La Pieve di Berbenno

Oggi voglio inaugurare una serie di post presi dalla mia prima ricerca storico-artistica della mia carriera, su Colorina & Dintorni (ossia le mie radici materne). Iniziamo con il farci un’idea su Berbenno, siccome Colorina nasce come una sorta di sobborgo di questo antico centro politico-amministrativo…

Berbenno viene dal nome di persona etrusco Vibrenus ed è un’evoluzione del toponimo Vibrenna che ci riporterebbe alla mente un antico castrum romano (accampamento fortificato stabile o temporaneo, dove risiedeva l’esercito) – ipotesi accreditata anche dal ritrovamento di alcuni sesterzi (monete della Roma Imperiale in lega di rame e zinco).

Fu un importante centro politico ed amministrativo.

Nel 1010 il Vescovo di Como, dona all’Abbazia di Sant’Abbondio in Como i territori di Berbenno, Olonio, Ardenno, Poschiavo e Bormio, le quali diventano delle pievi, ossia dei centri di circoscrizioni ecclesiastiche. Berbenno faceva capo a un territorio costituito dagli odierni Comuni di Berbenno, Postalesio, Fusine (con annessa Val Madre), Colorina e Cedrasco. Cedrasco, dal 1454, ottenne l’autonomia parrocchiale, poi seguito da Monastero e Pedemonte nel 1624 e Postalesio nel 1523. La storia dell’autonomia di Colorina e Fusine, siccome è più travagliata, la scopriremo nelle prossime puntate…

La chiesa matrice della Pieve di Berbenno era la Chiesa di San Pietro, costruita nel 1116, poi sostituita dalla Chiesa dell’Assunta nel 1766, per motivi di furti e ladri, ma non solo… (anche questo lo scopriremo nelle prossime settimane).

Da punto di vista politico, dal 1335 Berbenno era definito un comuni loci rusticorum, un feudo rurale con un castello, dipendente da Como e assegnato ai Capitanei di Sondrio. Si può dire che, quasi già in partenza, per quanto rimasero dipendenti dal punto di vista “religioso”, Cedrasco e Postalesio (uniti insieme) furono un Comune a sé stante dal 1370.

Berbenno era diviso in due parti: citra Abduam versus plateam (dalla parte dell’Adda verso la strada) e ultra Abduam versus Fuxinas (oltre l’Adda verso Fusine, quindi il territorio di Colorina, Rodolo, Selvetta e Fusine). Ovviamente Citra Abduam era la parte che aveva più potere, non solo per l’esposizione eterna al sole 🙂

Citra Abduam aveva anche delle quadre (ossia delle frazioni): Berbenno Centro, Monastero+Maroggia, Polaggia, Piazza (Pedemonte). Berbenno Centro era diviso in contrade: Dusone e Polaggia, Bulgarò (nome che viene dalla tradizione della concia vegetale del cuoio bulgaro) , Regoledo, Sedurno (odierna Via Pradelli, infatti significa “alla base”) e San Pietro (zona Stazione e chiesa).

Dusone pare che venga dall’etimo gallico “dusius”. Era un demone, tipo un fauno, un mostriciattolo dei boschi mezzo uomo e mezzo capra che si divertiva a sedurre le donne, insomma gli spiriti della natura verdeggiante… (simili all’Homo Salvadego, ma più porno :)).

L’importanza di Berbenno rimane testimoniata dalla Chiesa dell’Assunta, costruita sui resti del Castello di Roccascissa del Mille, dalla Cappella di San Gregorio a Polaggia, unica rimanenza del Castello di Mongiardino del Trecento e dalla Torre dei Capitanei del Duecento (in zona Municipio).

A livello storico, è da ricordare la Chiesa di Sant’Abbondio a Polaggia. Dal 1577 al 1620 fu l’edificio religioso ceduto alla numerosa comunità evangelica risiedente a Berbenno, dove il Sacro Macello fece molte vittime. L’ultimo pastore di Berbenno fu Jenatsch, figura emblematica ed enigmatica della quale avevamo già parlato qui.

[ (!)Per non essere confuso con Berbenno (BG) viene chiamato Berbenno di Valtellina]

Miss Raincoat

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Jürg Jenatsch

Jürg Jenatsch (con l’accento sulla a) è il tipico uomo del Seicento, mosso da ambizioni personali, talvolta opportunista, e penzolante tra l’amor di patria e la fede personale.

Nasce in Alta Engadina, forse a Samaden, nel 1596. Suo padre, oltre che notaio, era anche un pastore protestante a Silvaplana. Studia teologia a Zurigo e a Basilea e, infine, anche lui diventa un pastore. Dopo aver passato un anno a Scharans, nei Grigioni, presta il suo ministero a Berbenno (dal 1618 al 1620).

