Colorina: alcune notizie storiche

Andiamo avanti con l’avanscoperta del mio territorio d’origine…

La nascita di Colorina

8 maggio 1488 – Colorina e Fusine, per motivi di tasse esose, si staccano da Berbenno costituendo un Comune unico.

Purtroppo, il matrimonio non fu mai d’amore. L’Adda sempre in piena causava liti per chi dovesse sistemare gli argini; inoltre, gli alpeggi della Valmadre e della Valcervia erano spesso i figli contesi.

8 aprile 1513 – Colorina diventa un comune a sé stante, con le quadre (tipo odierne frazioni) di Corna, Borgo (Centro + Poira e Bocchetti), Monte Nona, Rodolo (includeva anche Gaggine, l’odierna Selvetta + Busca Spessa, gli odierni Piani che erano una palude con isolette) e Valle. Il torrente di Colorina è il Presio.

Nel 1533 Colorina acquista l’Alpe Cogola e l’Alpe Bernasca, utili alle attività di pastorizia (che costituivano l’unica ricchezza per il Comune poverissimo) le quali appartenevano uso capione ai dei contadini bergamaschi. Questo causa una scomunica da parte di Clemente VII.

Piccolo ragionamento sui toponimi

Colorina – viene dal latino corylus = nocciolo

Poira – Dal dialetto lombardo purif = zona ombreggiata, senza sole

Bocchetti – Dal dialetto buchec‘ = piccoli boschi

Gaggine – dal longobardo gahagi = bosco privato di robinie

Rodolo – etimologia incerta, forse da un nome di persona (lo capiremo nelle prossime puntate)

Corna – dal latino cornu = monte non molto alto

(Alpe) Cogola – dal latino cotes = pietra, roccia

(Monte) Nono/a – nell’antichità romana l’ora nona era tra le 14 e le 15, forse l’orario in cui questa fitta abetaia era illuminata; oppure, era una nomenclatura legata alla misurazione dei terreni. Questa zona è legata alla Leggenda della Volpe che puoi leggere qui.

(Alpe) Bernasca – dal tedesco brennenberg = montagna bruciata, arsa e con vegetazione rada

(Torrente) Presio – dal latino praesum= che sta sopra in posizione di comando e presidio

Una curiosità storica

Durante le Guerre di Valtellina, una delle truppe francesi del Duca di Rohan si stanzia tra Fusine (di giorno) e Colorina (di notte). Era la truppa di Monsieur de Melun, composta da 700 soldati e 30 cavalli, che rimane sul territorio dalla primavera del 1636 alla primavera del 1637. Il decano di Fusine (il Sindaco) aveva scelto come fornitore un certo Giacomo Pasquino di Dusone (Berbenno), della famiglia dei Mezzera (quelli della Gisèta di Morbegno). I sindaci non potevano sottrarsi all’obbligo di fornire vitto e alloggio agli eserciti di stanza, ma Colorina fa causa a Fusine perché non vuole contribuire alle spese. Tra le cose, i Francesi, schierati con i Grigioni, erano i nemici della Valtellina schierata con la Spagna. L’esercito porta la peste e in un anno muoiono 129 colorinesi. In più, i soldati stupravano le donne, rubavano bestiame, vino e castagne.

Miss Raincoat

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Jürg Jenatsch

Jürg Jenatsch (con l’accento sulla a) è il tipico uomo del Seicento, mosso da ambizioni personali, talvolta opportunista, e penzolante tra l’amor di patria e la fede personale.

Nasce in Alta Engadina, forse a Samaden, nel 1596. Suo padre, oltre che notaio, era anche un pastore protestante a Silvaplana. Studia teologia a Zurigo e a Basilea e, infine, anche lui diventa un pastore. Dopo aver passato un anno a Scharans, nei Grigioni, presta il suo ministero a Berbenno (dal 1618 al 1620).

Negli stessi anni in cui risiede a Berbenno, è pure supervisore religioso al Tribunale di Thusis. Lui in persona condurrà l’interrogatorio di Nicolò Rusca. Evidentemente sapeva che era innocente. Il processo, comunque, andava fatto, dato che l’arciprete di Sondrio aveva molti nemici. Forse, l’avrebbe salvato dalla pena se l’anziano Rusca non fosse morto durante le torture…

Nel 1620 scoppia il Sacro Macello. Durante gli scontri, muoiono sua moglie Katharina Von Buol (di Davòs) e sua madre Ursina. Lui, invece, si era rifugiato a Sondrio, dato che in molti avrebbero voluto la testa di chi aveva ordinato l’uccisione dell’amato e mai dimenticato arciprete Nicolò Rusca. Così, riuscì a scappare in Engadina. Tuttavia, l’esperienza lo segna nell’intimo, tant’è che decide di prendersi una pausa dall’attività religiosa e si arruola per la sua patria, le Tre Leghe, precisamente con il partito filo-veneziano (in guerra al fianco della Francia e del mondo protestante).

