Giovanni Gavazzeni & Rosa Pirola

Talamona, 1841 – 1907

Nel cuore del borgo di Talamona, in Casa Mazzoni, poco distante dalla chiesa parrocchiale, una casa silenziosa e celata dagli alberi, il pittore Giovanni Gavazzeni si era arrangiato la sua casa-studio.

Era un uomo taciturno, schivo, meticoloso – un orso buono. Aveva trascorso tutta la sua giovinezza all’Accademia Carrara di Bergamo, lontano anche dagli schiamazzi anti-austriaci (per quanto, al compimento del diciottesimo anno di età, lasciò per un breve tempo gli studi e marciò con Garibaldi su Sondrio).

Decise di tornare a casa sua, nel suo paesello orobico, lontano dal caos cittadino che detestava, e lì venne apprezzato dalla committenza ecclesiastica, nobile, borghese e perfino contadina. L’Accademia Carrara, lontana dal rettorato innovativo di Hayez a Brera , si ispirava al Settecento Veneziano e a Raffaello. Il Gavazzeni, anche se molto incuriosito dal tema romantico dell’incubo notturno, rimase sempre fedele al tema sacro inserito in paesaggi idilliaci o in interni dettagliatamente ottocenteschi. Quello che lui ricerca sono le emozioni semplici. Quello che lo ossessiona solo le cromie intense studiate scrupolosamente.

La critica, non trovandolo al passo con i tempi, lo snobba. Eccetto lui, sua maestà Vittore Grubicy De Dragon, il pittore-critico e mercante che aveva scoperto per esempio Segantini (amico del Gavazzeni e anche del Damiani). Lo incuriosirono, del Gavazzeni, i suoi sentimenti trasparenti così diversi dall’artificialità ampollosa dell’arte sacra tardo-ottocentesca. La definì un’arte delicatamente schietta, poiché l’artista aveva nel cuore un misticismo personalmente sentito.

Non sappiamo dove e quando cominciò l’intensa e tenera storia d’amore con Rosa Lucia Pirola di Masino (Ardenno), nata nel 1850 e figlia di Francesco, che concesse la mano della figlia al pittore di buonissima fama locale il 6 febbraio 1873 nella chiesa di San Pietro al Masino. Rosa seguirà il marito nella casa-studio di Talamona e lui la trasformerà nella sua Musa. Il desiderio inesaudito di diventare genitori, anche un’onta ai tempi, diventerà il tema nascosto e ricorrente della sua arte, anche se nel 1892 adottarono i figli del cognato, rimasti orfani (Carlino, Giovanni e Guido Pirola) – che fecero vivere nell’agio, viaggiare, studiare e amarono calorosamente.

Le sue Sacre Famiglie, come la Sacra Famiglia dei Fratelli Ciapponi in Via III Novembre a Morbegno, sono sempre pervase da un clima intimamente famigliare. Rosa, è sempre il volto di Maria, un volto dai lineamenti aristocratici; una Madonna rappresentata come madre timida e affettuosa. Il San Giuseppe, sempre anziano e sempre un autoritratto, si protende verso il Figlio ed è devoto e protettivo verso Maria.

L’amore per Rosa, nonostante tutto, non ha eguali nella vita affettiva del Gavazzeni. Forse, l’unica eccezione, potrebbe essere il legame d’amicizia quasi paterna con il poeta Guglielmo Felice Damiani (1875-1904). Insieme, furono pionieri della Storia dell’Arte della Bassa Valle.

Il Gavazzeni morì in casa sua a Talamona, a fine novembre, per una pleuropolmonite. Stava ultimando il Cristo Redentore per il Cimitero di Sondrio. Il caso vuole che, in carriera, per la Collegiata di Sondrio, aveva realizzato il Transito di San Giuseppe, dove Rosa, impersonificando Maria, gli bacia teneramente e disperatamente le mani; tre putti attorniano il capezzale (dei quali uno ci invita dentro la scena guardandoci fisso); Gesù, triste e composto, lo eleva al Cielo come suo padre putativo.

Il nostro pittore valtellinese riposa in pace nel Cimitero di Talamona. Sulla sua tomba, vicino al monumento di Egidio Guanella e la copia del Redentore, porta l’epitaffio <illustrò la fede con il pennello>.

Miss Raincoat

°*Letture consigliate dall’Unicorno°*

  • Giulio Spini, Renzo Fallati, Eugenio Salvini – “Giovanni Gavazzeni 1841- 1907”
  • Mario Vergottini, Simona Duca, Giampaolo Angelini – “Giovanni Gavazzeni . Pittore nella Valtellina di Fine Ottocento”
La “Madonnetta” – ossia il luogo dove ho conosciuto il Giovanni ❤

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“Sacra Famiglia” di Giovanni Gavazzeni

Un altro dei miei angoli preferiti a Morbegno

Considerando che la Bottega Ciapponi alla quale appartiene il dipinto nasce nel 1883 e che Giovanni Gavazzeni stava affrescando La Madonnetta di Morbegno nel 1875, il dipinto può essere collocato cronologicamente tra queste due date.

Giovanni Gavazzeni, pittore talamonese formatosi nell’ambito neoclassico dell’Accademia “Carrara” di Bergamo, era apprezzato in Valle perché il suo gusto elegante non era mai troppo monumentale. Io l’ho sempre amato per via della sua ricerca quasi scientifica sulle cromie ancora naturali, quando pressoché tutti gli artisti preferivano già la comodità dei colori in tubetto. Il suo blu “alpino” mi lascia sempre senza parole!!!

