Vincent Van Gogh

Nome Vincent Willem van Gogh per gli amici(*) Van Gogh sui socials @vincent

(*) Lite con l’amico pittore Paul Gauguin — Tendenzialmente, Van Gogh stimava gli altri pittori ma aveva difficoltà a relazionarsi. Conobbe Paul a Parigi, che lo considerava un amico. Volendo conoscerei colori mediterranei si trasferisce nella Casa Gialla di Arles, dove verrà poi raggiunto da Paul. Non essendo rimasto così affascinato dal luogo come lui, mette le radici per una lite furibonda accentuata anche dai bagordi (era di moda l’assenzio ai tempi). Per Vincent il luogo aveva lasciato un’impronta nella sua produzione, ma stimando moltissimo il collega e la sua opinione, ne fu turbato. Dopo la ripartenza di Gauguin, Van Gogh si recide un orecchio con un rasoio (pare perché un’otite gli desse fastidio), lo consegna a una prostituta che entrambi i pittori frequentava e poi si fa ricoverare volontariamente in manicomio.

Nato a Zundert (Paesi Bassi)
Data di nascita / morte 30 marzo 1853 – morto a 37 anni in circostanze abbastanza misteriose. A lungo aveva sofferto di disturbi mentali. Viveva, infatti, in Provenza ed era reduce da un periodo in manicomio. Era in cura dal dottor Gachet, uno psichiatra eccentrico e fin troppo al passo coi tempi. Si era sparato con una rivoltella al petto: non riuscì a uccidersi, ma la pallottola lo fece morire nel suo letto il giorno dopo, dopo delle chiacchierate con amici e parenti . Pochi mesi dopo morì anche il fratello Theo, logorato dai sensi di colpa. La vedova lo fece tumulare accanto a Vincent, insieme a un’edera del giardino del dottor Gachet. Divenne famoso (un po’ anche un influencer dei pittori) soltanto dopo la morte, anche grazie a sua cognata.
Segno zodiacale Ariete
Classe sociale Viene al mondo un anno dopo la morte del fratellino che si chiamava come lui. Così come suo fratello Theo (celebre per la fitta corrispondenza), inizia la sua vita lavorativa come mercante d’arte. Questo lavoro lo porta a viaggiare e a conoscere l’arte. Dopo una delusione d’amore va in depressione e abbraccia la fede diventando un predicatore, così come suo padre, ma fin troppo zelante e considerato too much anche dal Consiglio Ecclesiastico. Sceglie di aiutare con la fede i contadini e tra i minatori, vivendo tra di loro e come loro, ammalandosi sia fisicamente sia psicologicamente. Grazie a suo fratello trova rifugio nella pittura. Suo fratello lo aiutò sempre in qualsiasi modo, anche se erano entrambi irritabili e soffrivano, probabilmente, di una malattia mentale ereditaria.
Stato Civile La sua vita è segnata dalle delusioni amorose. La prima mentre era a Londra come mercante d’arte. Si innamora della figlia della proprietaria della pensione dove alloggia, ma viene rifiutato poiché lei già impegnata. Poi è il turno della cugina Kee, una vedova inconsolabile che mai avrebbe ceduto ai suoi corteggiamenti insistenti da sottone. Infine, si infatua di Sien, una prostituta incinta che gli piaceva in quanto donna vissuta. Voleva sposarla per sottrarla alla prostituzione. Ma quando la gonorrea lo costringe ad andare all’ospedale e i guadagni finiscono, lei torna al suo mestiere. Vincent si trasferisce a Parigi dal fratello Theo e diventa tardivamente un vero artista impegnato.

