Traona

Cosa vedere durante una (breve) giornata d’inverno

Cari cercatori di unicorni, oggi vorrei condividere con voi la passeggiata che mi sono divertita a fare qualche pomeriggio fa, dopo una copiosa nevicata mattutina (la neve era compatta, proprio giusta per fare il pupazzo!!!).

(Consiglio: lasciare la macchina o qualsiasi mezzo di trasporto – nel parcheggio laterale al Cimitero, in via Valeriana/Vanoni ; qui è presente anche una fermata del bus di linea STPS)

1 – Entriamo a Traona oltrepassando l’Arco della Dogana. Un cartello ci indica che la via perpendicolare è quella dedicata al senatore Ezio Vanoni (tutti se lo ricordano per la simpatica tassa tributaria; il ministro è nato a Morbegno e non esiste quasi nessun paese valtellinese senza almeno una strettoia a lui dedicata). L’Arco della Dogana, del V secolo, riporta lo stemma della famiglia Parravicini. È vero che nel 983, come gran parte della Bassa Valle, la terra bona di Traona venne regalata ai comaschi Vicedomini da Ottone I di Sassonia, ma, con abili giochi di potere e matrimoni, i Parravicini – i quali avevano già colonizzato la vicina Caspano – rubarono loro la corona e la Storia; quindi, lo stemma di Traona è quello della medesima famiglia: un cigno su fondo rosso. *prometto che presto scriverò un post su questa casata il cui motto era “agitado sed semper firmo”

2 – Prendiamo in salita Via Roma, un agglomerato labirintico di case rurali, corti e di dipinti di pietà popolare, tra i quali una “Madonna in trono”. Questa via ci porta alla Piazza dei Caduti, molto riconoscibile per via, appunto, dell’iscrizione che ricorda i soldati di Traona morti durante la Grande Guerra.

3 – Proseguiamo, dapprima, verso destra e raggiungiamo il Palazzo Parravicini, oggi sede del Municipio. Entrando nella corte loggiata e salendo una scala interna è possibile raggiungere la Sala Consiliare al primo piano (* è necessario contattare il Comune di Traona per l’apertura; oppure il Consorzio Turistico Valtellina di Morbegno). La Sala Consiliare fu il Salone d’Onore del Palazzo Parravicini del XV secolo – chiamata anche Sala dei Re. Sul soffitto elegantemente impreziosito da stucchi troviamo, appunto, busti di re carolingi e gli stemmi dei Vicedomini e dei Parravicini; inoltre, sono state aggiunte anche delle scene mitologiche. L’opera è settecentesca e serviva per dare un lustro d’élite alla famiglia più potente e antica del borgo.
Se percorriamo tutta la via Parravicini e saliamo qualche curva, arriviamo al Convento di San Francesco, del 1624, dotato di chiostro e giardino. È una struttura piuttosto imponente e suggestiva.

4 – Ritornando in Piazza dei Caduti, immediatamente alla nostra sinistra ci aspettano il Palazzo Massironi e, davanti, la Cappella di Sant’Ignazio. La piccola chiesa con campanile a vela fu l’oratorio privato dei Parravicini dal XVII ed è considerato un gioiello dell’arte barocca valtellinese, con la quale si volevano palesare come Cavalieri di Santo Stefano e paladini della Fede. Il palazzo Massironi, invece, è una tipica dimora signorile del settecento con corte loggiata, il quale conserva ancora un’antica ghiacciaia.

5 – Cominciamo la nostra salita verso la Chiesa di Sant’Alessandro tramite la strada laterale al Palazzo Massironi. Quasi subito, incontriamo una scalinata, un cammino che doveva far pentire e meditare il pellegrino in sacrificio verso il luogo sacro (infatti, incrociamo anche qualche piccola cappella votiva). Infine, con la lingua lunga, arriviamo nel sagrato della chiesa, dove è presente anche un ossario. L’interno della chiesa è squisitamente settecentesco e maestoso (troviamo opere dei pittori più famosi al tempo in Valle, come il Gianolo e i Torricelli); il lavoro risulta da un ampliamento, dato che il nucleo originario è almeno quattrocentesco. Tuttavia, come recita il nome, il punto più suggestivo è il Belvedere di San Luigi Guanella, fondatore dei Servi della Carità e cappellano a Traona dal 1878 al 1881. Qui, le arcate quasi a picco sul poggio ci aprono la vista sulla valle (e il cuore).

