Ho aperto e quasi chiuso il 2021 con una canzone dallo stesso titolo, Vertigine (quella di Levante e quella di Elodie)…
Le vertigini sono sensazioni proprie di chi nell’altra vita aveva le ali o, in questa, ha la labirintite.
Nella frenesia di questo anno crudele in cui ho dovuto spesso stringere i denti e raschiare il fondo non mi sono quasi mai ricordata di chiedermi una cosa semplice: “ma io come sto?”.
La mia insofferenza, così, è sfociata in cazzimma (che è un termine intraducibile – è una sorta di follia che ti spinge a dare fuoco al mondo con un cerino). Quindi, ho pensato che è ora di mettere un cerotto non vicino, ma proprio sopra la ferita – sembrerebbe logico, ma…
Certe volte per piacere alle persone gioco a fare la Jessica Rabbit, per l’ancestrale paura di rimanere sola immagino (o perché mi piace il coniglio in umido, non saprei). Saranno tipo cinque o sei anni che lo faccio. All’improvviso, ho sentito i primi sintomi dell’ulcera. Kurt Cobain, grazie al mal di stomaco, ha appunto composto varie canzoni come Come As You Are. All’improvviso, ho sentito l’esigenza di darmi per quella che sono. Esigenza nel senso che non respiravo più, non mi sento a mio agio in certi posti o con certe persone. Ho fatto finta per tanto di quel tempo che è diventato vizio di forma. Mi sono messa in riabilitazione, voglio smettere. Non è colpa di nessuno se non mia, nei miei confronti. Magari ho incolpato chi mi tratta di merda (che non è comunque un merito), ma la colpa è mia sostanzialmente. Dovrei frequentare solo chi mi accetta per come sono senza farmi sentire fuori luogo. Ma la mia carnefice sono io. Sono io ad auto-sabotarmi.
Ci sto provando, eh. Faccio prove da quest’estate. Ho conosciuto persone nuove che mi hanno apprezzato così per come sono, al naturale come il tonno, è stato magnifico. Poi ci sono anche quelle due o tre persone che conoscono le due facce, quella vera e quella finta, e giustamente me l’hanno fatto notare. E le ringrazio perché non me ne sarei accorta, andavo avanti tipo carroarmato – sono loro che mi hanno strappato il cerotto da dove non serviva. Non voglio avere due facce, voglio avere una faccia e un culo – ho pensato.
Mi sono allontanata un po’ per guardare le cose da lontano e anche per vedere chi fosse venuto a cercarmi senza dover fare io il primo passo. Ho avuto delle conferme e delle sorprese, negative o positive.
Ho cercato soprattutto di pensare a chi sono. Pensare se ci trascorrerei del tempo da sola con me. Devo dire che è la risposta è “sì, sono una buona compagnia”.
Ci rido su per non piangere, ma ne ho passate davvero tante in relazione alla mia età, di belle e di brutte. Mi sono comunque sempre rialzata e quasi sempre ho fatto anche tesoro delle mie esperienze. Dato che troppo spesso non mi ha assistito, ho smesso di credere nella fortuna e mi sono rimboccata le maniche. Ho già realizzato tanti sogni e ne ho ancora una lunga lista. Voglio sempre sapere cosa voglio e so anche che si può cambiare idea strada facendo. Mi piace guardare le persone negli occhi mentre ci dialogo; odio i monologhi, a parte al teatro. Amo quello che amo, mi appassiono e non cago di striscio ciò che detesto o che mi annoia. So andarmene quando non è più il mio posto, so anche tornare se mi si prende per mano. So dire grazie e chiedere scusa. Certe volte mi auto-castigo con le ginocchia sui sassolini. So voler bene con le mani tese. Se mi guardo allo specchio mi vedo bella, a parte i piedi. Sono complicata. Sono ipersensibile. Sono anche incazzosa.
Mi piace fare shopping, truccarmi, gli aperitivi in posti instagrammabili ma anche il gin tonic home made, fare tardi e ho innumerevoli vizi perché mi piacciono le cose belle della vita, altrimenti non farei nemmeno il lavoro che faccio, non ne avrei la sensibilità. Ma mi piace anche commuovermi davanti a un film con il finale aperto, leggere un libro, affezionarmi ai personaggi delle serie tv, le stazioni, gli aeroporti, Copenaghen, andare a correre, il mare, i musei, i centri storici, i concerti, le mie air pods, accarezzare i gatti e gli asini, giocare con i vostri figli (che, meno male, tante volte non vi somigliano – a volte somigliano all’idraulico, però!), emozionarmi davanti a un’opera d’arte, studiare quello che non so e che vorrei sapere, scrivere storie, parlare di me con il cuore in mano, ascoltare con le orecchie aperte, la mia cultura e la mia forma intellettuale, salire fino in cima anche se ho le vertigini, perché quello che importa è il panorama.