Periodo Artistico Realismo, Scuola di Barbizon – paesaggi campestri che rimandano all’idea di umiltà rispetto all’infinita meraviglia della Natura. Van Gogh viene influenzato anche da Millet e dalla sua denuncia etico-sociale sulla vita contadina.
Tecnica e Stile Il suo modo di stendere i colori ad olio è immediato e puro. Le sue pennellate, quasi frustate, sono pastose e mai diluite. Il suo tocco è tremolante ed energico al contempo. Le cromie giocano sui contrasti tra blu e giallo. In particolare, Van Gogh amava il giallo cadmio, appena messo in commercio, sebbene nocivo. Era talmente convito che il giallo innescasse la felicità in lui che a volte lo ingurgitava.
Temi Si può dire che Van Gogh abbia rappresentato i colori che amava. Tramite le sue opere lui dipingeva una malinconia attiva, lui diceva “sono afflitto ma sempre lieto”. Si batteva per dare dignità a ciascun essere umano, in questo fu sempre un religioso zelante. Dipinse la solitudine, la vastità della natura e la luce buia della notte. Ricercò la vivacità anche nell’arte giapponese. I suoi paesaggi sono luoghi in cui perdersi tra i pensieri. Con la sua arte dipinge come sente, i suoi sentimenti ruvidi e densi. Mi sono smarrito nei miei luoghi mentali e lo so.

*Canzone assegnata “Talking to the Moon”- Bruno Mars (2010)

Elenco delle Opere nel Video

(*in ordine cronologico e non di comparsa nel video)

Dolore

1882 – 44 x 27 cm – New Art Gallery di Walsall
Si tratta di un disegno a matita e penna che l’artista definisce “la migliore figurache abbia mai disegnato”. Dipinge la donna di cui è innamorato, Sien come una sorta di Maddalena segnata dalla vita nel suo fisico e piegata in due dalla sofferenza. L’iscrizione recita “Comment se fait-il qu’il y ait sur la terre une femme seule, délaissée?”, che si traduce “Come può esistere sulla terra una donna sola, abbandonata?”, una citazione di Jules Michelet (storico a lui contemporaneo).

I mangiatori di patate

1885 – 82 x 114 cm – Museo Van Gogh di Amsterdam
Si tratta di uno dei primi approcci artistici quando fa il pastore e vive insieme agli operai. Rappresenta in maniera autentica i volti perché non vuole discriminare la povertà e la gente che lavora. Chi mangia le patate è lo stesso essere umano che con le sue mani nodose, segno della fatica, le coltiva e le raccoglie. Inizialmente la sua tavolozza era scura, da notare.

Terrazza del caffè

1888 – 81 x 65 cm – Museo Kroeller Mueller di Otterlo
Rappresenta Place du Forum ad Arles e si ispira a una descrizione letta nel Bel Ami di Maupassant. Più che dalle persone, Van Gogh era interessato dall’atmosfera notturna, della quiete anche nel movimento. Dai sogni di felicità. Per lui la notte era il non-luogo.

La camera di Vincent ad Arles

1888 – 72 x 90 cm – Van Gogh Museum di Amsterdam
Fu realizzata nel periodo felice e produttivo ad Arles. La prospettiva è volutamente scorretta, instabile e centrifuga verso il fondo. Rappresenta il luogo di riposo dell’intimità più segreta. Ne esistono tre versioni, di cui due realizzate a memoria mentre era al manicomio.

La sedia di Vincent

1888 – 93 x 73 cm – National Gallery di Londra
La tela fa coppia con La Sedia di Gauguin. Rappresenta il vuoto e lo smarrimento dopo la lite e la partenza dell’amico. La sua sedia è meno elegante, grezza ma ha colori più vivaci. La pipa e il tabacco sono il suo vizio quotidiano, ciò che lo contraddistingue. Come se fossero i vizi a definirci e non le virtù.

Serie dei Girasoli

1889 – 95 x 73 cm – Museo Van Gogh di Amsterdam
La serie nasce ad Arles in attesa gioiosa dell’arrivo dell’amico Gauguin. Sono 15 come apostoli + lui, il fratello Theo e l’amico Paul. Li rappresenta cronologicamente dalla nascita del bocciolo all’appassimento e ci lavora con ossessione, perché appassiscono in fretta. Rappresentano la gioia, non sono un tema triste, però evidenziano il suo carattere ossessivo.

Autoritratto con orecchio fasciato

1889 – 60×49 cm – Courtauld Gallery di Londra
Rappresenta la conseguenza tragica della lite con l’amico. Il suo sguardo perso guarda verso il mondo in cui si rifugia per non pensare che tutti lo considerano un folle. Perso anche il suo amico, il Mondo è ostile. Nemmeno la tela giapponese dietro di lui gli
dà gioia. Nemmeno il cappotto lo riscalda. Si è smarrito definitivamente.