Negli stessi anni in cui risiede a Berbenno, è pure supervisore religioso al Tribunale di Thusis. Lui in persona condurrà l’interrogatorio di Nicolò Rusca. Evidentemente sapeva che era innocente. Il processo, comunque, andava fatto, dato che l’arciprete di Sondrio aveva molti nemici. Forse, l’avrebbe salvato dalla pena se l’anziano Rusca non fosse morto durante le torture…

Nel 1620 scoppia il Sacro Macello. Durante gli scontri, muoiono sua moglie Katharina Von Buol (di Davòs) e sua madre Ursina. Lui, invece, si era rifugiato a Sondrio, dato che in molti avrebbero voluto la testa di chi aveva ordinato l’uccisione dell’amato e mai dimenticato arciprete Nicolò Rusca. Così, riuscì a scappare in Engadina. Tuttavia, l’esperienza lo segna nell’intimo, tant’è che decide di prendersi una pausa dall’attività religiosa e si arruola per la sua patria, le Tre Leghe, precisamente con il partito filo-veneziano (in guerra al fianco della Francia e del mondo protestante).

In questa nuova esperienza sarà il mandante di vari omicidi “da macellaio”. Quello più storicamente impattante è l’uccisione di Pompeo Von Planta, capo del partito avversario filo-spagnolo. Fu trucidato con un ascia davanti al camino del suo castello vicino a Merano. Pompeo, insieme al fratello Rudolf, era stato condannato e assolto dal Tribunale di Thusis e bandito dalle Tre Leghe. I due erano anche imparentati con Gian Giacomo Robustelli, il fautore del Sacro Macello. Negli stessi anni, lo Jenatsch viene ovviamente deposto dall’ufficio di pastore.

L’ex pastore, ormai colonnello, rientra in Valle come uomo di fiducia del Duca di Rohan, comandante dell’esercito francese. Il suo intento era restituire la Valtellina alle Tre Leghe, della quale era diventato un leader.

Nel 1627 si risposa, con Anna Von Buol, cugina della prima moglie. Lo stesso anno, a Coira, sfida a duello un suo superiore, Jacob Ruinelli, sfidandolo per l’onore di un bambino che (forse) aveva urtato mentre era a cavallo. Fu prosciolto, comunque, dall’accusa di omicidio. Fatto ilare, in questo periodo è attestato che lo Jenatsch soffrisse di calli ai piedi per la scomodità degli stivali. Dopo la bagarre del duello, si trasferisce a Venezia come reclutatore di soldati ma, siccome aveva il complotto facile, viene incarcerato per insubordinazione.

Uscito dal carcere, ritorna in Valtellina al servizio della Francia e delle Tre Leghe. Ben presto, si rende conto che non era intento di Richelieu restituire la Valtellina al vecchio dominatore svizzero. Come tanti altri esponenti suoi conterranei, partecipa al Kettenbund: nonostante l’alleanza delle Tre Leghe con Parigi, intrattiene trattative segrete con l’avversario, la Spagna.

Voleva a tutti i costi che la Valtellina tornasse in mano alle Tre Leghe. Non solo si allea con la Spagna e ottiene per sé un titolo nobiliare, ma, addirittura, all’improvviso, abiura e diventa cattolico. Raccontò di aver visto la Luce in carcere a Venezia, però era chiaro che la religione era un modo come tanti per rendere sicure le sue relazioni con la Spagna. Era diventato un uomo potente e temuto, anche per i suoi traffici poco chiari. Stava sul collo alla Spagna, continuando ad essere amico anche della Francia; la Francia, però, rivelò alla Spagna i suoi giochi poco puliti. Ultimamente, non era simpatico né ai Cattolici né ai Protestanti.

La notte del 24 gennaio 1639 era periodo di Carnevale, in quei giorni chiunque si lasciava andare… Jenatsch aveva deciso di fare bisbocce in una locanda di Coira (la Stabigen Huetli, oggi inglobata al Palazzo Salis). Non ne uscì in verticale, dato che fu assassinato da un gruppo di uomini travestiti da orso. Pochi mesi dopo le Guerre di Valtellina sarebbero finite e la Valle sarebbe ritornata in mano grigiona.

Fu sepolto di fretta il giorno dopo. Nessuno aveva voglia di conoscere il nome dell’assassino, come se non ci fosse alcun minimo interesse di indagare con meticolosità. Come per Pompeo Von Planta, l’arma fu un’ascia. La leggenda vuole che Katharina, figlia orfana di Pompeo, fosse anche l’amante dell’assassino Jenatsch (benché anche lei sposata – con Johan Rudolf Travers, quella sera seduto vicino a Jürg), a sua volta morto assassinato.

Miss Raincoat

Quando il nuovo venuto si fu staccato dall’abbraccio del pastore, i due si misurarono reciprocamente con lieti sguardi. Waser era un po’ sbalordito; ma riuscì a non lasciarlo punto trasparire. Si sentiva un pochino umi­liato accanto alla statura atletica del Grigione, dalla cui nera testa barbuta emanava come uno splendore di forza selvaggia. La potenza di una volontà sfrenata, dopo essere stata assopita nei lineamenti foschi, quasi sonnolenti del suo compagno di scuola, s’era svegliata, scatenata — egli lo sentiva — agli sbaragli di una vita pubblica tempestosa.

C.F. Meyer