Il Bacio nell’Arte

💏 L’Iconografia del Bacio

Per antonomasia, il bacio rappresenta la carnalità di un’emozione, ossia l’Amore nella sua fisicità. Di fatto, anche nelle emoji (l’iconografia dei socials) ci sono vari tipi di bacio e sono gli stessi che l’Arte ci propone:
🥰Bacio materno legato al nutrimento e al rapporto mamma-figlio. Ricordiamo, in tale direzione, le varie Madonne del Latte, legate al filone dell’iconografia della Nikopoia (la Madonna della Tenerezza);
😘Bacio d’Amore da quello più pacato a quello più licenzioso nei giochi di corteggiamento fino ad arrivare all’esaudimento di un desiderio, allo scambio d’amore oppure alla passione più dirompente.
😗Bacio del Tradimento, in particolare l’episodio di Giuda.
😍E poi ci sono i Baci Celebri, quelli della letteratura – i più noti sono quelli sciagurati – Romeo e Giulietta e le altre storie Medievali, oppure Dantesche come Paolo e Francesca. Sono dei baci dell’eternità, perchè sugellano la loro sciagurata fine, come se l’Amore portasse solo guai (alcuni dicono che non c’è nulla di più pieno di germi di un bacio – seguito dalla barba).
*L’icona popolare di questo filone iconografico è Il Bacio di Hayez, il quale racchiude anche il sentimento risorgimentale di Italia, l’Unità in un bacio tricolore.

Buon San Valentino dal ©Team degli Unicorni!

*La Playlist degli Unicorni
“Will Do” dei TV on the Radio (2011)
“Kiss Me” dei Sixpence None The Ritcher (1997)
“Music Sounds Better with You” di Stardust (1998)
“Fix You” dei Coldplay (2005)
“Love is Only a Feeling” dei The Darkness (2003)
“I don’t want to miss a thing” degli Aerosmith (1998)
“Bloody Valentine” di MGK (2020)
“La tua futura ex Moglie” di Willie Peyote (2019)
“La Cura” di Franco Battiato (1997)
“Amandoti” dei CCCP (1990)

Opere presenti nel Video

(in ordine cronologico e non di apparizione)

Antonio Canova “Amore e Psiche”

1787 – 155 cm – Louvre di Parigi
Con erotismo sottile e raffinato, Canova rappresenta il momento di contemplazione prima di un bacio. La storia di un amore ostacolato e ridestato con un bacio salvifico. Canova mette in eterno marmoreo il secondo prima che avvenga la magia.

(*) Francesco Hayez “Il Bacio”

1859 -112×88 cm – Pinacoteca di Brera a Milano
Collocato in un contesto medievale per sfuggire al controllo del potere straniero, è la raffigurazione un bacio giovane e passionale. La forte carica emotiva è metafora dell’ardore delle pulsioni risorgimentali, dell’Amor di Patria. (o della Perugina 🙂 )

Frank Dicksee “Romeo e Giulietta”

1884 – 171×118 cm – City Art Gallery di Southampton
La tragedia di Shakespeare rappresentata nel sentimento della devozione per il rischio. Il pittore Preraffaellita, mette in scena il dualismo preferito dalla Confratenita: innocenza e passione. “Ama il tuo peccato e sarai innocente” diceva Shakespeare.

William-Adolphe Bouguereau “Amore e Psiche bambini”
Erroneamente conosciuta come “Il Primo Bacio

1890 – 119×71 cm – Collezione Privata
L’opera più conosciuta di questo autore vede un Cupido, rappresentato come procace bambino alato, mentre bacia una piccola Psiche con le ali di farfalla (simbolo della donna, che da bruco diventerà farfalla). Rappresenta l’innocenza delicata prima della corruzione, prima che Venere – la dea dell’Amore -, con solo un bacio, corrompa tutto.

Henri de Toulouse-Lautrec “Il Bacio a Letto”

1892 – 70×54 cm – Museo d’ Orsay a Parigi
Frequentatore abituale, rappresenta un momento di effusione in una casa chiusa. Costrette a soddisfare la fame degli uomini, nei momenti intimi le prostitute si lasciano travolgere da un amore delicato e omosessuale alle prime ore del mattino, appena sveglie, con un amore tenero e scandaloso.

Edvard Munch “Il Bacio”

1897 – 98×81 cm – Museo Munch a Oslo
Una coppia avvolta dall’oscurità, si abbraccia mescolandosi, lasciando tutto il resto fuori perché per Munch l’amore era erotismo crudo, orgasmi messi nel freezer per essere conservati, spesso paralizzato dalla gelosia, dalla paura dello scippo. Così come il suo celebre urlo, il bacio è una parte fondamentale e intensa della vita. (Personalmente, mi sembrano dei Dissennatori 🙂 )

Gustav Klimt “Il Bacio”

1908 – 180x 80 cm – Galerie Belvedere a Vienna
Eterei, quasi astratti, due amanti si baciano abbandonandosi completamente a un orgasmo. L’atteggiamento dell’uomo è protettivo ma anche delicato. Klimt ricerca e conclude in questa scena la sua idea di Amore come fusione sfuggente tra due universi opposti e complementari. L’Amore è pioggia d’oro, secondo questo pittore.