(*)Notte stellata

1889 – 74×92 cm – MOMA di New York
Realizzata in manicomio, è una delle più celebri opere di Van Gogh. Una notte quieta e buia, di campagna, rappresenta l’inquietudine del pittore con una potente metafora del suo tormento interiore. A catturare l’attenzione dell’osservatore sono soprattutto le stelle, che sembrano ruotare in vortici, come se fossero impazzite.

Ritratto del dottor Gachet

1890 – 68×57 cm – collezione privata
Psichiatra di Van Gogh , amante dell’arte e anticonformista, posò volontario e ne fu compiaciuto. Fu dipinto con l’espressione disillusa dei suoi tempi. Dal 1998 non si sa dove questa tela sia finita, forse è stata bruciata per il vezzo di un collezionista miliardario giapponese.

Campo di grano con volo di corvi

1890 – 50×103 cm – Museo Van Gogh di Amsterdam
Potrebbe essere stato l’ultimo dipinto prima del suicidio. Rappresenta l’angoscia, un grido di dolore Sta per arrivare la tempesta e i corvi sono presagio anche di lutto. Il dolore a colori di Van Gogh sta per essere spento.

Miss Raincoat

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“Il Caffé in Giardino” di Daniel Ridgway Knight

Giovedì scorso stavo scrollando a caso su Instagram e mi sono imbambolata per un’ora buona a farmi le storie su questa tela. Non riuscivo a capire perché mi sembrava così pop e familiare, poi ho capito (dai fiori)…

Collezione Privata

Daniel Ridgway Knight è un pittore collocabile tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento, nato il 15 marzo 1839 sotto il segno dei Pesci all’interno di una famiglia quacchera della borghesia provinciale della Pennsylvania (dove sarebbe nato anche l’iconico Maxfiled Parrish). Approda in Europa a Parigi dove studia pittura con Alexandre Cabanel. Ritornerà in patria come volontario nella Guerra di Secessione, si sposerà con una sua studentessa, una certa Rebecca, e poi tornerà in Francia, dove si stabilirà a Poissy nel 1872 (sulla Senna, a un’ora dalla ville – cittadina oggi conosciuta per lo stabilimento della Peugeot). Stringerà amicizia con Renoir, Sisley e Millet. Se del primo troviamo la vita e del secondo i paesaggi nella sua opera, di Millet troviamo un’analogia di contrasto: Knight raffigura la vita contadina, ma ne elude la denuncia sociale. Il nostro pittore non vuole rappresentarne la fatica, ma la felicità, poiché così come le altre classi sociali, anche i poveri , anzi i semplici, sanno essere felici. Quindi, si può dire che ci mette davanti i giardini di Monet animati dalle persone. Nel 1883 sceglie di andare a vivere a Rolleboise, ancora sulla Senna ma ancora più immerso nella vita di campagna, in una casa con un’ampia terrazza sul fiume.

In questa tela spicca tra tutti gli attori la modella con il foulard giallo. Si tratta di Maria, una ragazza che incontriamo spesso nei titoli dei dipinti di questo pittore, ritratta come una piccola principessa dei giardini. Questo mi fa venire in mente una filastrocca in inglese che fa “Mary quite contrary/ How does your garden grow?”. Quindi, la nostra Maria era tutt’altro che Santa e Vergine per il nostro Daniel e aveva un (giardino) segreto… Spesso, infatti, a differenza di questo dipinto, viene ritratta con i papaveri, simbolo del fare l’amore e non pensare – e, inoltre, fiore sacro a Demetra (dea delle messi e del raccolto). Il foulard giallo, invece, non lascia dubbio: è la gelosia (di fatto, il quarantenne Daniel era sposato e aveva un figlio di dieci anni). Notiamo anche che Maria ha un nome italiano come la bevanda che viene servita al tavolo. Probabilmente, faceva parte di quei contadini italiani che, nell’Ottocento, emigrarono per farsi sfruttare come contadini nelle campagne francesi…

