Ti leggo un Menù

TANANAI

Talamona, Via Stelvio (sulla SS. 38)

La prima puntata del nostro nuovo appuntamento la giriamo nel locale più alla moda in questo primo periodo di aperture post lock down. Qui, fino a qualche anno fa, c’era un ristorante messicano. Oggi, siamo ospiti della versione statica di Mastersciatt, nato nel 2013 per portare il cibo tipico valtellinese on the road (con un “ignorante” furgone). Un Tananai, per chi non lo sapesse, in Valtellina è un personaggio sempliciotto e un po’ ingenuo, un po’ come il Serafino che interpretava Renato Pozzetto. In effetti, il logo del ristorante-pizzeria è un trattore (che ritroviamo, d’epoca, al centro della sala – dove nel Messicano c’erano i coccodrilli finti, ricordo male?).

Ho voluto consultare per Voi il menù sul sito (www.mastersciatt.it) perché mi hanno parlato benissimo del loro servizio delivery. L’ho letto in 1,17 min. Le prime tre cose che mi ricordo dalla prima lettura: un hamburger goloso e saporito che si chiama Pierburger, le pinse in particolare la Cu a Cipudda (date le origini calabre del mio ormai famoso babbo) e la Tananai, bella leggera, con le costine.

Il design del menu cartaceo, comunque, è a fondo nero con titoli gialli e corpo del testo in bianco (ingredienti più in piccolo).

Riassumendo, la carta propone la tradizione valtellinese degli sciatt e dei pizzoccheri, la tradizione “alla moda” della pinsa romana (che non è pizza, che non è focaccia, che è un lievitato digeribilissimo) e l’avanguardia, o meglio, l’originalità nel proporre un panino con l’hamburger (un’originalità che sprizza allegria dai nomi simpatici come Porcopane, panino artigianale con sfilacci di costine, Casera, maionese di limone e patate al forno – o la Pinsa Satana, per chi avesse la lingua d’acciaio).

Le Pinse sono elencate dalle più classiche alle più eccentriche. Quella più costosa è la già citata Tananai con le costine (8,50 €). La mia preferita è la Mortazza (mozzarella, zola, granella di pistacchio), che costa 8,00 €.

Il Pierbuger che tanto mi era rimasto in mente per me è il pezzo forte. Si tratta di un hamburger di manzo con verza rossa stufata, cipolla caramellata, Casera, pomodoro, lattuga, salsa bbq + patate al forno. Costa 10,00 € ed è la pietanza più costosa della carta.

Un altro modo di ordinare è con l’app Mastersciatt (che da la possibilità di avere una fidelity card; raggiunti 100€ di spesa si può scegliere un omaggio, ossia un prodotto gratis tra alcune proposte). Da questa possiamo anche scrutare la carta del beverage. Per quanto riguardano i vini abbiamo Sassella Alisio, Rosso di Valtellina e Inferno Efesto delle Cantine Nera; per quanto riguardano le birre la 72 APA, la 33 Pils e la Tananai Golden Ale del Birrificio Revertis. Quindi, l’attenzione è rivolta alle etichette locali e artigianali. (vini alla bottiglia – 15€ ; birre – 4€)

Tra i cocktails, al costo di 6 €, trovano spazio quelli più conosciuti come lo spritz, il mojito e il mule con varie rivisitazioni. Per restare sul pezzo si può sorseggiare un Valtellina Spritz con succo di mela valtellinese, lime, prosecco e vodka (a parte se esci con la mia amica S. che è allergica alle mele).

Bon appétit!

Miss Raincoat

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Ti leggo un Menù

Introduzione

Oggi voglio inaugurare un nuovo capitolo del blog degli Unicorni Perturbati, in cui parlerò dei posti dove si può mangiare a Casa Mia, la provincia più a nord della Lombardia. Essendo anche un’avida lettrice, vi voglio mostrare come mi approccio a uno dei miei generi letterari preferiti, il menù – o, detto volgarmente all’italiana, la carta. Infatti, si dice “mangiare alla carta”.

Per prima cosa dobbiamo imparare a riconoscere una carta buona da una carta straccia, da lanciare dietro ai poveri camerieri che non c’entrano nulla. Il menù è la prima pietanza o bevanda che assaggiamo mentalmente di un locale. Ossia, ci risponde a tre domande: 1) cosa sono venut* qui a fare? 2) cosa mi fa venire appetito? 3) voglio consumare dell’altro?

Un buon menù può essere letto in tre minuti (come cantava Giuliano dei Negramaro), quindi ha circa trenta elementi da proporci. Se l’oste ha fatto bene i suoi conti, i prezzi sono messi in ordine decrescente. Guai (legali) per chi non inserisce la pagina degli allergeni, crudi e surgelati.

Un bel menù non trascura l’estetica. La copertina non dovrebbe essere anonima e dovrebbe riportare il nome del locale o il logo (io una volta sono stata in un posto in cui sulla copertina c’era scritto Menù in cirillico, qui in Italia). Il materiale si presenta vario, a seconda del target e del concept: pelle, plastica, cartoncino e anche legno. Le pagine sono solitamente in carta opaca patinata (i menù plastificati sono utilizzati perché sono facilmente sanificabili, non perché piacciano alla vista – ma ahimé sono tempi duri!). I caratteri sono leggibili e mai più di due, così come i colori. Il testo viene impaginato al centro con ampi margini e interlinee su fogli A4 o su 10×30 per i bar. Il menù, quindi, è leggibile e pulito. Sono accettabili i menù scritti a mano, ma in bella calligrafia.

