La chiesa dove ho celebrato la mia Prima Comunione e la mia Cresima è un ex voto per la Seconda Guerra Mondiale. Iniziarono a costruirla il 29 giugno 1952, per volere dell’allora parroco don Giovanni Da Prada; fu ultimata nel 1954. Alla posa della prima pietra era presente anche il ministro Ezio Vanoni.
Con la chiesa di Rodolo, è la chiesa parrocchiale della parrocchia della Beata Vergine Immacolata (in pratica, il Comune di Colorina è religiosamente diviso in due). I Piani di Selvetta, fino alla bonifica dell’Ottocento, erano una palude. Fino agli Anni Cinquanta, era un posto dove gli abitanti di Rodolo facevano fieno e avevano una seconda casa. Tra cui i miei nonni…
Lo stile della chiesa è molto semplice e razionale. La facciata ospita la statua del co-dedicatario SanGiovanni Bosco, patrono sostanzialmente dei giovani e degli educatori. I dedicatari hanno due nicchie con statue ai lati dell’altare.
Dal punto di vista artistico, ciò che possiede di più prezioso è il trittico in presbiterio. La “Crocifissione” con le Tre Marie è del professor Renzo Sala (1930 -1973). Lo stile è molto cupo.
Anche da piccola, ho sempre trovato strano trovare i simboli dello zodiaco sulle vetrate colorate. Oggi so che i dodici simboli astrologici sono gli Apostoli (come nel Cenacolo di Leonardo e come le chiese antiche della pieve di Berbenno). Quindi, il messaggio ultimo di questa chiesa è l’Eucaristia, intesa come “rendere grazie”. In Valle la Resistenza fu davvero uno dei periodi più atroci dopo il Sacro Macello e questa chiesa voleva guardare al futuro, alla ricostruzione…
Cosa vedere durante una (breve) giornata d’inverno
Cari cercatori di unicorni, oggi vorrei condividere con voi la passeggiata che mi sono divertita a fare qualche pomeriggio fa, dopo una copiosa nevicata mattutina (la neve era compatta, proprio giusta per fare il pupazzo!!!).
(Consiglio: lasciare la macchina o qualsiasi mezzo di trasporto – nel parcheggio laterale al Cimitero, in via Valeriana/Vanoni ; qui è presente anche una fermata del bus di linea STPS)
1 – Entriamo a Traona oltrepassando l’Arco della Dogana. Un cartello ci indica che la via perpendicolare è quella dedicata al senatore Ezio Vanoni (tutti se lo ricordano per la simpatica tassa tributaria; il ministro è nato a Morbegno e non esiste quasi nessun paese valtellinese senza almeno una strettoia a lui dedicata). L’Arco della Dogana, del V secolo, riporta lo stemma della famiglia Parravicini. È vero che nel 983, come gran parte della Bassa Valle, la terra bona di Traona venne regalata ai comaschi Vicedomini da Ottone I di Sassonia, ma, con abili giochi di potere e matrimoni, i Parravicini – i quali avevano già colonizzato la vicina Caspano – rubarono loro la corona e la Storia; quindi, lo stemma di Traona è quello della medesima famiglia: un cigno su fondo rosso. *prometto che presto scriverò un post su questa casata il cui motto era “agitado sed semper firmo”
2 – Prendiamo in salita Via Roma, un agglomerato labirintico di case rurali, corti e di dipinti di pietà popolare, tra i quali una “Madonna in trono”. Questa via ci porta alla Piazza dei Caduti, molto riconoscibile per via, appunto, dell’iscrizione che ricorda i soldati di Traona morti durante la Grande Guerra.
3 – Proseguiamo, dapprima, verso destra e raggiungiamo il PalazzoParravicini, oggi sede del Municipio. Entrando nella corte loggiata e salendo una scala interna è possibile raggiungere la Sala Consiliare al primo piano (* è necessario contattare il Comune di Traona per l’apertura; oppure il Consorzio Turistico Valtellina di Morbegno). La Sala Consiliare fu il Salone d’Onore del Palazzo Parravicini del XV secolo – chiamata anche Sala dei Re. Sul soffitto elegantemente impreziosito da stucchi troviamo, appunto, busti di re carolingi e gli stemmi dei Vicedomini e dei Parravicini; inoltre, sono state aggiunte anche delle scene mitologiche. L’opera è settecentesca e serviva per dare un lustro d’élite alla famiglia più potente e antica del borgo. Se percorriamo tutta la via Parravicini e saliamo qualche curva, arriviamo al Convento di San Francesco, del 1624, dotato di chiostro e giardino. È una struttura piuttosto imponente e suggestiva.
4 – Ritornando in Piazza dei Caduti, immediatamente alla nostra sinistra ci aspettano il Palazzo Massironi e, davanti, la Cappella di Sant’Ignazio. La piccola chiesa con campanile a vela fu l’oratorio privato dei Parravicini dal XVII ed è considerato un gioiello dell’arte barocca valtellinese, con la quale si volevano palesare come Cavalieri di Santo Stefano e paladini della Fede. Il palazzo Massironi, invece, è una tipica dimora signorile del settecento con corte loggiata, il quale conserva ancora un’antica ghiacciaia.
5 – Cominciamo la nostra salita verso la Chiesa di Sant’Alessandro tramite la strada laterale al Palazzo Massironi. Quasi subito, incontriamo una scalinata, un cammino che doveva far pentire e meditare il pellegrino in sacrificio verso il luogo sacro (infatti, incrociamo anche qualche piccola cappella votiva). Infine, con la lingua lunga, arriviamo nel sagrato della chiesa, dove è presente anche un ossario. L’interno della chiesa è squisitamente settecentesco e maestoso (troviamo opere dei pittori più famosi al tempo in Valle, come il Gianolo e i Torricelli); il lavoro risulta da un ampliamento, dato che il nucleo originario è almeno quattrocentesco. Tuttavia, come recita il nome, il punto più suggestivo è il Belvedere di San Luigi Guanella, fondatore dei Servi della Carità e cappellano a Traona dal 1878 al 1881. Qui, le arcate quasi a picco sul poggio ci aprono la vista sulla valle (e il cuore).
La brevità del tour, comunque, è stata dettata dal fatto che il sole in questo periodo tramonta circa alle 16,30 – e le temperature non sono tra le più umanamente sopportabili. Tuttavia, come potete vedere dalla foto qui sotto, la neve ha reso l’atmosfera fiabesca ❤