Egon Schiele “L’Abbraccio”

1917- 100×170 cm – Galleria del Belvedere a Vienna
Viene realizzato dopo il matrimonio con la modella Harms, che non era la collega Wally, con la quale era stato legato in maniera folle per molto tempo. L’abbraccio è passionale e stropicciato. I corpi nudi sono adagiati su un lenzuolo bianco. C’è sentimento ma anche sofferenza. Il bacio riprende quello del collega Klimt, ma è pervaso dal tormento di un approccio malato.

René Magritte “Gli Amanti”

1928 -54×73 cm – MOMA a New York
Gli amanti di Magritte hanno spesso il viso coperto (così come si era suicidata sua madre). Siccome non si possono vedere, il loro atto suscita angoscia. Ma il volto è coperto perché è il dolore che lo cela e lo sfigura: è un ultimo bacio, prima di lasciare che una persona vada via e non ritorni più, ghigliottinandoci.

Pablo Picasso “Il Bacio”

1925 – 130 x 98 cm – Museo Picasso a Parigi
Un bacio talmente appassionato da non far distinguere dove inizia uno e dove finisce l’altro. Lo spirito è violento, primitivo, selvaggio e puramente sensuale. Questo dipinto sancisce il suo ritorno alle origini, al cubismo e al voler per forza, ossessivamente, cercare di togliere sempre più materialità ai soggetti per rappresentare i sentimenti così come sono, senza forma e, spesso, incomprensibili, di difficile lettura.

Miss Raincoat

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“Ti Bramo” di Mariska Karto

Io ti amo non l’ho mai detto a nessuno. Lo diceva anche Sibilla Aleramo che, se proprio, lo si può dire da giovani a un gattino. Mi pare un’espressione troppo preimpostata per esprimere quella cosa lì, l’intuito, la dedizione… Credo che ci fai più bella figura a dirlo che a farlo, del resto. Io lo dimostro pure male, nella fattispecie – sono positiva asintomatica.

Questo per introdurre il tema di quest’opera. Bramare è un sentimento più infuocato dell’amore: è desiderio, è istinto. Ma non ha a che fare solo con il corpo. Ha più a che fare con i cinque sensi. Nel Medioevo, bramon indicava l’urlo di chi desidera ardentemente. Br-amare è Amare + Br-ividi sulla schiena.

Mariska Karto è un’artista nata nel 1971 nel Suriname, da genitori indonesiani e africani – anche se è cresciuta in Olanda. La sua tecnica è quella della fotografia ritoccata tramite la pittura, con un leggero sentimento iperrealista.

Rappresenta un mondo antico, impolverato, però vivo da morire. L’ambientazione cronologica è quella barocca del Seicento, un secolo denso di contraddizioni e di peccato nascosto sotto i pesanti tappeti della Santa Morale. In particolare, la Karto sceglie di narrare le sue storie dentro a dei boudoirs, i salottini dove le signore si riposavano, si imbellettavano o conversavano. Bouder, in francese, significa tenere il broncio.

Nella sua artistica troviamo molte citazioni ai maestri del passato: le Veneri di Tiziano, l’irruenza dell’oscurità di Caravaggio, le Odalische di Ingres e la raffinatezza di Klimt.

Per l’artista è la pelle, l’incarnato di porcellana, ad essere protagonista. Secondo lei nella pelle c’è qualcosa di misterioso che racconta una storia. Del resto, è di quello che ci innamoriamo, di emozioni a pelle.

L’opera si fa narratrice dei segreti a nudo di brave ragazze, dee senza aura, pure – bianchissime e rossissime – ma macchiate dalle loro emozioni scure. Malinconia, morte, amore, sacrificio.

Quando è tutto troppo, quando le emozioni straripano dove va a finire la nostra anima? Qui, nel fumoso mondo di Mariska Karto. Ti (br)amo ma non te lo dico.

When everything is made to be broken / I just want you to know who I am

Goo Goo Dolls “Iris”

Miss Raincoat

“La Ragazza d’Oro” di Milt Kobayashi

Non vi fate ingannare dal nome, perché questo pittore sessantenne è giapponese solo di retaggio – per quanto abbia passato una parte della sua infanzia in un luogo altrettanto esotico e colorato: le Hawaii. 

Così come il conterraneo statunitense Maxfield Parrish (che io amo di un amore amorevole), nasce come illustratore, per poi capire che la sua vera vocazione è la pittura davanti a Diego Velàsquez, il famoso ritrattista della corte spagnola seicentesca.

I ritratti di Kobayashi rappresentano delle donne in momenti in cui pensano a niente e a tutto. Sono delle femmine irriverenti e schiette, ma mai feroci (in questo mi ricorda un po’ il modo in cui Schiele rappresentava la sua Wally). Kobayashi è accostato dai critici a Degas un po’ per questo: le sue sono istantanee riprese dal buco della serratura (e così come il pittore francese ricava i soggetti da fotografie).