In questa nuova esperienza sarà il mandante di vari omicidi “da macellaio”. Quello più storicamente impattante è l’uccisione di Pompeo Von Planta, capo del partito avversario filo-spagnolo. Fu trucidato con un ascia davanti al camino del suo castello vicino a Merano. Pompeo, insieme al fratello Rudolf, era stato condannato e assolto dal Tribunale di Thusis e bandito dalle Tre Leghe. I due erano anche imparentati con Gian Giacomo Robustelli, il fautore del Sacro Macello. Negli stessi anni, lo Jenatsch viene ovviamente deposto dall’ufficio di pastore.

L’ex pastore, ormai colonnello, rientra in Valle come uomo di fiducia del Duca di Rohan, comandante dell’esercito francese. Il suo intento era restituire la Valtellina alle Tre Leghe, della quale era diventato un leader.

Nel 1627 si risposa, con Anna Von Buol, cugina della prima moglie. Lo stesso anno, a Coira, sfida a duello un suo superiore, Jacob Ruinelli, sfidandolo per l’onore di un bambino che (forse) aveva urtato mentre era a cavallo. Fu prosciolto, comunque, dall’accusa di omicidio. Fatto ilare, in questo periodo è attestato che lo Jenatsch soffrisse di calli ai piedi per la scomodità degli stivali. Dopo la bagarre del duello, si trasferisce a Venezia come reclutatore di soldati ma, siccome aveva il complotto facile, viene incarcerato per insubordinazione.

Uscito dal carcere, ritorna in Valtellina al servizio della Francia e delle Tre Leghe. Ben presto, si rende conto che non era intento di Richelieu restituire la Valtellina al vecchio dominatore svizzero. Come tanti altri esponenti suoi conterranei, partecipa al Kettenbund: nonostante l’alleanza delle Tre Leghe con Parigi, intrattiene trattative segrete con l’avversario, la Spagna.

Voleva a tutti i costi che la Valtellina tornasse in mano alle Tre Leghe. Non solo si allea con la Spagna e ottiene per sé un titolo nobiliare, ma, addirittura, all’improvviso, abiura e diventa cattolico. Raccontò di aver visto la Luce in carcere a Venezia, però era chiaro che la religione era un modo come tanti per rendere sicure le sue relazioni con la Spagna. Era diventato un uomo potente e temuto, anche per i suoi traffici poco chiari. Stava sul collo alla Spagna, continuando ad essere amico anche della Francia; la Francia, però, rivelò alla Spagna i suoi giochi poco puliti. Ultimamente, non era simpatico né ai Cattolici né ai Protestanti.

La notte del 24 gennaio 1639 era periodo di Carnevale, in quei giorni chiunque si lasciava andare… Jenatsch aveva deciso di fare bisbocce in una locanda di Coira (la Stabigen Huetli, oggi inglobata al Palazzo Salis). Non ne uscì in verticale, dato che fu assassinato da un gruppo di uomini travestiti da orso. Pochi mesi dopo le Guerre di Valtellina sarebbero finite e la Valle sarebbe ritornata in mano grigiona.

Fu sepolto di fretta il giorno dopo. Nessuno aveva voglia di conoscere il nome dell’assassino, come se non ci fosse alcun minimo interesse di indagare con meticolosità. Come per Pompeo Von Planta, l’arma fu un’ascia. La leggenda vuole che Katharina, figlia orfana di Pompeo, fosse anche l’amante dell’assassino Jenatsch (benché anche lei sposata – con Johan Rudolf Travers, quella sera seduto vicino a Jürg), a sua volta morto assassinato.

Miss Raincoat

Quando il nuovo venuto si fu staccato dall’abbraccio del pastore, i due si misurarono reciprocamente con lieti sguardi. Waser era un po’ sbalordito; ma riuscì a non lasciarlo punto trasparire. Si sentiva un pochino umi­liato accanto alla statura atletica del Grigione, dalla cui nera testa barbuta emanava come uno splendore di forza selvaggia. La potenza di una volontà sfrenata, dopo essere stata assopita nei lineamenti foschi, quasi sonnolenti del suo compagno di scuola, s’era svegliata, scatenata — egli lo sentiva — agli sbaragli di una vita pubblica tempestosa.

