ALBANIA

La location per me la più emergente tra i Balcani. Variopinta, mozzafiato, popolare e mediterranea.

Credo che il modo migliore per definirla sia con l’espressione “musica a tutto volume”, come i canti isopolifonici degli illiri, che ispirano anche la musica più moderna, p.e. “Zemër” di Dhurata Dora e Soolking ( significa “cuore”). 🎧 Ascoltala qui!

Qualche Info Pratica

Aereo per Tirana da Orio, Malpensa con Albawings oppure Wizzair – durata viaggio: 2 ore circa

👅 Lingua ufficiale: Albanese; Lingue Straniere più diffuse: Italiano, Inglese

📅 Periodo di Alta Stagione : luglio, agosto – ma è top a giugno e a settembre

🚌 Gli autobus sono abbastanza economici e sono più simili a minibus privati. Tirana, Durazzo e Valona hanno una rete pubblica. Viaggiare in treno è un’avventura, molto che in Valtellina! 🙂 L’autostrada è abbastanza efficiente e copre tutta la nazione, quindi il nolo auto sarebbe il top.

Food&Beverage

🍲 Il byrek è una pasta sfoglia ripiena di formaggio o carne (con la carne sono molto diffuse anche le polpette o i peperoni, tipo in Italia). Una cosa particolare, tra l’altro per colazione, è il paçë koke: una zuppa di testa di pecora.

🍻 Il superalcolico più diffuso è il raki, una grappa ottenuta con il raspo d’uva oppure con le more.

Partiamo!

Tirana – Conosciuta per i suoi viali, è frenetica, folle e anche un po’ polverosa. Mischia insieme tutta la sua storia ottomana, italiana e comunista. Facile avere un murales e un minareto nella stessa inquadratura. Tra i musei il mio preferito è House of Leaves, dedicato allo spionaggio comunista e così chiamato per gli alberi che lo incorniciano. Il quartiere della borghesia è l’elegante Blloku con i suoi innumerevoli caffé.

A nord:

1. Scutari – Si può percorrere il Lago artificiale di Koman (diga del fiume Drina) con un traghetto. In tre ore è possibile immergersi in una paesaggio puntinato da villaggi senza tempo.

2. Plav – Da qui, zaino in spalle, si possono visitare gli spettacolari Monti Maledetti con la loro vera Albania orgogliosamente patriottica .

Valona e la Costa Ionica – le spiagge più conosciute sono Dhërmi (la più pop), Drymades (rocciosa e bianca, si raggiunge attraversando degli uliveti) e Gijpe (incontaminata tra le scogliere a picco. Sono tutte a circa 40 km da Valona. Oppure, si può visitare nell’entroterra Berat, la Città dalle Mille Finestre, con le sue casette ottomane che si arrampicano sull’aspro paesaggio collinare con le nuvolette.

Saranda – a 18 km c’è Butrinto con le sue rovine greche (siamo proprio davanti a Corfù) immerse nella tranquillità di una foresta e con le sue piccole terme. A 20 km c’è Gjirokastra, la cosiddetta Città di Pietra, nella Valle della Drina, con le sue pietre calcaree e i tetti d’ardesia. Tutti gli autobus tra Saranda e Gjirokastra vi possono portare al bivio per la Sorgente dell’Occhio Blu: con 3km di camminata si raggiunge un fitto bosco con una piscina naturale blu intenso, dicono dove l’Albania si fa vanitosa.

Miss Raincoat

Ismail Kadare, scrittore albanese


Tra le tre penisole del sud Europa, quella iberica, quella italiana e i Balcani, i più sfortunati sono stati proprio i Balcani perché, pur facendo parte dell’Europa, per cinque secoli ne sono stati staccati per poi riunirsi a lei come un figlio sconosciuto che torna dalla propria madre.
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“Fattoria nell’Alta Austria” di Gustav Klimt

Devo confessare una colpa: fino ai trent’anni ho detestato i paesaggi e Klimt. I primi perché mi sembravano troppo fotografici il secondo perché ci vedevo troppa ricercatezza. Ebbene, eccomi qui a trentadueanniemezzo a parlarvi di un paesaggio di Klimt… 😳