La brevità del tour, comunque, è stata dettata dal fatto che il sole in questo periodo tramonta circa alle 16,30 – e le temperature non sono tra le più umanamente sopportabili. Tuttavia, come potete vedere dalla foto qui sotto, la neve ha reso l’atmosfera fiabesca ❤

Ecco cosa si può vedere dal Belvedere 🙂

Buon Natale di cuore,

dalla vostra Miss Raincoat ❤

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Lettera a Babbo Natale

Caro Babbo Natale,

Siccome quest’anno sono stata:

[] bravissima [] abbastanza brava [] brava [X]talmente brava che nemmeno la mamma ci crede

Mi piacerebbe tanto ricevere : ______________________________________________

No, va beh Klaus – ti chiamo così, tanto ormai ricevi  le mie lettere da poco meno di trent’anni. E non credo che il timbro postale di Colorina, terra che d’inverno diventa più fredda della Lapponia finlandese, non ti sia mai parso quantomeno bizzarro (tant’è che i regalini che ti ho chiesto me li hai sempre fatti trovare sotto l’albero, pure se qualche capriccio l’avevo arrabattato).

Ecco, mio caro bell’uomo con la barba bianca, siccome io ti ho scritto di me ogni Natale (un po’ come si fa con i parenti),  quest’anno vorrei che tu mi scrivessi un po’ di te…

Veramente la Befana è tua amante? Nel 1931 ti sei venduto per fare alla Coca Cola per pagare i debiti di gioco? Dove e come vivi durante i mesi che non sono dicembre? La renna Rudolf frequenta ancora gli alcolisti anonimi? Conosci un folletto-aiutante che sia bello, intelligente e simpatico? 

E io sono sempre rimasta quella bambina alla quale piaceva tanto scrivere, ma mai dentro le righe. Ti ho domandato almeno 28 regali diversi, perché chi cambia è vivo, eppure oggi – il giorno durante il quale casa mia si veste a festa – potrei solo fare una lista di cosa NON vorrei ricevere, soprattutto pigiama di pile, cioccolato (non lo posso mangiare), bambolotti biondi e strani personaggi preoccupati del giorno in cui mi sposerò. 

Spero di ricevere presto tue notizie, perché io lo so che esisti davvero!!!

❤ Miss Raincoat

[Babbo Natale ha visualizzato senza rispondere]

Davos

Aspettando l’anticiclone che riporterà il buon umore a questo maggio un po’ piangiolone, mi è nata la curiosità di sapere che potrei fare io, umile guida turistica, a Davos, ridente località alpina nel Canton Grigioni, conosciuta ai più per l’annuale Forum Mondiale dell’Economia. E, per piacere, pronunciatelo Davòs e non Dàvos, come certi giornalisti…

  • Davos è lo scenario de “La Montagna Incantata” del nobel Thomas Mann, ispirato del soggiorno che ci fece la moglie nel 1912. Il paesino montano, infatti, è uscito dall’anonimato nell’Ottocento, grazie alla costruzione di sanatori e stabilimenti termali.
  • Oggi la località è turisticamente appetibile per gli amanti della neve. Nel 1934, un giovane istruttore (perché in svizzera non hanno tempo nemmeno per le scappatelle) rese famosa Davos per il primo skilift. A parte questo, ci troviamo nel paese più alto delle Alpi, a 1560 metri d’altitudine. Il suo comprensorio di piste, ben attrezzate anche per le uscite notturne, vanta il percorso più lungo d’Europa (a Parsen –  12km con 2000 metri di dislivello). Chi desiderasse un’alternativa romantica sappia che a Davos sono state ideate le omonime slitte davos (che, per capirci, sono simili a quelle di Heidi). Nella Davos Vaillant Arena, stadio di hockey dell’HC-Davos, possiamo assistere alla Coppa Spengler nel mese di dicembre.
  • Da guida valtellinese non posso non citare l’alternativa mozzafiato al Trenino Rosso del Bernina. Sto parlando del Glacier Express (St. Moritz – Zermatt), che passa anche per Davos. Inoltre, la ferrovia storica Davos- Landquart, viene servita da un treno a vapore in alcuni periodi dell’anno. Tutte le info su queste linee qui
  • Per chi fosse, invece, più come la signorina Rottermeier troverà piacevole passeggiare per le vie del paese. Davos si divide in parte antica (Dorf) e parte nuova (Platz). Davos Dorf fu abitata fin dall’Età del Bronzo e, nel Medioevo, ospitò una numerosa comunità di Walser esuli. Qui troviamo la Chiesa di San Teodulo (con stanza affrescata risalente al 1350) e l’Heimatsmuseum (il Museo di Storia Locale allestito in una tipica casa engadinese del Seicento). A Davos Platz c’è la Chiesa di San Giovanni con un campanile altissimo quattrocentesco e il Museo degli Sport Invernali, nella vecchia sede delle Poste, il quale conserva abiti e attrezzature d’epoca.
  • Per gli intenditori, il migliore museo  è il Museo Kirchner. Il pittore espressionista tedesco trascorse a Davos l’ultima fase della sua vita tormentata. Il museo mette in mostra i suoi lavori più intimi e anche le opere degli altri colleghi del Gruppo Die Brücke.
  • Dove alloggiare a Davos? C’è l’imbarazzo della scelta tra hotel più spartani e ultra-lusso, ma la mia scelta ricadrebbe sul particolare complesso di igloo, l’Iglu Dorf“Godetevi indisturbati i vostri momenti felici sui letti rivestiti con le pellicce di agnello”, recita la promo del sito. Si tratta di un villaggio di igloo ricostruiti ogni  anno, che si compone di igloo-albergo e di un igloo-ristobar. Nel Ristorante si possono consumare fondute, taglieri, vin brulé, the caldo e un ottimo prosecco. La soluzione alberghiera di base, oltre al pernottamento in sacchi a pelo omologati fino a -40°C + lenzuola, include l’utilizzo di una sauna comune, vari trekking, aperitivo, colazione e cena a base di fondue. L’estrosa sistemazione è mediamente costosa: la tariffa intera parte da 129 €. Più informazioni qui.