Il dipinto si trova in Piazza Tre Novembre (già Trivio del Mercato) – avete capito bene, 3/11/1918 per ricordare con puntualità la firma dell’Armistizio della Grande Guerra. Io definisco questo affresco “Sacra Famiglia di Casa Ciapponi”: per via dell’ambientazione in un talamo, la stanza più intima di una casa, potrebbe essere stato un dono di nozze. Auguri e figli maschi!

Ma soffermiamoci a notare qualche particolare…
  • La Madonna porta in volto il ritratto della moglie Rosa Piròla di Ardenno; lei e Giovanni non hanno potuto avere figli, ai tempi un’onta oltre che dispiacere. Avevano adottato i nipoti orfani e morirono durante la Guerra della quale la piazza è memore. Il pittore, per contro, si ritrae sempre come un San Giuseppe.

  • L’atmosfera calma è data dai toni blu. Pochi accenti di rosso parlano di un amore vivo, da non sprecare.

  • In una tipica camera da letto ottocentesca, ci facciamo guardoni di un clima intimo e complice:  un matrimonio d’amore che l’artista aveva sperimentato.

  • La pesca che ha in mano Gesù è l’unico simbolo di immortalità nella composizione che sembra quella di una famiglia qualunque, con sentimenti umani e non divini.

❤ Miss Raincoat

 

“La Madonna della Seggiola” di Raffaello Sanzio

Certo, dire che Babbo Natale non esiste non è una bella notizia. Anzi, è una brutta notizia. D’altra parte cosa si dovrebbe dire? Che ci sono le prove scientifiche dell’esistenza di Babbo Natale? E che esistono le testimonianze di milioni di persone che hanno trovato giocattoli sotto il camino o sotto l’albero?Piero Angela

Questa non è soltanto la tela più bella del Rinascimento, del Raffaello nazionale e del tema Sacra Famiglia/Natale/Compleanno di Gesù, ma un vero e proprio simbolo di italianità. Infatti, Napoleone se l’era portata in Francia nel 1797 con varie altre 99 opere e fu riportata in Italia durante la spedizione post 1815, assegnata allo scultore Antonio Canova dal cardinale Ettore Consalvi. Ricordiamo che Canova aveva conosciuto bene Napoleone e la sua famiglia, essendone lo scultore ufficiale: oltre a ricordarci delle sue Tre Grazie o di Amore&Psiche, infatti, ne è celebre la Paolina “Borghese” Bonaparte.

In origine, comunque, il dipinto faceva parte della collezione della Famiglia Medici e fu commissionato da papa Leone X, al secolo Giovanni de’ Medici. Possiamo affermare con sicurezza che la sedia nella composizione, detta appunto camerale,  facesse  parte della camera da letto di Palazzo Pitti/Uffizi. Le Sacre Famiglie su supporto tondo erano un oggetto di collezionismo per le case borghesi fiorentine (anche Michelangelo realizzò il famoso Tondo Doni per Agnolo Doni) e si ordinavano in onore di Matrimoni o Battesimi. Cronologicamente, il dipinto venne realizzato dopo l’intervento di Raffaello nelle sale vaticane, con un’ispirazione michelangiolesca (plasticità anatomica e dettagli curati), anche se il nervosismo e la perfezione di posa (il troppo-finito) michelangoleschi sono stemperati dalla dolcezza tipica raffaelliana.

Ciò che rende la Madonna della Seggiola inconfondibile e iconica (Ingres prende spunto da questa per le sue Odalische nell’Ottocento, per esempio)è la cura per i dettagli ricercati. L’oro brilla, i ricami sono alla moda, i colori sono accostati secondo un accordo caldo/freddo e l’anatomia, specie nel gomito del bambino, è esatta…

Inoltre, dietro alla bellezza formale, esiste un’analisi geometrica che basa la composizione sulla forma tonda del supporto pittorico. Grazie a questa correzione ottica, il Bambino sembra ancora più teneramente cicciottello e la Madonna, scivolando in avanti e sollevando una gamba, suggerisce il dondolio curvo del cullare.

In realtà, la scena è molto semplice. Maria guarda verso lo spettatore stringendo Gesù Bambino in un abbraccio materno; affiorando dallo sfondo scuro, il San Giovannino rivolge un gesto di preghiera a Maria (porta il bastone a forma di croce, che lo identifica come precursore di Cristo).

Il sentimento che prevale è la dolcezza, palpabile nel gesto delle teste di madre e figlio che si toccano. Raffaello è noto per aver umanizzato i Santi, rendendoli simili a noi mortali nelle emozioni positive, ma privati dalla corruzione di quelle negative. La firma di questo artista, del resto è la delicatezza: ha saputo rappresentare la morbidezza, la leggerezza e la sensibilità.  Raffaello dimostra il buon gusto senza ostentarlo: la Madonna della Seggiola non è né il sorriso enigmatico della Monnalisa né la tartaruga parlante del David, del resto.

Per Natale guardami almeno una volta come Raffaello dipingeva la sua Fornarina, oh Mr Raincoat!!!

**Palazzo Pitti (Firenze), 1514
Gossip su Fornarina/Margherita Luti

Buon Natale!!!

❤ Miss Raincoat