C.F. Meyer

Cena con Delitto

Per la Vigilia di Natale del 1635 il duca Enrico di Rohan, comandante dell’esercito francese stanziato in Valtellina, aveva organizzato una festa esclusiva per tutti i valtellinesi più influenti al Castel Masegra di Sondrio. Nel 1620 era scoppiato il Sacro Macello (seguito a ruota dalle Guerre di Valtellina) anche perché le Tre Leghe avevano tolto gran parte dei privilegi fiscali alla nobiltà di latifondo prevalente in Valle. Il simpatico Enrico voleva farseli un po’amici, dato che la Valtellina gli interessava molto per ottenere il suo obiettivo: fare in modo che la Francia vincesse contro la Spagna nel conflitto più grande e rilevante della Guerra dei Trent’Anni e, soprattutto, non ritornare in esilio a Venezia. A lui, in effetti, delle scaramucce tra
questi villici di montagna non interessava un granché, era un’altra partita a scacchi da portare a casa….

Era una notte gelidissima – un po’ come le nostre ultime – e anche Gian Giacomo Paribelli aveva raggiunto l’antico maniero dalla sua Albosaggia. Non era nobile di stirpe, suo padre aveva ottenuto recentemente il titolo. La sua famiglia era, infatti, diventata ricca per via della gestione del navét di Albosaggia, il traghetto sull’Adda all’altezza del quale si pagava la tassa sul trasporto delle merci. Era stato anche un eccellente combattente durante il Sacro Macello al fianco del Robustelli, dicevano. Convinto della grave colpa degli eretici, ne aveva aspettati due, padre e figlio – li conosceva bene – , e li aveva buttati giù nell’Adda dal ponte di San Pietro, a Berbenno. Cinque anni prima la peste gli aveva portato via Lucrezia, la sua bellissima figlia ma nemmeno questo lutto gli aveva fatto perdere il mordente.

Detestava i Grigioni. Detestava i Francesi. Si definiva un valtellinese cattolico puro.
Eppure, durante la cena prese posto vicino al Duca con la erre moscia, che non si sa mai…

Dal castello non uscì vivo. Appena preso un sorso di vino dal suo calice stramazzò al suolo. Non si seppe mai chi fu il colpevole del suo avvelenamento. Pare che il suo fantasma si aggiri per il Castel Masegra cercando di capire chi sia il suo sicario. Un giro di Cluedo infinito.

Io non penso sia stato il Rohan. A lui non interessava la stupida esistenza di un signorotto di paese. Penso più a una faida famigliare. Il fratello di Gian Giacomo aveva sposato Caterina, sorella di Nicola Parravicini – cancelliere di Valle, quindi subalterno delle Tre Leghe e amico degli oppressori cioccolatai (perdonatemi, lo so che la Svizzera ancora non si era fatta nemmeno conoscere per il cioccolato ai tempi).

Nicola era contrario al Sacro Macello, non solo perché tra i suoi famigliari c’erano state vittime, ma anche perché la considerava una barbarie. Inoltre, per spaventarlo o anche solo per ottenere dei riscatti, spesso gli incendiavano casa o lo prendevano in ostaggio. I mandanti di queste scaramucce erano i comandanti
nobili delle truppe, ma gli esecutori erano contadini al soldo alla quale facevano il lavaggio del cervello. Possiamo considerare Nicola come quei magistrati che oggi devono andare in giro con la scorta, per capire la sua situazione. Purtroppo, l’ultima volta se l’erano presa con sua figlia, Lucrezia e l’avevano stuprata davanti ai suoi occhi; non aveva ancora dieci anni. Lucrezia, si chiamava, come la figlia del Paribelli.

Da “Il Signore degli Anelli (Il Ritorno del Re)”

Figli di Gondor! Di Rohan! Fratelli miei! Vedo nei vostri occhi la stessa paura che potrebbe afferrare il mio cuore! Ci sarà un giorno, in cui il coraggio degli uomini cederà, in cui abbandoneremo gli amici e spezzeremo ogni legame di fratellanza, ma non è questo il giorno! Ci sarà l’ora dei lupi e degli scudi frantumati quando l’era degli uomini arriverà al crollo, ma non è questo il giorno! Quest’oggi combattiamo! Per tutto ciò che ritenete caro su questa bella terra, vi invito a resistere! Uomini dell’Ovest!

Che fine fece Lucrezia Parravicini? La rinchiusero in convento (il San Lorenzo di Sondrio) siccome sviluppò seri problemi psichiatrici – ai tempi si tamponava così. Una decina di anni dopo la morte dei genitori, ventenne, si tolse la vita. I Grigioni, invece, nonostante quasi vent’anni di guerra, rimarranno a governare la Valtellina fino al Settecento inoltrato…

Miss Raincoat