La nostra ragazza d’oro è una giovane donna che vive nei suoi stati mentali, prendendosi una pausa dalle responsabilità della vita adulta. La ragazza d’oro sa ammaestrare gli unicorni e questo, per Kobayashi, pur sempre nipponico, è un sapersi concedere un momento zen alla fine di ogni giornata (lui, di fatto, dipinge sempre durante la notte). Inoltre, tra le righe, il pittore ci dichiara la sua idea di donna: un essere strano, romantico e misterioso. Credo che il titolo dell’opera si rifaccia al Periodo Aureo del collega Gustav Klimt, quello in cui dipingeva Adele Blochbauer su fondo oro in veste di femme fatale. 

Eppure, il vero protagonista di questo dipinto è il colore, che l’artista stende tramite pennellate molto dense, però non nervose, prendendosi tutto il tempo che l’Arte richiede. Con la consapevolezza che noi donne siamo pure gli esseri più sfuggenti dell’universo, perciò bisogna cogliere e godersi l’attimo di infinita scioglievolezza (come con gli ovetti della Lindt).

“Once in his life, every man is entitled to fall madly in love with a gorgeous redhead.” – Lucille Ball

Mi è venuta in mente anche questa canzone che s’intitola appunto “Hated Because Of Great Qualities”…

❤ Miss Raincoat

“Notte di Primavera” di Alphonse Maria Mucha

Mucha si pronuncia [‘muxa], come l’animale pezzato senza una “c” e, l’altra “c , rimasta orfana, aspirata. Ecco, lui è un pittore ceco (senza “i”, ché ci vedeva benissimo) francesizzato. Ce lo ricordiamo per il suo essere portavoce del lusso decadente dell’Art Nouveau, con il collega Gustav Klimt. Ce lo ricordiamo perché le stampe sgargianti e tipografiche delle sue rêveries de la fin du siècle vengono ancora esibite nei bar del centro che scimmiottano Parigi, anche con il listino prezzi. Eppure è un pittore che spende tutto il gruzzolo accumulato con la sua fama per un impeto finale di patriottismo, nell’enormità dell'”Epopea Slava“. Eppure fu uno dei primi cecoslovacchi ad essere arrestato dalla Gestapo.

Questo dipinto del 1910 sintetizza tre aspetti dell’artistica di Mucha:

  • L’attinenza con l’ambiente massone  L’artista credeva che l’Arte fosse universalmente un mezzo di comunicazione, non un mero oggetto estetico. Parimenti, non credeva nell’esistenza del concetto di minoranza etnica. Perciò, a fine Ottocento si unisce alla Loggia Parigina, in un clima di libertà, uguaglianza e fratellanza e nella convinzione che la verità assoluta potesse essere raggiunta solo con l’elevazione spirituale. Qui la figura femminile indossa un bracciale a forma di caduceo, uno dei simboli massoni che indica il raggiungimento dell’illuminazione spirituale.

  • La figura emblematica della donna –  Le donne di Mucha sono seducenti, dolci, delicate e attorcigliate a motivi naturali, nello stesso modo dei mosaici bizantini. Anch’esso è un prosecuio dell’ideale di universalità, dove il tutto si mescola liricamente con il tutto , come nel panismo della “Pioggia nel Pineto” di D’Annunzio. Qui i due personaggi reggono dei rametti di ciliegio, simbolo della Primavera e dell’essenza effimera della vita, nel suo momento di splendore.

  • Il legame con il Teatro – Mucha deve il suo successo al poster per la “Gismonda” dell’attrice Sarah Bernhardt e nelle opere del periodo americano, come questa, il layout grafico lascia spazio a scene più idilliache. Qui è rappresentata una delle tre storie aggrovigliate, come la natura dalle larghe braccia di Mucha, dell’intrigo di “Storia di Una Notte di Mezza Estate” di Shakespeare. Titania, Regina degli Elfi, bellissima e intelligentissima, viene colta da un incantesimo nato da un errore grossolano di Puck, il servo-elfo di Oberon, suo marito e si innamora di un sarto/ attore dilettante, Nick Bottom, che a sua volta era stato trasformato da Puck in un asino. È una notte fatata, in cui una meravigliosa creatura impazzisce per un grezzo e rude artigiano. Una notte e basta. Ma chi può dire cos’è sogno e cos’è realtà?

    Più info su “Sogno di una Notte di Mezza Estate”

“Corro di notte / i lampioni le stelle / c’è il bar dell’indiano / profuma di te /
rido più forte / mi perdo nell’alba  / sei in tutte le cose / e in tutte le cose 
esplode / la vertigine che ho di te – F. Michielin in “V come Vulcano”

** I riferimenti a Nick Bottom sono da ritenersi puramente casuali. Se non lo fossero, avremmo citato anche le Capre Bionde dell’Adamello.

❤ Miss Raincoat