“Contraluz” di Vincente Romero Redondo

Si sa, da buoni italiani se le opere d’arte non sono vecchie almeno di cinquecento anni, nemmeno le consideriamo. Però, qualche volta, anche i “disegnini” di qualcuno che, addirittura, non è nemmeno passato a miglior vita riescono a catturare la nostra attenzione. Questo è il caso di Vincente Romero Redondo.

Sul suo blog personale possiamo ammirare tutto il suo portfolio e anche scambiare quattro parole, dacché è uno che visualizza e risponde. Tuttavia, ho scelto questa sua opera del 2009 perché mi sembra la più rappresentativa del suo messaggio e del suo voler accendere il riflettore sulla natura controluce del mondo femminile.

Ma chi è questo signor Redondo? E’ un pittore madrileno di 61 anni (quasi coetaneo del mio papà), trapiantato in Costa Brava, alla quale è debitore per l’atmosfera che riesce a ricreare nelle sue composizioni, un misto di silenzio e sfavillio di colori mediterranei.

La sua tecnica prediletta è il pastello su carta, talvolta messo in dialogo con l’olio. Tuttavia, l’artista considera che il pastello sia il mezzo migliore per rappresentare al meglio la spontaneità di una delicatezza senza rivali.

Infatti, le protagoniste dei suoi dipinti sono donne che lasciano a bocca aperta senza essere eccessive o volgari, nude, scalze, anche nella loro tempesta di sentimenti. Sono istantanee di pensieri aggrovigliati, non esercizi di stile auto-celebrativi. Per l’artista, la donna non è una preda, bensì una Monnalisa, una che ride, piange e si dà delle arie allo stesso momento. Redondo dipinge donne innamorate, che guardano l’orizzonte disegnato dal mare o fuori dalla finestra, che ricopiano poesie a mano da un vecchio libro, madri affettuose, amanti con un segreto da nascondere, spesso vestite di seta e, altre volte, nude e, allo stesso modo, setose. Sono donne senza uomini, ma quando si guardano allo specchio delle volte si piacciono e altre no. Con la sua Arte vuole dire a tutte le donne che non è il Sole che illumina il Mondo…

Sicuramente, Redondo ci ricorda tanti esempi di Storia dell’Arte: i riverberi di Monet, le donne intense di Schiele, il pudore antitetico di Canova ed il tulle imbizzarrito di Degas. Eppure, è contemporaneo nel suo concetto di sacralità della donna.

Questo dipinto mi ricorda un po’ mia mamma, che è una sarta. La protagonista mi sembra lei quando controlla che il suo lavoro sia stato fatto ad opera d’arte. Però mi ha ricordato un po’ anche Penelope che tesse la dote di giorno e la disfa di notte in attesa sicura di Ulisse. O, forse, più Calypso. Lei che ha lasciato tornare Ulisse da sua moglie, dopo che lui ha fatto i “proci comodi suoi” per sette anni (quelli famosi per la crisi), tanto lei è quella che è condannata dagli Dei ad innamorarsi di eroi, che prima o poi se ne vanno verso scopi più Alti. Ecco, se la protagonista fosse lei, illusa che il suo Ulisse tornerà, che la sceglierà appunto perché lei non gli ha messo le catene? Mi piace pensare che lei viva ancora su Ogigia, in una villa nascosta dentro una natura incontaminata in mezzo al blu del Mediterraneo, assorta a scegliere le stoffe con le quali si vestirà quando il suo Ulisse ritornerà. Ulisse, testa di capra, scegli Calypso!

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“Mad Dogs” di Jack Vettriano

Jack Vettriano è lo pseudonimo di Jack Hoggan, pittore scozzese di origini italiane, nato nel 1951 e ancora in vita.

Anche se oggi è annoverabile tra gli artisti più popolari e ricchi, è cresciuto in una famiglia povera, ha abbandonato gli studi da ragazzino per lavorare e ha iniziato a dipingere con gli acquerelli da autodidatta già ventunenne.

La sua artistica è fatta di colori brillanti presi in prestito da Monet e Renoir, anche se è la sua narrativa eloquente, quanto non detta, che indaga i vizi della società, a costituire il suo leit motiv.

“Mad Dogs” (del 1991) è uno dei suoi dipinti a olio più celebri e identificativi. Il titolo è un’espressione popolare inglese per indicare delle persone pazze scatenate. Nella composizione troviamo delle immagini tipiche, come il relax sulla spiaggia, e l’ombrello; tuttavia non sappiamo quale sia il motivo della danza dei personaggi. In tutte le opere di Vettriano vengono inscenati palcoscenici di storie che, poi, si crea lo spettatore, senza però utilizzare l’escamotage metafisico di DalìMagritte.

Il sentimento che l’artista vuole comunicare è il romanticismo nostalgico degli Anni Cinquanta, facendoci entrare in momenti di vita privata, di attesa, di desiderio o di solitudine, come in un set cinematografico. La spiaggia, per lui, è il luogo dove tutto può succedere, carico di un erotismo raffinato, poiché lasciato in sospeso per porre l’accento sul fatto che per lui il Sesso è una cosa seria. La gente è matta perché non sa più fare l’Amore.

Vivo in un Mondo che è capace di spezzarti il cuore. Credo di riuscire ad essere creativo solo se sto vivendo un momento psicologicamente difficile. La mia Arte è fatta di anni di introspezione, nicotina, alcool, antidepressivi e Tamezepam [è un farmaco per l’insonnia]” – J. Vettriano

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