C’è da dire ci siamo abituat* a conoscere questo autore per altri tipi di soggetti, per le eleganti dame dorate. Infatti, molti critici hanno osannato questa retrospettiva di Klimt come una sua fase sperimentale, benché non sia altro che una parentesi vacanziera. Ebbene sì, se per lavoro realizzava ritratti aulici per la Vienna borghese, in ferie – come noi ci dedichiamo ai cruciverba – lui fotografava la natura attorno a sé, mentre si godeva le sue passeggiate mattutine all’aria aperta e non celasse la sua golosità per la panna montata.

olio su tela – 110*110cm – 1911 – Belvedere (Vienna)

I paesaggi di Klimt si collocano in uno spazio temporale che va dal 1900 al 1916, durante le estati che il pittore trascorse in Austria e in Italia del Nord. Sono tutti di forma quadrata, una forma che cerca di contenere l’infinito della totale immersione con la natura, ricordandomi un po’ anche D’Annunzio.

La tecnica potrebbe assomigliare al puntinismo, ma così non è. L’approccio di Klimt è più da mastro vetraio, il quale cesella le macchie di colore come le tessere di vetro dei mosaici (l’arte bizantina fu grande ispirazione per l’iconicità della sua arte). E, per quanto l’arte musiva tanto quanto questo approccio piuttosto paratattico al colore possa rischiare appiattire le forme e gli spazi, noi riusciamo benissimo ad entrare dentro la scena quasi nuotandoci dentro. Klimt vuole stimolarci ad entrare nel groviglio.

Un groviglio che esisteva anche nella sua mente. Gustav aveva una fidanzata, la stilista Emilie Flöge (pare sia la figura femminile del celebre “Bacio”), che fu la sua compagna per tutta una vita, per quanto la loro unione non fosse esclusiva. Ebbene, con questi paesaggi il pittore ci fa entrare nella sua interiorità introspettiva, che nelle sue opere più famose è ben celata. I suoi non sono i paesaggi diroccati e magniloquenti dei Romantici, anzi, sono analisi precise (lui dipingeva con il binocolo a portata di mano). Tendenzialmente, ci sta dicendo che non riesce che a manifestare il suo amore per le cose, per la vita, per lo stesso Amore, se non con l’ossessione maniacale per i particolari. Dentro la tela quadrata cerca di metterci dentro tutto ciò che vede, così come nelle relazioni… ma è impossibile ingabbiare ciò che è, per sua natura, immenso ed illimitato. Questa, infatti, è la condizione che rende l’uomo piccolo di fronte alle cose grandi della Vita, ai sentimenti, al groviglio…

Miss Raincoat

Alcyone/Stabat nuda Aestas – Gabriele D’Annunzio

Primamente intravidi il suo piè stretto
scorrere su per gli aghi arsi dei pini
ove estuava l’aere con grande
tremito, quasi bianca vampa effusa.
Le cicale si tacquero. Più rochi
si fecero i ruscelli. Copiosa
la resina gemette giù pe’ fusti.
Riconobbi il colùbro dal sentore.

Valtella in Love – Compilation

Ebbene sì. Siamo giunti al finale di questa avventura che ci ha fatti innamorare dei personaggi delle storie d’amore valtelliniche. Abbiamo conosciuto questa terra di confine, dove con la magia non si scherza nemmeno per scherzo, dove chi spezza un cuore paga pegno perpetuo e dove la natura impervia si piega alle sofferenzee ai sentimenti dell’umanità – come la foresta di rovi attorno alla Bella Addormentata.

Vi ho raccontato le favole dei posti dove sono cresciuta, di un drago e di una volpe. Dei miei uomini alfa valtellinesi preferiti, l’Homo Salvadego e don Antonio Malacrida. Di alcuni delitti “d’amore” davvero commessi. Di creature fantastiche (forse). Di matrimoni (s)combinati. Di cosa bisogna avere paura se ci si innamora in provincia di Sondrio. Insomma, vi ho raccontato come ci teniamo caldo quassù durante i lunghi gennai…

Per chi non li avesse letti, per chi volesse rileggerseli, per chi li vuole vedere tutti insieme – li metto qui sotto (basta clikkare sopra il titolo):

Grazie per averci letto 🙂

Miss Raincoat e gli Unicorni

“El giner al se ciapa cume l’è” detto di Montagna in Valtellina

Gennaio si prende per com’è.

Natale in Valtellina

Breve Almanacco delle antiche tradizioni dicembrine

2 dicembre – Santa Bibiana

Un po’ come in tutta Italia, è un giorno gradito ai meteorologi. Se piove, pioverà per tutto il mese.