Credo nell’indipendenza. Non vorrei mai avere bisogno di nessuno e non mi piace cercare le persone per necessità. Non starei mai legata a una persona come un San Sebastiano alla Colonna. Non sono una che si lega. Sono una che dà tutto ciò che ha da dare, ma se vuole toglie tutto all’improvviso. Sono una che continua a conservare una stanza tutta per sé. Non sono mai stata la fidanzata perfetta, ma le mamme dei miei morosi mi hanno sempre voluto bene lo stesso. Non sono né troia né suora e detesto i giudizi universali. Credo nella chimica, altrimenti nemmeno faccio la fatica di spogliarmi, anche metaforicamente. Mi piace chi mi piace e se mi piace glielo dico, senza fare giochi di prestigio o sperare che se ne accorga da solo. Non perdo tempo. I complimenti mi piacciono, come a tutti. Io cerco di essere simpatica con chiunque, sassi compresi, ma spesso vengo travisata e mi tocca fare l’antipatica. Non riesco a capire con chi posso farlo e con chi non ne ha l’apertura mentale. Non sono mai stata con il fidanzato o l’amico o il sogno ad occhi aperti di nessuna amica, non posso dire il contrario. Non racconto sempre ai miei amici cosa faccio nelle mie stanze private. Qualche volta non sono stata fedele. Non esco con chiunque me lo chieda. A dire il vero, è raro piacermi. Sono sia donna sia ragazzina, dipende dalla situazione. Ho un range di età sotto e sopra al quale non andrei ad attingere.
Ho un sacchetto pieno di istinto materno, ancora non ho deciso bene cosa farne ma è lì, lo conservo a temperatura ambiente. Mi sono chiesta per quale motivo desiderassi un figlio: lo volevo dentro la mia pancia. Ma non è una cosa possibile. Così come non posso fare la hostess perché non arrivo al metro e sessanta e non potrò mai più parlare con Max perché è morto. Come fa il Tom Tom, certe volte si deve semplicemente ricalcolare il percorso, è una cosa da adulti Mio papà mi ha detto, a un certo punto della mia vita, che non sapeva più cosa consigliarmi e che qualsiasi cosa avessi scelto andava bene – è la cosa che mi ha più commosso nella mia vita. Arriveremo tutti alla fine, un giorno, ognuno con le sue storie. Anche io ne avrò da raccontare e non è una bugia che mi racconto. Quando mi è stato detto ci sono rimasta male, adesso mi rendo conto della pochezza che c’è dietro a una frase del genere, soprattutto se detta da una donna. Non voglio vivere un’esperienza perché me lo impone la società o perché lo fanno tutte le mie amiche, voglio vivere una vita della mia misura – voglio vivere tutte quelle sensazioni femminili che arrivano da lì, dall’utero. Che ho ancora. Così come un cuore che batte. Poteva andare anche diversamente. Potevo essere morta e invece sono viva. Tanta gente nemmeno sa cos’è un endometrio, non vedo perché tutto questo rumore…
Il mio istinto materno non ha più a che fare con il volere un figlio a tutti i costi, ma in quelle piccole attenzioni che do, provate a farci caso. E si può essere famiglia anche senza figli, o si può essere egoisti anche con figli, del resto.
Io avrò il privilegio perpetuo di essere figlia di due genitori meravigliosi, supereroi, che non mi hanno insegnato cose sbagliate sull’Amore, che non si deve tenere per forza incollati dei pezzi che non combaciano più. Mi hanno cresciuta così con tutte le cose che ho nella testa e ne vanno fieri; perciò, lo sto facendo anche per non deludere loro, non vorrebbero che andassi in giro diversa da come sono.
L’unico argomento del quale non mi piace parlare sono i soldi, lo reputo un tema volgare e imbarazzante. Ad esempio: “quanto guadagni?”, “non pensi di essere pagata troppo, dato che il tuo lavoro dovrebbe essere un hobby per ricchi?”, “guadagni più tu o il tuo moroso?”, “non credi che tu stia buttando via soldi?”, “secondo te non è sbagliato che io prenda meno di te?”, “sposeresti qualcuno per soldi?”.
Mi dà anche molto fastidio che non mi si chieda “come stai?”, ma che si sia sempre all’erta all’orecchiabilità del gossip. Non sono Lady Gaga. Ti suona il telefono e trovano intelligente chiederti ripetutamente chi è. Non mi dà fastidio rispondere, ma proprio la domanda. Per me è una violenza, anzi, una tortura inquisitoria per farmi confessare quello che si vuole.
Perché questa svolta green? Perché questa illuminazione sulla via per Damasco?
Perché sono la prima a non averci mai creduto in me, spesso. Non sono triste, impaurita o incazzata. E proprio perché sono tranquilla che dico che non voglio più indossare maschere e che non sto lasciando indietro nessuno, non sto cacciando nessuno e non ce l’ho con nessuno. Sto solo scegliendo la mia strada.
Il cuore è il mio bagaglio a mano e questa è soltanto un’altra occasione per crescere.
❤ P.