La composizione è un intrico di simboli. Ricorrono le contrapposizioni di forme maschio/femmina (per esempio le ceste o la forchetta e il bicchiere) e del colore blu/rosso, sempre nello stesso significato. L’unione tra uomo e donna è amplificata da ciò che troviamo sul tavolo, la condivisione conviviale del cibo vista come lo spezzare il pane su un panno bianco, come a voler dire che Daniel ha rubato l’innocenza a Maria. Di fatto, lui impersonifica il vino e lei l’acqua. Ma è tutto per terra… Perché un pranzo succulento non può finire se non lasciando dei postumi.

Il cibo va anche a contrapporre poveri e ricchi. La zuppiera va a essere la sentimentalità semplice dei contadini; il caffé, invece, la bevanda alla moda della borghesia, cioè Daniel spiega che cosa Mary ha dato a lui e cosa lui ha dato a lei (Spiega anche a Millet che per capire una classe sociale può farci l’amore invece che politicheggiare, ahahah 🙂). Eppure, il peccare di felicità, ha causato un gran casino. Tutto per terra giace in disordine. Ai piedi del tavolo quasi inquisitorio, c’è una cesta con i panni sporchi blu, di un uomo. Madeleine, l’amica di Maria (probabilmente figlia del fattore che aveva accolto Maria), ha la cesta vicino a lei, come per dire “ho le prove, ti abbiamo scoperto tro** italiana!”. Julia, la sua sorellina sta guardando torva dentro la casa, la casa del pittore malandrino. E dalla casa esce Luis Aston, il figlio del pittore, con lo sguardo verso il basso e con in mano la bevanda che scotta, il caffè, con il panno bianco e rigato di rosso, ossia la disintegrazione dell’integrità di Maria, che indossa di rimando una gonna rossa. Ma lui non si fa vedere, manda il figlio…

Come sono andate le cose? La terrazza della casa è il teatro e le piante ne sono il coro. In soffitta c’è una finestrella blu aperta (probabilmente si incontravano lì, dove il camino rosso fuma, perché la stanza scotta e la finestra deve essere aperta poiché la relazione deve finire). Infatti, Rebecca ha scoperto tutto. Fuori dalla porta finestra, il talamo ufficiale, la moglie ha appeso un bouquet che sembra quasi la coda di un pavone o qualcosa legato a Giunone, la moglie di Zeus sempre inferocita dai tradimenti. Nell’aiuola in giardino c’è il cardo mariano (appunto ci ricorda il nome della protagonista) e la veronica, che però è straripata, sta uscendo dal giardino (è il simbolo dell’addio, Maria deve andarsene…). Maria se ne deve andare perché le rampicanti, che come dice la Berti si aggrappano indissolubilmente quando e come vogliono e non ci si può fare nulla, si sono intersecate a caso addosso alla casa, l’hanno infestata. Sono l’edera e il gelsomino, ossia la Passione e l’Amore, che sono arrivati fino a quella finestrella dove sono stati esposti il geranio e il papiro (follia e gioia). Sul terrazzo vengono esposte varie piante della macchia mediterranea, in ricordo all’Italia, come agave, alloro e l’assenzio (un amore talmente grande che si autodistrugge, come Apollo quando insegue Dafne e lei si trasforma in una pianta, come se l’amore vero portasse sempre con sé anche l’amaro della sciagura). In mezzo a queste piante c’è un vasetto giallo di gelosia e di geranei (stupidità della gelosia che fa solo danni). E, infine, delle begonie, poiché tutto sta cambiando e, infatti, sotto è rimasta solo un edera ben intrecciata (fedeltà alla moglie). Se guardiamo meglio, la prima finestra è sbarrata (la relazione extraconiugale chiusa), la seconda porta è aperta (la famiglia e la moglie sono l’entrata principale e la scelta) e l’ultima finestra ha le imposte aperte ma il vetro chiuso (è Daniel, che ha scelto di essere padre e marito, di allontanare lo scandalo, ma nella solitudine).

Lo capite perché mi sono intrippata per quest’opera? 🙂

Miss Raincoat