I “titoli” delle pagine (p.e. Primi Piatti) seguono tre filoni filosofici: l’articolo determinativo (I Primi Piatti), l’aggettivo possessivo (I nostri Primi Piatti) o i puntini di sospensione (Per primo piatto…).

Sotto al nome della pietanza va messa una breve descrizione (breve, perché alle domande risponde il personale e il cliente ha fame/sete/gli scappa/fretta/deve flirtare) con la lista precisa degli ingredienti, cotture e tecniche. Si può scrivere se è un piatto della tradizione, da dove arrivano gli ingredienti, parole dialettali con traduzione. Sono molto gradite le parole, sempre se oneste, come biologico, fatto in casa, fresco, di giornata, chilometri zero. Attenzione agli errori di ortografia e grammatica. Le maiuscole si possono usare per rendere il menù più accattivante, ma senza abusi. Il menù deve essere ben conosciuto dal personale, magari anche assaggiato se possibile.

Le sezioni del Menù Ristorante seguono quest’ordine: Specialità della Casa, Antipasti, Primi, Secondi, Dessert, Proposte Bambini, Menù del Giorno (a parte)

Le sezioni del Menù Pizzeria seguono quest’ordine: Rosse, Bianche, Speciali (gourmet, fritte, integrali…), Dessert

Le sezioni del Menù Bar seguono quest’ordine: Cocktails (con ingredienti; facoltativa divisione in apertivo, longdrink, analcolico, afterdinner…), Vini, Birre, Superalcolici, Tavola Calda, Pasticceria, Gelateria, Bibite, Caffetteria

La carta delle bevande alcoliche è spesso a parte. Segue quest’ordine: vino, birra, distillati, liquori e grappe. Nella descrizione si trovano nome, cantina o provenienza geografica, anno e gradi. Una buona carta ha 70% di prodotti locali, 20% di proposte extrageografiche principali e 10% tra proposte particolari o di “gradi moderati”.

Generalmente, le sezioni del Vino sono divise in Bollicine, Rossi, Bianchi, Rosé, Da Dessert/Passiti. Le sezioni della Birra sono divise in a) Bianche, Bionde, Ambrate o Scure o b) per Stile (Ale, Lager, Weiss, Trappista, Ipa e Stout)

Spero di avervi ben iniziato alla lettura 🙂

Miss Raincoat

Eremo Santa Caterina del Sasso

Oggi siamo a Leggiuno, in provincia di Varese, per una gita fuori porta sul Lago Maggiore…

Il particolare e suggestivo luogo di culto è nato nel Medioevo come ex voto di un mercante (e usuraio) scampato a un naufragio mentre attraversava il lago. Nel Cinquecento, la primitiva cappella scavata nella roccia diventa un monastero. La chiesetta, oltre ad avere un particolare significato religioso, è interessante anche dal punto di vista artistico. La facciata è preceduta da un portico che conserva un ciclo di affreschi rinascimentali della Scuola di Bernardino Luini e la torre campanaria, a strapiombo sul lago, è quello originaria del monastero. Il sacello interno è posto a un livello inferiore rispetto al resto dell’edificio e riprende le fattezze del Sepolcro sul Sinai di Santa Caterina d’Alessandria, alla quale è votato il santuario fin dalla sua costruzione nel 1195. 

Il Santuario è raggiungibile seguendo le indicazioni per Reno, frazione di Leggiuno (VA), aperto tutti i giorni (dalle 9,00 alle 12,00 – dalle 14,00 alle 18,00) da aprile a ottobre. Nel Piazzale sopra il sito (loc. Cascine del Quiquio/Quicchio) troviamo un ampio parcheggio gratuito. Per arrivare all’eremo dobbiamo scendere 268 gradini oppure prendere un ascensore (12 persone alla volta – 0,50 € – sia per salire sia per scendere); dall’eremo si arriva anche alla riva scendendo altri 80 gradini. Se ritorniamo al Parcheggio ci possiamo rendere conto che il Quicchio è un piccolo e caratteristico agglomerato di case. Inoltre, sempre in quel piazzale possiamo trovare un bar/ristorante, il Ristoro dell’Eremo di Santa Caterina (per essere un ristorante turistico, non fa molto la cresta sui prezzi e la pulizia/qualità sono buoni – consigliato il tagliere)  A 10 minuti a piedi e sul lungolago (via Padre Giuliani) non può mancare la visita alla gelateria Cremeria del Lago (prezzi contenuti, ampia scelta, creme ottime – ovviamente, vende anche acqua, bibite…).

Credo sia un’alternativa valida alle più conosciute Stresa e Isole Borromeo (che da qui possono essere raggiunte comodamente anche in battello). Per maggiori informazioni appunto qui sotto il link del sito ufficiale. 

Altre Info

❤ Miss Raincoat