Il duca Luis Ricardo Falero era un uomo conscio del fatto che la barba fa figo solo se sei già bello.
Inizialmente, obbedendo ai suoi genitori, si arruola nella Marina del Regno di Spagna, per poi abbandonarla e recarsi a Parigi per studiare Ingegneria. Durante un esperimento chimico andato male, però, decide di dedicarsi esclusivamente al suo hobby artistico e di trasferirsi a Londra, seppur continuando ad essere fortemente interessato all’astronomia e alla simbologia celeste.
Falero affronta il nudo femminile non solo come soggetto, ma soprattutto come tema. Le femmine che rappresenta, odalische senza tempo, sono sensuali ed allegoriche al contempo. Il pittore (che nel palmares ha pure un figlio concepito con la cameriera/modella sedotta e abbandonata) sosteneva di essersi approcciato al nudo femminile non perché sia oggettivamente difficile da rappresentare (lui arriva a un risultato di voluttà quasi palpabile), bensì perché è la più perfetta espressione della bellezza delle donne.
Un altro interesse dell’artista è quello per il sovrannaturale. Streghe, incantesimi e fate lo influenzano a tal punto che la sua carriera giunge all’apice con “Streghe al Sabba” del 1878. Come per dire che le donne sono bellissime ma anche stro***issime. E ti portano giù in quel mondo oscuro con loro. Però volando. Mi sa che gli uomini ci vedono così, bimbe!!!
Si pensava che, nella notte tra sabato e domenica, le donne che avevano rinnegato la Fede Cristiana e abbracciato quella di Satana, cavalcassero caproni o scope volanti per recarsi a queste feste, i Sabba, un misto tra orge e banchetti, presso luoghi nascosti e tenebrosi come cimiteri o precipizi. Il Diavolo, al quale le streghe mostravano particolare devozione soprattutto tramite favori sessuali, aveva fattezze mostruose alla metà tra un uomo e un caprone dotato di artigli. In questa composizione, le donne anziane o già deviate (con occhi indemoniati e capelli scuri), cercano di portare alla perdizione le vergini (con i capelli più chiari). Un draghetto (simbolo del peccato) insegue una ragazza a braccetto con Satana(il quale è conteso, anche se tanto affascinante non è) ed è a sua volta inseguito da un’anima già morta e dannata, che trascinerà tutti all’Inferno. La stessa fanciulla è rincorsa da una vecchia, imbruttita dai peccati che ha commesso. Le streghe di Falero sono accompagnate da gatti (simbolo delle tenebre dell’istinto) e da pipistrelli (simbolo di lussuria opportunista). Nell’angolo di destra, quasi nascosto, lo scheletro di un pellicano (simbolo dell’amore cristiano, però morto e rovesciato).
Delle Streghe in Valtellina ne abbiamo già parlato qui.
Il sentimento che, invece, suscita in me quest’opera è che la vita è una sola e le monete migliori con le quali spenderla spettinano (cit. Mafalda). Non a caso, mi viene in mente questa poesia del maledetto Arthur Rimbaud che s’intitola “L’ho Sognato per l’Inverno“:
A XY,
Quest’inverno ci metteremo in un piccolo vagone rosa/con dei cuscini blu./ Staremo bene./Lì dove riposa un nido di baci folli/ in ogni morbido angolino/
Chiuderai gli occhi, per non vedere, dal finestrino/ le ombre della sera digrignare i denti/come mostri arcigni, plebaglia/ di neri demoni e di lupi neri/
Poi sentirai un solletichio alla guancia…/ un bacino, come un ragno impazzito,/ti correrà su per il collo/
E tu mi dirai “Cerca!” abbassando la testa/ – E ci prenderemo il tempo per cercare quella bestia/ – che non si fa mai trovare/
Nel vagone, 7 ottobre 1870
Di Maledettesimo abbiamo già parlato qui.
Sarà un inverno da baciare!!!
❤ Miss Raincoat
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