Bella e tutto, neh. Ma io preferisco il mare…

❤ Miss Raincoat (con imbottitura d’agnello)

Global Goals per il 2030

Ogni tanto, un post serio. Forse.

In questi giorni di neve nordica gli utenti dei social si sono divisi in a)amanti della neve (+ foto bianchissime) b) odianti della neve in quanto animali viaggianti (+ polemiche varie per chi non si occupa della manutenzione delle infrastrutture) c) quelli che si lamentano sempre e comunque d) quelli che “della neve di dicembre si stupiscono sempre”. Quello che penso io della neve è che è un fenomeno atmosferico quasi ovvio in questi mesi (insieme al freddo polare), che il bianco non mi piace molto – ma ormai nevica roba beige – e che, se posso stare a casa vicino al camino è romantica&tutto, ma se devo spostarmi (e anche a piedi ho avuto qualche difficoltà ‘sto giro, lo dico mò e non lo ripeto più) o lavorare con gli sciatori della domenica (ebbene sì, sono una valtellinese che non si libra nelle piste con la tuta fucsia fluo!) la detesto.

Questo preambolo inutile per parlare dei 193 leader globali che ad Agosto 2015,  si sono riuniti a parlare del fatto che le mezze stagioni non esistono più e, per questo, ci si deve impegnare per rendere il mondo più giusto: ne sono derivati gli inseparabili 17 Global Goals (per lo Sviluppo Sostenibile), da raggiungere entro il 2030 mediante una cooperazione tra Governi, Ricerca e Aziende. [Anche se il numero non preannuncia molta fortuna…]

global-goals.png

  1. Eliminare il concetto di povertà e di divario sociale
  2. Ridurre a zero la la percentuale di persone che muoiono di fame
  3. Salute e Benessere garantiti 
  4. Educazione di Qualità
  5. Uguaglianza tra i Sessi
  6. Acqua Potabile ovunque
  7. Energia Rinnovabile e Pulita
  8. Opportunità di Lavoro e Crescita Economica
  9. Industria, Innovazione e Infrastrutture
  10. Riduzione delle Disuguaglianze
  11. Città Sostenibili e Aperte
  12. Consumo e Produzione Responsabili
  13. Attenzione al Cambiamento Climatico
  14. Vita sott’acqua
  15. Vita di animali, piante e suolo
  16. Pace e Giustizia
  17. Collaborazione per raggiungere gli Obiettivi

In Campo turistico il 2017 è stato proclamato Anno del Turismo Sostenibile .  Un viaggio, oltre a fare del bene al turista (detto anche l’animale sguaiato) può diventare un toccasana per il Pianeta Terra (nello spirito della conservazione, ossia: l’ho visto io, mi è piaciuto e lo lascio come l’ho trovato in modo che lo possa vedere anche tu). I due obiettivi più importanti e palesi sono quelli della riduzione dell’inquinamento (concausa dei disastri ambientali) e della sostenibilità (creare un tipo di turismo diverso in base alle esigenze di un territorio, evitando i modelli dei villaggi turistici che, come diceva il prof. T. “se vai ad Albaredo o a Sharm El Sheik sono identici”).

Ecco, nel futuro dovremmo preferire la Pensione di Zia Marinella a un albergo di catena, per esempio, ma la Zia Marinella dovrebbe sforzarsi di essere più “green”. La Pensione di Zia Marinella 2.0 dovrebbe essere una struttura ricettiva ben collegata alle stazioni di scalo e al centro turistico tramite mezzi pubblici (meglio se a poco impatto ambientale, nella fattispecie alimentati ad elettricità),  basare il suo funzionamento su energie efficienti e rinnovabili (non è solo questione di avere il pannello solare; a volte sarebbe meglio non avere i rubinetti che perdono, gli infissi capaci di non dissipare calore, etc…), proporre al turista percorsi in natura e beni culturali poco conosciuti e mettere sulla carta i piatti del territorio, meglio se di con marchio di origine o bio – ancora meglio se prodotti da piccole aziende locali.

**Ce la faranno i nostri eroi a farla franca, o sarà Franca a farsi i nostri eroi?!**

Più che altro è che se non ci diamo una calmata, i nostri posteri non potranno nemmeno più dirci la loro famosa sentenza!

❤ Miss Raincoat