L’Assunta di Berbenno

Di questa chiesa, che praticamente è lo scenario che si può vedere dalla mia cameretta a casa dei miei genitori, avevamo già parlato nella serie #valtellainlove, poiché è legata a una leggenda, quella del Drago di Roccascissa che potete leggere qui. Di vero c’è che è stata costruita sui ruderi del Castello di Roccascissa dei Capitanei di Sondrio. Fu infatti edificata nel 1383 e poi ricostruita dopo il Sacro Macello (quindi, nella seconda metà del Seicento) in chiara chiave anti-protestante (a Berbenno c’era una grossa comunità, la guerra fu dura e molti persero la vita…)

La Chiesa, che domina la vallata sottostante, ha un volume molto particolare, si potrebbe dire asimmetrico. Il porticato d’ingresso ad arcate è seicentesco. Il portale ha un portone ligneo riccamente intagliato e una lunetta con l’Assunta di Pietro Bianchi. All’ingresso troviamo anche un’epigrafe in latino attribuita a Bernardo Piazzi, arciprete di Berbenno dal 1690 al 1724; la mamma dell’astronomo Giuseppe, Maria Maddalena Artaria, era sua sorella (traduzione: “Si ricordino, quelli che non la invocano, ossia gli altri [chiaro riferimento ai Protestanti], che pur non avendola come protettrice non saranno dei disperati. Entrino volentieri quelli che passano. In questa chiesa tutto parla della Madre di Dio. E’ intitolata all’Assunzione e ricorda la Natività”). L’interno, a una sola navata, è coperto da una cupola e ha sei nicchie laterali con statue. Sono molto di pregio le opere lignee del coro e dell’organo, di Johannes Schmidt di Lipsia (1648). Gli affreschi, di Cesare Ligari, raggiungono l’apice con l’Assunta nel presbiterio. L’ancona, con al centro la statua di Maria, ha otto tele cinquecentesche (le più importanti sono due della Scuola di Gaudenzio Ferrari e una in stile morazzoniano, forse dei fratelli Recchi). La chiesa conserva anche delle reliquie di San Pietro e Paolo, citazioni alla vecchia chiesa matrice di cui abbiamo già parlato qui.

Lunetta sopra il Portale

Attigua alla chiesa, troviamo la Canonica. Le due strutture sono collegate tramite un portico del Cinquecento. Certamente, è una struttura dalle grandi dimensioni se si pensa che fosse abitata da un arciprete e da un frate carmelitano. In realtà, l’arciprete doveva avere tre cappellani per aiutarlo a curare le anime di tutte le chiese della pieve, anche quelle in montagna – ma, purtroppo, con lui c’era solo un frate dedito a digiuno e silenzio. Pare che la Canonica, come edificio, risalga al 1100 circa. La facciata è molto decorata: il portale ha una volta a pinnacolo e un dipinto con la Sacra Famiglia molto famoso; sempre in facciata troviamo un’Assunta attribuita a Vincenzo De Barberis. Dall’androne, munito di orologio a ore italiche, si accede a un vano scale con gli stemmi dei vari arcipreti (pressoché tutti di famiglie nobili) che hanno abitato la canonica.

Dipinto della Canonica

Miss Raincoat

Pubblicità

Il “San Giuseppe” della Sirta (Forcola)

#festadelpapà

“Alzi la mano chi sa dove si trova la seconda cupola più grande della Diocesi di Como!” – “Io lo so! È la cupola della Chiesa della Sirta, quasi vicino a casa mia”

Nel perimetro che oggi è occupato dal Municipio, nel 1821, fu costruita una chiesa molto semplice con facciata a capanna, riconoscibile ancora oggi nella forma dell’alzato dell’edificio. Alla stessa, fu addossato il campanile che appartiene alla chiesa odierna. Questa premessa è utile per capire lo strano abbinamento degli elementi di questa piccola piazza.

Perché fu costruita una chiesa più grande? Beh, in realtà la bonifica ottocentesca delle rive dell’Adda aveva debellato la malaria e la popolazione era abbondantemente cresciuta di numero. In più, gli abitanti della Sirta non volevano essere additati come braccini. Infatti, per il nuovo progetto fu scelto l’illustre Clemente Valenti di Talamona, il quale escluse a priori un ampliamento della chiesa-municipio, poiché non c’era lo spazio necessario per realizzare un edificio esteticamente armonico. Allora, l’architetto propose tre disegni, dei quali fu scelto quello “a pianta quadrata, con cupola e decorzione in Stile Rinascimentale”. 

