci è stato possibile raggiungere uno dei gioielli della costa tirrenica calabrese, Pizzo Calabro. La giornata è passata in un battibaleno tra i racconti di mio papà su Gioacchino Murat (che mi è parso un figo, moro e con gli occhi azzurri), frammentati dalle descrizioni delle armi ottocentesche gentilmente fornite da mio fratello, e tra le scoperte culinarie che ho fatto con mia mamma “Da Poldo” (piccola paninoteca, forte anche negli antipasti, enorme in ingredienti e cortesia) e  l’artigianalità nostrana del celebre Tartufo di Pizzo. 

Punto fermo della nostra visita è stato il Castello Murat di Pizzo.

Il sito è aperto tutti i giorni fino alle 19.Durante il mese di luglio e agosto è possibile visitarlo anche in orario serale, fino a mezzanotte nei weekend. Il prezzo d’entrata è 3€ (riduzione per gruppi 15 pax, anziani 65+, ragazzi 6-12; gratis disabili e bambini fino ai 6 anni). È possibile scattare fotografie, ma ovviamente senza flash. Più Info

Il castello, nato come Torre Mastia, risale al XIII secolo, voluto da Ferdinando I d’Aragona (nel 1480 aveva possedimenti da Reggio Calabria, a Crotone fino a qui, nel Golfo di sant’Eufemia) come postazione di avvistamento della pirateria saracena. Non fu mai una residenza, bensì una fortezza/carcere. Il prigioniero più famoso del Castello di Pizzo fu Gioacchino Murat, il cognato di Napoleone che proprio qui venne fucilato. All’interno del monumento è possibile visitare una ricostruzione degli ambienti durante gli ultimi giorni di Murat (compresa l’ultima lettera olografa alla moglie) ed una collezione di monete. Dalla Terrazza è possibile ammirare il Golfo di Sant’Eufemia e la Piazza Repubblica (con il busto di Umberto I).

Gioacchino Murat, figlio di un locandiere, nasce in Francia nel 1767 (a La Bastide -Fortunière, oggi piccola frazione sui Pirenei a 2 ore da Tolosa) e, una volta arruolatosi nel Reggimento Cacciatori, fa ben presto carriera diventando Ufficiale. Al fianco di Napoleone, fu un grande comandante  che, nel 1800, sposò addirittura Carolina, sorella di Napoleone. Nel 1808, come Re di Napoli, si distinse, seppur regnando per poco, per le riforme amministrative, giudiziarie e sociali. Nel 1815, con la caduta di Napoleone, cercò di “salvarsi le penne” dichiarando guerra all’Austria e chiamando a sé tutta l’Italia, sottoscrivendo il primo documento che parla di Italia Libera ed Indipendente (Proclama di Rimini) e rifugiandosi in Corsica. Tentò la sua personale “reconquista” nell’ottobre del 1815 sbarcando a Pizzo; in seguito ad un rocambolesco inseguimento venne imprigionato e fucilato nel Castello in data 13 ottobre (è sepolto nella Cattedrale di San Giorgio, sempre a Pizzo). Prima di morire , disse “Mirate al cuore, salvate il viso!“.

Poi, non abbiamo dimenticato la Chiesa Matrice/Duomo di San Giorgio (in pomposo stile barocco del 1632), al centro del paese, maestosa sia dentro che fuori, con la tomba di Gioacchino Murat e varie statue di pregio. Vicino al suddetto Poldo, dove abbiamo trovato ristoro, non abbiamo nemmeno trascurato la Chiesa della Madonna del Carmine (del 1579, è la più antica di Pizzo), piena fino all’orlo di statue e affreschi che, però, hanno tutti il loro spazio ordinato.

Da Poldo

Dopo aver sbaffato un Tartufo nella parte più bassa del paese, chiamata Marina di Pizzo (non prima di aver sbagliato strada anche con il Navigatore, approdando alla Stazione e sorbendoci un casello chiuso, come se ci mancasse pure in vacanza!), abbiamo fatto anche una toccata e fuga anche alla Chiesetta di Piedigrotta, scavata nel tufo come ex voto da un gruppo di naufraghi napoletani, durante il Seicento. Più Info

 

Tartufo di Pizzo

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❤ Miss Raincoat