Valtella in Love

La storia più recente di Sondalo, in Alta Valle, ci mostra l’immagine di un’ imponente cittadella sanitaria che domina la pianura sottostante, il Sanatorio, immerso nei boschi, con l’aria buona con cui ci si curava la tubercolosi dagli Anni Trenta – poi divenuta sede dell’ Ospedale Morelli,in prima linea durante la Pandemia, trascinandosi tutta la diatriba e la polemica di cui non parleremo oggi, ma che ci sta molto a cuore.

#iostoconilmorelli

Il Caso Gambarèl

Gambarèl era il soprannome di Giuseppe Pedrucci, un uomo alto, con gli occhi chiari e la barba folta. Viveva a Sondalo, in località Boffalora, e lì nel 1814 sposò Maddalena, una brava donna pure sorella del prevosto. Erano una bella coppia e riuscirono a tenersi stretti anche quando la loro piccola Anna morì bambina tra le loro braccia.

Giuseppe portava avanti l’azienda di famiglia, un’osteria, con la sua Maddalena; inoltre, avendo una spiccata abilità imprenditoriale, allevava bestiame per vendere tutto ciò che ci poteva ricavare. Badate bene, era illetterato e analfabeta, ma sui conti non lo fregava nessuno! Insomma, sapeva fare affari, ma era un brav’uomo.

Ma come mai nel 1828, con mogli e figli ancora a carico, finisce nel carcere punitivo di Szegedin in Ungheria (la Valtellina al tempo era nel Lombardo-Veneto)???

Il 4 settembre 1828 il Regio Tribunale di Sondrio l’aveva accusato di complicità in un omicidio avvenuto durante una rapina, che non era la prima alla quale partecipava.

In effetti, dato che era un capace mercante, alcuni sospettavano che per guadagnare rubasse. E davvero il 16 ottobre 1627, sulla Strada Regia in direzione Bormio, erano stati uccisi un prete e un maestro da due ladri.

Il problema è che questa accusa veniva dal gendarme Fiorani, al servizio del carcere di Sondalo. L’Osteria del Gambarèl si occupava di fornire i pasti caldi al personale penitenziario, personalmente portati in loco da Maddalena. Il gendarme si era invaghito della moglie di Giuseppe, benché lei l’avesse respinto. Il rifiuto lo offese a tal punto che riuscì a rovinare la vita della sciagurata. Non solo fece incarcerare il marito della poveretta, ma durante i processi disse tante cose per distruggere l’integra moralità di quella povera donna.

Maddalena non si diede per vinta e spese molti soldi per chiedere la grazia a chiunque, nella politica o nel clero. L’aiuto concreto venne dal capitano Giuseppe Duranti, ormai anziano, ma che si ricordava bene del Giuseppe di Sondalo, suo valoroso granatiere durante la Campagna di Prussia. Il vecchio soldato fece in modo che Giuseppe Pedrucci venisse scarcerato il 25 ottobre 1841.

Dopo più di dieci anni di carcere, il Gambàrel era consumato, non solo dagli anni. La moglie morì soltanto un anno dopo; lui, invece, che era un uomo forte, campò per altri trent’anni.

ArgentoVivo” di D. Silvestri e Rancore

Io che non mentivo, che ringraziavo ad ogni mio respiro ad ogni bivio, ad ogni brivido della natura. Io che ero argento vivo in
questo mondo vampiro, mercurio liquido se leggi la nomenclatura.

Miss Raincoat

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Valtella in Love

Il Castello di Domofole

Siamo a Mello, su un poggio ben visibile dalla vallata sottostante dove si ergono ancora i resti di un castello di austere pietre grigie, il Castello di Domofole.

L’edificio è stato presumibilmente innalzato nel 1120 dalla famiglia Vicedomini, feudatari del Vescovo di Como in Bassa Valle (la loro “base” era Cosio Valtellino, gli altri castelli erano dei presidi). Fu distrutto e ricostruito durante gli scontri comaschi tra guelfi e ghibellini e definitivamente smantellato, così come tutti gli altri castelli della Valtellina, dai Grigioni.

Ciò che resta della fortificazione sono la sua possente e alta torre d’avvistamento, la cinta, un’idea di sotterranei e le chiese. La torre, sopraelevata dal terreno per motivi di sicurezza, è quadrangolare e suddivisa in più piani illuminati da finestre e provvisti di numerose feritoie. Le chiese sono entrambe dedicate a Santa Maddalena, una medievale e l’altra settecentesca. La più giovane non presenta nessuna particolarità, anzi, è molto rustica; i ruderi della più antica testimoniano una decorazione ad affresco nella calotta absidale.

Domofole” non ha ancora un’etimologia certa; forse, significa “domare le folle“, oppure è semplicemente un nome proprio o un appellativo.

Le principali leggende legate a Domofole ci raccontano di regine e principesse imprigionate dentro le sue spesse mura.

Nel 634, Gundeberga, figlia della regina Teodolinda ci fu rinchiusa dal marito perché infedele. Il marito Arioaldo era un duca che si era impadronito del trono uccidendo il predecessore che, tra l’altro, era il fratello di Gundeberga. Per motivi politico-religiosi, Gundeberga fu accusata di adulterio e rinchiusa in un castello (la storia, a dispetto della leggenda, parla di Lomello, in provincia di Pavia) e poi presto liberata. Arioaldo morì prima di Gundeberga, la quale ebbe un secondo matrimonio e, rimasta nuovamente vedova, si ritirò in monastero.

Nel 951, mentre Adelaide di Borgogna scappava attraverso le Alpi da un matrimonio imposto con Adalberto, figlio di Berengario, fu qui raggiunta e incarcerata dalla suocera Willa, che decise anche di concederle sempre meno cibo (altre fonti, invece, parlano di un castello a Lierna, in provincia di Lecco). Non lo voleva sposare perché si sospettava avesse avvelenato il suo primo marito, Lotario, che aveva sposato a sedici anni e con il quale era stata serena per tre. Fu salvata da don Martino di Bellagio che la diede in sposa a Ottone di Germania e diventò imperatrice. Adelaide era una donna colta e si impegnò tutta la vita in opere di carità. In realtà, don Martino la aiutò solo a fuggire e chiese aiuto e protezione a Ottone che, addirittura, se ne innamora e la sposa.

Miss Raincoat