I lavori durarono circa 10 anni e furono caratterizzati da riprese e sospensioni, ovviamente per la mancanza di proventi necessari. Eppure, la chiesa era talmente desiderata che la popolazione si prestò anche al volontariato e alla beneficenza. Mentre le donne vendevano gli scarpii (pantofole rudimentali), gli uomini trasportavano a mano quei massi che possiamo scorgere ancora oggi nelle pareti laterali esterne.  Addirittura, la Parrocchia si appellò al Papa Leone XIII, che donò un cammeo d’oro da vendere per portare a termine l’opera. Intanto, dalla prospiciente Ardenno giungevano le malelingue: “Si dree a fà sù ‘na giésa o ‘n barek?” (trad.: “State costruendo una chiesa o un ovile?”). Comunque, nel 1888, la chiesa, rusticamente completa, fu benedetta: il primo rito che ospitò fu un matrimonio molto umile. Quando fu consacrata dal Vescovo nel 1893, però, rimaneva molto da fare e da pagare.

La facciata del San Giuseppe è imponente, appunto nel nome del Neoclassico proposto dal Valenti (ma anche elegante, per esempio nella scelta delle lesene dal capitello corinzio). Quello che mi ha sempre colpito e impaurito è l’Occhio di Dio dipinto nel triangolo del timpano (non ha nulla a vedere con le logge massoniche, più che altro è il simbolo della Trinità e dell’onniscenza divina!). Da notare è anche la lunetta del portale dove Pietro Passerini, un pittore locale di Arzo (frazione orobica di Morbegno), ha lasciato una rappresentazione di “San Giuseppe con il Bambino”. Lo stesso artista aveva decorato l’interno della chiesa, ridipinta dopo che, nel 1928, il vescovo Adolfo Luigi Pagani l’aveva considerato disdicevole e volgare.

Ma fu proprio la cupola ad essere croce e delizia di quest’opera impegnativa. Inizialmente fu rivestita di tegole che, però, creavano infiltrazioni. Si pensò, quindi, alla semplice soluzione di un rivestimento tramite un tiburio ottagonale, ma ci fu chi gridò la iattura. Il problema fu inizialmente ovviato nel 1947 tramite delle lamine di zinco, che facevano sembrare la cupola d’oro, nonostante si fessurarono subito. Nel 1967, finalmente, la calotta venne foderata con il locale Serpentino della Valmalenco, disposto a squame concentriche. In ogni modo, all’interno, il gioco di luci delle vetrate e degli oculi dell’agognata cupola sono veramente scenici e ricercati!

I dipinti all’interno, dicevamo, sono invece firmati da Primo Busnelli, attivo anche a Castione Andevenno e a Berbenno in Valtellina, il quale proveniva da Meda (MB) e ne fu anche il Sindaco. Devoto e taciturno, pure lui aveva uno stile molto classico e maestoso, che ben si abbinava con la produzione del Valenti.

  • Controfacciata: Cacciata dei Mercanti dal Tempio (ritorno alla purezza antica)
  • Navata: vengono rappresentati dei Santi sui dei podi, come statue. La loro scelta spazia dai nomi dei parrocchiani a una più concreta invocazione di miracoli. Troviamo, difatti: S. Giuseppe e S. Gregorio (i dedicatari della Parrocchia), S. Giovanni Bosco e S. Luigi (protettori dei giovani), S. Agnese e S. Rita (protettrici di fidanzate e mogli), S. Abbondio e S. Espedito (l’ultimo lo riconosciamo per la scritta “cras” – in questo caso si potrebbero fare molte ipotesi, da una morte prematura a un miracolo urgente), S. Rocco e S. Antonio (protettori del mondo contadino), S. Anna e S. Teresina (protettrici di madri e orfani)
  • Cupola: sulle vele gli Arcangeli e sui pennacchi gli Evangelisti
  • Pareti del Presbiterio: Ultima Cena e Pentecoste – Cristo Re al centro
  • Coro:  Sacra Famiglia

Non dimentichiamo di buttare un’occhiata anche agli arredi: il paliotto dell’altare di Giovanni Gavazzeni con un “San Giuseppe”, il ciborio settecentesco e  coro/pulpito/leggio scolpiti circa ne 1910 da Giuseppe e Giovanni Libera (dei quali l’intaglio dell’“Ultima Cena” sul pulpito è molto ben riuscito).