13 dicembre – Santa Lucia

Questa giornata dava il via al clima festaiolo. A differenza del Gesù Bambino o della Befana, la Lucia non aveva dei tratti tipici, anzi, non si conosceva nemmeno il suo aspetto. La sera, i bambini lasciavano un piatto sul davanzale e lo ritrovavano colmo di mandarini, fichi o spagnolette (ossia le arachidi) – i bambini più ricchi ci trovavano il torrone.

Altri genitori spronavano i figli a mettere in una bacinella acqua e albume e lasciarla fuori dalla finestra tutta la notte. La mattina, grazie a Santa Lucia, il bianco dell’uovo si sarebbe dovuto trasformare in una barchetta.

A Livigno, invece, era il Giorno del Solastro. Durante il giorno più breve e più buio dell’anno, una volpe maschio scendeva sempre in paese per divorare un umano. Quindi, era un giorno cupo in cui l’umanità si doveva ricordare della sua paura al cospetto della natura invernale desolata.

24 dicembre – Vigilia

Fino a mezzogiorno, si digiunava. Dopo cena, si attendeva la messa di mezzanotte in stalla o nella stüa. Al caldo, i più anziani raccontavano storie ai più piccoli, si recitava il Rosario, oppure si pensava semplicemente all’estate. Probabilmente, gli uomini bevevano tra loro. Si preparava anche un lume acceso verso est, per indicare la strada ai Re Magi. Finalmente, dopo la messa, si mangiava la bisciöla.

25 dicembre – Natale

Durante la notte più magica dell’anno, tutta la natura era incantata. Addirittura, si pensava che chi fosse nato durante questa notte, avrebbe avuto le ossa intatte fino al Giorno del Giudizio. Inoltre, il giorno di Natale si vendeva il porco del paese al macello comunale. Attenzione però, se a Natale il clima fosse stato mite, ci si sarebbe dovuti aspettare mal tempo a Pasqua.

26 dicembre – Santo Stefano

Nei luoghi dove il Santo è patrono, i ragazzi, in commemorazione al martirio, si prendevano a sassate. Dovunque venivano organizzate delle festicciole per trovare la morosa. Erano diffuse anche delle processioni con i ceri, sempre per aiutare l’orientamento dei Re Magi.

31 dicembre – San Silvestro

Più che altro, era una festa per i giovani. Venivano sbarrate le strade per non far scappare l’anno vecchio. Ci si divertiva organizzando scherzi ad amici o parenti, soprattutto nascondendo oggetti e mettendoli in mucchio in piazza – la mattina dopo il proprietario doveva cercarli. Qualche volta, succedeva anche che un papà si trovava rubata la figliola più bella, ma questa è un’altra storia…


Anche se vanno a collocarsi in un’altra parte dell’anno, voglio ricordarvi altri due storici appuntamenti.

Gabinat alla Befana (6 gennaio)

Il nome deriva da Gabenacht, la notte dei doni. Dal 5 al 7 gennaio si è soliti dire alle persone “gabinat”. Se lo dici per primo sei salvo; altrimenti, devi fare un regalo a chi te l’ha detto entro Sant’Antonio (17 gennaio). Un tempo, i ragazzi andavano di casa in casa per racimolare doni.

Brusa la Vegia a Carnevale (febbraio o marzo)

Visto che si ripuliscono campi e vigne in vista dell’arrivo della primavera, le si raccolgono per bruciarle tutte durante questa serata. L’erba migliore per fare questo “giochetto” è l’assenzio, non solo per il profumo inebriante, ma anche perché brucia subito. Il fascio viene montato su un bastone e vestito con indumenti vecchi per farlo sembrare una brutta donna anziana, ossia la vegia. Dopo essere stata portata in processione su un carro, la sventurata viene arsa. Il bastone interno al fantoccio viene fatto roteare, come una torcia, attorno alla quale tutti danzano. La Vegia va a rappresentare tutto ciò che si vuole buttare via per lasciare spazio a un anno più fecondo: la miseria, la fame, le disgrazie e le malattie.

❤ Miss Raincoat

𝒷𝓊𝑜𝓃𝑒 𝒻𝑒𝓈𝓉𝑒 𝒹𝒶 𝓉𝓊𝓉𝓉𝑜 𝒾𝓁 𝒯𝑒𝒶𝓂 𝒹𝑒𝑔𝓁𝒾 𝒰𝓃𝒾𝒸𝑜𝓇𝓃𝒾!