Ho scelto proprio questa chiesa dedicata a S. Giuseppe  in onore del mio papà, che si chiede sempre come possa fare così tanto freddo in un così piccolo luogo. Ma a) il freddo lo sta mantenendo giovane b) dove c’è freddo c’è sempre tanto amore!

“Per entrare nel paese di Sirta, addossato allo sbocco della val Fabiòlo per cui devo salire, si supera il fiume su un grosso e vecchio ponte in legno. Un formicaio conico di case affollate sotto la chiesa ottocentesca che, sovrastandole col cupolone spropositato, non riesce a nascondere l’innocente vanagloria parrocchiale di chi l’ha voluta e pagata, al costo di non pochi sacrifici. Fede e appariscenza, mi viene da pensare, di questo abitato contadino radicatissimo anche nei suoi campanilismi, rannicchiato al di sotto di balze scure, vertiginose, incombenti, privo di sole da ottobre a marzo e non visitato dal chiaro di luna nei mesi caldi” dal Diario di Un Parroco di Montagna di Giulio Spini

❤ Miss Raincoat

 

 

 

 

 

Un weekend a Bari

Se Parigi avesse il mare, sarebbe una piccola Bari” – proverbio barese

Forse, il detto popolare ci calca un po’ la mano con il campanilismo, ma Bari è encomiabile per essere una città di mare del meraviglioso Sud italico e con tutte ‘e cose del centro storico da vedere a piedi.

Vediamo come potrebbe essere organizzata una toccata e fuga nel capoluogo pugliese…

La Stazione di Bari Centrale (in Piazza Moro) è raggiungibile con Frecciarossa di Trenitalia , che è la soluzione che consigliamo, perché non dista che un chilometro circa dal centro storico. Tuttavia la città ha anche un aeroporto. Bari è servita dal trasporto autobus gestito da Amtab (biglietto: ordinario singolo 1,00 € – giornaliero 2,50 €).

Altre Info (Ristoranti, Bar, Pub, Alberghi, Noleggio, Tour Organizzati…)

I  luoghi imperdibili di Bari
  1. Basilica di San Nicola – In questo suggestivo edificio religioso in stile romanico riposano le spoglie di Babbo Natale e si praticano ambo i riti cattolici e ortodossi (aperta tutti i giorni dalle 7 alle 20 – il Museo del Tesoro adiacente costa 3,00€)
  2. Bari Vecchia (Quartiere San Nicola) – Le vie che si snodano dal porto vecchio a quello nuovo sono intricate quanto un labirinto e sono tappezzate di chianche (pietre del selciato). Questo quartiere è cinto da mura e vi svetta il Castello Normanno, ma vi sono anche numerose chiese. Alla sera è qui che si scatena la movida barese.
  3. Lungomare – in stile Liberty, fu inaugurato in epoca fascista ed è caratterizzato da eleganti palazzi, parchi e una meravigliosa vista sul Mar Adriatico.
  4. Castello Normanno Svevo – l’edificio fu innalzato per proteggere la città guardando minaccioso verso il mare, come la Basilica in stile Romanico. La costruzione comprende il celebre mastio di Federico II, un ponte sul fossato, un portale gotico ed un cortile rinascimentale; al pianterreno troviamo una gipsoteca dei calchi delle architetture pugliesi (aperto tutti i giorni, tranne il mercoledì, dalle 8,30 alle 19,30 – 3,00 € + gratis da 0 a 18 anni)

Una gita fuori-porta potrebbe essere…

ad Alberobello, il paese dei trulli a 55 km da Bari – si può raggiungere noleggiando un mezzo tramite la S.S. 16 – uscita a Monopoli – S.P. verso Alberobello.

Insomma, abbiamo messo ‘u quadre mmenze a la chiazz [il quadro – di S. Nicola – in mezzo alla piazza, è un’espressione per riferirsi a un segreto rivelato]

❤ Miss Raincoat